Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |       
Autore: Rota    02/11/2010    4 recensioni
Raccolta Oneshot sul pair RusAme, partecipante ai diversi gironi del contest di wolvie91 "Narrami oh musa... le nove arti".
**Capitolo uno: Musa Melpomene; "Die, die, die my darling"
**Capitolo due: Musa Talia, "Bailamos"
**Capitolo tre: Musa Euterpe, "Walk away" [Prima classificatasi al terzo girone (L)]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ATHS - Die my darling -Autore: Rota
-Titolo: All the things he said – Die, die, die my darling
-Fandom: Axis Powers Hetalia
-Personaggi/Pair: Russia/Ivan Braginski, America/Alfred F. Jones; RusAme
-Numero Musa: 1 – Melpomene  
-Genere: Introspettivo, Drammatico
-Rating: Giallo
-Avvertimenti aggiuntivi: One shot, Yaoi, AU, What if…?
-Commento: Il titolo della raccolta che inizio è la ripresa del singolo delle T.A.T.U. “All the things she said”, mentre il titolo di questo primo capitolo è la ripresa di un singolo dei Metallica, ripreso però pari pari.
Dunque, la parola chiave da me scelta è “destino” e questo deve essere preso in relazione con il personaggio di Ivan. Ivan è, molto semplicemente, un bambino un po’ troppo cresciuto, un bambino egoista e parecchio testardo. Nella sua visione – come spero si capisca nella mia ff – imporre la propria volontà come una volontà superiore e assoluta è un fatto quasi naturale, tanto che per lui è NECESSARIO, alla fine, uccidere Alfred. Per una serie di questioni che non sto qui a elencare ù.ù
Per questo, per me, destino e necessità sono espressi in un binomio assolutamente indissolubile.
-Parola chiave: destino, necessità
















*All the things he said*
*Die, die, die my darling*





La neve russa non è bianca. La neve russa è di colore rosso


Le molle sotto il materasso cigolarono quando l’uomo, lentamente, si alzò prima sui gomiti e poi a sedere, poggiando i piedi nudi sopra il tappeto appena in parte al letto. Ivan portò una mano ai capelli, scostando i ciuffi chiari da davanti agli occhi; era un poco assonnato.
Un allegro cinguettio attirò la sua attenzione: dalla finestra aperta si potevano scorgere degli uccellini giocare a rincorrersi, di ramo in ramo, sopra il grande melo del giardino di casa Braginski. Gli scappò un sorriso mesto mentre conduceva lemme lo sguardo all’esterno.
La violenta pioggia della notte aveva lavato l’aria e il cielo, dove ora splendeva un sole luminoso.
-Oggi è proprio una bella giornata!-
Ivan chinò di nuovo il capo, guardando sorridendo la persona che giaceva muta tra le lenzuola. Silenzio; pareva che cotanta bellezza non toccasse l’americano. Braginski fece una smorfia, leggermente contrariato.
Appoggiati gli occhiali spessi sul comodino di legno vicino al letto stesso, il giovane non accennava il minimo movimento.
Ivan stirò le braccia in alto, prendendo un profondo respiro. Un nuovo giorno, per lui, era appena iniziato.

Lui e Alfred si conoscevano relativamente da poco – da quando la famiglia Jones era arrivata in quella piccola cittadina, circa quattro mesi prima.
Braginski era più grande di tre anni ma la frequenza con cui entrambi bazzicavano per i campi di basket del quartiere li aveva fatti incontrare fin troppo spesso.
L’uno meccanico, l’altro aspirante astronomo: niente di più lontano che potesse esserci. Eppure nessuno dei due fece tanto caso a questioni così futili quando, per varie ed eventuali, per frasi dette, non dette o taciute volutamente, cominciarono a condividere ben più che qualche pomeriggio a rincorrere un pallone.
-Tu mi piaci, Braginski!-
Così aveva detto Alfred, mentre tracannava l’ennesima bottiglietta di coca.
Ivan aveva sorriso gentilmente, guardandolo come si fa con gli idioti.
-Anche tu mi piaci, Jones…-
L’americano aveva riso, a quel punto, forse senza rendersi conto di non essere stato davvero compreso. Quando però incollò le proprie labbra alla bocca dell’uomo questo particolare fu ignorato.
Braginski non era quel tipo di persona particolarmente attenta alla forma, così come non si poteva dire che era attratto dalla sostanza invisibile agli occhi. Aveva un gusto particolare – come con i metalli, gli piacevano le cose che non si rompevano facilmente – ma quando una cosa lo interessava, ne diventava quasi paranoico.
Alfred rientrò ben presto in questo gruppo, volente o nolente.
Fu una sua frase a far precipitare irrimediabilmente le cose, a far scorrere gli eventi con una velocità incredibile – inarrestabile. Una frase detta quasi per caso, tra l’esaltazione massima di chi crede di poter dominare il mondo e la cecità degli ottimisti di fronte alla crudezza di una vita terrena e assolutamente banale.

