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Autore: MrsPattinson    21/10/2010    1 recensioni
La mia prima One shot...Protagonista Edward ed un incontro speciale...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Happiness, freedom, life. E' la mia prima one shot, mi è venuta l'ispirazione a scriverla una mattina a lavoro ascoltando questa canzone....spero apprezzerete!
Francy

Julie was along way from home
She could make alone look pretty
Her attitude made her part of the landscape
Riding her bike through Alphabet City
She likes to party in the backseat
Under the bridge on the Brooklyn side
Smoking cigarettes in the afterglow
Taking bets that the sun won't rise

She said, "What good is tomorrow without a guarantee?"
She can lick her lips and smile
And make you wanna believe


That the consequences of your actions really are just a game
That your life is just a chain reaction taking you day by day
She says nothing's forever in this crazy world
Still I'm falling in love with the right now poster girl

Right now right now
Oooh
Oh, ohh

Julie liked to shoplift in stores
Ride alongside the rich and famous
Get in elevators, press 'emergency stop'
And make love on the floor 'til the camera made us
And no woman in the world ever made me feel like my heart's on fire
Where she'd walk I'd follow (follow)
When she left I cried

What good is tomorrow without a guarantee?
I was wrapped around her finger
and I began to believe


That the consequences of your actions really are just a game
That your life is just a chain reaction taking you day by day
She says nothing's forever in this crazy world
Still I'm falling in love with the right now poster girl

That the consequences of your actions really are just a game
That your life is just a chain reaction taking you day by day
She says nothing's forever in this crazy world (crazy world)
Still I'm falling in love with the right now poster girl

La la la la
La la la la
La la la la la (la la la la la)
La la la la
La la la la (la la la la)
La la la la la


Oh
Tell me what you want from me
I've got everything you need
It's getting hard for me to breathe
Let me be your guarantee

That the consequences of your actions really are just a game
That your life is just a chain reaction taking you day by day
She says nothing's forever in this crazy world
Still I'm falling in love with the right now poster girl

That the consequences (poster girl) of your actions really are just a game
That your life is just a chain reaction taking you day by day
She says nothing's forever in this crazy world (crazy world)
Still I'm falling in love with the right now poster girl

Right now, right now
Right now, ohhh ohh
Poster girl
Poster girl, yeah
Come on, come on, yeah



Poster Girl - Backstreet Boys

*************

Non ricordo quando la incontrai, ricordo solo che era notte.

Una notte di fine estate a New York. Correva in sella alla sua bicicletta, il vento che le scompigliava i capelli, un enorme sorriso sulle labbra mentre cantava a squarciagola la canzone che pompava fuori dal suo Ipod.

Non ricordo quando la conobbi, ma nell'esatto istante in cui la vidi, seppi che non avrei mai più potuto lasciarla.

Perche per me rappresentava tutto ciò che io non avrei mai più avuto. Felicità. Libertà. VITA.

Tutti sentimenti che avevo abbandonato da tempo, sepolti in qualche angolo remoto del mio cuore di pietra.

Quella sera la seguii, volevo sapere chi fosse quella solare, misteriosa ragazza che aveva catturato la mia attenzione. Non mi avvicinai però, timoroso di un suo rifiuto.
La seguii per parecchi mesi, dopo, sempre restando ai margini, nell’ombra.

Non avevo mai provato un interesse così morboso per nessun essere umano prima d’allora.
Io, Edward Cullen ero un vampiro. Gli unici contatti che avevo col mondo umano riguardavano i miei primari bisogni di sopravvivenza. Li avvicinavo solo quando la sete era talmente forte da bruciarmi la gola e annebbiarmi il cervello.
Mai, durante la mia lunga esistenza, un’umana era riuscita a prendermi tanto.

Non potevo dire che fosse amore a prima vista, perche non lo era. All’inizio, non ero nemmeno sicuro che fosse amore.

Ero attratto da quella ragazza, non potevo negarlo. Ma era un’attrazione che andava ben oltre l’aspetto fisico.
Amavo la sua libertà, il suo modo di essere al di sopra delle regole, dei giudizi che la società emetteva spietata. Amavo la sua indipendenza, il suo modo di vivere semplice e senza nessun freno.

