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Autore: budinss    29/10/2010    2 recensioni
Quando avete finito di leggere Breaking Dawn non avete avuto la sesazione che mancasse qualcosa, un punto importante? Che fine fa il branco di La Push? Charlie continua a frequentare la figlia? I sentimenti di Edward e Bella mutano in qualche modo? Renee viene mai a sapere della nuova natura della figlia? E, ancora più importante, Jake e Nessie, continuano a vedersi?
In attesa che la Meyer continui a scrivere e decida di fare un altro libro ( e sono sicura che lo farà ), ho deciso di provare a prendere il suo posto e continuare questa meravigliosa storia. Spero di riuscire a rendere almeno un po' di quello che riesce a rendere lei e che vi piacerà.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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.Ecco il primo capitolo, buona lettura ^.^


CAPITOLO 1
Erano le sette passate, io e la zia Alice eravamo nel suo bagno, nel suo immenso e dotatissimo bagno, che ci preparavamo per la cena con il nonno; o meglio, lei preparava me.
Aveva le mani nei miei capelli e armeggiava con i ciuffi da più di dieci minuti. Avevo insistito per convincerla che non erano necessari tutti questi preparativi, dopo tutto dovevo soltanto mangiare una bistecca assieme al nonno Charlie.
La zia però, non voleva cedere. Come mi avevano detto in passato mamma e papà, e come avevo poi appreso io sulla mia pelle, la zia Alice otteneva sempre quello che voleva.
Ogni tanto, mentre la guardavo nello specchio intenta a truccarmi o a pettinarmi (nonostante ormai avessi l'aspetto di una sedicenne) mi chiedevo se, oltre alla sua strabiliante potenzialità nel vedere il futuro, non avesse anche un altro potere, quello che il nonno Carlisle sosteneva avesse Siobhan: far andare le cose secondo la sua volontà. Il nonno mi aveva spesso parlato dei suoi altri amici vampiri, nelle lunghe serate nel salotto oppure prima di addormentarmi, nella mia stanza. Tra tutti quella che mi era più simpatica, questo perchè l'avevo conosciuta, era Zafira, una donna che aveva la potenzialità di far vedere le cose volute da lei.
Ricordo quando, in un tempo passato che ormai sembrava appartenere ad un'altra vita, mi aveva mostrato i bellissimi paesaggi del sud America, terre a lei molto care e familiari. Avevamo promesso, prima che lei se ne andasse, di farle visita qualche volta. Io impazzivo all'idea, non vedevo l'ora di rivedere quella donna tanto gentile, ma ogni volta che progettavamo il viaggio c'era un imprevisto.
Mentre vagavo con la mente, ricordando quelle bellissime composizioni di alberi e mare, cominciavo a preoccuparmi per l'esito di quell'acconciatura. Non ero la mamma, lei odiava letteralmente finire tra le mani della zia e, ogni volta che le toccava, si lamentava senza sosta. Io mi divertivo: erano molto amiche, nonstante fossero diversissime. Pensai che fossero così legate perchè assieme ne avevano passate tante. La mamma ne aveva passate tante per riuscire a stare con papà. Quando ero piccola, ogni tanto, prima di addormentarmi invece di leggermi le fiabe che ormai sapevo a memoria e mi annoiavano, mi accontentava raccontandomi di lei e papà, della loro storia d'amore intensa e difficile.
Stentavo a credere che ne avessero passate tante, ma poi ricordavo quanto testarda e coraggiosa fosse la mamma. Se la si conosceva, era facile convincersi che tutto quello fosse vero.
Ammiravo mia mamma per tutta la sua forza di volontà, e le volevo bene più di chiunque altro. Una volta mi aveva raccontata dell'idea che papà si era fatto di sè stesso, mentre parlava le sue labbra si piegavano in un leggero sorriso. Era evidente che non condivideva i suoi pendieri, come nemmeno io. Non era possible che delle persone buone e gentili come loro non avessero un'anima. Era impensabile pensare che, una personalità misericordiosa come quella del nonno Carlisle dovesse finire tra le fiamme. E assieme a lui tutti gli altri, mamma, papà, la zia Alice, la zia Rosalie, lo zio Jasper e lo zio Emmett. No, non poteva essere vero, ne ero fortemente convinta, come lo era anche la mamma.
