Crossover
Ricorda la storia  |       
Autore: Feel Good Inc    25/10/2010    2 recensioni
{ III classificata a pari merito nel contest “Alice nel paese di...” indetto da Fabi_ }
Alice in Wonderland x Il Mago di Oz. Tre episodi prettamente nonsense e assolutamente slegati tra loro.
I. Primo atto ~ Si era mossa con l’unico pensiero che forse, come quell’ultima volta, il viaggio le richiedeva di ritrovare la sua moltezza, di ritrovarsi. [ Alice Kingsley; Spaventapasseri – fluff/malinconico ]
II. Interludio ~ Qualcuno ancora si ostinava a dire che gli orologi ticchettavano prima del Giorno Gioiglorioso, ma doveva trattarsi di una sciocca credenza popolare, perché persino il Giorno Gioiglorioso – nessuno si ricordava più quando fosse stato, e il Cappellaio Matto meno di tutti. [ Cappellaio Matto; Spaventapasseri – dark/introspettivo ]
III. Ultimo atto ~ Nel paese dei Mastichini c’erano due sole strade, che si dipanavano come nastri dal cuore del villaggio: una era rossa, e lei non aveva mai saputo dove andasse a finire... [ Dorothy Gale; Stregatto – malinconico/triste ]
{ Cappellaio x Alice / Spaventapasseri x Dorothy }
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Film, Libri
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Primo atto ~ La strada sbagliata

;; follow the yellow brick road ;;

 

 

 

{ I walk a lonely road, the only one that I have ever known

Don’t know where it goes; but it’s home to me – and I walk alone }

 

 

 

Il giorno in cui la ragazza comparve alla curva del lungo sentiero dorato, nel Paese dei Mastichini era piovuto molto.

Allo Spaventapasseri non era mai piaciuta la pioggia. L’acqua non era forse pericolosa per lui quanto il fuoco, ma rendeva pesante e appiccicaticcia la paglia che lo imbottiva, e non era una bella sensazione starsene appesi al palo con le membra intorpidite per via di un acquazzone impertinente. E poi, la pioggia colorava il cielo di grigio: grigio non era affatto un colore adatto ad Oz.

A dir la verità, lo Spaventapasseri avrebbe anche potuto evitare di star lì a bagnarsi. Sarebbe potuto scendere dal palo in qualsiasi momento – perché adesso sapeva come fare; era già sceso dal palo, tanto tempo prima, quando una mano calda e gentile aveva sfilato via il chiodo dalla sua schiena impagliata – ma aveva deciso di non farlo. Non aveva più lasciato il suo palo fin dal giorno in cui aveva abbandonato la Città di Smeraldo: perché lui apparteneva a quel campo di grano, lì dove la sua storia era iniziata, e il suo posto era il punto esatto in cui con lo sguardo poteva controllare costantemente quello stesso angolo del sentiero dorato. E così era rimasto là, ridotto ad un ammasso di cenci flosci e di paglia vischiosa e anche un po’ puzzolente – ad aspettare, come sempre.

Finché la pioggia era passata e nel cielo scuro erano comparse le strisce sottili e colorate dell’arcobaleno.

E allora lo Spaventapasseri, immerso nei pensieri vorticanti che abitavano il suo cervello tutto nuovo, aveva visto sbucare la ragazza dall’angolo della strada che andava a oriente, e si era sentito impazzire un cuore che era solo un altro cumulo di paglia compressa, e si era illuso – stupidamente – che la sua attesa fosse finita.

Evidentemente, lo Spaventapasseri era ancora troppo ingenuo e troppo poco saggio; perché la ragazza non era lei.

Era più grande, già una donna, e aveva capelli più lunghi e più biondi. Aveva occhi confusi, anche, e un poco tristi; non portava con sé alcun panierino, né un cucciolo, e le sue scarpette non erano rosse. Non era lei, semplicemente.

