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Autore: Helena Velena    02/11/2010    2 recensioni
Abbiamo fatto tutti questo gioco in gioventù. Severus Snape non fa eccezione.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lucius Malfoy, Severus Piton
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Il giovane Severus con la sua faccia sdegnata voltò le spalle di proposito al centro della stanza, perché non voleva dire di no troppo presto.
Sulla poltrona migliore sedeva Lucius Malfoy. Si guardava caparbiamente le unghie e sembrava trovarle senz'altro più interessanti del proprio interlocutore.
Unghie perfette, ben curate.
Severus di ben curato non aveva proprio niente. Si guardava le scarpe consunte e le trovava appena meno imbarazzanti della sua intera persona.
Cosa diavolo poteva volere lo sprezzante Malfoy, da lui?
Bé, cosa volesse di preciso quel giorno, Lucius glielo aveva chiesto senza girarci troppo intorno, col suo sorriso enigmatico, da idolo di pietra.
Si era presentato da lui con la solita impudenza, contando sull’ascendente irresistibile del proprio fascino insolente, di purosangue senza scrupoli.
Lucius sapeva quanto l’altro ci tenesse, ormai, a quella marginale appartenenza al suo seguito, conquistata da poco. La continuazione della loro amicizia però poteva dipendere da ciò che Severus avrebbe risposto in quel preciso frangente.
Non era bravo con le parole, dannazione. Avrebbe rovinato tutto.
“Allora, Severus?” ronzò Malfoy con i suoi toni aristocratici e musicali. “Vuoi farti pregare ancora a lungo, o ti sei deciso?”
“Potresti spiegarmi almeno... cosa dovrei venire a fare?” rispose Snape, sempre preferendo rivolgersi al muro.
Nei suoi occhi c’era un no. In ogni sua fibra, c’era un no.
Non poteva affrontare quello sguardo maestoso e di ghiaccio che proveniva da Malfoy, e che avrebbe preteso un sì.
“Aborrisco le feste, i raduni...” proseguì nonostante sapesse che una semplice spiegazione non sarebbe servita a niente.
“Come forse avrai capito, Lucius, io... non sono... come te.”
“Non sarai l’anima della festa, vorresti dire?”
Malfoy lasciò scivolare il proprio sguardo critico sulla schiena di Snape, sulla sua veste polverosa e fuori taglia, sui capelli neri e stopposi.
“Bé, forse no... e come potresti?” concluse alla fine dell’impietosa ispezione. “Ma non è questo, che ti chiedo, bensì solo di partecipare ad uno stupido festino! ”
“E a che cosa devo … tanto onore?” sibilò Snape voltandosi a guardarlo in faccia, finalmente vinto dalla sua stessa stizza. “Non mi inviti mai alle tue feste … io non sono il tipo di conoscente … da esibire in società, vero?”
Ecco, l’aveva detto.
Ma che diritto aveva di rinfacciarglielo? Uno come lui poteva già ritenersi fortunato se Malfoy ammetteva di riconoscere la sua esistenza, se si degnava di salutarlo con un cenno del capo per i corridoi di Hogwarts.
Lucius inspiegabilmente stirò le linee espressive del volto ed irradiò un sorriso.
“Oh, ma non è la mia festa!” gli rispose allegro. Si alzò dalla poltrona e gli toccò una spalla, come per coinvolgerlo, per blandirlo.
Con la punta di un dito, notò Snape. Di certo quel damerino non intendeva contaminarsi le mani …
“Si tratta degli allievi di Durmstrang, sono qui per un convegno, come saprai. Alla loro festa hanno invitato i migliori di Hogwarts, hanno invitato me! E loro, Severus, sanno essere … così trasgressivi!”
“Figuriamoci … solo perché bevono il Vodsky? Un decimo vodka, uno di whisky … e otto parti di distillato d’insetti?1 Posso farmelo quando voglio, il Vodsky, senza nemmeno scomodare il mio calderone …”
“Ma si tratta di Durmstrang, Severus. D-u-r-m-s-t-r-a-n-g, capisci?” Lucius tirò un sospiro esasperato, alzando gli occhi al cielo.
Il sottinteso di quell’enfasi praticamente in codice riguardava la propensione leggendaria della celebre scuola straniera, riguardo l’insegnamento e la pratica delle pericolose Arti Oscure.
Per due giovani Serpeverde come loro, l’incontro con gli allievi di Durmstrang poteva significare l’occasione irripetibile di una vorace boccata di puro ossigeno velenoso. Valeva una vertigine da fare girare la testa meglio del Vodsky, da perderci l‘anima come in un’estasi Senza Perdono.
“Pensaci bene, potremo stringere amicizie influenti, di livello internazionale …” proseguì Malfoy, con le spalle dritte e l’espressione fanatica.
“Tu, forse, potrai …” biascicò Snape, pervaso di fastidioso tono disfattista. “Di me non ricorderanno nemmeno che esisto … dopo la festa. Non sono certo … un tipo … appariscente …”
“Ah, Severus, santo cielo!”
L’espressione di Malfoy si addensò in una cupa occhiata raggelante che racchiudeva un inconfondibile impulso annientatore. Le parole che seguirono vibravano tutte del suo disprezzo furioso.
“Spero bene che tu non ti riveli così ritroso e inibito tanto da spingermi a dubitare di te. E oseresti aspirare all’Oscuro Signore? Se non sai affrontare un‘indianata di studenti, come potrai resistere nel cerchio dei Mangiamorte?“
Severus accusò il colpo. Avrebbe voluto sprofondare, davanti a Malfoy. Più del suo solito.
Deluderlo adesso significava un fallimento definitivo, senza speranza di ritorno. Significava rinunciare alla possibilità irripetibile di emanciparsi dal suo ruolo fisso di emarginato patetico, senza un posto nel mondo.
Severus capitolò, ma l’orgoglio inestirpabile esasperò la sua risposta succube, trasformandola nella solita provocazione.
“D’accordo, Lucius, verrò. Ma non hai bisogno di minacciarmi. Hai capito benissimo cosa io volessi dire … e io ho capito che c’è qualcosa di più. Adesso, per piacere, dimmi il reale motivo per il quale insisti tanto che io ti accompagni ad una festa così mediocre … dal momento che di solito … in queste situazioni … non mi coinvolgi mai ...”
Malfoy ritornò radioso d‘un colpo, con lo sguardo che faceva le fusa.
Era sempre così, con lui: dalle stelle alle stalle e ritorno, senza troppe vie di mezzo. O ti voleva vicino a quella sua presenza magnetica, in stile patto col diavolo, o ti malediva senza possibilità di soluzione, perché aveva lui stesso un cuore di demone che pretendeva adorazione.
“Girano voci, vedi” rispose quindi evasivo “che alla festa di Durmstrang si farà il Gioco della Pozione. Della pozione, capisci? Dovresti essere contento, che io abbia pensato a te …”
“Hmmm …” fece Snape, per tutta risposta. Non l’aveva bevuta.
“Oh, maledizione, Severus. E va bene!”
Malfoy si stizzì leggermente, soffiando nel naso.
“Si vincono dei soldi, tra le altre cose, al Gioco della Pozione!” proseguì sopra le righe. “Desidero semplicemente la tua bacchetta al mio fianco, e il tuo potere magico, Severus, vedi, è …” gli scoccò un’occhiata di incoraggiamento in cui si leggeva comunque una certa disapprovazione.
“… Oh, bé, direi che la parola giusta sia insospettabile”.
Severus incrociò le braccia con aria seccata. Ora si spiegava tutto, ma ormai era incastrato.
“Un volgare gioco d’azzardo, Lucius?” disse più schifato che mai.
“Oh, non prenderla così!” fece eco Malfoy. “Il Gioco della Pozione è complesso, articolato. Una sfida audace, per una mente come la tua. Vedrai, ti piacerà!”
“Ne dubito …” esprimeva a chiare lettere la mimica sprezzante di Snape, ma lui restò immobile in silenzio.
“Bene, bene, bene … siamo d‘accordo” concluse Lucius soddisfatto, ritornando alla consueta maestà nel portamento. “Ma per il tuo aspetto dovrai fare un po’ meglio di così, Severus. Non puoi certo andartene in giro sembrando un prete seppellito nello sconforto. E’ una festa mondana, dopotutto”.
Di nuovo quell’occhiataccia critica, piena di biasimo, che faceva sentire Snape terribilmente inadeguato, completamente da rifare.
“Fortunatamente, Severus, confido che il mio guardaroba del mese scorso possa fare qualcosa, per te”.