< Nessie >, la zia Alice interruppe i miei pensieri chiamandomi con il soprannome che mi aveva dato Jake. Jake, il mio Jacob. Pensare a lui non mi rendeva felice, la distanza mi faceva stare male. Mi mancava, tantissimo, nonostante ogni settimana, da quando ci eravamo trasferiti andandocene da Forks, ci vedessimo di nascosto nel bosco.
Però mantenere un segreto era esptremamente difficile, anzi impossibile, in una famiglia come la mia. Con la zia che vedeva ogni nostro incontro e papà che li riviveva attraverso la mia mante, tentare di nascondere loro qualcosa era impensabile. Entrambi sapevano dei miei incontri, ma non diceva nulla perchè sapevano quanto ci tenessi che la mamma lo sapesse da mè.
< Qunado pensi di dirlo a Bella? >. Il suo tono era serio, gli occi fissi nel mio riflesso nello specchio. Con le mani armeggiava ancora nei miei capelli.
< Non lo so zia, ma credo che oggi non sia il momemto migliore >, le dissi ad alta voce . Ero consapevole del fatto che la mamma non si sarebbe opposta ai nostri incontri, voleva bene sia a mè sia  a Jake: si era affezionata al grosso lupo, che aveva voltato le spalle alla sua tribù solo per proteggere me e la mamma allenadosi con i vapiri, nel periodo in cui papà l'aveva lasciata pensando di fare il suo bene.
Ma qualcosa mi fermava dal confessarle tutto. Non era paura, più che altro non la volevo ferire. Ci eravamo già trasferiti a causa mia, non volevo che si preoccupasse ancora di più.
< Prima o poi le dovrai parlare.. non si arrabbierà, ne sono sicura >.
< Lo so, zia.. >
< E allora perchè tieni tutto al suo oscuro? >, mi chiese.
Come la mamma, mentire non era il mio forte, così optai per la verità. < Perchè semplicemente non voglio che si preoccupi >.
La zia aAlice sospirò, io assieme a lei.
< Ma che ore sono? >, chiesi improvvisamente. Dovevamo scendere alle sette e mezza, non voleva far aspettare il nonno Charlie. Come diceva papà, far attendere le persone era sgarbato. E poi morivo dalla voglia di rivederlo. Nel mese passato non lo avevo visto nemmeno una volta, con il lavoro raggiungerci gli era difficile.
< Non ti preoccupare, abbiamo ancora dieci minuti. ecco.. ho finito! cosa ne pensi? >. Alzai lo sguardo per vedere il mio riflesso nello specchio. I miei boccoli rossicci erano raccolti in un'elegante chignon del quale non riuscivo a trovale nè il punto d'inizio nè la fine. I capelli raccolti mettevano in mostra la mia pelle chiara e liscia, in contrasto con i grandi occhi color cioccolato.
< Zia, sei bravissima! >, esclamai. Sul suo viso si aprì un grande sorriso, eco del mio.
< Beh, faccio il possibile >. Scendemmo le scale lentamente mentre mettevo a poto la spallina dell'elegante vestito azzurro che mi aveva infilato la zia.
Il nonno non era ancora arrivato. Mamma è papà erano accanto alla grande vetrata, osservavano il cielo trapunto di stelle. Inizialmente non si voltarono, ma poi la mamma si girò a guardarmi.
< Sei bellissima, tesoro >, mormorò vedendomi. Mentre lei parlava, papà acconsentiva.
Erano tenerrissimi, abbracciati in quel modo. < Il nonno sta rrivando e Esme sta mettendo in tavola a bistecca. Mangi con lui? >, mi chiese.
