Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Ricorda la storia  |      
Autore: Ayumi Yoshida    23/10/2010    3 recensioni
“Tornerò a casa da solo. Dopotutto non siamo mai stati più di due davanti alla tomba della mamma.”
( V classificata a parimerito al Contest sulle barriere psichiche di MayRose, giudicato da Bimba_Chic_Aiko e dedicata alle compagne di contest: alla fine ce l'abbiamo fatta, ragazze! :) )
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Pinako Rockbell, Winry Rockbell | Coppie: Edward/Winry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Autore:  Ayumi Yoshida
Titolo: Felicità
Fandom: Fullmetal Alchemist
Citazione scelta: La felicità annebbia il cuore
Personaggi e Pairing: Edward e Alphonse Elric, Winry e Pinako Rockbell, Ed/Win
Genere: angst, introspettivo, sentimentale
Rating: giallo
Beta-reading: sì
Avvertimenti: one shot
Note ed eventuali dell'autore: Personalmente vedo questa fic come  una sintesi della citazione che ho usato e che adoro (la felicità annebbia il cuore), ma soprattutto della visione di Goethe esplicata nel suo Werther e di Verga. Insomma, si tratta di angst e introspezioni  a palate. Forse non avrei dovuto leggere Goethe durante la stesura della fic. XD Sperando che questo non ti abbia scoraggiata, spero che la fic risulti una piacevole lettura. Le altre note dell’autore sono alla fine della fic. ^^
Introduzione:
Tornerò a casa da solo. Dopotutto non siamo mai stati più di due davanti alla tomba della mamma.”

~

 

Felicità

 

 

Mamma, ho paura. Il terrore mi sta schiacciando. So, sento che non riuscirò a riportare ad Al il suo corpo. Il buio mi terrorizza. Rivedo te, il tuo funerale, la sera in cui Al ha perso il suo corpo a causa mia e sto male. L’angoscia mi divora. Ho paura, mamma, e non posso dirlo a nessuno. Non voglio che qualcuno si preoccupi per me. Sono la causa di tutto e voglio che tutto gravi su di me.

 

Edward è triste. Winry glielo legge negli occhi e si sente male. Non aveva quello sguardo dalla sera in cui ha perso un fratello, una gamba, un braccio. La nausea spinge contro il suo stomaco. E’ piccolo, troppo per sopportare solo il peso dell’amore che l’ha portato a rivolere sua madre indietro. E’ sempre stato così, lui, ha sempre voluto fare tutto da solo, ma questa volta non ce la farà. E’ il cuore che martella nel petto di Winry a dirglielo, e glielo rivela senza che lei lo voglia. Ormai non può più nasconderlo.

 

Una leggera brezza soffiava nelle campagne di Resembool, frigida abbastanza da permettere ad Edward di godere del calore del sole senza sudare. Disteso appena lontano da casa Rockbell sotto un grande albero, egli fissava i rami verdi d’estate al di sopra della sua testa. I suoi occhi erano vuoti, come sempre da quando era ritornato a Resembool per riposarsi un po’ dopo l’ennesimo viaggio e prima di ripartire. Non riusciva a riempirli di nessuna scintilla, di nessuna emozione. Non gli provocava soddisfazione giocherellare con Den, sempre gioioso ogni volta che lo rivedeva, o il sorriso che scorgeva sui volti di zia Pinako e di Al, contento di essere di nuovo a Resembool. Non lo rincuorava scorgere i bagliori dorati dei capelli di Winry ovunque attorno a lui, non lo rallegrava poter respirare di nuovo l’aria rustica di casa. Quella quotidianità forzata, promessa a Winry tanto tempo prima, riusciva ad opprimerlo ancor più di quanto facesse il suo viaggio continuo alla ricerca del corpo di Al: dopo due anni di movimenti incessanti, la stanchezza, la disperazione, la volontà di arrendersi incominciavano a farsi sentire. Spingevano contro la pelle del suo cranio ricolmo di nozioni, di nomi, di ricordi, di sentimenti e lottavano ferocemente contro la sua personalità instancabile. Il suo essere fermo e deciso non voleva assolutamente fermarsi, ma la paura di non farcela lo stava sfiancando senza possibilità di ripresa. Doveva riuscirci, doveva trovare il corpo che ha sottratto ad Al, a costo di morire di terrore. Ma prima doveva restituire a suo fratello il suo corpo. I suoi pugni stretti tanto da fargli male furono sfiorati da un tocco caldo, morbido; sembrava il vento. Edward si voltò e scoprì che in realtà si trattava di Winry. Le sue mani non erano mai state così delicate, se non quando maneggiavano il suo automail, ma non era la sua mano meccanica che la ragazza stava sfiorando. I suoi occhi cristallini celavano una tempesta sofferta, ma non vacillavano. L’alchimista si sentì quasi intimorito dalla sicurezza che poteva leggervi.