L’uomo, dopo aver sospirato e preso profondi respiri, decise di alzarsi dal letto, raggiungendo la sedia della piccola scrivania di legno dove aveva riposto i propri abiti, piegati e messi in ordine.
Prese la canottiera candida, infilandola velocemente. Stessa sorte toccò alla camicia e ai pantaloni, che andarono a coprire quel corpo robusto celandone le fattezze precise in un’abbondanza di tessuto.
Ivan sorrise mentre si lisciava gli indumenti e si avvicinava al grande specchio posto contro l’armadio, afferrando per ultima la cravatta e legandosela attorno al collo.
Nulla pareva fuori posto nel riflesso immediato della sua possente immagine. Forse i capelli erano più scapigliati del solito, ma niente che non si potesse risolvere con un passaggio veloce delle dita.
Tutto perfetto, tutto come al solito.
Quando però lo sguardo cadde – probabilmente per caso – sul polso appena scoperto dalla manica troppo corta, il sorriso di Ivan si pietrificò per solo qualche istante mentre lo sguardo notava, netto, un graffio ancora scarlatto.
Quel rosso risaltava con tetro splendore sulla pelle nivea.
Il russo sentì la necessità di notarlo, ad alta voce.
Magari la coscienza di qualcuno avrebbe fatto il resto. Magari, in realtà riteneva quasi inutile sperarci troppo – ma era la voglia di puntellare sempre e comunque l’animo altrui che lo distingueva dalla massa di esseri consapevolmente pensanti.
-Sono rimasti i segni di ieri sera…-
Niente, ancora quel silenzio penetrante. Ivan guardò il corpo sdraiato dell’amante nel riflesso dello specchio: sorrise, benevolo, assolutamente incline e propenso al perdono.
Dopotutto, lui non era tipo da portare rancore troppo a lungo.

-Io sono un eroe, e come ogni eroe ho un preciso compito: proteggere i sogni di chi mi sta attorno!-
Ivan lo aveva guardato senza sapere cosa dire per diversi secondi – anche in quel momento il suo sorriso gentile si era cristallizzato sulla faccia, senza mutare di un solo grado. Poi, dopo aver sorseggiato la sua vodka ed essersi così concesso qualche attimo di riflessione, aveva obiettato.
-Non credi che sia una cosa davvero tanto difficile?-
Alfred, con la sua caratteristica energia vitale, aveva scosso la testa e aveva risposto, assolutamente sicuro di sé.
-Niente è impossibile per chi crede davvero! I sogni di un eroe sono destinati a realizzarsi!-
Quindi, aveva riso e bevuto la sua coca cola, chiudendo lì il discorso.
Ivan aveva continuato a sorridere, lasciando che nella memoria si imprimessero quelle parole come marchiature a fuoco.
Ne comprese il senso reale solo dopo giorni: Alfred era un idealista, uno di quelli convinti che la semplice intenzione possa davvero cambiare ogni cosa – vergini di una realtà materiale apparentemente lontana e inarrivabile.
Pian piano, nella coscienza del russo, si fece strada una consapevolezza disarmante. L’uomo con cui condivideva il letto sarebbe rimasto deluso dai fatti concreti, avrebbe visto i propri sogni frantumarsi l’uno dopo l’altro, come cocci di un vetro distrutto che cadono – rovinosamente – a terra, facendo un gran chiasso.
Sarebbe stato semplicemente un’altra vittima del destino crudele, che con il suo pesante martello l’avrebbe percosso fino a renderlo polvere nella polvere.
Ivan non avrebbe però sopportato il lento spegnersi del suo sorriso. Ivan avrebbe cambiato il suo destino, rendendo giusto e necessario lo scorrere degli eventi – esattamente, come avrebbe dovuto essere.