Una sera, mentre lei faceva il solito tragitto per tornare al suo appartamento di Alphabet City, nella downtown Newyorkese, decisi che mi sarei fatto avanti…Avrei cercato una scusa, una scusa qualunque, anche solo per sapere il suo nome. Dovevo saperlo. Quella ragazza semplicemente non poteva restare una sconosciuta per me.

Attraversai il Tompkins Square Park, per arrivare su East 10th Street, dove c’era un bar poco frequentato.
Entrai e chiesi una birra scura “Una Guinness, amico. Fammela bella ghiacciata” dissi al ragazzo dietro al bancone. Rimasi in piedi, col volto rivolto verso la porta del bar, in attesa del suo arrivo, i gomiti poggiati sul bancone.

La birra arrivò nemmeno un minuto dopo, e girandomi per prendere il boccale notai un gruppo di ragazze che mi osservava facendo commenti sottovoce. Sorrisi apertamente, mostrando le zanne e loro subito si voltarono, inorridite dalla visione a cui le avevo appena costrette.
Sapevo esattamente che tipo di effetto facevo sulle ragazze, e anche se non potevo dispiacermene, avevo sempre voluto marcare il territorio. Volevo dissuaderle dall’allacciare qualsiasi rapporto con me. In ogni caso per loro non sarebbe finita bene, e non potevo permetterlo.

La sensazione della birra ghiacciata in gola mi diede sollievo e diffuse una piacevole sensazione in tutto il mio corpo. Attesi pazientemente, una birra dietro l’altra, senza mai tradire l’attesa che mi divorava.

Poi, mentre bevevo l’ennesima birra eccola sbucare dall’angolo di Avenue B, esattamente all’incrocio col bar in cui mi trovavo.
Scolai l’ultimo sorso velocemente e lasciai i soldi sul bancone, urlando un “Grazie!” strozzato al ragazzo che mi aveva servito.
Mi precipitai fuori, quando mi ricordai che il nostro incontro avrebbe dovuto sembrare casuale.

Stasera era ancora più raggiante del solito. Indossava una gonna nera a pieghe, corta all’altezza dell’inguine, piena di spille da balia e altre spillette di tutti i tipi e colori, sopra una maglia bianco sporco, sgualcita e volutamente bucherellata che riportava la scritta ‘SEX PISTOLS’ e un giacchetto di pelle nera e rossa. I lunghi capelli castani svolazzavano trasportati dal vento e sulle sue  labbra c’era il sorriso che tanto amavo. La mia mente cercava disperatamente un modo per avvicinarla, senza successo.

Mentre ancora mi spremevo le meningi alla ricerca di un piano che funzionasse, sentii un rumore assordante provenire dalla sua direzione, seguito da un’imprecazione. “MERDA!” disse “Merda! Merda! Merda!”.
Mi girai le trovai seduta sull’asfalto, un ginocchio graffiato e sanguinate in una mano, i capelli scompigliati e la giacca a metà sulle spalle, che urlava nel bel mezzo della strada. Alle 2 di notte. A New York. Il che equivaleva più o meno al suicidio.

Dio, nemmeno nei miei sogni più rosei avrei mai potuto pensare di poter essere così fortunato. Mi avvicinai con finta nonchalance, sperando di non fare ulteriori danni.

Quando mi sentì arrivare, si girò verso di me, cercando disperatamente di trattenere le lacrime dovute al dolore per la caduta.
“Una ragazzina come te non dovrebbe andare in giro da sola a quest’ora di notte, soprattutto qui ad Alphabet City” dissi, sfoderando il mio sorriso migliore.
“E tu non dovresti venire a rompere le palle alle ragazzine che decidono di andare in giro da sole di notte, soprattutto qui ad Alphabet City” disse in tono sarcastico.
“hey hey, abbassa l’ascia di guerra! Volevo solo controllare che fosse tutto apposto!” dissi alzando le mani in segno di resa. “Si certo, come no! E io sono la regina Elisabetta!” disse in tono sostenuto girandosi dall’altra parte.
Già la adoravo.
“Beh in tal caso, mi perdoni Sua Maestà, non l’avevo riconosciuta in abiti civili” dissi, mimando una riverenza. Lei mi guardò per un attimo come se fossi pazzo, poi scoppiò a ridere. Eccolo, il sorriso che tanto amavo.
“oh, beh si figuri, la perdono solo perche ha la scusante del buio!” rise ancora e per la prima volta vidi i suoi luminosi, penetranti occhi nocciola.
Mi chinai verso di lei, fino a trovarmi col viso di fronte al suo “il mio nome è Edward” dissi, porgendole la mano”Ehm…io sono Julie, scu-scusa per poco fa! E’ che qui è una vera giungla, bisogna avere sempre mille occhi…”
Mi strinse la mano e il suo calore mi invase, insieme all’odore del suo sangue, a cui fino a quel momento non  avevo fatto caso. Il fato aveva fatto si che mi fossi sfamato giusto la sera prima per cui, a parte un leggerissimo solletico in fondo alla gola, quell’odore non suscitò la minima reazione in me.