“Winry, cosa diavolo stai…?” le chiese, dubbioso, ma la ragazza non batté ciglio, anzi, strinse la presa sulla sua mano e lo fissò con occhi penetranti.

“Ed.” scandì lentamente. La sua presa si strinse e il suo volto si avvicinò a quello del ragazzo, tanto da sentire il suo respiro farsi pesante e difficoltoso. I suoi occhi si infiammarono. “Che cos’hai Ed? Da quando sei tornato te ne stai sempre da solo, non parli per niente! Io e Al siamo preoccupati… Ti prego, Ed, rispondimi!”

Edward sentì il suo cuore fermarsi per qualche secondo, poi ricominciare a battere. Sbuffando allontanò la mano da quella di Winry.

“Non è successo niente, Winry.” disse meccanicamente, continuando a fissare i rami sopra di lui. “Mi hai fatto prendere un colpo, cavolo.”

Le labbra arricciate e gli occhi socchiusi per il fastidio, non la degnava di alcuna attenzione. La ragazza, ancora immobile accanto a lui, si sentì tremare tutta per la rabbia. Con le ginocchia che sprofondavano nel terreno, a carponi colmò l’ultimo mezzo metro di spazio tra di loro e scoppiò a piangere, infuriata. Edward la guardò senza sapere cosa fare, sbattendo le palpebre scombussolato.

“Winry, cosa-”

“Sei un dannato cretino!” cominciò a strillare lei, la voce irriconoscibile, più alta di moltissime ottave. Non si preoccupava neppure di coprirsi gli occhi per celare le lacrime che, ormai, le bagnavano completamente le guance. “Tu e questa tua mania di fare tutto da solo! Non sai che non sei solo? Io, Al, la nonna… secondo te perché ci siamo? Sei un cretino!”

Edward digrignò i denti, risentito. Si era accorta di tutto soltanto guardandolo negli occhi.

“E questo cosa c’entra?” urlò a sua volta, per ribattere tono su tono “Ti ho detto che non è successo nulla!”

“Invece sì!” La voce di Winry era rotta dalle lacrime e il ragazzo non riuscì più a rispondere. Ella alzò gli occhi abbassati poco prima e lo fissò per l’ultima volta, perforandogli la mente. “So che stai male, me lo sento qui.” Il cenno della sua mano verso il cuore fu appena visibile, perché l’alchimista si sentì offuscato, annebbiato dalla sua voce. “Non fingere con me, Ed, ti prego.”

Le ultime parole di Winry furono deboli, smorzate dal viso di Edward che crollò tra le sue braccia distrutto, esanime, bevendo tutte le sue lacrime.

 

Mamma, ho capito che posso anche non soffrire da solo. Anche se tutta la colpa di ciò che è accaduto è mia, avere un paio di spalle accanto alle mie che mi accompagni non mi sembra più qualcosa di sbagliato. Quelle di Winry sono così calde e accoglienti… Scommetto che lo sapevi già, non è vero, mamma? Mi sento vivo, leggero. Che sia giunta finalmente anche per me la felicità?

 

Da qualche giorno le mani di Ed e di Winry sono in ogni momento intrecciate, e Al non può che esserne felice. Sul volto di suo fratello è ricomparso il sorriso e la sua vitalità è tornata a farsi sentire in casa Rockbell. Litiga con la zia Pinako, respinge categoricamente il latte, intavolando discorsi lunghissimi e senza senso per dare motivazioni valide al suo rifiuto, cerca di schivare milioni di chiavi inglesi che Winry gli lancia per forza d’abitudine, ride come un matto ai racconti di giovinezza della vecchia zia, attirandosene le ire furenti. Finalmente è di nuovo lui. Combatte con suo fratello, litiga con Winry, sorride, vive.

 

“Sai, Winry,” esordì Edward all’improvviso “qualche ora fa stavo pensando…”

La ragazza, distesa al suo fianco sotto quell’albero che ormai era diventato il loro, sorrise.

“Stavi pensando? Però! E’ stato per caso dopo che ti ho lanciato quella chiave inglese?” gli domandò, canzonatoria.

“No, prima.” ribatté lui, offeso. “Se fosse capitato dopo, dubito che sarei riuscito a fare qualcosa. Mi disintegri ogniqualvolta uno di quegli aggeggi infernali mi colpisce!”