***

La sera della festa Snape si presentò in anticipo nella camere private di Malfoy, per affrontare la sciagura irrimandabile della propria vestizione.
Lucius gli drappeggiò addosso un mantello nero di raso lucido, foderato di rosso, che faceva il paio con una gorgiera bianca a forma di fiocco, tutta pizzi e merletti smancerosi.
Sull’alzato del colletto gli venne artigliata un’enorme spilla con prezioso, di una forma quasi ovale. Faceva pensare ad un bacherozzo fenomenale incastonato in una montatura d’oro giallo.
“Ma che diamine … dannazione, Lucius … e questo cosa sarebbe? Il tuo costume da Dracula, per Halloween?”
“Via, via, Severus, sii più garbato, per una volta. Ti assicuro che stai benissimo! A che serve avere uno stilista personale, se poi di moda non si capisce nulla?”
Snape non fece in tempo a vergognarsi in privato, davanti allo specchio, che bussarono alla porta.
“Ah, sì” disse Lucius, uscendo dal suo stato ispirato di contemplazione del prêt-à-porter. “Deve essere Cathy. Andresti ad aprire tu?”
Ma Snape si era pietrificato dallo sconcerto.
“Vorresti dire … Cathleensane Varanor? Cathleen-non-sana-di-mente Varanor? E dovrebbe venire con noi alla festa? Deve … vedermi … così?”
“Bé, è una serata promiscua, Severus” rispose Lucius senza scomporsi. “Dobbiamo buttare anche noi qualche ragazza sul piatto, no?”
Finì di infilarsi nei suoi vestiti sofisticati, che a lui stavano divinamente, lo facevano sembrare un re.
“… Severus? C’è qualcosa che non va?”
“Nulla, figurati” sibilò Snape, palesemente inviperito. “Ma se solo me l’avessi detto prima, mi sarei sgozzato per tempo, mentre mi facevo la barba per la tua dannata festa!”
Bussarono di nuovo. Malfoy fece un gesto imperativo verso la porta, il che non ammetteva repliche.
Il giovane Severus non ci sapeva fare, con le donne. Non ci sapeva fare con nessuno, per la verità, e infatti andò a ricevere Cathy senza un cenno né una parola, mentre sul viso ostentava la sua tipica espressione ingrata e malmostosa.
Lei aveva i capelli blu, una faccia da schiaffi ed un corpo mozzafiato che risaltava al massimo dentro ad un lungo abito viola elettrico.
Invece di mostrarsi offesa con Snape, Cathy decise di disprezzarlo, e fece voto per sempre di parlare di lui come in terza persona, fingendo che non fosse nemmeno presente.
“Lucius, questo schifo me lo devi spiegare!” esclamò dunque velenosa, con l’aria perfida di chi si è molto allenata e non ha raggiunto certe vette per caso.
“Cosa ci fa qui quel tuo amico secchione, vestito come un vampiro cretino?”
“Oh, mia cara” tubò Malfoy, facendole il baciamano. Però non aggiunse altro.
“Avrei un’idea, comunque, per completare il bel capolavoro da film dell‘orrore” insistette lei. “Che dici, posso, Lucius?”
Senza aspettare risposta, puntò la sua bacchetta magica (bianca e oro, come tutte le aristocratiche) verso Snape.
“Aloho-peciam!”
Snape si portò le mani alla testa, nel tentativo di ripararsi dalla saetta d’argento dell’incantesimo.
Solo a fine serata si sarebbe accorto che una vasta ciocca bianca era spuntata proprio in mezzo alla pettinatura a tendina dei suoi capelli neri.
Per il momento credeva che quello fosse stato solo un lampo, uno scherzo come un petardo lanciato unicamente per farlo spaventare. Lo specchio non era in vista …
Si voltò furibondo verso di lei.
Bella era bella, ma era anche odiosa. Snape non vedeva l’ora di vederla buttata sul piatto, qualunque cosa potesse significare.
Cathy però si era girata di spalle, e neppure lo notò. Lucius l’aveva presa sottobraccio e insieme stavano uscendo dalla porta.
“Ce ne andiamo, Severus, sbrigati!” disse gaio Malfoy, agitando con eleganza una mano inguantata.