Lo Spaventapasseri aveva continuato a guardarla solo perché non c’era più nient’altro che potesse fare, nulla più che restare lì immobile con il molle braccio stupidamente alzato a fissare una strada con finti occhi stupidamente delusi, e domandarsi cosa dava il diritto a quello stupido arcobaleno di portargli una ragazza che non era lei.

E poi la ragazza era arrivata all’incrocio, aveva alzato lo sguardo e si era accorta che lui la guardava; e allora la confusione nel suo viso pallido aveva lasciato il posto ad un piccolo, timido sorriso.

« Che buffo, che buffissimo. »

 

 

Si era accorta che qualcosa non andava fin dal momento in cui aveva oltrepassato la porta e non aveva visto piante strane né creature variopinte.

Eppure aveva fatto tutto ciò che doveva fare; questa volta sapeva cosa andava fatto, perché era anche ciò che desiderava – ed erano anni, secoli che andava fatto, ma lei ci aveva messo troppo tempo a rendersene conto. Forse era per questo che il suo ritorno veniva ostacolato? Ma no. In fondo la tana era la stessa, e la pozione l’aveva bevuta, e la porta era quella giusta…

Ma allora perché si era aperta su quella strada lunghissima e lastricata di mattoni gialli, invece che a Sottomondo?

Si era mossa con l’unico pensiero che forse, come quell’ultima volta, il viaggio le richiedeva di ritrovare la sua moltezza, di ritrovarsi. Oppure… Cosa poteva fare per dimostrare di voler davvero tornare? Forse credere ad altre sei cose impossibili…

Una: c’è una porta che può portarti in due posti diversi.

« A cosa pensi? »

Alice si scosse e tornò a guardare il buffo fantoccio di paglia nel campo di grano che si stendeva tra due rami dell’incrocio.

Quando si era ritrovata alla sua altezza, angosciata, senza sapere nella maniera più assoluta in quale direzione proseguire, aveva sollevato lo sguardo e si era accorta che quello non era uno spaventapasseri come gli altri. Se c’era una cosa che Sottomondo – che lui le aveva insegnato, era a credere sempre a ciò che vedeva e ciò che sentiva: e questo spaventapasseri la stava guardando fisso fisso. Gli occhi luccicanti sotto la tesa del cappello erano troppo vivi per essere soltanto dipinti, e la bocca che solcava come uno strappo la tela del suo volto era troppo imbronciata per essere finta. Soprattutto, dopo che lei era rimasta per un bel po’ immobile a guardarlo, ad un certo punto il fantoccio aveva sorriso e si era portato una mano alla testa in cenno di saluto. Che buffo, che buffissimo.

« Scusami; mi chiedevo quale sbaglio possa aver mai commesso per finire qui, e dove portasse questa strada. »

Lo Spaventapasseri la guardò dall’alto in basso, come in preda a profonda riflessione. « Sul tuo sbaglio non so dirti, ma la seconda risposta è facile. Ognuno trova in fondo al lungo sentiero dorato ciò che cerca. Io ci trovai un cervello, tanto tempo fa. Così come il Boscaiolo di latta trovò un cuore, ed il Leone il coraggio che gli mancava. Io credo che ogni strada sia intesa per avere una meta diversa per ognuno – ma per la maggior parte delle persone, il sentiero dorato porta semplicemente alla Città di Smeraldo, dove un tempo regnava il Grande Mago di Oz. »

Alice ebbe bisogno di qualche istante per riflettere sulle sue parole.

Due: c’è un leone che ha paura.

Seduta tra le spighe ai piedi del palo, infine alzò gli occhi, tristemente divertita da un ricordo quasi sbiadito. « Nel posto in cui sono diretta c’è un Gatto che dà indicazioni persino più bizzarre delle tue. »

« Davvero? » Lo Spaventapasseri spalancò gli occhi azzurri, così espressivi da sembrare veramente umani. « Un gatto? Parli sul serio? »

Alice annuì. « È un posto dove ogni cosa sembra assurda, dove i conigli portano l’orologio e i bruchi fumano il narghilè… »

E dove i cappellai aspettano, le venne in mente; ma questo non lo disse, perché in fondo non era una cosa tanto assurda.