Winry scoppiò a ridere come non mai e continuò senza fermarsi per qualche minuto mentre il ragazzo, l’espressione ancora indispettita, smetteva di guardare le nuvole che riempivano il cielo quella mattina e si voltava su un fianco per poterla guardare meglio. Quando lei se ne accorse, smise di ridere immediatamente. Il viso di Edward era ritornato serio come non lo era più da qualche giorno.

’Che cos’è la felicità?’ E’ questo che stavo pensando, Winry.” rivelò finalmente prendendole una mano e stringendola per alzarla verso il cielo. “Che cos’è, per te, la felicità?”

La ragazza, sorpresa da quella strana domanda, sbatté piano le palpebre e per un attimo il suo sguardo concentrato vagò sul volto di Edward senza vederlo; poi sorrise piano.

“E’ soltanto una parola.” affermò lentamente, catturando completamente l’attenzione dell’alchimista. I due restarono in silenzio per un po’, guardandosi negli occhi, ma improvvisamente Winry ricominciò a parlare.

“E’ soltanto una parola, ma prende vita davvero quando ci sei tu al mio fianco. Non importa per quanto tempo, per quale motivo o dove. Se tu non ci sei, la felicità per me non esiste.”

Imbarazzata, distolse lo sguardo da quello del ragazzo e lo volse al cielo. Edward, all’improvviso, si sentì la testa formicolare, il cuore annebbiarsi e, senza minimamente pensarci, la attirò a sé. Chiuse gli occhi.

“Ed…?” mormorò la ragazza, esitante; lui la sentì appena, completamente preso da quel vortice latteo che, come una tormenta, infuriava nel suo petto.

“Sei una scema.”

Cosa?

Senza capire come avesse fatto, in due secondi netti il ragazzo vide una chiave inglese troneggiare, alta al cielo, nella mano di Winry. Deglutì piano.

“Ripetilo!” esclamò la ragazza fuori si sé, facendo dondolare l’attrezzo da lavoro sopra la testa dell’alchimista e cercando contemporaneamente di allontanarsi da lui. Nonostante stesse impiegando tutta la forza che aveva, non riusciva a smuovere quelle braccia neppure di un millimetro dalla propria schiena. Dirle quelle cose che dopo che lei aveva aperto il suo cuore! Arrabbiata, digrignò i denti e sibilò: “Sei morto!”

Edward, con un gesto semplice, la costrinse ad alzare gli occhi infiammati sul suo viso e, improvvisamente, unì le labbra alle sue. La chiave inglese scivolò sul terreno con un tonfo appannato. Winry, la palpebre spalancate, inquadrò gli occhi del ragazzo: erano limpidi, non vi era traccia di malinconia, semmai di impaccio. Felice, chiuse gli occhi e sentì davvero le sue labbra in quel momento che da piccola aveva sognato tante volte. Il loro primo bacio.

Stretti una all’altro, il ragazzo sentiva le proprie guance gonfiarsi sempre di più a causa di quella strana nebbiolina nel petto sotto la spinta della quale aveva compiuto mille ridicolaggini e azioni schifose e patetiche che, però, lo facevano sentire stranamente bene. Pensoso e leggermente a disagio, nonostante tentasse di nasconderlo, fissò Winry che, a differenza sua, non era riuscita a dissimulare nulla: le sue guance erano liberamente rosse e i suoi occhi vagavano qua e là sui rami che li sovrastavano.

Edward non sapeva cosa dire. Continuò ad ascoltare gli uccelli che pigolavano nei campi lontani, perso nei suoi pensieri; fu Winry a interrompere quella tranquillità con la stessa domanda che lui continuava a porsi da giorni.

“E per te, Ed, che cos’è la felicità?”

La ragazza lo guardò incuriosita, ma lui si limitò a sospirare con un battito di ciglia.

“Non riesco ancora a capirlo, Winry.” replicò come rassegnato “Ma vorrei tanto che fosse questa.”

Le strinse una mano e lei sorrise. Finalmente tutto andava bene.

 

Mamma, che cos’è la felicità? Se non troverò una risposta, non potrò mai capire se per me essa sia davvero arrivata e si sia fermata. Vorrei tanto poter rispondere, ma, non so perché, non ci riesco. Sono certo che tu sapresti aiutarmi.

 

“Fratellone, che ne dici di andare a trovare la mamma più tardi? Da quando siamo arrivati non ci siamo ancora andati.”