***

Il vascello sommerso di Durmstrang si presentava decorato a festa, riaffiorando per l’occasione. Alcune scialuppe magiche e volanti trasportavano gli invitati sopra al ponte della nave.
Sebbene l’acqua del lago fosse lontana e non venisse nemmeno sfiorata dalle barche, Snape, durante il trasbordo, aveva assunto un deciso colore mal di mare che non si abbinava per niente né alla sua spilla né al suo pastrano di raso: dentro a una scialuppa poco lontana aveva riconosciuto James Potter e Sirius Black, che lo additavano sghignazzando a più non posso.
La bava di vento contrario che soffiava incostante gli portava solo brandelli di parole, catturate per caso: “Osuuus … Osuuus .. Mocc-iooo … Osuuus … Draculaaa … Aculaa …” e giù risate.
“Anche questo ti sei dimenticato di dirmi, Lucius? Che venivano pure quel mentecatto di Black e quel depravato di Potter?”
Malfoy sollevò di malavoglia il proprio mento oltre la spalla, oltre il gomito appoggiato al bordo dello scafo, poiché abbracciava Cathy; si mise torvo a guardare fuoribordo verso i Grifondoro, con serietà imperscrutabile.
Valutò più che passabili le tre ragazze al loro fianco.
“Come ti dicevo, Severus, hanno invitato i migliori. E non c’è dubbio che loro siano qualcuno, qui ad Hogwarts.”
“Uffa, Lucius, che fastidio!” sbottò Cathy, avvinghiando l’attenzione di Malfoy in una stretta un po’ più spinta. “Non senti anche tu nelle orecchie come un ronzio di tafani?”
Finalmente sbarcarono in coperta, dove una ventina di giovani maghi seduti in circolo stava brindando col Vodsky.
Cathy, Lucius e Severus si sedettero a loro volta, presero posto nel gruppo. Come dal nulla apparvero nelle loro mani dei bicchieri capienti, riempiti di Vodsky fino all‘orlo.
In un punto esterno al cerchio, rialzato e bene in vista, spiccava una specie di enorme portacenere marrone, nel quale ardeva un fuoco di fiamme grigie. Snape non riusciva a capire a che cosa potesse mai servire.
“Toh, guarda chi si vede! Severus Snape!” fece una voce aborrita alle sue spalle. Si trattava di Sirius Black.
Bé … moralmente si era già rassegnato ad incrociare i maledetti Grifondoro. Non poteva evitarli per molto, sulla nave praticamente recintata dal lago.
“Stai attento al Vodsky!” rilanciò James Potter.
“Non lo sai che è verde perché è fatto con gli insetti?” rincarò di nuovo Black.
“E … allora?” rispose Snape, monocorde.
“E allora stai attento a non berti qualche tuo parente, Mocciosus!”
E scapparono via ridacchiando, come due monelli molesti.
“Ah, si chiama così, il tuo amico secchione?” esclamò Cathy rivolta a Malfoy, godendo sfacciatamente in modo molto meschino.
“M-o-c-c-i-o-s-u-s … M-o-c-c-i-o-s-u-s…” ripeté più volte fra sé, come per assaporare la parola nuova. “Ma certo, Lucius, suona davvero bene! MOCCIOSUS è proprio il nome adatto, per uno come lui!”
Cathy aveva pronunciato di proposito l’ultimo “Mocciosus” al massimo regime dei suoi polmoni generosi. Per completare l’opera, si era messa apposta ad indicare col dito, proprio sulla frase “per uno come lui”.
Tutti i presenti si voltarono per un attimo ad osservare Snape.
“Ma che bella … serata … Lucius, ti ringrazio. Dannazione …” articolò a mo’ di replica Severus, solo grazie a una serie di gemiti.
Nel suo campo visivo (quadrante destro, ore cinque) entrò la mano tesa di qualcuno che voleva presentarsi.
Il suo vicino di circonferenza era un tipico ragazzo di Durmstrang ben piazzato, coi capelli rasati, la barba a pizzetto, il viso rotondo e gli occhi scuri; portava la divisa della scuola, i famosi indumenti rosso cupo foderati di pelliccia, ed il colbacco regolamentare.
“Molto piacere, mio nome è Vik’Odin Hauss, ma tuo nome io cià lo conosce, essere Mocciosuoff, io afere sentito prima, da?”
Preso alla sprovvista, Snape fu costretto suo malgrado a stringergli la mano.
Stava già per protestare acido che Mocciosuoff non era certo il suo nome, per palesare tutto il suo nerbo gelido e chiarire fin da subito quanto il suo carattere pungente potesse diventare spiacevole, quando una serie di urla da stadio si levò tutto intorno al cerchio dei convenuti.
Le rimostranze di Snape vennero stroncate sul nascere.
Gli studenti di Durmstrang stavano acclamando qualcuno che si aggirava presso il portacenere rituale con le braccia levate.
“Krum! Krum! Krum!”
“Sai chi è quello, Severus?” suggerì Malfoy all’orecchio sinistro dell’amico.
“Non me lo … immagino … Krum, forse?” fu la degna risposta insofferente, in mezzo al becero frastuono.
Lucius non si lasciò certo scoraggiare, per così poco.
“Sì, è Naum Krum, un elemento d‘eccellenza, a Durmstrang. Campione di Quidditch, capo carismatico … le ultime indiscrezioni dicono che, nel corso dell’ultima seduta del Gioco della Pozione, abbia inguaiato una ragazza, e adesso stia aspettando un maschietto! Lo chiameranno Viktor! Ah, valeva la pena di esserci anche solo per questo!”
Snape fece una faccia disgustata. I pettegolezzi di bassa lega che tanto intrigavano Malfoy, lui li trovava semplicemente deprecabili.
“Krum! Krum! Krum!”
Il giovane campione Krum salì sulla piattaforma rialzata dove era sistemato il portacenere, dove tutti potevano vederlo bene: era un tipico ragazzo di Durmstrang ben piazzato, coi capelli rasati, la barba a pizzetto, il viso rotondo e gli occhi scuri; portava la divisa della scuola, i famosi indumenti rosso cupo foderati di pelliccia, ed il colbacco regolamentare.
Abbassò le braccia lentamente, e come per magia le urla intorno a lui si smorzarono per gradi. La sua voce baritonale risuonò chiara nell’aria frizzante.
“Io parlo Naum Krum! Per chi non conoscere bellissimo Cioco di Pozione, io spiega!”
“Ecco, Severus, ci siamo” sussurrò Malfoy nel silenzio, eccitato. “Concentrati per bene e cerca di capire lo spirito del gioco. Naum Krum farà da arbitro e interpreterà i risultati.”
“Interpreterà?” si scandalizzò Snape. “Ma non è un gioco d’azzardo? Il sistema non dovrebbe essere lineare?”
Lucius lo zittì in malo modo, per seguire la spiegazione di Krum.
“… Intanto, io chiarisce subito che puntate di riffa essere decise automatiche da cioco magico!”
“Nulla d’importante, Severus. Il cheap è fissato dal banco” tradusse al volo Malfoy per l’amico poco pratico.
“… E per quanto riguardare premi personalizzati … e foi sa cosa mi essere costato kvesto ultima folta di mio cioco …” stava dicendo Krum cercando di fare il simpatico, mentre intorno si levavano risatine nervose “foi defe scrivere in secreto e consegnare dentro Braciere Magico, da? Afanti, non essere momento di timidezza!”
Le solite acclamazioni “Krum! Krum! Krum!” fecero tremare persino il ponte della nave, mentre davanti a ciascun giocatore apparvero dal nulla due foglietti di pergamena e delle piume a scrittura automatica.
“E … adesso?” sibilò Snape sospettoso.
“E adesso viene il bello!” esclamò Malfoy entusiasta. “Devi stilare una richiesta per ottenere qualcosa da uno dei giocatori, a tua completa discrezione. Io per esempio chiederò in dono l’oggetto più prezioso, al mio … come dire? Al mio ancora sconosciuto contendente. Ma sono sicuro che tu, Severus, avrai di certo interessi più elevati …”
“Già” rispose Snape, solo leggermente inacidito. “Non è che ci voglia … poi molto.”
Suo malgrado stava diventando curioso.
Scrisse in fretta le sue richieste strategiche; gli studenti di Durmstrang erano la maggioranza, e non voleva sprecare l’occasione di carpire qualche loro segreto.
Una pergamena imponeva di svelare la ricetta della propria pozione più potente, l’altra di insegnare il proprio incantesimo più efficace.
Spedì con scarso entusiasmo i due foglietti nelle fiamme grigie del Braciere, mentre intorno volavano le decine e decine di pallottole bianche degli altri giocatori.
Alla fine dell’insolita raccolta di tutte le preferenze, Krum ritornò alla ribalta.
“Ora tutti foi in piedi con mano sopra cuore, ripetendo mie parole!”
“Lucius, è proprio … necessario?” mugugnò Snape, alzandosi lentamente, con riluttanza.
“Fon-da-men-ta-le, Severus! Fidati!”
“Io …” intonò Krum con aria sacrale.
“Io …” ripeterono in coro tutti i presenti, Snape compreso.
“Ciura di rispettare grande Cioco di Pozione …”
“Giuro di rispettare il grande Gioco della Pozione …”
“E garantisce con mia fita …”
“E garantisco con la mia vita …”
“Di fare quanto defe, per riguardo a grande Casa di Durmstrang e per dimostrare tutta mia lealtà ai miei onorefoli compagni di cioco!”
Quando tutti ebbero finito di ripetere la formula del giuramento, Krum prese una grossa ampolla allungata che conteneva un liquido scuro e si spostò in mezzo al cerchio dei giocatori, che nel frattempo si erano risistemati sul pavimento.
Per la prima volta dall’inizio della serata Severus provò una specie di blando interesse. Le pozioni c’entravano qualcosa, dopotutto.
Si rivolse sottovoce al suo vicino di Durmstrang che si dondolava avanti e indietro spiritato, con gli occhi sgranati.
“Uhm … perdonami, Vik’Odin … ma potresti dirmi che pozione è quella … quali effetti determina … se non sono troppo indiscreto, naturalmente?”
Vik’Odin fece spallucce, poi gli rispose scuotendo la testa.
“Naaah, Mocciosuoff, pozione non servire a niente, essere fluido qualunque inventato solo per fare cioco.”
Snape incassò il Mocciosuoff per l’ennesima volta senza poter reagire, perché il gioco stava iniziando e la concentrazione generale si faceva palpabile.

