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Autore: AliceRose    22/10/2010    4 recensioni
“Lei è Emily?” Mi domanda un anziano signore accogliendomi all’ingresso.
Rispondo con un cenno affermativo.
“Sono Roger.” Si presenta porgendomi la mano.
Io la ignoro, indifferente a quella formalità e annuisco nuovamente.
“Mi dispiace.” Mormora distogliendo lo sguardo dal mio viso.
Non piace a nessuno soffermarsi sui miei occhi vuoti.
“Mi segua.” Aggiunge voltandomi le spalle.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Mello
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa storia a MyRose, una lettrice preziosa ma soprattutto un’amica…

 

Capitolo 1

 

Piove a dirotto.

Le gocce si infrangono sul marciapiede formando pozzanghere torbide e fangose.

Ho freddo.

Mi stringo nel cappotto per scaldarmi, ma è fradicio.

Non mi sorprende, aspetto sotto la pioggia da ore.

Aspetto di trovare la forza necessaria per attraversare la strada e varcare la cancellata di ferro battuto oltre cui si staglia l’edificio di mattoni bianchi.  

Aspetto di sentirmi dire ciò che so già ormai da un mese.

Lui è morto.

Non riesco più a versare una lacrima a quel pensiero. Le mie lacrime le ho piante tutte quando né ho avuto la certezza, quando ho capito che dal Giappone non sarebbe mai più tornato.

Il dolore non è più schiacciante come all’inizio. Non mi toglie il respiro. Non mi fa svegliare nel cuore della notte piangendo e urlando.

E’ diventato piuttosto una costante, qualcosa che fa parte di me. Mi ci sono abituata.

Lo preferivo prima.

Almeno  mi faceva sentire viva.

Ora a malapena mi accorgo di esistere.

*

“Lei è Emily?” Mi domanda un anziano signore accogliendomi all’ingresso.

Rispondo con un cenno affermativo.

“Sono Roger.” Si presenta porgendomi la mano.

Io la ignoro, indifferente a quella formalità e annuisco nuovamente.

“Mi dispiace.” Mormora distogliendo lo sguardo dal mio viso.

Non piace a nessuno soffermarsi sui miei occhi vuoti.

“Mi segua.” Aggiunge voltandomi le spalle.

Lo assecondo, riempiendo il parquet in legno chiaro di impronte bagnate.

Non mi guardo intorno.

So dove mi trovo.

Lui in questo posto ci ha trascorso l’infanzia.

Un tempo sarei stata curiosa di visitarlo, ora voglio solo andarmene il più in fretta possibile.

Non voglio immaginarlo da bambino, non voglio pensare al suo passato ora che non esiste più.

Nonostante il fuoco che scoppietta nel camino, ho ancora più freddo di prima.

“Si accomodi.” Mi invita l’uomo venendomi inconsapevolmente in soccorso.

Mi siedo sul divano che mi ha indicato, senza ringraziare.

“ Devo prima occuparmi di una faccenda, abbia pazienza per qualche minuto.” Mi informa gentilmente, prendendo posto dietro una scrivania.

“D’accordo.” Replico io.

Lui sembra stupito di sentire la mia voce.

Forse perché è un po’ fuori uso e suona rauca.

In quel momento si apre la porta ed entrano due ragazzini.

Il singolare connubio di somiglianza e contrasto tra loro, attira incredibilmente la mia attenzione.

Il primo è ritto in piedi, davanti al mio ospite. Veste completamente di nero e porta i capelli biondissimi  in un taglio insolito per un ragazzo, le pupille degli occhi azzurro chiaro sono ridotte a capocchie di spillo. Trasuda agitazione e impazienza da ogni poro, mentre stacca sistematicamente a morsi pezzi da una barretta di cioccolato che stringe tra le mani.

Il suo compagno al contrario è talmente impassibile da sembrare apatico. La parola più adatta per descriverlo è “bianco”. Tutto è bianco in lui, dai capelli, agli indumenti. Persino il puzzle in cui si è cimentato accoccolandosi a terra è immacolato.

Qualcosa in entrambi mi fa venire in mente…Lui.

Desidero andarmene, ma non ci riesco. Così rimango a osservarli e torturarmi, vittima del mio stesso masochismo.