Ci scambiammo qualche altra battuta mentre la aiutavo ad asciugare il sangue sulla ferita. Poi, dopo aver constatato che la ruota posteriore della sua bici era bucata, mi offrii di riaccompagnarla a casa. Lei stranamente accettò, senza mai smettere di sorridere.
Era di una bellezza semplice, ma vera. Non era altissima, non se comparata al mio metro e novanta. Aveva un fisico ben modellato, morbido. Seno abbondante, pancia piatta e fianchi rotondi, gambe lunghe e tornite, perfettamente in armonia col resto. Aveva una carnagione leggermente scurita dal sole e una bocca che non chiedeva altro che essere baciata.
Per me, era una specie di visione.
Lungo il tragitto parlammo molto e di un po’ tutto.
“Quindi, che ci facevi in mezzo a East 10th street in piena notte con la tua bicicletta sgangherata?” la apostrofai sorridendo
“Tornavo a casa dal lavoro. Sai faccio la cameriera da Wendy’s, su a Times Square”alzo le spalle, come se la cosa non avesse importanza.
“Ah si Wendy’s…ci sono stato un paio di volte…ma non mi hanno mai fatto impazzire i fast food” ammisi. “A chi lo dici…tornare a casa tutte le sere puzzolenti come un fottutissimo cheeseburger non è che faccia di me la donna più felice del mondo” rise.
“E tu invece, Edward, che fai a New York city? A giudicare dall’abbigliamento non te la passi male, sembri uno di quei fighetti su nell’ Upper East side…Non sarai mica uno di quegli sfigati figli di papà che ogni tanto viene in giro da ste parti per provare il brivido della vita di strada vero?” mi guardò quasi con disgusto, squadrandomi da capo a piedi “Mmmm no direi di no…i miei genitori sono morti parecchi anni fa, io vivo qui da solo. Non ho un lavoro fisso, faccio quello che mi capita, ma lavoro soprattutto di notte…” dissi con studiata cura “Capito…sei un pappone…beh se sei in cerca della prossima ragazza da sbattere in strada sappi che hai sbagliato persona, io certe cose non le faccio….e com..” la interruppi, sembrava un fiume in piena “Senti io non sono un pappone, non sto cercando nessuna ragazza…Non è che uno, solo perche lavora di notte deve fare per forza un lavoraccio…E comunque, sei sempre così ben disposta verso il prossimo?”chiesi irritato
“Ok, ok..hai ragione,scusa!E’ che di solito le persone qui non sono gentili come te…”ammise timidamente. “beh, dovrai abituartici, o sarò costretto a toglierti il saluto..” la guardai mentre sui nostri volti si accendeva lo stesso identico sorriso.

“Beh ci siamo…questa è la mia reggia!” alzai lo sguardo  e mi trovai di fronte ad una di quelle classiche palazzine della periferia Newyorkese. Ci guardammo intorno per un po’, a tratti i nostri sguardi si incrociarono, imbarazzati.
“Beh allora vado…ci si vede in giro!” dissi, rompendo il silenzio.
Lei fece per andarsene, poi si girò di scatto e mi disse “Edward perche non sali? Fa freddo stasera, se vuoi ti offro qualcosa…non ho molto in realtà…ma una buona tazza di cioccolato non puoi rifiutarla!”
Il suo entusiasmo…era come un’onda di vita che s’infrangeva su di me, minando la mia debole forza di volontà. Non potei resistere.

Il suo appartamento era semplice, ma curato, in stile moderno e a tinte scure, un po’ come lei. C’era molto di lei in ogni piccolo oggetto di quella tana, come se ogni parete urlasse a squarciagola il suo nome. Continuammo a parlare tutta la notte e alla fine si addormentò sul divano.
Quella sera, su quel divano,  davanti una tazza di cioccolata calda,iniziò la nostra storia.