« Allora non può certamente far parte del Regno di Oz. Le uniche cose assurde qui erano provocate dalle Streghe Cattive; ma ora tutte le Streghe Cattive sono morte. » Lo Spaventapasseri si dondolò pensoso sul suo palo, lo sguardo fisso su un punto lontano del cielo saturo di odore di pioggia. « È un vero peccato che non ci sia più neanche il Mago. Avrebbe potuto pensarci lui a portarti fuori da Oz, sul suo pallone; era un buon uomo, anche se non era affatto vero che fosse un mago. Però è stato comunque in grado di regalare il coraggio al Leone, un cuore al Boscaiolo, ed un cervello a me… »

Alice lo guardò spiazzata. Questa storia del mago che non era un mago ma che aveva elargito doni tanto sorprendenti la confondeva un po’. Ma lo Spaventapasseri continuava a parlare come a se stesso, e lei cercò di stargli dietro, sperando che anche i suoi consigli si rivelassero infine validi come quelli del suo caro Stregatto – che forse in quel momento l’attendeva alla tavola del tè del Cappellaio, levitando appena sopra la sua spalla…

« Penso che la cosa migliore che tu possa fare sia chiedere aiuto a Glinda, la Strega del Nord. In fondo è stata così gentile da accettare di ricoprire il nostro ruolo, quando noi tre abbiamo scelto di smettere di regnare su Oz al posto del Mago. »

Alice quasi non registrò l’informazione sulla Strega del Nord che avrebbe potuto aiutarla – era sconcertata dall’ultima frase dello Spaventapasseri.

« Vuoi dire che tu ed i tuoi amici… avevate preso il posto del Mago? »

« Oh, sì » rispose lo Spaventapasseri, guardandola con un sorriso allegro. « Il Mago avrebbe voluto che gli abitanti della Città di Smeraldo ‘obbedissero a noi come avrebbero obbedito a lui’; disse proprio così. Ma non eravamo molto felici di questo compito. Il Leone voleva andare a terrorizzare le bestie feroci che un tempo lo avevano umiliato; quanto al Boscaiolo di latta, adesso che aveva un cuore era più triste di prima, senza qualcuno da amare… »

Tre: c’è un uomo che sa soffrire con o senza un cuore.

« E tu? » chiese Alice, sinceramente incuriosita, perché d’un tratto il sorriso dello Spaventapasseri aveva assunto una sfumatura triste.

Il fantoccio si studiò per un attimo i guanti imbottiti, come per scegliere le parole giuste, prima di riportare lo sguardo nel punto in cui quello che lui chiamava ‘il sentiero dorato’ curvava a oriente, là dove l’arcobaleno sfiorava l’orizzonte.

« Io volevo solo tornare qui, ad aspettare una persona. Forse lo dico solo perché adesso ho un cervello, però credo che prima o poi ognuno di noi debba capire qual è il proprio posto. Il nostro non era alla Città di Smeraldo; non senza di lei. Il mio posto è questo qui. Se tornerà, lei passerà certamente di qui. »

Alice lo osservò a lungo in silenzio.

Le ricordava tanto il suo Cappellaio. Non avrebbe saputo dire perché; sembravano anzi così diversi: il Cappellaio era perfetto nella sua follia, mentre lo Spaventapasseri sembrava esser diventato molto saggio grazie a quel suo cervello – lo Spaventapasseri aveva voluto un cervello, ma il Cappellaio senza la sua follia non sarebbe probabilmente mai stato felice. Eppure entrambi, in qualche modo, in posti diversi e forse anche per motivi diversi – o forse no – aspettavano.

« Perché non vai a cercarla tu? » mormorò alla fine.

Lo Spaventapasseri non distolse lo sguardo dalla curva. Era incredibile quanta tristezza potesse riversare in quel sorrisone che tra le grinze del tessuto poteva sembrare così buffo.