“L è morto.” Annuncia il mio ospite con voce grave.

Quella dovrebbe essere una doccia fredda. Dovrei soffrire in maniera indicibile..Ma è peggio guardare…Loro.

Il biondo ha una reazione violenta. Dapprima è quasi incredulo, poi grida e malmena Roger finché quest’ultimo non lo prega di smettere.

L’altro ragazzino non pare turbato.

“ Chi non finisce il gioco, chi non risolve il puzzle, è solo un perdente.” Commenta con  distacco.

Sento l’impulso improvviso di sbattergli quel faccino inespressivo sul pavimento. Magari senza incisivi non avrà voglia di sciorinare altre perle di saggezza. Lo odio. Detesto l’indifferenza con cui ha accolto la notizia. La sua facilità nel giudicare mentre si trastulla con uno stupido giocattolo pur sapendo che Lui..E’ stato ucciso.

Scatto in piedi e faccio per infilare la porta, prima di cedere alla tentazione di riempirlo di sberle.

Mi trattengo unicamente perché è poco più di un bambino.

E perché quegli occhi grandi e scuri mi ricordano troppo…I Suoi.

“Aspetti, la sua parte di eredità...” Tenta di fermarmi l’anziano signore.

“Non me ne frega un cazzo.” Ribatto scandendo ogni sillaba.

Nessuno replica.

“Tenetela voi.” Aggiungo prima di uscire.

*

 

Di nuovo sotto la pioggia.

Mi butto praticamente in mezzo alla strada e un’ auto non mi travolge per un soffio.

Ignoro le imprecazioni che mi rivolge il conducente e mi lascio cadere su una panchina.

L’ira da cui sono pervasa mi fa respirare convulsamente, il mio petto si solleva e si abbassa, senza tregua.

Ho le nocche livide tanto stringo i lembi del cappotto. Le mascelle serrate dolorosamente.

Vorrei piangere, ma come al solito non ci riesco. I miei occhi restano irrimediabilmente asciutti.

Anche se la vista di quel marmocchio sentenzioso mi ha trafitta come una pugnalata nello stomaco, non una sola lacrima liberatoria scende per donarmi un briciolo di sollievo e liberarmi in parte del dolore incancrenito che porto dentro di me come un tumore maligno.

La soluzione è una sola. Vedere la feccia che ha tolto la vita a chi amavo più della mia in mano a un boia.

Ma la crudele evidenza mi colpisce in maniera lampante:

Se Lui non è riuscito a risolvere quel caso, nessun altro potrà.

Mi aggrappo disperatamente all’ultima esile scintilla di rabbia che provo e poi sprofondo nuovamente nel nulla.

*

Non so quanto tempo trascorre, ma d’un tratto una figuretta nera che sbuca fuori dal cancello della Wammy’s House, mi riporta alla realtà.

Tento di metterla a fuoco nonostante la pioggia fitta.

Si tratta del ragazzino che ha dato in escandescenze. Noto che porta una sacca appesa alla spalla con sé. Chissà dove è diretto senza manco uno straccio di ombrello pure lui.

“Hey!” Mi ritrovo a chiamarlo senza un motivo, tanto per fare qualcosa.

Sembra non avermi sentita.

“HEY TU!” Grido più forte, ma non ottengo alcun risultato.

Intestardita, mi alzo e corro per raggiungerlo. Gli abiti intrisi d’acqua sono diventati pesanti e fastidiosi da tenere addosso, ma cerco di non badarci.

Cammina a passo spedito, senza voltarsi indietro.

“Aspetta!” Ritento, col fiato corto per la corsa.

Finalmente si ferma e si volta verso di me.

Ha un’espressione insofferente, ma mi accorgo che i suoi occhi chiari sono arrossati, come se avesse appena pianto.

Lo invidio.

“Cosa vuoi?” Mi apostrofa sgarbato.

Non mi stupisco di vedergli in mano un’altra barretta di cioccolata.

La sua domanda però  mi coglie impreparata, effettivamente non so cosa voglio.

Lo studio per qualche istante.

Nel mentre lui stacca un morso dalla tavoletta.

“Dove vai?” Gli domando poi, eludendo il suo quesito.

“Fatti gli affari tuoi.” Sbotta ostile.