Chiudendo le mani a coppa, si sciacquò la faccia con l’acqua fresca contenuta nella bacinella di ceramica bianca, finemente decorata.
Questo semplice gesto ebbe l’effetto immediato di togliergli il leggero torpore che ancora ricopriva interamente il suo corpo, donandolo finalmente e completamente al mondo dei vivi.
Si guardò allo specchio, sorridendo al proprio riflesso.
Si voltò ancora una volta verso il letto, sorridendo, convinto che quell’ultimo tentativo non sarebbe andato a vuoto.
-Fra poco Natalia dovrebbe arrivare con la colazione… Dille pure che io sono già andato a lavoro….-
Lei si sarebbe arrabbiata, nel non vederlo tra le coperte ad aspettarlo – o meglio, nel vedere un altro uomo al posto del suo amato fratello. Sicuramente, si sarebbe arrabbiata.
Ma Ivan era già di fretta e Alfred pareva non avere ancora intenzione di smuoversi dal materasso, per questo il russo non poté fare altro che sorridere un poco impietosito immaginandosi la scena che si sarebbe svolta di lì a pochi minuti.
Sorrise ancora, avviandosi verso l’uscita.
-Ci si vede stasera, Alfred…-
Chiudendosi la porta alle spalle, se ne andò.

-Stasera facciamo l’amore, Alfred…-
L’aveva detto così, Ivan, delineando quello che sarebbe stato il programma sicuro della serata a venire. Alfred non avrebbe detto di no – e anche se l’avesse fatto, sicuramente non sarebbe stato ascoltato.
L’americano fu disteso sul letto, lungo il materasso candido. Fu baciato e vezzeggiato, come un idolo pagano, assoluto e immortale.
Ivan l’avrebbe ricordato per sempre così, come un eroe perfetto, come un qualcosa che di umano non aveva praticamente nulla.
Fecero l’amore, dimenticandosi del resto.
Destino, giustizia, necessità, realtà e fantasia.
Forse, fu per questo che Alfred spalancò gli occhi alla sorpresa più pura quando sentì le dita del russo serrarsi attorno al suo collo – e farsi sempre più strette, sempre più chiuse, dolorose.
Provò a liberarsi, ma invano. Provò anche a chiamarlo, a chiedere ragione, ad invocare una razionalità che pareva fuggita dal suo sguardo ceruleo.
Ogni parola finì pietrificata sulle sue labbra, per sempre, mentre il respiro si chiudeva nei polmoni e gli occhi diventavano inespressivi come pietre lucenti.
Ivan si scostò solo quando fu certo che la rigidità del corpo sotto il suo non era data da una semplice tensione quanto piuttosto per la conseguenza della sua volontà fattasi reale.
Sorrideva, mentre accarezzava il petto dell’amante, ancora disteso sul letto.
Vi posò sopra un bacio – l’ultimo di quella notte.
E scacciando nei meandri di una coscienza inascoltata la consapevolezza improvvisa di essere più idealista dello stesso Alfred, sorrise teneramente abbracciando il suo busto.

-Ti amo…-













Questa fan fiction si è classificata SECONDA al primo girone del contest indetto da wolvie91 sul forum di EFP "Narrami o musa... le nove arti", in particolare al girone di Melpomene, Musa della Tragedia.
Questa raccolta vorrebbe dedicare un capitolo a ogni Musa - eccetto quella dell'Erotismo, dove vorrei che, invece, il rating fosse Rosso - così da fare otto capitoli più uno in tutto. Tutti RusAme, nella maniera più assoluta.
Il prossimo capitolo sarà dedicato alla Musa della Commedia, e io so già esattamente cosa scrivere :D Spero vogliate seguirmi anche in questa piccola avventura <3
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Rota