***

Krum posò a terra l’ampolla e scrutò ad uno ad uno i presenti dalla sua plastica posizione accovacciata.
“Nessuno defe intervenire con potere magico adesso!” intimò col suo vocione, con autorità naturale. “Kvesto primo giro è per stabilire chi defe iniziare!”
Applicò un movimento a torsione all’ampolla adagiata per il lungo, come se caricasse un dispositivo a molla, poi la lanciò con forza, facendola girare turbinando su se stessa.
Quando il movimento si fermò, il collo della bottiglia puntava deciso in una certa direzione, indicando la persona che avrebbe aperto ufficialmente il gioco (quadrante destro, ore una).
Si trattava di un tipico ragazzo di Durmstrang ben piazzato coi capelli rasati, la barba a pizzetto, il viso rotondo e gli occhi scuri; portava la divisa della scuola, i famosi indumenti rosso cupo foderati di pelliccia, ed il colbacco regolamentare.
“Ma sono fatti con lo stampino, a Durmstrang?” pensò Snape mentre cercava di valutare la situazione.
Poi si accorse di quegli occhi.
Il prescelto dalla pozione aveva uno sguardo tenebroso che bucava la coscienza, penetrava ogni difesa, così abissale e intenso da rivelare senza sforzo un potere magico terribile, saturato di Arti Oscure.
“Pozione afere scelto bene!” proclamò Krum. “Per chi ancora non conoscere, io presenta Dragán Sufurnhov! Ora noi federe quale sarà sua prossima mossa!”
Si voltò con fare deferente verso il Braciere Rituale, dalle cui fiamme grigie saltò fuori un bigliettino che Krum prese al volo senza scomporsi, con tutta l’abilità di un Cercatore di Quidditch.
“Prima penitenza essere argomento di soldi! Partita stabilire che Sufurnhov mettere in palio dieci Galeoni d’oro al fincitore! Cioco comincia!”
Sufurnhov emanò uno sguardo da killer mentre tutti i presenti si armavano di bacchetta, puntando la pozione.
La bottiglia ricominciò a girare, questa volta solo grazie al potere magico dei giocatori.
“Non scopriamoci subito, Severus” sussurrò Malfoy dondolando pigramente la bacchetta. “Meglio fare i polli, in queste prime battute. Dieci Galeoni, pfui. Aspetta che la posta si alzi, prima di dare fondo al tuo potere.”
I concorrenti lottavano a suon di lampi bianchi e viola che si scaricavano sulla pozione, facendola roteare vorticosamente.
“Capăt!” 2 intimò Krum. “Ora lasciare presa!”
Tutti i giocatori smisero di incantare la bottiglia nello stesso momento. L’ampolla fece ancora qualche giro per inerzia, poi si fermò di botto, designando il vincitore.
Sirius Black (quadrante sinistro, ore dieci) si alzò in piedi gettando la testa all’indietro, nello sfoggio di un’insolente risata selvaggia diretta verso il cielo.
Si avvicinò a Sufurnhov per ricevere i suoi dieci pezzi d’oro, e quando quest’ultimo l’ebbe odiato abbastanza tornò a sedersi al suo posto, trangugiando del Vodsky.
“Toccare a lui penitenza adesso!” annunciò Krum. “Tu folere dire noi come tu chiama?”
“Sono Black. Sirius Black.”
“Si, io supponeva. Tuo nome è famoso in Durmstrang”.
Krum si avvicinò al portacenere che eruttò un altro foglietto.
“Ottimo!” esclamò quindi leggendolo. “Partita dire baciare con lingua! Ciocatori, folere federe chi essere baciato, sì? Pronto… Fia!”
La gara magica a colpi di bacchetta ricominciò immediatamente, l’ampolla riprese a vorticare sul pavimento.
Ogni contendente cercava di pilotare il risultato a seconda delle sue preferenze, per formare la coppia che si sarebbe baciata davanti a tutti e che avrebbe avuto Sirius Black come elemento fisso.
“Capăt!”
Al segnale di Krum la competizione cessò. I giochi erano fatti. Quando infine si fermò, la bottiglia indicava decisamente Cathy.
“Uffa che schifo” protestò lei con voce chiara e lamentosa. “Io non lo bacio, quel disgustoso Grifondoro!”
Severus si illuminò biecamente del suo sorrisetto sarcastico: finalmente quella carognetta aveva avuto ciò che si meritava, era stata buttata sul piatto.
“Tuo nome preco?” chiese Krum facendo un largo gesto teatrale verso Cathy.
Lei si alzò in piedi impettita, con la puzza sotto al naso.
“Sono Cathleensane Varanor, dei Varanor di Hogsmeade, e mi rifiuto di pagare questo pegno, di sottopormi a questa imbarazzante … cosa!”
“Ma non potere rifiutare!” tuonò Krum strabuzzando gli occhi espressivi. “Tu ciurato con tua fita! Essere grandezza di cioco!”
“Come … sarebbe?” fece Snape al suo vicino di Durmstrang, sostituendo il sorrisetto sarcastico con un’espressione incarognita, poco bella a vedersi.
“Oh, daaa …” rispose Vik’Odin solerte. “Rispetto di recole è salvaguardato con punizione magica. Un Afada Kedafra è stato posto sopra cioco, per chi trasgredisce”.
“Splendido …” commentò Snape con la faccia sempre più ombrosa, come dipinta di buio. “Durmstrang e le Arti Oscure. Sono venuto per questo, e magari il destino mi accontenta … fulminandomi con un delizioso Avada Kedavra!”
“Non portare sfortuna ferso di noi, Mocciosuoff” lo ammonì Vik’Odin, facendo gli scongiuri.
Intanto Sirius Black si era drizzato coi suoi modi da spaccone e aveva mosso qualche passo verso Cathy, ostentando l’esaltata vanagloria per cui andava giustamente famoso.
“Non protestare, bella. Ti sto salvando la vita!” disse quindi a voce alta, in modo che tutti potessero apprezzare la battuta; senza alcuna esitazione avvinghiò la ragazza in un formidabile abbraccio lascivo, che sembrava studiato apposta per non concedere proprio nulla all‘immaginazione.
Baciò Cathy risucchiandola nella cosiddetta esperienza Black, quella di un esperto donnaiolo che sapeva con precisione quali fossero le corde giuste da toccare.
In meno di un secondo Cathy non sembrò più così tanto disgustata dallo schifoso Grifondoro …
La performance della coppia si prolungò per diversi minuti, durante i quali si scatenò il tifo assordante del coro di Durmstrang, che si sperticava in fragorosi “Da! Da! Da!” e poi rilanciava con interminabili sequenze di “Black! Black! Black!”
Cathy e Sirius riemersero senza respiro dall’esperienza travolgente e tornarono ai loro posti, con l’espressione inconfondibile di chi non ne ha ancora avuto abbastanza.
“Brafa signorina, fede che divertita con nostro cioco?” esultò Krum, traducendo la smorfia estatica di Cathy. “Prossimo giro di pozione è per lei!”
Il Braciere sputò la sua sentenza: togliere camicia.
Krum comandò la ripresa della nuova disputa fino al perentorio “Capăt!” che fermò ancora la bottiglia.
Il fortunato risultò essere un tipico ragazzo di Durmstrang ben piazzato, coi capelli rasati, la barba a pizzetto, il viso rotondo e gli occhi scuri; portava la divisa della scuola, i famosi indumenti rosso cupo foderati di pelliccia, ed il colbacco regolamentare.
“Hmphf, dovrebbero mettergli dei distintivi” commentò Snape mordace.
Si venne subito a sapere che il protagonista di quella mano era un certo Mozaraff, un ricco e nobile rampollo che Cathy spogliò senza fare tante storie, tra le rumorose acclamazioni della folla esaltata.
Quando lesse il foglietto con la nuova penitenza per Mozaraff, Krum diventò tutto rosso dall’emozione; il verdetto risultava inconcepibile, non aveva precedenti nella storia di quel gioco.
“OOOOOOH! DAAAAAAA!” urlò come un invasato, trapassando diversi timpani. “Non potere credere! Lui dofere pagare tiecimila Galeoni a prossimo fincitore!”
Il ricco Mozaraff fece il gesto di prendersi la testa fra le mani, ridacchiando con sufficienza indulgente, con parodistica disperazione. Il Braciere conosceva le sue tasche, evidentemente.