“Piove e sei senza ombrello.” Osservo senza fare caso alla sua scortesia.

“ Perché tu ne ha hai uno?” Mi fa notare con sarcasmo.

Probabilmente si aspetta che replichi, ma non lo faccio.

Mi regala un’occhiata sprezzante e accenna ad allontanarsi, ma lo blocco tagliandogli la strada.

“Vuoi lasciarmi in pace?”  Urla provando ad apparire minaccioso.

Se non fosse poco più di un moccioso riuscirebbe nel suo intento. E’ palesemente collerico e facile ad infiammarsi.

Molto diverso da…Lui.

Questo mi rassicura.

“Ti ho solo chiesto dove stai andando.” Ripeto piatta.

 Mi scruta torvo.

“Ci sto pensando.” Ammette visibilmente seccato.

“Quindi non tornerai là.” Constato riferendomi all’istituto alle nostre spalle.

 Risponde con uno sbuffo, poi stacca un altro pezzo di cioccolato.

Lo prendo per un sì.

E un’idea folle si affaccia nei miei pensieri intorpiditi.

Dopotutto conosco i criteri con cui gli orfani della Wammy’s House vengono selezionati.

Se il ragazzino che ho di fronte ci ha vissuto fino a quel momento, deve essere dotato dell’intelligenza sufficiente ai miei scopi.

“ Ti offro vitto e alloggio, se tu scopri chi..Lo ha ucciso.” Gli propongo con la voce che si incrina a fine frase.

Non riesco a pronunciare il suo nome, si blocca a metà della mia gola, senza riuscire a risalire.

Lo stupore aleggia per un attimo sul suo viso.

“Sei pazza.” Butta lì poi, recuperando l’aria strafottente.

“ Può darsi che lo sia. Quel che è certo, è che tu stanotte la passerai all’addiaccio.” Ribatto.

Un’ombra di esitazione gli attraversa gli occhi azzurri.

“Non è a me che devi rivolgerti, è il numero uno che se ne occuperà d’ora in poi.” Commenta amaro.

“ Se alludi al nanerottolo vestito di bianco non voglio saperne.” Obietto.

Le sue labbra per la prima volta si aprono in un sorriso. Un sorriso che non ha nulla di gioioso. E’ più un ghigno. Fa un po’ impressione su quei lineamenti ancora così infantili.

“Affare fatto.” Accondiscende. Pare provare un improvviso moto di simpatia nei miei confronti.

“Bene ragazzino, chiamiamo un taxi. Non mi va di doverti accudire come una balia perché ti sei beccato una polmonite.” Esclamo.

Siamo entrambi zuppi.

“ Mi chiamo Mello.” Rettifica lui, infastidito.

“ Quanti anni hai Mello?” Gli chiedo enfatizzando il suo nome. Che senz’altro non è quello vero.

“Quasi quindici.” Risponde controvoglia.

“Uh ormai sei un ometto.” Lo irrido.

“Non prendermi per il culo!” Mi ingiunge irritato.

Scoppio in una risata priva di allegria.

 

*

Ci sistemiamo alla male peggio nella mia camera d’albergo.

Al mio arrivo a Winchester il giorno prima, ne ho scelto appositamente uno dimesso per non essere infastidita da attenzioni zelanti. Ultimamente non sono in grado di gestire troppi contatti umani.

Sono certa che il mio convivente nuovo di zecca non costituirà un problema in tal senso. Ha se possibile, ancora meno voglia di me di intavolare una conversazione.

Lo scruto masticare il suo cioccolato sdraiato sul divano malconcio, con lo sguardo fisso nel vuoto. A dispetto dell’inamovibilità della  postura non sembra per niente rilassato.  Come se fosse preda di un costante tormento interiore.

“Che c’è?” Mugugna con la bocca piena. Si è accorto che lo sto fissando.

“Ne mangi troppa di quella roba.” Improvviso. In realtà non mi importa particolarmente di quello che manda giù.

“Non preoccuparti per me, Mammina.” E’ il suo turno di sfottermi.

Gli mostro svogliatamente il dito medio.

Lui sogghigna.

Poi torna serio.

“ Stavate insieme?” Mi domanda a bruciapelo. Sa bene che è superfluo specificare il soggetto.

Non mi aspettavo niente del genere.

