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Autore: smary    02/11/2010    7 recensioni
Se c'era una cosa che Arthur odiava, quella era lo zoo.
Non c'era nulla di più terrificante di tutte quelle mascelle aperte, di quelle code ciondolanti, di quegli occhi spenti, di quelle piume multicolori, tutti ammassati in gabbie.
Da una parte, provava pena per quei poveri animali. Dall'altra, ne era un po' disgustato.
“Pessima igiene” pensava, senza nemmeno rendersi conto che probabilmente nel loro habitat naturale gli animali non erano soliti fare la doccia tutti i giorni.
USxUK
(una lieve vena di demenziale)
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E così, prendendomi un attimo di respiro, sono tornata all'attacco con una nuova fanfiction!
Prima di tutto, desidero spiegarvi da cose nasce il titolo di questa ff.
Perché “Rinoceronte”? E' molto semplice! Dovete sapere – se qualcuno ha già letto qualcosa di mio probabilmente l'avrà già notato – che i titoli delle mie storie sono piuttosto stupidi: o sono troppo lunghi, o non c'entrano un fico secco con la ff. Spesso esclamavo:" Un giorno avrò una “crisi da titoli” così grave che utilizzerò la prima parola che mi verrà in mente, come rinoceronte, per esempio!". Alla fine mi sono affezionata così tanto a questa frase da voler davvero attuare l'idea...
In effetti, è la prima volta in vita mia che scrivo una fanfic partendo dal titolo!
Ma ora, si aprano le danze!
                                             smary