La voce di Alphonse si spegne lentamente, colpevole, quando egli si accorge che suo fratello, il cucchiaio ben saldo nella mano, è come paralizzato, abbassati di scatto gli occhi sul piatto di minestra che sta mangiando. Winry interviene subito, trasformando la preoccupazione che l’ha attanagliata in un momento in un sorriso: “Sì, dai, andiamoci tutti insieme! Voglio venire anch’io. E’ da un po’ che non faccio visita a zia Trisha.”

“Ok” mormora Edward atono, ricominciando a mangiare. “Prima però dobbiamo prendere dei fiori.”

 

Edward, Alphonse e Winry camminavano da circa mezz’ora, e il minore dei fratelli Elric non riusciva a smettere di ridere ai racconti che la sua amica snocciolava allegramente senza pause. Il più grande, invece, camminava lentamente, le mani unite dietro la schiena, trascinando i piedi a fatica in silenzio. Talvolta Winry si interrompeva per lanciargli un’occhiata impensierita e Alphonse faceva lo stesso, ma poi, per non farsi scoprire, ricominciavano a parlare senza fermarsi. Nulla, comunque, era cambiato lungo la strada: Edward aveva sempre la stessa espressione, gli stessi occhi vitrei della mattina, sbiaditi solo da un velo di bufera. Davanti alla lapide di Trisha, immediatamente Winry tacque, sentendosi gli occhi già lucidi.

Una leggera brezza calda soffiava da sud, trasportando tutto il profumo dei frutti dei campi, nonostante ciò i due fratelli si sentirono rabbrividire dentro. Edward strinse forte i pugni, continuando a fissare, raccolto, la lastra con l’incisione del nome della madre, e abbassò la testa. Erano trascorsi più di due anni, ma la loro situazione non era cambiata: a lui mancavano ancora un braccio e una gamba, Alphonse non aveva il suo corpo ed era costretto sentire rumori metallici ogni volta che muoveva un passo. Solo a guardare quella tomba si sentiva mancare l’aria, schiacciare dalla paura e dall’inquietudine di non farcela, come ormai non accadeva più da quella mattina in cui aveva capito che Winry per il suo cuore era più che un’amica di infanzia: era il suo sostegno, la sua forza, la sua pace nei momenti in cui la sua anima e il suo cervello prendevano le armi per farsi guerra, anche se si sentiva patetico ad ammetterlo. Per questo motivo, sebbene non desiderasse che stringere la sua mano, si trattenne e voltò gli occhi dalla parte opposta al volto della ragazza, malinconico come non mai.

“Zia Trisha,” mormorò la ragazza all’aria, chinandosi in ginocchio sulla lapide “come va?”

Edward, sconvolto, si voltò di scatto verso di lei.

“Cosa cavolo stai facendo?” sbottò, furioso “Non ti rendi conto che stai parlando da sola? Stupida!”

“Non sto parlando da sola!” ribatté lei, risentita. Chinando la testa, sfiorò con le dita la pietra ormai calda per il sole al tramonto e congiunse le mani, trattenendo le lacrime. Edward, al suo fianco, continuava a mordersi a sangue le labbra pur di non tradire alcuna emozione, ma lei già sentiva tutto il suo dolore e la sua disperazione riaffiorare.

“Al!” chiamò allora con voce secca “Andiamo.”

Il più piccolo si era per tutto il tempo tenuto in disparte, due o tre passi dietro Winry e suo fratello, ascoltando, senza dire nulla, i loro discorsi e stringendo forte un mazzolino di fiori che, con il trascorrere dei minuti, gli sembravano sempre più piccoli e privi di significato. Solo allora parlò e la sua voce suonò stranamente atona, nonostante i toni della conversazione fossero stati fino a quel momento piuttosto accesi.

“No, tu resta qui con Winry. Tornerò a casa da solo. Dopotutto non siamo mai stati più di due davanti alla tomba della mamma.”

Edward lo guardò strabuzzando gli occhi.

“Ma cosa…”

“Ci vediamo dopo.” si congedò e, silenziosamente, riprese la via di casa. Persino il rumore metallico della sua armatura sembrava essersi spento.

“Ma cosa diavolo gli è preso?” boccheggiò il ragazzo, irritato, allargando le braccia con stizza. Winry, ancora prostrata sul terreno davanti alla lapide, sentì la determinazione di seguire Alphonse e trascinarlo davanti a suo fratello per fare pace e poi prenderli a schiaffi entrambi svanire velocemente. Non poteva farlo.

“E’ colpa mia.” mormorò piano “Ho occupato il suo posto, non avrei dovuto. Non ti arrabbiare con Al, ti prego!”