Loro non toccavano cibo umano, mentre io, se costretta, lo facevo. Annuii, mangiare da solo avrebbe messo il nonno a disagio. Ormai non faceva nemmeno tante domande sulle stranezze della nostra famiglia. Era consapevole che in noi c'era qualcosa di diverso, ma questo non lo aveva ostacolato. Voleva comunque bene a me e alla mamma, si stava facendo piacere persino papà pur di rimanerci accanto. Sentii la portiera di un'auto sbattersi e gli andai in contro verso la porta. Appena mi vide sul suo viso si allargò un sorriso che ricambiai volentieri.
Lo abbracciai. Ci sedemmo a tavola e cominciammo a chiacchierare. Mi fece mille domande, la scuola, le amiche e, purtroppo, mi chiese anche dei ragazzi. Arrossii violentemente: non era il caso che sapesse di quello che provavo per Jake. Non ancora, almeno.
La cena passò in un batter d'occhio, e troppo presto il nonno dovette andarsene. Lo salutai a malincuore, cosciente che per la prossima visita avrei dovuto aspettare un bel pezzo. A consolarmi però c'era l'incontro dell'indomani con Jake.
Andammo via dalla casa dei nonni subito dopo la fine della cena. Era una serata bellissima, in cielo non c'era una nuvola e soffiava un leggero venticello. Non c'erano zanzare, anche se l'unica ad avere problemi con loro ero io: a mamma e a papà non si avvicinava alcun animale. Così decidemmo di fare a piedi in breve tratto che ci separava dalla nostra casetta. A malincuore avevamo lasciato quella a Forks, ma i nonni aveva subito provveduto a costruirne un'altra. Bella come l'altra.
Mamma è papà correvano troppo veloci per me e io ero stanchissima.
Era stata una giornata lunga, che si sarebbe conclusa con una bella dormita nel mio lettuccio comodo. Insomma, questo solo per me: i miei genitori non drmivano, ero l'unica che aveva bisogno di almeno 8 ore di sonno, a parte ovviamente il nonno e Jake.
Salii in groppa a papà. Mi piaceva quando correva con me attaccata alla schiena: il brivido che provava quando raggiungeva velocità inimmaginate mi faceva sentire bene. Provavo le stesse emozioni che provava lui.
 Un'altra cosa che adoravo erano i suoi movimenti aggraziati, ma anche improvvisi: schivava gli alberi a meno di un centimetro. Non avevo paura, mi fidavo ciecamente del mio papà. Gli stavo aggrappata con una presa che avrebbe strangolato chiunque, gli occhi spalancati.
Quando però mi faceva scendere perdevo spesso l'equilibrio. Questo lo divertiva perchè, a quanto pare, erano le stesse reazioni che aveva la mamma quando ancora era umana.
Ero un corpo caldo e più fragile di lui, aggrappato alla sua schiena. In quel momento mi considerava più umana di sempre, gli piaceva. Farlo felice era una cosa che rendeva anche me serena, perciò non gli negavo quei momenti che divertivano entrambi. Troppo presto arrivammo davanti alla porticina di legno della nostra casa.
Ancora con me in groppa, papà si diresse verso la mia stanza e mi posò sul letto, per poi uscire e andare in cucina.
La nostra cucinetta era uguale a quella del nonno Charlie, solo un po' più nuova. La sera, mentre aspettavano che mi infilassi il piagiama per darmi la buona notte come a una bambina piccola, andavano sempre lì. Papà si sedeva sulla sedia accanto alla finestra e mamma in braccio a lui.
Era un modo come un altro per rivivere i momenti passati e faceva sentire felice la mamma.
Dopo dieci minuti, il tempo necessario perchè mi cambiassi e lavassi i denti, li vidi entrare dalla porta. Mi accucciai tra le coperte e, uno alla volta, mi diedero un bacio. Erano cose che si facevano ai bambini piccoli ma mi faceva piacere che mi trattassero ancora in quel modo.
Dopo papà andò in salotto e si sedette al piano. Mi addormentai sulle note della ninna nanna che aveva composto per la mamma.
  
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