***

“Finalmente entriamo nel gioco, Severus” disse Malfoy artigliando un braccio al compagno. “O per essere più precisi, qui entri in gioco tu!”
Snape però stava osservando il pericoloso Sufurnhov, che aveva un’aria ancora più avida e determinata del suo maledettissimo amico Lucius.
“Finalmente si giustifica la mia … presenza, vorresti dire?” rispose piano, stringendo gli occhi neri. “Non preoccuparti, Lucius, manterrò la parola. Sciuperò il mio tempo e la mia bacchetta al servizio dei tuoi … discutibili propositi. Ma ti avverto, l’esito non sarà … né facile … né scontato …”
Di solito Snape non sbagliava mai nella valutazione preliminare di un avversario.
“Non osare deludermi, Severus. Quella somma deve essere mia!”
Krum zittì tutte le voci con un gesto.
“Che scontro cominci!” ordinò accigliato, nell’aria trepidante; la mischia a testa bassa delle bacchette sguainate riprese furiosa, più avvincente che mai.
Il giovane Severus scoprì davvero di essere dotato di un potere magico sopra la media, anche considerato il livello internazionale della competizione.
Il difficile era calcolare quale forza applicare perché il giro conclusivo della pozione si orientasse secondo l’asse del proprio bersaglio, e bisognava sgomitare duro, allo scopo di imprimerla.
Snape doveva tener conto delle infinite volontà contrarie e di tutte le contromosse, per bilanciare le spinte dinamiche centripete con assoluto tempismo.
Nessuno sospettò che quel potere dominante, così capace e sicuro nel giostrare la bottiglia, provenisse da lui; la sua concentrazione insostenibile tenne il punto fino all’ultima sillaba, urlata a perdifiato, del perentorio “Capăt!” finale.
Ecco le ultime rotazioni, il rumore vetroso dell’ampolla che sfregava sul pavimento sempre più adagio: flop, flop, flop.
“Tiecimila Galeoni, daaaaaa!” ricordò a tutti il vocione di Krum. Sulla nave di Durmstrang nessuno osava respirare.
Flop, flop … flop.
La bottiglia si fermò precisa, indicando Malfoy.
Numerose voci da cosacco protestarono la loro frustrazione. Ovunque si sentirono rimbombanti vocalizzi gutturali e il rumore dei bicchieri di Vodsky scagliati a terra per la rabbia.
“Amico Lucius, tu afficina!” disse Krum sempre più rosso in viso per l’emozione, mentre i borbottii di sottofondo si smorzavano.
Lucius si portò al limite del cerchio, vicino al Braciere, con incedere elegante, come se facesse una sfilata.
“Lui essere Lucius Malfoy, signori! Uomo ti falore già prima, adesso falere ancora di più!”
Malfoy accettò con un ghigno insolente l’assegno della Banca Gringott che Mozaraff gli stava porgendo rassegnato, poi accennò un inchino e tornò al suo posto.
Dal braciere spuntò un nuovo foglietto che Krum acchiappò al volo con un tuffo carpiato.
“Bene! Adesso cioco procedere con penitenza, per amico Lucius! Partita dire: più di un bacio, foi capito, da!”
“Severus? Vedi quella Grifondoro laggiù?” disse Malfoy rivolto a Snape, mentre additava una delle accompagnatrici di Potter e Black.
“Smettila di indicare, Lucius, non sono cieco …”
“Certo che no, Severus. Tu, come la sfortuna, ci vedi benissimo! Bene, bene, bene, sai già cosa fare!”
“Pronto… fia!“ tuonò Krum.
La bottiglia riprese a girare, travolta dalle scariche bianche e viola delle bacchette dei giocatori.
Snape manovrava ancora con vantaggio, ma avvertì una maggiore resistenza magica che sembrava opporsi soltanto a lui. Alzò gli occhi per un momento e incrociò il tremendo sguardo di Sufurnhov, che lo stava fissando con crudeltà sovrumana.
Trasalì leggermente, senza darlo a vedere. Dragán Sufurnhov Il Terribile aveva finalmente intuito il suo potere, e adesso lo odiava con intenzione.
Bene ... si era appena fatto un nemico nuovo, pensò Snape senza deconcentrarsi dalla partita, un nemico pericoloso che assomigliava in tutto e per tutto alla personificazione ipotizzabile di ogni male concepibile.
Mise più carica nel suo incantesimo, ci mise più potenza, ma in questo modo, Snape lo sapeva, si rendeva più difficile il controllo.
“Già, il maledetto Principio del Martello” disse sarcastico, per farsi coraggio.
Si concentrò più intensamente, fino al punto di focalizzare l’intera coscienza in un tutt’uno col suo raggio magico, che lottava per la bottiglia contro il gelo di una volontà spietata, capace di distruggere.
“Capăt!”
La voce franca di Krum lo riportò indietro, fuori dall’inferno, nel tepore della realtà.
“Eeeeeeh … daaaaa! Essere uscita altra bella signorina!”
Si trattava della Grifondoro che piaceva a Lucius.
Patricia Cormoran dovette presentarsi davanti a tutti, per poi essere baciata e smanazzata da Malfoy, nel frastuono partecipato e ben poco romantico dei “Da! Da! Da!” reclamati dagli allievi di Durmstrang.