Edward abbassò lo sguardo, cercando di capire cosa stesse succedendo, perché tutto sembrava sempre più tremendamente difficile. Improvvisamente, sentì che la ragazza gli stava stringendo la mano con la sua: di nuovo una strana nebbiolina bianca lo invase, offuscando la sua sofferenza. Finalmente ritornò a respirare.

“Non volevo che potessi riprovare quello che hai sentito quando sei arrivato a Resembool due settimane fa, per questo ti ho accompagnato.” disse Winry lentamente “Mi dispiace.”

“Non è colpa tua.” affermò lui, sicuro “Sono certo che Al mi stia nascondendo qualcosa.”

“Lo stesso posso dire di te.”

“Che vuoi dire?”

La ragazza girò la testa e lo guardò, penetrante.

“Te lo chiedo di nuovo, Ed.” gli disse lentamente, cercando di non mostrarsi spazientita “Non fingere con me, ti prego.” I suoi occhi avevano di nuovo indovinato ogni cosa. L’alchimista scostò i suoi per non farvi leggere frustrazione.

“Non sto fingendo.” si schermì, tanto convinto che per un momento credette alle sue stesse parole.

“Bugiardo!”

Senza che neppure riuscisse a sfiorarlo con le braccia, Winry vide i suoi occhi cambiare lentamente espressione. Avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo a sé, ma le sue labbra erano state più veloci e si erano unite a quelle del ragazzo senza esitazioni nel loro secondo bacio per scacciare via da lui ogni traccia di amarezza. Più il loro bacio diventava intimo, desiderato, più quella nebbia di cui Edward era sempre più preda cresceva nel suo petto, mandandolo su di giri, sconvolgendolo per l’ascendente che la ragazza riusciva ad avere su di lui.

Era davvero quella la sua felicità? Con Winry si sentiva bene sempre.

 

Mamma, voglio rispondere a quella domanda. Sì, è arrivata anche per me la felicità. Mi sento ridicolo anche solo a pensarlo, ma la mia felicità è lei. Solo con Winry riesco a sentirmi vivo, leggero. Non importa se litighiamo, se mi abbraccia o se mi bacia, con lei la paura, la preoccupazione sembrano passate. Non mi sentivo così da molto tempo, ormai.

 

“Pronto? Casa Rockbell.”
“Buongiorno, sono il tenente Hawkeye, chiedo scusa per il disturbo. Sei tu, Winry?”

“Sì, buongiorno tenente. Ha bisogno di qualcosa?”

La voce di Winry è preoccupata, quasi angosciata e la donna dall’altra parte del telefono lo comprende immediatamente.

“Sì.” afferma, esitando per un attimo, ma la sua voce non si piega e subito riprende: “Ho bisogno di parlare con Edward.”

“Ed adesso non c’è.” replica piano la ragazza, ma il suo cuore aumenta i battiti ad una velocità da capogiro “Se vuole le passo Al.”
“Va bene, ti ringrazio. Arrivederci.”

“Al! C’è il tenente Hawkeye al telefono, vuole parlarti!” esclama Winry con voce strozzata, ma sorridente quando passa la cornetta ad Alphonse, taciturno. Ha un brutto presentimento.

 

Edward e Winry erano distesi poco lontano da casa Rockbell, sotto lo stesso albero di sempre. Alphonse non aveva idea di che cosa stessero facendo, ma non gli importava di interromperli: aveva qualcosa di importante da dire a suo fratello. In compagnia di Den, percorse la stradina di terra battuta che si snodava per le campagne e li riconobbe: urlavano così tanto che riusciva a sentire tutto ciò che si stavano dicendo. Battibeccavano, tanto per cambiare. Con un sospiro, li raggiunse.

“Al!” esclamò Edward, raggiante, non appena lo vide. Dall’espressione torva di Winry, Alphonse capì che quella volta il litigio doveva essere finito bene per suo fratello, ma la ragazza sorrise a sua volta e lo invitò a sedersi accanto a loro. Muovendo i grandi piedi metallici, nervoso e incapace di attendere un attimo di più, obbedì e immediatamente disse ad Edward che doveva parlargli. Subito Winry si alzò e annunciò che li avrebbe lasciati tranquilli, così avrebbero potuto discutere meglio. Il maggiore degli Elric era visibilmente contrariato, ma non si oppose alla sua decisione, soprattutto perché non aveva più sentito la voce di Alphonse farsi così seria da molto tempo.

“Dimmi tutto!” esclamò Edward con un sorriso sornione non appena Winry era abbastanza lontana da non poterlo più sentire. “Devo ringraziarti, mi hai salvato! Aveva preso a parlare del fatto che mutilo i suoi dannati automail e non ti immagini quanto mi stessi annoiando!”
Alphonse era certo che non stesse dicendo la verità: da quando erano ritornati a Resembool quattro settimane prima, ormai suo fratello e Winry erano inseparabili, nonostante lei non smettesse un attimo di parlare di automail. Decise, comunque, di fare finta di nulla e annuì accompagnato da un cigolio metallico.