« Non posso. Vedi, è stato l’arcobaleno a portarla qui la prima volta. Il Mago mi ha reso abbastanza intelligente da riconoscere i miei limiti; non potrei mai pensare di arrivare in un posto così lontano e diverso come una stella, e soprattutto non credo che potrei farlo senza di lei. È stata lei a tirarmi giù dal palo, te l’avevo detto? » Sembrò ricordarsi soltanto allora della presenza di Alice, e allora tornò a guardarla con la sua allegria forzata, molto più fittizia di quanto lui stesso non fosse. « Adesso so camminare da solo – ma mi sembra giusto che sia lei a decidere di tornare, e allora se vorrà potrà anche farmi scendere di nuovo, e così potremo stare insieme. »

Quattro: c’è un arcobaleno che si può oltrepassare.

Alice si alzò scrollandosi appena il vestito, allontanandosi dalle spighe ma restando abbastanza vicina da poter ancora guardare lo Spaventapasseri. Tra le nuvole stava facendo capolino il sole: forse tra poco l’arcobaleno avrebbe iniziato a sbiadire. Per un istante le venne voglia di sollevare le mani e farlo lei, tirarlo giù dal palo – ma sapeva che lui non avrebbe voluto. Lo Spaventapasseri non voleva un aiuto qualsiasi, non voleva neppure un vero aiuto; aspettava solo la sua ‘lei’. E una volta sceso non sarebbe tornato in quella Città di Smeraldo, e non sarebbe andato da nessuna parte, se ‘lei’ non fosse stata con lui. No, lo Spaventapasseri aveva scelto di aspettare – come aveva accettato di fare il Cappellaio…

Mosse un paio di passi indietro, tornando sulla strada lastricata di mattoni gialli, esitante. « La Strega del Nord, hai detto? »

Lo Spaventapasseri annuì energicamente. Sollevò il braccio e indicò l’ovest, la stessa direzione in cui puntava una mano quando lei era arrivata all’incrocio e lo aveva guardato – quando si era resa conto che anche in questo nuovo, strano, ignoto mondo non era necessario essere ‘persone’ per essere vivi.

« Sì, la Buona Strega del Nord. Glinda. La troverai alla Città di Smeraldo, nel centro esatto del Regno di Oz: non puoi sbagliare. Basta seguire il lungo sentiero dorato. »

Alice era un po’ dispiaciuta di lasciarlo lì. Ma dopotutto era quasi certa che, se anche gli avesse proposto di andare insieme da questa Glinda – in modo che anche lui trovasse un modo per lasciare il Regno di Oz – lo Spaventapasseri avrebbe rifiutato; e in fondo riusciva a capirlo.

« Ti ringrazio. » Gli sorrise. « Spero che torni presto da te, Spaventapasseri. »

E lo Spaventapasseri le rivolse ora un sorriso che di finto o di triste non aveva proprio nulla. Si dondolò ancora sul palo, muovendo le braccia di paglia avanti e indietro per mimare un cammino e canticchiando un motivetto allegro: segui il sentiero dorato, segui il sentiero dorato… Poi si portò di nuovo la mano al cappello e la salutò.

« Spero che anche tu trovi ciò che stai cercando. »

Lei gli sorrise ancora, poi si volse, superò un paio di pozzanghere e s’incamminò.

Le nuvole andavano rapidamente disperdendosi. In un moto di preoccupazione e tenerezza, Alice si augurò che l’arcobaleno restasse visibile almeno per il tempo sufficiente a ricondurre dallo Spaventapasseri la persona che aspettava. Era già lontana nel pensarlo, ma quando si voltò vide che il fantoccio era ancora lì, immobile sul suo palo, a scrutare instancabilmente lo stesso punto della strada.

Cinque: c’è uno spaventapasseri innamorato.