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




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RINOCERONTE

I. Allucinazioni uditive





Se c'era una cosa che Arthur odiava, quella era lo zoo.
Non c'era nulla di più terrificante di tutte quelle mascelle aperte, di quelle code ciondolanti, di quegli occhi spenti, di quelle piume multicolori, tutti ammassati in gabbie.
Da una parte, provava pena per quei poveri animali. Dall'altra, ne era un po' disgustato.
“Pessima igiene” pensava, senza nemmeno rendersi conto che probabilmente nel loro habitat naturale gli animali non erano soliti fare la doccia tutti i giorni.
Ed ora doveva andarci. Tutta colpa di quell'idiota di Alfred.
«Ti va di andare con me allo zoo?»
Era un debole e lo sapeva.
Se avesse avuto un po' di amor proprio, gli avrebbe risposto che no, non ci sarebbe andato perché lui detestava quel posto, e che piuttosto che acconsentire si sarebbe dato fuoco.
Ma si era ritrovato a rispondere con voce gentile, che sì, certo, era un'idea fantastica.
A dir la verità, non sapeva nemmeno lui dire perché gli avesse detto di sì. Forse era stato il troppo alcol che aveva bevuto nel giro di una mezz'ora, quel giorno. Forse era stata l'espressione entusiasta di quello stupido americano – perché era così, era uno stupido e per di più era americano, che significava che non poteva esserci niente di peggio al mondo.
O forse, era perché era innamorato di quell'idiota, e non vedeva l'ora di poter stare da solo con lui per un po'.
Ma, per quanto lo riguardava, allo zoo non si poteva stare soli. C'erano sempre tutte quelle famigliole con bambini urlanti che chiedevano a gran voce un pappagallo. Non una foto di un pappagallo, ma uno vivo e reale. C'erano le scolaresche che ti travolgevano come una mandria inferocita di bufali – perfettamente intonata al luogo, in effetti. C'era sempre una coppietta di anziani nonnetti che sembrava essere andata allo zoo con l'unico scopo di starti tra i piedi.
E soprattutto, c'erano gli animali. Come si può pensare ad un appuntamento romantico mentre hai a cinque metri da te un leone che spalanca la bocca mettendo in mostra dei denti terribili?
Eppure, come un idiota, aveva accettato.
Quando arrivò il fatidico giorno, Arthur era agitato come non mai, non sapendo se si sentisse male per l'attesa di poter uscire con Alfred o perché l'idea di essere investito da un'alitata di un qualche strano animale lo ripugnava profondamente.
“Ci troviamo davanti all'entrata dello zoo” aveva detto. Oh, dov'era finita la cavalleria? Era scomparsa l'usanza di accompagnare il partner al luogo stabilito?
Preso da questi pensieri, si decise a partire.
Cacciò nervosamente la chiave nella macchina e iniziò a dirigersi verso quel maledetto posto.
Ogni volta che saliva sulla sua auto si ricordava dell'esame della patente.
Quello teorico era andato a meraviglia. Aveva azzeccato tutto, non c'era stata una sola risposta sbagliata. Ma l'esame pratico, quello era stato terribile. In effetti, non l'aveva passato. Non aveva rispettato i segnali? Sorpassava in curva? Se ne fregava dei semafori?
No, certo che no. Il suo problema era stato riguardo alla velocità. Aveva conosciuto diverse persone che non avevano passato l'esame per un eccesso di velocità, ma lui aveva fatto un salto di qualità. Più precisamente, era stato bocciato per eccesso di lentezza.
Al pensiero di quella tremenda figuraccia che aveva fatto davanti ai parenti quando l'aveva detto, sbuffò. Era stato abbastanza umiliante sentire il suo esaminatore dirgli che un triciclo avrebbe potuto sorpassarlo.
Ma comunque lui aveva ribattuto, perché non sopportava le calunnie, e gli aveva risposto che era impossibile che un triciclo potesse andare più veloce di lui. Una bicicletta, ecco, quella sì. Ma comunque questo discorso non gli servì ad ottenere la patente.
Ignorando i ripetuti colpi di clacson delle auto dietro di sé, Arthur continuò a mantenere la sua brava andatura di trenta chilometri all'ora, che per lui era già un ottimo risultato.
Circa tre quarti d'ora dopo si trovava nel grande parcheggio accanto allo zoo. Pagò il ticket con aria irritata, dal momento che doveva persino pagare per essere andato in un posto a cui non teneva affatto.
Sbuffando e borbottando a mezza voce tra sé e sé, arrivò davanti a quella benedetta entrata.
Non c'era nessuno ad aspettarlo. Fissò lo striscione sopra di sé.
“RETTILI, UCCELLI, ANIMALI! SOLO 5 STERLINE AL BIGLIETTO!” e poi, in una grafia così minuta da aver bisogno di un cannocchiale per leggerla “i bambini al di sotto dei sei anni, gratis”.
Tutto preso com'era dal fissare lo striscione, non si accorse di un cane che gli saltò letteralmente addosso: un attimo prima se ne stava lì bello tranquillo, un secondo dopo si ritrovò assediato da un cagnone che sembrava avere tutta l'intenzione di sbranarlo.
«Lucciola!! Vieni qui, non far male al signore!» Urlò una signora sull'ottantina che doveva esserne la proprietaria.
La gente era davvero strana. Come si poteva un cane così gigantesco “Lucciola”?
Era d'accordo sul fatto che chiamare quell'antipatico animale come un insetto fosse un'ottima idea, ma per rendere l'idea bisognava utilizzare un nome come “Calabrone” o qualcosa del genere.
«Non importa, signora, non si preoccupi» disse cercando di scrollarselo di dosso.
Di sicuro quel cane doveva avere del sangue di koala, a giudicare dal modo con cui si era allacciato alla sua povera gamba.
Uno strappo, una sensazione di viscidume sulla caviglia, un freddo improvviso.
Quello stupido cane gli aveva appena strappato via venti centimetri buoni della stoffa dei pantaloni.
«Bleah» esclamò sentendo la saliva della dolce Lucciola che gli colava sul polpaccio.
«Oh, mi scusi!!» Esclamò la nonnetta « Sono davvero spiacente, sa, Lucciola è un po' vivace...»
«Non importa, basta che porti via quel cane infernale...»Sussurrò a denti stretti l'inglese.
La signora, un po' spaventata dal tono rabbioso dell'altro, non  se lo fece ripetere due volte e scappò via. Forse era abituata agli assalti della sua Lucciola.
Arthur fissò la gamba. Sembrava essere uscito da una giungla.
“Signore, fa' che Alfred non arrivi adesso...”
Come al solito, il Signore decise di farsi beffe di lui.
«Ehi, Arthur!! Eccoti!! Ma... cosa è successo?!»
Il povero inglese cercò di non irritarsi eccessivamente, spiegando all'altro cos'era successo con calma, nella speranza di un briciolo di comprensione, di un congedo dallo zoo (del resto non poteva andare in giro conciato in quel modo).
«Eh, Arthur! Tu odi i cani, i cani odiano te! Credo che sia normale!»
In effetti non era la prima volta che gli succedeva una cosa del genere.
La prima volta era stata a causa del suo vicino di casa. Aveva un cagnolino piccolo ma estremamente agguerrito.
Ma, purtroppo, quel cane era intelligentissimo. Era persino riuscito a trovare la maniera di passare sotto il cancello. L'aveva visto. Si torceva come un cavatappi e facendo una sorta di limbo sgusciava via, verso l'infinito e oltre.
Ovviamente però Arthur non se ne preoccupava, del resto quel tenero cucciolino non avrebbe fatto male ad una mosca... come al solito però, si sbagliava.
Se ne stava andando tranquillamente da qualche parte, dal dentista forse, non si ricordava.
Fu in quel momento che vide Strizzo (tale era il nome del cane) improvvisarsi acrobata e fare tutti quegli esercizi ginnici per uscire dal cancello.
Rimase a guardarlo sinceramente ammirato, quel cane doveva valere un milione, non era normale! Aveva davanti a sé il primo e unico esemplare di cane contorsionista, avrebbe fatto soldi a palate.
Ed ecco, in due secondi era lì, in strada, con il nasino umido ad annusare l'aria della libertà.
Un cane libero, senza freni, senza alcun padrone, proprietario della propria vita... era un'immagine stupenda.
Chissà cosa avrebbe fatto, il piccolo Strizzo? Avrebbe cercato una dolce compagna per formarsi una famiglia? Oppure era un animale molto pratico e sarebbe andato in cerca di qualcosa da mangiare? Oppure sarebbe corso via, con un guizzo, verso i campi inesistenti della città? No, niente di tutto questo.
Strizzo decise fin dall'inizio di diventare un serial killer. Vide Arthur, lo fissò con interesse, e poi gli si buttò contro come un missile. Quel giorno l'inglese scoprì di avere un talento finora insospettato per la corsa.
«Allora, entriamo sì o no? Ti stai addormentando in piedi!»
Arthur si riscosse improvvisamente da quegli atroci ricordi testimoniati dalla brutta cicatrice sul polpaccio. Forse la sua gamba era un richiamo per cani, ecco, era l'unica spiegazione possibile.
«Eh?! Alfred, sei impazzito? Io così conciato non entro! Diventerò lo zimbello della città...»
Ma l'americano alzò gli occhi al cielo e lo spinse in biglietteria.