“Stamattina ha telefonato il tenente Hawkeye” cominciò a raccontargli “per riferirci un messaggio da parte dell’esercito.”
“Di che si tratta?” domandò Edward, interessato.

“Dice più o meno così: ‘ritornate immediatamente a Central City. La licenza è finita.’ ”

“Che cosa?!” L’urlo scandalizzato dell’alchimista d’acciaio rimbombò parecchie volte nella vallata, potente come un ruggito. “Come osano dirci qualcosa del genere? Noi siamo sempre in servizio, per una volta che prendiamo una licenza… Scommetto che è stato il colonnello Mustang!” esclamò, furibondo per la rabbia. “E’ di sicuro tutta una messinscena organizzata da lui!”

“Che cosa hai intenzione di fare? Ripartiremo subito, vero?” gli chiese Alphonse, speranzoso.

“Assolutamente no!” ribatté Edward, arrabbiato “Non ho intenzione di lasciarlo vincere ancora! Certo, sono un suo subordinato, ma non deve permettersi di tra-”

“Puoi tranquillamente dire che non vuoi lasciare Winry.” mormorò improvvisamente suo fratello, deluso. In un momento si levò in piedi e richiamò a sé Den, che saltellava tranquillo attorno a loro.

Edward, colto nel segno, non riuscì a ribattere nulla. Poté soltanto guardarlo ritornare lentamente verso casa, per l’ennesima volta accompagnato solo dalla sua ombra.

Ma perché diavolo si comportava in modo così… strano?

“Al!” ansimò senza fiato, alzandosi di scatto per inseguirlo. “Aspetta, aspetta, cavolo! Ma cosa diavolo ti viene in mente?” La sagoma possente che si stagliava nell’aria a parecchi metri da lui si fermò di malavoglia, ma, pazientemente, attese che il ragazzo la raggiungesse.

“Cosa c’è, fratellone?” gli chiese Alphonse con una gentilezza distaccata, algida. Edward sentì un fremito attraversarlo e, arrabbiato, gli sferrò un pugno fortissimo sul braccio.

“Che cos’hai tu!” esplose, inondandolo di rabbia “Ti comporti in modo strano da quando siamo andati a trovare la mamma! Parla, Al!”

Suo fratello sbatté piano le palpebre, senza alcuna espressione. “Voglio soltanto riavere il mio corpo,” svelò piano, la voce ovattata da un velo di tristezza “ma mi sembra che tu non voglia più continuare questo viaggio.”

L’alchimista sgranò gli occhi, incredulo. “Certo che voglio continuarlo!” esclamò, energico, ma Alphonse lo bloccò con un cenno della mano.

“Non è vero, non mentire. Ho capito che non hai più intenzione di ripartire da qui, che non vuoi lasciare Winry. E’ questo il problema, non è vero? Ormai hai raggiunto la tua felicità e tutto quello che non ti riguarda non conta.” aggiunse freddamente. “Non conta più il fatto che scorra nelle nostre vene lo stesso sangue, non conta più la nostra promessa di due anni fa. Per te l’unica cosa importante è Winry. Grazie per l’impegno che ci hai messo finora, ma proseguirò il viaggio da solo.”

Senza lasciargli il tempo di dire qualcosa, il minore degli Elric si voltò nuovamente verso casa e sparì lungo il sentiero. Edward, ancora immobile, non riusciva a rilassare il proprio cuore: batteva, batteva fortissimo, rischiava di schizzargli fuori dal petto, e non c’era traccia di quella nebbiolina bianca che riusciva a rasserenarlo in ogni momento. Sentiva di nuovo la paura e il fallimento incombere su di lui come un animale feroce da cui era sicuro di non poter fuggire. Stringendosi forte un lembo della maglietta nera all’altezza della gola, si sentì morire.

 

Mamma, ho sbagliato. La mia felicità non può essere questa, perché non riesco in alcun modo ad immaginare una felicità come quella che sto vivendo: Al crede che io l’abbia abbandonato per restare con Winry. Sì, devo ammetterlo, l’ho pensato. Ultimamente ho pensato di lasciare tutto sempre più spesso, ma, se lo facessi, non potrei in alcun modo essere felice. Non potrei essere felice sapendo che mio fratello non condivide la mia felicità. E’ strano, questo sentimento: l’uomo ne è costantemente alla ricerca e, quando lo trova, si sente costretto ad abbandonarlo e a donarlo a qualcun altro per non sentirsi in colpa. Così mi è accaduto.