***

Da quel momento in poi, per un’oretta buona, la partita si trascinò sempre uguale e un po‘ monotona; Snape fece vincere a Malfoy tutte le poste importanti, Lucius si ripassò tutte le ragazze carine, mentre la disputa invisibile con Sufurnhov raggiungeva toni sempre più drammatici.
A un certo punto il Fato che presiedeva il gioco fece fermare la pozione lungo la direttrice che indicava una persona nuova (quadrante sinistro, ore sette).
Dalla loro posizione Severus e Lucius non riuscivano a vederla bene, perché si trovava seduta un po’ fuori dal cerchio dei compagni, lungo una retta di tangente.
Feona Zulfuran sembrava una tipica ragazza di Durmstrang pettinata con le trecce, col viso rotondo e gli occhi scuri, ma di lei l’unico elemento visibile restò per un certo tempo solo il colbacco regolamentare.
“Costei la lasciamo perdere, Severus” giudicò Lucius, che non aveva voglia di sporgersi per valutarla meglio.
Evidentemente, era quella l’unica ragazza che Durmstrang avesse deciso di buttare sul piatto.
“Fe-o-na! Fe-o-na! Fe-o-na!” intonò subito il coro becero di Durmstrang. La Zulfuran doveva essere molto popolare.
Naum Krum riuscì a placare la folla rumoreggiante grazie ai suoi gesti autorevoli, prima di avvicinarsi al Braciere per leggere il solito foglietto.
“Fediamo fediamo!” disse quindi, con l’abilità di un presentatore consumato. “Quale essere penitenza di partita per nostra bellissima Feona? Voi fuole sapere, da?”
“Da! Da! Da!” fece Durmstrang come un sol uomo.
“OOOOOOH! DAAAAAAA!” ululò Krum alla fine della suspance. “Ora fenire bello! Braciere dire: nostra Feona perdere ferginità!”
In mezzo ai nuovi e incontenibili “Da! Da! Da!” si levò la voce di Feona, che sovrastò il fracasso senza sforzo.
“Naaah, compagni, non ci essere più niente da perdere, qvi, io assicura!”
“Fe-o-na! Fe-o-na! Fe-o-na!” L’entusiasmo era alle stelle.
“Allore folere dire …” ricominciò Krum, con la felicità negli occhi “che Braciere riferire a tuo partner! Lui fortunato a cominciare con te! Ma tutti a posti per gara, ora! Pronto … fia!”
I fulmini bianchi e viola si scatenarono come di consueto intorno alla pozione, ma questa volta il giovane Severus lottava per sé stesso.
Le forze magiche contrarie, infatti, sembravano molteplici e più forti del solito.
Per capire meglio la situazione, Snape scrutò l’orizzonte di gioco.
Un lampo di gelo passò negli occhi di Sufurnhov. Ormai aveva imparato bene a conoscere il suo avversario, e gran parte del contrasto veniva da lui.
Ma non solo …
Potter e Black ci stavano dando dentro con passione, l’uno ridacchiando, l’altro sogghignando. Erano due maghi discreti e il peso della loro Magia si faceva sentire.
Ma non solo …
Cathleensane Varanor lo stava osteggiando come gli altri, anche se il potere magico della sua bacchetta non sembrava all’altezza di quello della sua perfidia.
Ma non solo …
Perfino il bonario Vik’Odin si era schierato con quella sinergia, forse convinto di fargli un gran favore.
Severus non poteva tenere testa a tutti …
Il sonoro “Capăt!” di Krum segnò dunque la sua condanna.
“Oh, santo cielo, Severus” mormorò Lucius al suo fianco. “Mi diventi uomo! Ad ogni modo, era ora. Per certe cose un‘occasione vale l’altra …”
Severus non ebbe il tempo necessario a replicare con tutto il suo veleno, perché Naum Krum lo stava invitando a gran voce a presentarsi al pubblico.
Ma il pubblico lo conosceva già …
“Moc-cio-suoff! Moc-cio-suoff! Moc-cio-suoff!”
“Ovvio che se lo ricordano …” riuscì soltanto a pensare Snape, mentre assumeva una sfumatura color bile, ripensando a Cathy che aveva urlato apposta l’aborrito soprannome ai quattro venti.
Ma del Mocciosus ormai non gli importava nulla.
Mille volte di più lo feriva il pensiero di come tutti sapessero senza dubbio alcuno che lui fosse ancora vergine, un bamboccio inesperto, un moccioso, appunto.
E poi, ancora peggio, forse … con sua infinita vergogna, più avanti nella serata, tutti avrebbero conosciuto il momento preciso: il momento in cui, vergine non lo sarebbe stato più.
Nonostante tutto si trascinò verso il Braciere, dove Feona già lo stava aspettando impaziente, illuminata dalle fiamme grigie, decisamente in bella vista.
Almeno gli sarebbe stato possibile esaminare la sua sorte e guardarla bene in faccia, questa volta tutta intera.
Feona indossava la divisa della scuola, naturalmente, seppure preferisse portare il solo gilet d‘ordinanza foderato di pelliccia, senza la camicia, così da mettere in risalto i suoi bicipiti poderosi sotto al colbacco regolamentare.
Due mandibole volitive e pronunciate delimitavano una strana bocca piena di denti aguzzi, che la rendevano simile a un’orca, soprattutto quando sorrideva.
Per il momento, però, non lo faceva; si stava mettendo in mostra con una serie di pose da culturista, gonfiando i muscoli unti d’olio sotto al maledetto Braciere.
“Ah, per Salazar!” esalò Severus, come un ultimo respiro.
Gli venne spontaneo invocare il capostipite di tutti i Serpeverde, che nella sua malvagità non avrebbe saputo inventarsi una situazione peggiore, per far perdere ogni speranza ad un giovane come lui.
“Fe-o-na! Fe-o-na! Moc-cio-suoff! Moc-cio-suoff!” acclamavano intanto i ragazzi di Durmstrang. A Krum ci volle del bello e del buono, questa volta, per riottenere il silenzio e l’attenzione.
“Sapere cosa dire?” strepitò appena possibile, facendo finta di strapparsi i capelli, peraltro rasati, dalla disperazione.
“Serata non buona in amore, per noi di Durmstrang, naaah! Ecco rakazzo di Hogwarts che si portare fia nostra bellissima Feona!”
“Fe-o-na! Fe-o-na! Moc-cio-suoff! Moc-cio-suoff!”
Il giovane Severus sapeva di non avere scampo, e scrutò guardingo verso il cielo.
Cercava di scorgere la traccia, se ve n’era una, dell’Avada Kedavra impiantato sopra al gioco, che sarebbe intervenuto a incenerirlo, in caso di rifiuto; voleva valutarlo bene, paragonarlo a Feona, per il bisogno disperato di capire davvero quale scelta fosse la peggiore.
Naum Krum gli ficcò in mano un bicchiere da una pinta ricolmo di perfido Vodsky.
“Tu befe, Mocciosuoff, io vede che tu afere bisogno, da?”
Per come era messo da schifo, Severus non se lo fece ripetere due volte.
“Tutti alzare e fare un prosit!” ruggì Krum, pieno di entusiasmo. “Essere sua prima folta! DAAAAAAA!”
“Da! Da! Da!”
“Da! Da! Da!”
Severus capì chiaramente che, se non moriva in quel momento di vergogna, nulla avrebbe potuto distruggerlo, mai più.
Si attaccò spasmodicamente al Vodsky, un bicchiere, due, tre.
Feona dal canto suo si mostrava impaziente. Afferrò Severus per il bavero e lo trascinò via con sé.
“Non ti preoccupare, Mocciosuoff” gli gridò dietro Krum “noi aspetta a riprendere cioco, mentre foi consuma, da?”