Chissà se anche il suo Cappellaio l’aspettava così, con tanta fiducia, con tanto ostinato affetto. Tornò a guardare fisso davanti a sé e camminò con maggior decisione. La Città di Smeraldo, eh? Gli smeraldi erano verdi. Verdi come gli occhi del Cappellaio – che lei non aveva mai dimenticato. Proprio come gli aveva promesso.

Non le importava più di sapere perché la porta non l’avesse ricondotta subito a Sottomondo. Non sarebbe stato certo questo a farle cambiare idea, adesso che finalmente anche lei, come lo Spaventapasseri, aveva capito quale fosse il posto cui davvero apparteneva.

Non doveva far altro che seguire quel lungo sentiero dorato.

Sei: rivedrò il Cappellaio Matto.

 

 

Il sole era di nuovo splendente come avrebbe sempre dovuto essere. L’acqua sui suoi vestiti logori si era quasi del tutto asciugata. La ragazza bionda con gli occhi un po’ tristi e le scarpette azzurre era ormai lontanissima da qualche parte alle sue spalle. E lo Spaventapasseri era sempre là al suo posto. Ad aspettare.

Prima o poi ci sarebbe stato un giorno piovoso in cui l’arcobaleno gli avrebbe riportato Dorothy. Ne era sicuro, così come era sicuro che la ragazza bionda avrebbe trovato la sua meta, così come era sicuro di avere un vero cervello in testa. Dorothy sarebbe tornata.

Però, fino ad allora, tenersi quel sorriso sul volto di tela avrebbe continuato a fare male.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Credits e annotazioni

- Il sottotitolo corrisponde alla battuta “Dovrai seguire il sentiero dorato” pronunciata ne Il mago di Oz per la prima volta da Glinda;

- I versi iniziali sono tratti da Boulevard of Broken Dreams dei Green Day;

- Quando Dorothy arriva nel Paese dei Mastichini dice a Totò: “Dobbiamo essere oltre l’arcobaleno”. Per questo motivo lo Spaventapasseri e conseguentemente Alice sono indotti a credere che sia stato l’arcobaleno a portare Dorothy ad Oz la prima volta, e per questo motivo non viene citato invece il ciclone che è il vero responsabile;

- Il fatto che Alice non mangi nulla per ingrandirsi dopo aver oltrepassato la solita porticina può sembrare una svista, ma è cosa voluta. Beh, più che altro per mio capriccio xD;

- Quando lo Spaventapasseri si riferisce al mondo di Dorothy come ad una ‘stella’ è perché Glinda credeva che Dorothy fosse appunto caduta da una stella del cielo chiamata Kansas, e così gli altri abitanti di Oz;

- Anche il motivetto cantato dallo Spaventapasseri corrisponde alla canzone Follow the yellow brick road (You’re off to see the Wizard) che i Mastichini cantano a Dorothy quando la ragazza parte per la Città di Smeraldo.

 

 

Note (ulteriori) dell’autrice

Questa raccolta nasce da un sogno puramente nonsense, ossia la mia insana esigenza di crossoverare Alice in Wonderland ed Il Mago di Oz, le mie due ‘favole moderne’ preferite – esigenza che ha trovato sbocco grazie al contest “Alice nel paese di...” indetto da Fabi_, che non smetterò mai di ringraziare. Cosa dire? Mi sono venute in mente tre storielle indipendenti l’una dall’altra, ognuna di diverso genere, legate da pochi versi di una canzone che adoro e dai due elementi scelti tra quelli messi a disposizione dalla giudicia: questa immagine ed una citazione (“È una ben povera memoria quella che funziona solo all’indietro”) da Attraverso lo specchio. Le ho scritte, le ho inviate, anche se non mi convincevano fino in fondo, specie questo primo capitolo. Ma il terzo posto a pari merito è stato una piacevolissima sorpresa.

Ringrazio ancora una volta Fabi per l’opportunità concessami, e rinnovo i miei complimenti a tutte le altre partecipanti al contest. E, naturalmente, grazie a chiunque vorrà leggere questa raccolta. ^^

Aya ~






   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: Feel Good Inc