Mi riprendo dalla sorpresa e mormoro:

“Sì.”

Per un attimo rimane in silenzio.

Ho timore che dica qualcosa di ovvio, che esprima compassione. Reazioni che evito come la peste.

Invece mi spiazza nuovamente con una rivelazione inattesa.

“Lo conoscevo anch’io.”

Quelle tre parole  apparentemente banali paiono intrise di sofferenza repressa.

Capisco finalmente la ragione della sua reazione rabbiosa, quel pomeriggio nei confronti di quel tale. Roger.

Doveva volergli bene anche lui. D’altra parte non potevo certo pretendere l’esclusiva a riguardo, per quanto fossero poche le persone e essergli vicino.

Avevo sempre creduto che Lui non tenesse contatti diretti con gli abitanti della Wammy’s House. Che si limitasse a impartire le sue istruzioni attraverso il computer, come faceva in diversi  frangenti. Invece no.  Chissà su quante altre cose mi sono sbagliata.  Non potrò mai più chiedere al diretto interessato e ricevere le sue risposte ambigue che a volte mi facevano sorridere e a volte esasperare.

L’assenza di rumori rende l’atmosfera greve mentre ci studiamo reciprocamente.

E’ chiaro che nessuno dei due ha più desiderio di dilungarsi in quel discorso.

“Toh.” Bofonchio lanciandogli uno dei due cuscini presenti sul matrimoniale dove dormirò il mio sonno senza sogni.

Mello lo afferra al volo e se lo sistema dietro la testa in maniera spiccia.

“Se hai freddo ci sono altre coperte nell’armadio.” Gli rendo noto.

“Grazie ma non ci tengo a prendermi le pulci.” Rifiuta con una smorfia.

“Io correrò il rischio.” Decreto estraendo un vecchio plaid da uno dei ripiani.

Il gelo non mi abbandona mai.

Mi avvolgo dentro il rettangolo di tessuto logoro, pur essendo conscia che non servirà a riscaldarmi.

Senza nemmeno consultare il mio compagno, spengo la luce, ma non protesta.

Nessuno si azzarda ad augurare la buonanotte.

Nell’oscurità si sente solo il rumore che produce ruminando la cioccolata.

*

Il risveglio è il momento peggiore della giornata per me.

Nell’attimo che lo precede, rivedo sempre il Suo viso. Allora spalanco le palpebre di colpo, per non nutrire nemmeno  un istante l’illusione di averlo sdraiato a mio fianco, di percepire il calore del suo corpo accanto al mio in un’allucinazione sadica.

Superato quell’ostacolo, scivolo semplicemente dall’oblio del sonno a quello della veglia.

Dalle tapparelle filtra la fredda luce del mattino.

Mi sollevo dal mio giaciglio e tenendomi la coperta intorno alle spalle, sbircio la sagoma adagiata sul divano.

Mello dorme ancora.

Ne approfitto per osservarlo  da vicino.

Sembra più giovane mentre è assopito, coi  lineamenti distesi. Il suo viso appare molto differente privo dell’espressione inquieta che lo caratterizza. E’ quasi innocente. I capelli lisci e biondi come il grano sparsi sul cuscino, accentuano questa impressione. Probabilmente crescendo diventerà bellissimo. Buon per lui.

Le sue palpebre si aprono di scatto rivelando le iridi azzurre.

Devo averlo messo a disagio.

In una frazione di secondo è in piedi di fronte a me.

“Ma cos’avevi addosso ieri? Dei trampoli?” Esordisce dopo avermi squadrata da capo a piedi.

Mi rendo conto che scalzi siamo alti uguali.

Sono sempre stata minuta, per questo ho sviluppato una passione per le scarpe con i tacchi.

“Ce ne andiamo.” Annuncio senza badare alla provocazione.

“Peccato, mi mancherà questa topaia.” Mi punzecchia.

Il ragazzino non capisce che tentare di farmi perdere le staffe è una tempo perso.

“Merda.” Lo sento imprecare prima di dirigermi a fare una doccia.

“Che c’è?” Mi informo non particolarmente interessata, facendo capolino dalla porta del bagno.

“Ho finito la cioccolata.” Ribatte funereo.