***

Severus tornò incredibilmente pallido dalla mezz’ora più lunga della sua giovane vita.
Sul ponte della nave c’era molta confusione, perché nell’attesa tutti avevano assaggiato le specialità di Durmstrang e bevuto ulteriormente il Vodsky.
Nonostante qualche coro che prontamente lo accolse, tutto sommato la folla, ancora presa dal banchetto, non fece molto caso, a lui.
Strisciò come un’ombra lungo le murate e andò a sedersi silenzioso accanto a Malfoy.
“Bene, bene, bene …” lo articolò subito quest’ultimo. “Santo cielo, che successo, Severus! E tu che pensavi che non avresti fatto colpo, che non si sarebbero mai ricordati, di te!”
Severus non disse niente. Se ne stava immobile con aria apatica, guardando nel vuoto, e continuava a bere il Vodsky per sedare almeno la coscienza.
Dopo un po’ i giocatori si risistemarono ai loro posti e Krum riprese il suo posto vicino al Braciere.
“Kvale grande serata!” fu l’attacco di quella che si preannunciò subito come la seconda parte di uno spettacolo funesto.
“Ma sorprese non essere finite, ancora, cioco continua! Dopo sua grande fortuna, nostro Mocciosuoff defe fare penitenza!”
Il Braciere sputò fuori un altro foglietto.
“Partita dire: svelare la ricetta della propria pozione più potente” notificò Krum al suo pubblico. “Naaah, non essere difertente fero? Qvesto afere scritto noioso sekkione ti sicuro, da?”
Il giovane Severus non credeva possibile che dentro di sé ci fosse altro spazio per sentimenti negativi, capaci di aggravare la sua disperazione, ma invece fu proprio così.
La richiesta che lui stesso aveva inoltrato al Braciere gli si stava rivoltando contro; invece di imparare qualcosa, avrebbe dovuto rivelare i suoi segreti preziosi.
L’argomento Pozioni era una faccenda delicata per lui, forse addirittura più spinosa della sua verginità, che ormai costituiva soltanto un ricordo imbarazzante e ignominioso.
Krum comandò l’inizio della nuova disputa con l’aria scocciata di chi sta perdendo del tempo, ed in effetti il coinvolgimento dei giocatori non fu certo all’altezza delle contese precedenti.
Dopo il fiacco “Capăt!” il movimento piroettante della pozione si fermò indicando James Potter.
Snape ormai ne era sicuro, il Braciere ce l’aveva con lui, desiderava la sua fine.
Potter venne presentato al pubblico nell’assenza completa di qualsiasi entusiasmo, finché non arrivò il momento di avvicinarsi a Snape, che nel frattempo aveva iniziato a scrivere la sua ricetta su di una pergamena.
“I nostri destini si incrociano, Mocciosus!” gli fece Potter con aria da bastardo vincente. “Cos’è quella? La ricetta dell‘Amortentia? Ne avrai certo bisogno, adesso che hai provato le gioie dell’amore!”
Severus fece una smorfia schifata, la sua bocca prese una piega amara.
“E’ il mio Distillato della Garrota. Ma tanto non ci capirai niente, Potter, tu sei così … limitato di comprendonio.”
Distolse lo sguardo per un attimo. Severus si sentiva osservato.
Infatti, dall’altro lato del cerchio, c’era Sufurnhov che lo fissava con due occhi di brace, e sembrava particolarmente interessato al suo diverbio con Potter.
Lo scambio di insulti tra i due nemici dichiarati proseguì ancora per qualche attimo, poi finalmente Potter tornò al suo posto; Krum stava già leggendo la penitenza successiva.
“Ecco cosa dofere fare Potter: insegnare il proprio incantesimo più efficace. Naaah, ma ki essere qvesto noiosoff che mettere richieste inutili per nostro difertente cioco? Ad ogni modo, recola è recola. Pronto … Fia!”
Snape si sentiva ulteriormente contrariato, la sua seconda occasione era andata sprecata.
I quattro trucchi banali che costituivano il repertorio magico di Potter li conosceva a memoria, non avrebbe potuto carpire nessuno dei segreti di Durmstrang e un arcano istinto di difesa lo stava mettendo in guardia contro nuovi e mortificanti pericoli.
Tutti i giocatori si applicarono con scarso entusiasmo alla contesa delle bacchette, tutti tranne Potter e Black, che si scambiavano sguardi complici e sorrisetti preoccupanti.
Per chi si fosse trovato immerso nella disputa attorno alla pozione sarebbe stato facile avvertire che il peso delle forze in gioco tirava principalmente verso Snape.
Sufurnhov scaraventò a sua volta il proprio potere nefasto sullo stesso obbiettivo, leccandosi perfido le labbra, come se pregustasse lo Stoccafisso ripieno ai Vinaccioli di Durmstrang.
Mezzo ubriaco di Vodsky il giovane Severus, già provato dagli eventi, poté fare poco nulla contro la congiura di quei tre vigliacchi. Quando la bottiglia lo indicò, lui sdegnosamente si limitò a dardeggiare una delle sue occhiate penetranti verso Potter, per tutta risposta.
Incrociò le mani con due dita sotto al mento, calandosi nella concentrazione astiosa di una sfida raccolta senza timore, quella di una volontà che, nonostante tutto, non era pronta alla resa.
Si poteva quasi sentirlo ringhiare interiormente.
Potter si aggiustò gli occhiali sopra al suo ghigno di sbieco.
“Ancora nostro Mocciosuoff!” commentò Krum, questa volta con l’aria di morire dalla noia. “Cosa si preparare per lui, ora?”
I due nemici si alzarono in piedi, sembravano studiarsi per uno scontro mortale.
“Mio malgrado …” attaccò Potter ostentando la sua voce fastidiosa di ragazzo supponente “debbo insegnarti il mio incantesimo più efficace …”
L’attenzione generale si fece più partecipata. Tutti i presenti, adesso, potevano intuire l’odio tagliente scaturito fra i due, che, come la promessa di un primo sangue in un duello, li eccitava morbosamente.
“Il mio incantesimo più efficace … ma tu lo conosci già, Mocciosus!” proclamò Potter, aumentando il volume del suo tono odioso.
Slanciò in avanti il braccio e la bacchetta.
Un secondo dopo Severus penzolava nel vuoto con la testa all’ingiù, appeso malamente nell’aria per la caviglia sinistra. 3
L’unica nota a favore di quella squallida situazione consisteva nel fatto che il completo da vampiro di Malfoy prevedesse i pantaloni. Questa volta, almeno, Snape si sarebbe risparmiato altri commenti spietati sulle sue mutande.
Il mantello foderato di rosso, però, gli ricadeva rovesciato sulla faccia, come la bandiera ammainata di ogni possibile residuo di orgoglio.
Applausi fragorosi e spontanei si levarono dalla folla ormai del tutto coinvolta, insieme alle ritmiche e certamente scontate acclamazioni.
“Pot-ter, Pot-ter, Pot-ter …”
“OOOOOOH! DAAAAAAA!” si meravigliò Krum, ritrovando il suo entusiasmo e il suo vocione perforante. “Essere incantesimo sconosciuto in Durmstrang! Noi fortunati afere visto qvesto!”
Potter eseguì una giravolta su sé stesso, rimbalzando come un birillo con le braccia aperte, poi si esibì in una plateale verónica da corrida con la bacchetta, e a malincuore lanciò il suo Finite verso il ciondolante Snape.
Il tonfo sulle tavole del ponte risuonò amaro senza alcun limite.
Snape comunque trovò la forza di reagire, una volta toccato il fondo del baratro di quella serata orribile, da maledire Senza Perdono insieme a chi ce l’aveva portato.
“Me la pagherai … Potter!” sibilò quindi con i lineamenti contratti dall’odio, che gli fuoriusciva frustrato dall‘insieme dei connotati.
“Tu non stare a spirito di cioco, Mocciosuoff!” lo ammonì Krum lanciandogli un’occhiata piena di biasimo. “Tu non afere lamentato quando fatto amore con bellissima ragazza, fero? Tornare a tuo posto, adesso, noi essere qvi per difertire!”
Soverchiato dagli eventi avversi, Severus tornò in silenzio al suo posto.
“Oh, perdiana, Severus” mormorò Lucius al suo fianco, trascinando le parole. “Che situazione imbarazzante … non credo che sarà ancora il caso di frequentarci, dopo un’onta come questa!”
L’affermazione gli arrivò in faccia a tradimento, come un pugno nascosto in un mazzo di rose; Snape ormai sembrava manifestare i sintomi di uno che fosse stato risucchiato e masticato.
Eppure …
Contrasse le mani e serrò le labbra.
Quando le riaprì per parlare, l’universo si era rovesciato.
“Sei in debito con me, Lucius, non lo dimenticare! Perché io, di certo … non lo dimenticherò!”
Come in una prova di qualificazione alla vita adulta, a seguito di tutte le pesanti esperienze di valore iniziatico superate quella sera, Snape era giunto in quel preciso momento a oltrepassare la soglia della fanciullezza, trasformandosi di botto in un uomo.
Freddo, tagliente, spietato.
E Senza Perdono.
Il giovane Severus che Snape era stato fino a quel momento si perse per sempre nell’oblio, rinascendo alla luce tenebrosa di un’implacabile forza nuova.
Il magnetismo animale di Lucius, il suo perverso istinto, non poté fare a meno di avvertire la differenza; un po’ turbato dal nuovo piglio del suo compagno, Malfoy si rimangiò tutto.
“Via, non essere così scontroso, Severus. Dopotutto dovresti conoscere il mio humor da gentiluomo privilegiato … e le sue implicazioni!”
“Sì, infatti … sei un bastardo, Lucius, sono queste le uniche … implicazioni!”
Ancora una volta Krum intimò il silenzio.
“Altra penitenza, da? Per nostro Mocciosuoff ancora!” disse a gran voce mentre recuperava l’ennesimo foglietto che, Snape ne era sicuro, avrebbe menato gramo.
Infatti.
“Partita dire: dare in dono l’oggetto più prezioso! E cosa potere possedere nostro Mocciosuoff di tanto falore? Tutti lottare ora per afere! Pronto … Fia!”
La solita battaglia di lampi colorati attorno alla pozione ricominciò, ma Severus ormai non partecipava più.
Voleva solo tagliare corto, prestarsi al gioco a muso duro per un‘ultima volta, e che la maledetta serata si facesse schiantare!
L’unica cosa preziosa posseduta da Snape era il suo calderone Extra Lusso, che gli era costato anni di lavoro, risparmio ed umiliazione.
La raffinata pratica delle pozioni rappresentava il fondamento della sua identità, l’unica consolazione delle sue bieche giornate schifose, la sola ragione che consentisse alla sua vita continuare; non avrebbe mai rinunciato al suo calderone pregiato, pezzo forte e strumento principe dell’eccelso livello che Snape aveva raggiunto nella sua Arte.
Tanto, aveva già una soluzione.
Bevve indifferente un altro bicchiere di Vodsky, verde come un Avada Kedavra, pensando che almeno sarebbe morto da uomo.
La bottiglia si fermò indicando Cathy, già pronta e sogghignante.
Severus si alzò.
Incrociò le braccia e scandì le sue parole di condanna.
“Inutile … non le darò niente! Io … mi … rifiuto … formalmente!”
“Non fare così, Mocciosuoff!” si disperò Krum terribilmente rosso in viso, sull’orlo del colpo apoplettico che rischiava di procurarsi per il crepacuore. “Se tu rifiuta muore con Afada Kedafra.”
“Sì, lo so. Ma questi sono … fatti … miei …”
“No, essere anche fatti nostri. Per tradizione, primo morto mettere fine a cioco! Noi difertire stanotte. Tu maledetto da Durmstrang intera, se rovinare tutto.”
Già.
Passasse morto, ma maledetto da Durmstrang cambiava tutta la faccenda, pensava Severus avvolto un cinismo ostinato che riusciva a divertirlo nonostante la piega amara degli eventi.
Si sentiva esausto e senza fiato, però. Allentò la gorgiera poco seria in cerca di respiro; allentò i primi bottoni della camicia, del colletto alto, così simile a un collare da schiavo.
Nel silenzio raccapricciato qualcosa richiamò la sua attenzione. Vik’Odin Hauss lo stava tirando per una manica.
“Tu pensare bene, Mocciosuoff, non fare cosa drastica di cui pentire! Afere sicuramente tante altre cose preziosissime in tua fita!”
In quel momento preciso la mano di Snape stava cercando di liberarsi dalla spilla di Malfoy, che contribuiva a soffocarlo come una mano omicida che stringesse alla gola.
Qualcosa di preziosissimo … Qualcosa di valore.
Severus trasalì senza darlo a vedere dietro alla propria maschera fredda, nel suo ruolo di uomo duro e navigato che ricopriva ormai da venti minuti.
Era un’idea pericolosa, certo, un azzardo da doppiogiochista rispetto al quale la sua natura integra non si era mai misurata.
Quella spilla orrenda a forma di scarafaggio doveva valere una fortuna, mille volte di più del calderone Extra Lusso, ma in ogni caso non era sua.
Feroce come la libertà infinita, forte nel volto e irridente nel cuore, affiorò come un sorriso per il mondo la sua Facies Sardonica di sfida, quel segno di coraggio senza scrupoli che negli anni l’avrebbe reso pericoloso.
Non sapeva da dove venisse, ma aveva deciso.
Si sarebbe rimesso alla terribile volontà che presiedeva l’infausto Gioco della Pozione, all’Avada Kedavra che poteva fulminarlo, però avrebbe conservato l’orgoglio, almeno: la consapevolezza di avere reagito, di avere tentato.
“Sta bene …” disse infine con voce piana.
“Farò quello che devo. E … Cathy?”
La maledetta ragazza avida si alzò senza alcuna esitazione, si avvicinò a Severus. Naturalmente ora non le conveniva più fare finta che lui non esistesse.
“Ti consegno il mio … oggetto … più prezioso” concluse Snape, con espressione da sfinge.
La spilla ingombrante passò di mano.
Severus scrutò in alto, nell’intimità del suo mistero, tremando appena senza darlo a vedere.
Sarebbe morto da uomo, senza sottrarsi.
Oppure …
Sarebbe vissuto da uomo.
Senza piegarsi.