 

“Winry, Al, zia Pinako, devo dirvi una cosa.” esordì Edward all’improvviso, grave. Tutti i cucchiai furono posati sul tavolo per smettere di mangiare e il ragazzo si ritrovò gli occhi di tutti, tranne quelli del fratello, addosso. Non appena se ne accorse, gonfiò le guance irritato.

“Parla pure.” acconsentì Pinako. Edward fece un respiro profondo per cercare di calmarsi e cominciò a parlare precipitosamente: “Dato che il comandante Mustang ci ha fatti chiamare… e siamo qui da un po’, insomma, non vorrei che disturbassimo, poi io e Al siamo fuori allenamento e non so se… insomma, ripartiamo stasera!” Sorrise largamente guardando il volto di Alphonse su cui lo stupore e la meraviglia di quella notizia inattesa avevano risvegliato improvvisamente il buonumore.

“Ripartiamo davvero?” domandò il minore degli Elric con gli occhi scintillanti.

Suo fratello annuì energicamente. Solo allora i suoi occhi incontrarono quelli di Winry e, con timore, li vide proprio come li aveva immaginati: tempestosi. Sofferente, girò immediatamente la testa.

“Sono contenta che ripartiate.” esclamò la donna riprendendo in mano il suo cucchiaio e posandolo nel piatto per metà vuoto, rivolta all’alchimista “Avevo come l’impressione che vi stesse rammollendo, tu in particolare!” Egli arrossì leggermente a quell’allusione, ma cercò di dissimulare l’impaccio.

“Non mi sono affatto rammollito!” borbottò, indispettito, mentre la donna lasciava la cucina con espressione sostenuta.

Alphonse rise lievemente e soltanto per caso il suo sguardo incontrò quello di Winry. Non appena si rese contò della tristezza che lo smorzava, sentì un’altra tristezza invadere lui stesso. Era diversa da quella che aveva provato per quattro settimane, quando si era sentito rimpiazzato da Winry, spodestato da lei: era malinconia, amarezza per la consapevolezza di averla resa triste con la decisione di riprendere il loro viaggio.

“Mi dispiace, Winry.” mormorò piano, lo sguardo addolorato puntato nei suoi occhi. Ella, tremante, inaspettatamente gli sorrise.

“Non preoccuparti, Al. Ti auguro di ritrovare al più presto il tuo corpo. E’ questo quello che più conta.”
Senza pensarci, si alzò dalla sedia e, di scatto, gli buttò le braccia al collo: il suo abbraccio era la dimostrazione di quelle parole che aveva appena detto e che, Al lo sentiva, le provenivano realmente dal cuore.

“Non piangere, Winry.” la pregò allora il ragazzo, turbato. Fu rassicurato da un cenno del capo tanto deciso che riuscì a strappargli un sorriso, il medesimo che ella stessa aveva disegnato in viso.

“Promettetemi solo di tornare presto.” si raccomandò la ragazza “Non vedo l’ora di rivedervi a casa.”

 

E’ mattino presto, il sole è appena sorto, ma tutti sono svegli da un po’ a casa Rockbell. C’è un viavai frenetico nella villetta, Edward, Alphonse e Winry scendono e salgono velocemente e più volte le scale per finire nel minor tempo possibile i preparativi per la partenza. Ognuno si sente triste, malinconico, ma cerca di nasconderlo all’altro, anche se è difficile, tremendamente. E’ difficile riempire tasche o valige sapendo che una casa sarà lasciata vuota e silenziosa dopo quattro settimane di vita. Quando tutto è pronto, la risolutezza di Edward sembra vacillare. Egli indugia fin troppo attorno a Winry, senza sapere cosa dire o cosa fare, gli occhi cupi, e suo fratello se ne accorge. Per questo gli permette di rientrare in casa per l’ultima volta per controllare se hanno preso davvero tutto. E’ soltanto un caso che Winry lo segua con occhi languidi.

 

“Avete preso tutto?”

La voce di Winry risuonò stanca nella penombra della cucina. Edward lanciò uno sguardo tutto intorno e sospirò.

“Pare di sì.”
“Allora devi andare.”

“Sì. Mi dispiace, Winry.”