*

Al diavolo! Cinque sterline buttate al vento per qualcosa che odiava con tutto se stesso!
«MAMMAAAAA!! SONO STUFOO! VOGLIO ANDARE A CASAAAAA! ODIO GLI ANIMALI INGABBIATIIII» Urlò vicino a lui un bambino mandandogli in frantumi i timpani.
Eppure non si arrabbiò con quel bambino dai polmoni così ben sviluppati.
Avrebbe voluto volentieri unirsi a lui e urlare le stesse cose, ma la sua gamba mezza nuda attirava abbastanza l'attenzione senza ulteriori aiuti, perciò decise di placare il suo intenso desiderio di mettersi ad gridare davanti alla gabbia dei gorilla.
Mentre il bambino si metteva a piangere per gli scappellotti che sua mamma gli stava rifilando, Arthur si mise ad osservare il gorilla davanti a sé. Era gigantesco, brutto, con un faccione tutto peloso e degli occhietti neri e penetranti.
Si fissarono un po' a vicenda. Dopo alcuni minuti gli parve persino di essere diventato quasi un confidente del gorilla, chissà quanti bambini urlanti erano passati davanti al povero animale, che vita infernale.
Poi di colpo lo scimmione scattò in avanti afferrando le sbarre della gabbia, causando al povero inglese uno spavento memorabile.
«Ahah, Arthur, mi sa che non gli stai simpatico!!» Esclamò divertito il suo presunto partner.
Sbuffò. Eppure a lui piacevano gli animali, alla fine. Solo odiava vederli tutti tristi, ammassati in una sorta di lager moderno.
«Pausa» Ordinò imperioso.
L'americano lo guardò interrogativo.
«Propongo un pausa. Abbiamo visto i gorilla, i pappagalli, i gufi, le giraffe, gli elefanti e i leoni. Esigo un gelato ristoratore»
«UN GELATO!!!» Esclamò Alfred con aria ispirata «Sono pienamente d'accordo! Dovrebbe esserci un chioschetto vicino ai rinoceronti»
Arthur sorrise vittorioso. Sapeva che Alfred andava fuori di matto per una goccia di gelato.
Si diressero allegramente verso il chioschetto.
Per poco non gli venne un colpo.
C'era una coda lunghissima. Ci sarebbe voluta almeno un'ora prima di poter ordinare qualcosa. Il panico si impossessò di lui, voleva un accidenti di gelato prima di continuare con quell'inferno!
Si guardò attorno disperato come alla ricerca di una via di fuga...
E poi lo vide.
Un rinoceronte, enorme, gigantesco che lo fissava dalla sua recinzione, circa venti metri più in là.
«Ciao» disse l'animale.
Arthur fece un salto di un metro. Era abituato a parlare con le fatine, con i folletti, con gli elfi... ma con un rinoceronte no, non ci aveva mai parlato.
No, non era assolutamente possibile.



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Un rinoceronte che parla! Santo cielo, sono più pazza di Arturo, forse! XD
Un piccolo avviso per quelli che stanno leggendo "Il Pennello dell'Amore": gli aggiornamenti di quella fanfic procederanno come al solito, quindi sia per questa ff che per quella cercherò di postare in tempi relativamente brevi.
Spero che vi siate divertiti e che la fanfiction vi sia piaciuta!
Grazie a tutti i lettori, ai recensori vanno dei ringraziamenti tutti speciali (non importa se le recensioni sono positive o negative, anzi, se sbaglio tiratemi una padellata!)
Al prossimo capitolo!
                                    smary
   
 
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