***

Lucius Malfoy stava facendo una scenata isterica.
Si litigava la spilla con Cathy a suon di manate, era come vedere la zuffa di due gatti furiosi.
Nel mezzo di tutto quel trambusto si sprecavano articolati insulti, buona parte dei quali rivolti a Snape.
“E’ ridicolo!” sbottò infine Lucius mentre si ricomponeva, mollando la presa per il motivo che Cathy si era nascosta il tesoro sotto la gonna. “Oggi sono venuto per guadagnarci, non certo per rimetterci!”
Paonazzo così non l’aveva mai visto nessuno.
Non l’aristocratico Malfoy, il controllato Malfoy, il manierato Malfoy.
“E tu, Severus, leva di mezzo quel sorrisetto irritante! Non sei certo un mio pari, non dimenticarlo!”
“Ah, davvero?” rispose Snape ancora più sarcastico, sicuro di trovarsi dalla parte dei bottoni, ormai. “Può anche darsi che non lo sia, Lucius … ma te l‘ho detto, prima … hai un debito, con me … ”
Il suo sguardo schifato passò lentamente da Lucius a Cathy, poi di nuovo tornò indietro: lentamente, per diverse volte, in una pausa sospesa di rivincita piena di disprezzo ostentato.
“E adesso vedetevela tra voi due, e preparati, Lucius … perché questo debito … lo pagherai!”
Snape tese una mano verso Vik’Odin, che non vedeva l’ora di riempirgli il bicchiere fino all‘orlo, dopo lo scampato pericolo.
“Un decimo vodka, uno di whisky … e otto parti di distillato d’insetti?” mormorò Snape fra sé, contemplando la visione del suo futuro laboratorio di Pozioni, nella quale spiccava glorioso il suo calderone.
“Dannatamente facile … dannatamente gradevole …”
Tutto d’un fiato, come un vero uomo, Severus bevve finalmente con gusto il suo meritato Vodsky.
Era verde e plumbeo, naturalmente, proprio come la maledetta speranza in un oscuro mondo migliore.

------------------------------------------------------------- Note di fine capitolo

1 Il Vodsky l’ha inventato Stefano Benni, in “Terra!”, pag 91. Si è poi diffuso a Durmstrang, ma le fonti non spiegano come.

2 Capăt significa “fine” in Rumeno.

3 Questo particolare risulta OOC perché per richiamare l’episodio del Peggior Ricordo Severus dovrebbe essere al suo 6° anno di Hogwarts e Lucius non dovrebbe più frequentare la scuola. Lascio l’incongruenza per preservare l’effetto di “escalation” tragica della serata del protagonista.

   
 
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