La ragazza gli si avvicinò e gli sorrise tristemente. “Non deve dispiacerti. Sapevo bene che sareste ripartiti. Hai un viaggio da compiere. Soltanto così potrai capire che cos’è per te la felicità.”
“Speravo che fosse questa,” mormorò lui lentamente “ma non mi sembra che lo sia.”
“Lo speravo anch’io.” confessò lei, abbracciandolo. “Però forse lo è davvero, forse non riusciamo a capirlo. Forse manca solo un piccolo tassello. Riporta ad Al il suo corpo.”

Per l’ultima volta l’alchimista sentì il suo petto gonfiarsi e agitarsi sotto il peso di quella foschia bianca, di quella felicità disillusa che lo aveva riempito per quattro settimane. Il suo richiamo era ancora irresistibile. Poteva ancora decidere di restare. Poteva ancora farlo. La sua felicità era ad un passo.

 

Mamma, ho capito. Non è la mia felicità ad essere importante. E’ la felicità di chi mi sta accanto. Al è felice, adesso, perché è certo che riavrà il suo corpo e mi sento felice anch’io. Sono deluso, perché la mia felicità si è dimostrata ingannatrice: mi ha annebbiato il cuore e ha reso invisibile ciò che intorno a me era più importante facendomi soffrire, finché non me ne sono accorto. Ma io ci credo ancora, nella felicità, perché l’ho assaporata. Forse, per costruirla, manca davvero solo un tassello e io non posso che cercarlo, qualunque sia il suo prezzo. E’ il destino di ogni uomo. Solo così potrò essere davvero completo.

 

“Allora, andiamo, fratellone?”

“Sì, Al. Abbiamo ancora un tassello da incastrare.”

Un ultimo sguardo alla casa, ai campi in fiore, ai monti, alle nuvole nel cielo e i due fratelli riprendono a camminare. Ormai i loro piedi non calpestano più la terra nativa.

 

 

(Fin)

 

 

 

~

 

Ancora note. XD Comincio dicendo che dovrebbe essere la mia fic di esordio su Fullmetal alchemist e spero, spero con tutto il mio cuore che sia almeno leggibile e che i personaggi siano IC, questo è il mio cruccio. Avrò ricontrollato la loro caratterizzazione ventimila volte. E’ stato un po’ difficile per me muoverli, sicuramente perché era la prima volta, ma anche perché volevo descrivere un Ed impaurito, braccato dal fallimento, schiacciato dal senso del dovere. Spero di esserci riuscita senza andare OOC.

Che altro dire? Nella fic, ho preferito non soffermarmi molto sui perché, sulle motivazioni e sui sentimenti che muovono i personaggi, se non quanto è necessario. Sono convinta che si possa facilmente immaginare quale sentimento li muova, se poi non è così… boh. Tanto io sono la donna delle sperimentazioni durante contest. XD E’ da me scrivere fic incomprensibili e farle partecipare ad un contest. Tuttavia, a differenza dell’ultima fic incomprensibile che ho fatto partecipare ad un concorso, questa mi piace molto. La sento mia. La sua stesura è stata sofferta, lenta, interrotta e ripresa mille volte, ma il risultato mi soddisfa. Spero possa piacere un po’ anche a te. ^^

Ti ringrazio per aver indetto questo splendido contest e per avermi dato la possibilità di scrivere in Fullmetal Alchemist. Un bacio! ^^



Today -23 ottobre 2010
Questo era ciò che scrivevo in calce a luglio, prima dell'invio di questa storia che viene pubblicata in questo momento, dopo 4 mesi. Finalmente abbiamo avuto i risultati del contest a cui ha partecipato (Le sette barriere psichiche) giungendo quinta a parimerito con la splendida storia di NonnaPapera. Non sono tanto convinta della riuscita totale di questa storia, ma mi sembrerebbe un affronto alla cara Aly, la nuova giudicia che si offerta con tanta gentilezza di prendere il posto della vecchia giudice, non pubblicare dopo che ha fatto i salti mortali per darci i risultati in un tempo brevissimo.
Ti ringrazio, quindi, di cuore, Aly, per la tua immensa gentilezza e per le belle parole che hai speso per questa fic. Io non ho molto altro da aggiungere, tranne che era mio desiderio scrivere una fic che parlasse di questo argomento. Sperando che vi sia piaciuta, vi ringrazio per aver letto e per qualunque parere, positivo o negativo che sia, purché costruttivo, che vorrete lasciarmi.
Rinnovo anche con piacere i complimenti alle altre partecipanti al contest, con cui abbiamo condiviso, senza quasi accorgercene, ben 4 mesi.
Grazie, infine, ma non perché sia meno importante, a Sonia, perché è la mia beta e la mia consigliera instancabile. (<3)

Alla prossima,
Ayumi




Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic
Bannerini by Shurei *_*
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Ayumi Yoshida