Julie era diversa da qualsiasi ragazza avessi  mai conosciuto, anche quando ero ancora umano. una perla di rara bellezza. Quando non era costretta a lavoro, passavamo ogni minuto insieme. Scoprii ogni cosa fosse umanamente possibile conoscere di una persona, lei mi aveva raccontato tutto. Sapevo della sua infanzia difficile, dei problemi a casa e della madre che voleva risposarsi con un viscido prepotente che la maltrattava. Sapevo della sua migliore amica, Rachel, che come ripeteva spesso lei “l’aveva fottuta alla grande” quando era andata con Alex, l’unico ragazzo che lei avesse mai amato. Sapevo della sua insoddisfazione e della decisione di lasciare il New Jersey per approdare nella grande mela appena compiuti diciotto anni. Sapevo questo e molto altro di più, soprattutto sapevo che mi amava, in modo totale ed eterno.
Era un amore folle il nostro, il suo ottimismo e la sua vitalità mi colpivano sempre, anche a distanza di mesi…ed era per questo che la amavo in modo così irragionevolmente pazzo.
Mi aveva cambiato la vita, anzi no. Me l’aveva ridata una vita. Io che non ne avevo una da talmente tanto tempo da non ricordarmi nemmeno più quanto.
Mi aveva donato la sua allegria, la sua libertà, la sua felicità.
Mi aveva donato se stessa, senza remore, senza paure.
Ed io l’adoravo, indiscutibilmente.

Ovviamente, anche lei sapeva tutto di me…All’inizio fu difficile. Il giorno in cui svelai la mia vera natura scappò in preda al terrore e non la vidi per settimane. Poi un giorno ricomparve e mi disse “Non mi interessa chi sei, cosa sei stato…Mi interessi tu, il ragazzo che sei e che io amo con tutta me stessa.” e mi riprese con se.

Passavamo i pomeriggi a correre su e giù per Brooklyn, saltando da un party all‘altro, di notte; Ci perdevamo negli angoli di strada dove si facevano scommesse clandestine fino a sera. Guardavamo il sole tramontare ogni sera su Brooklyn Bridge, fumando  sigarette e scambiandoci languidi baci.

Oppure ci spingevamo su fino all’Uptown, sulla 5th Avenue, e rubavamo vestiti alla moda nei negozi più “in”.
Nessuna ragazza mi aveva mai fatto sentire così, come se il mio cuore fosse in fiamme.
Mi ripeteva in continuazione “Cosa c’è di buono nel domani, se non ci offre nessuna garanzia?” e in quei momenti capivo quanto profonda fosse la sofferenza che portava sepolta in fondo al cuore.
Prendeva la vita come un gioco, pensava che le conseguenze delle nostre azioni sono solo uno scherzo, che la vita è solo una serie di eventi, una reazione a catena che ti trascinava via, giorno dopo giorno.
E che niente, niente al mondo durava per sempre.

Niente tranne il nostro amore.

Una sera, mi pare fosse di marzo, forse i primi di aprile.  Pioveva forte e correvamo verso casa, riparandoci alla meglio.
Quando entrammo nel portone invece delle scale svoltò verso l’ascensore. Quando salimmo mi sorrise, mi baciò con passione e spinse il pulsante che portava all’ultimo piano, il nostro. Pochi secondi dopo che l’ascensore iniziò a muoversi, portò le mani sul pulsante rosso brillante dello STOP e la bloccò, mentre mi spingeva con forza sulla parete dell’ascensore, il suo corpo premuto in modo meravigliosamente pericoloso sul mio.
Fece l’occhiolino alla telecamera di sicurezza, che impenitente filmava quel nostro momento di intimità.
“Voglio fare l’amore con te, stanotte, adesso….qui “ mi sussurò delicata. Poi iniziò a baciarmi, mentre con mani esperte esplorava il mio corpo.

Fu meraviglioso. Passionale, dolce e infinitamente pieno di amore. Finalmente eravamo parte l’uno dell’altra in modo profondo e indissolubile. Subito dopo, trasportato dalla passione, riuscendo a stento a trattenere la mia sete, la morsi delicatamente nell’incavo del collo.

Fu quella la notte in cui la feci mia, per l’eternità.


  
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