“Te ne compro dell’altra appena usciamo bamboccio.”  Lo rassicuro restituendogli  la frecciatina.

Stranamente non mi insulta. L’astinenza deve avergli tolto le parole di bocca.

*

Tracanno della coca cola sgasata di malavoglia, seduta al tavolino di un fast-food.

A causa del poppante è stato precluso anche a me l’ingresso in un pub decente.

Quest’ultimo ha fatto incetta di barrette e pare rasserenato dal rifornimento.

Addento una patatina molliccia, tanto per ingerire qualcosa.

Sovente scordo i pasti e mi riduco a cibarmi di cose improbabili ad ore altrettanto bizzarre.

Questo capitava anche..Prima.

“Potevamo  entrare ugualmente.” Borbotta Mello, masticando il suo cioccolato.

“ Ma che bella idea. Non desidero altro che farmi beccare a introdurre illegalmente un minorenne in un pub.” Mugugno.

“Puoi sempre dire di essere mia madre.” Suggerisce con un ghigno.

“La scusa regge poco.” Replico.

Lui mi guarda con sufficienza.

“ LO SO.” Sillaba.

“Volevo darti sui nervi.”  Aggiunge poi, per mettere in chiaro.

“ Sprechi il fiato.” Commento.

“ Near ce l’ha fatta.” Mi fa presente.

“Chi?” Chiedo.

“Il nanerottolo vestito di bianco, per usare parole tue.” Spiega.

“E fallire dove lui è riuscito ti irrita tanto?” Butto lì.

Non immagino certo di scatenare una reazione simile.

Le pupille del ragazzo si restringono riducendosi a due fessure, la bocca si contrae in una linea sottile. Il volto si trasforma in una vera e propria maschera d’ira.

Sbatte con violenza le mani sul tavolo facendo schizzare la mia bevanda fuori dal bicchiere di cartone.

“Vaffanculo.” Sibila prima di uscire come una furia fuori dal locale.

Qualcuno dei clienti si volta a guardare.

“Che palle.” Sospiro prima di seguirlo all’esterno.

*

Non ha fatto tanta strada. Lo trovo dietro l’angolo intento a sbollire il nervoso prendendo a calci un bidone dell’immondizia.

Ha un davvero un caratteraccio il moccioso.

“Mello…” Lo chiamo.

“Vattene!!!” Sbraita fuori di sé.

“Ascolta..” Ritento.

“Levati dal cazzo.” Ribadisce il concetto.

“Abbiamo un accordo.” Gli rammento.

“Non più.” Mi contraddice.

Qualcosa di simile alla delusione mi sfiora momentaneamente. Prima che subentri il solito anestetico, ribatto prontamente:

“Senti.. Scusa se ti ho fatto incazzare, non pensavo che tra te e quel tizio il rapporto fosse così… Complicato.”

Non spiccica una parola, ma se non altro smette di accanirsi contro il cassonetto e mi regala un’occhiata bieca.

“ Ieri è stato un caso. Ora come ora non me ne frega niente di quello che la gente fa o mi dice, quindi è inutile che ti comporti da stronzetto. Non mi tocca. Potresti prendere me a calci invece di quel coso e non farei una piega.” Specifico.

“Perché vuoi scoprire chi è il colpevole se non ti importa di nulla?” Vuole sapere.

“Per Lui.” Sussurro.

Il Suo ricordo costituisce l’unico barlume di vita che mi è rimasto.

“Aiutami per favore.” Gli chiedo rabbrividendo.

Mello annuisce lentamente.

Poi senza aggiungere altro riprendiamo a camminare fianco a fianco. Privi di meta per le strade umide di pioggia.

*

 

 

Note dell’autrice:  Ciao a tutti!!!

 Dopo tanto tempo è un vero piacere tornare a scrivere in questo fandom!!! Spero di ritrovare tutte le lettrici che avevo tristemente salutato dopo la fine di “I’m with you” e ovviamente anche di conoscerne di nuove ^^ Mi auguro che questo incipit risulti accattivante anche  se come avrete intuito la storia non sarà esattamente molto allegra…Chiedo anticipatamente scusa per l’OOC di Mello, personaggio che trovo estremamente interessante ma che non è molto facile da caratterizzare fedelmente.. E ora basta cianciare, alla prossima!!!

Alice

  
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