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Autore: alinah    02/11/2010    8 recensioni
Apatico.
Edward Cullen, il menefreghista, il cinico, il disinteressato per eccellenza.
In molti lo consideravano in questo modo, carente di emozioni, di sentimenti. Apatico, appunto.
Eppure non era così. Non del tutto. Niente della sua vita fino a quel momento era stato in grado di appassionarlo realmente.
Niente fino al giorno in cui una chiamata del padre lo aveva riportato a Forks, a casa.
Una doccia rotta, un incontro imbarazzante, un fidanzato di troppo e un bagno a mezzanotte riusciranno a smuovere una minima parte di quel cuore ghiacciato?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Capitolo 1

Quattro anni.
Quattro lunghi anni.
Esattamente il 12 settembre del 2006, giorno in più, giorno in meno, era scappato via da Forks.
Edward Cullen, studente di medicina o meglio, ex-studente dell’università di Boston , aspettava da ormai mezz’ora il suo turno infilatosi in una fila scomposta ed irregolare all’ingresso dell’aeroporto.
Con un sorriso, lo stesso che ormai riusciva a celare le sue emozioni, attendeva paziente il suo turno per il check-in.
Cercava di non pensare ai bambini che gli correvano attorno, usandolo come palo, o a quell’anziana signora che blaterava e blaterava sulla sporcizia degli alberghi in città. Ma soprattutto cercava di tener lontana la mente dal ragazzo che, circa dieci minuti prima, gli aveva fatto una corte spietata e che, suo malgrado, avrebbe avuto come vicino di posto in aereo.
Il ritorno a casa non avrebbe potuto iniziare in modo peggiore, si ritrovò a pensare non appena arrivò il suo turno.
< Un biglietto per Seattle. >
La ragazza dietro il vetro, forse poco più grande di lui, alzò immediatamente lo sguardo.
La sua voce.
Avete presente quelle pubblicità di profumi dove la voce maschile dall’accento francese ti fa eccitare nonostante dica due sillabe?! Beh. Quella di Edward Cullen era di più. Molto di più.

< Oh certo. Le faccio anche quello di ritorno? >
Fu il suo turno di incrociare lo sguardo.
Gli occhi azzurri della ragazza non lo mollavano per un istante e lui, vittima di un’infanzia passata tra le braccia della madre, non poté che sentirsi in imbarazzo.
< No grazie. > Eppure avrebbe voluto tanto averla quella scappatoia.
Con un sospiro pagò il biglietto e uscì dalla fila.
- Pronti, partenza, via. –

 

Forks non era cambiata di una virgola.
L’aria sapeva sempre di muschio verde e ad ogni bivio si intravedeva la fanghiglia tipica del bosco poco lontano.
L’odore di campagna, mischiato a quella che a lui piaceva definire ‘finta innovazione’, gli riportò alla mente fugaci momenti della sua infanzia.
Apatico.
Molti lo definivano così.

 

L'apatia (dal greco "a-pathos", letteralmente "senza emozione") è una riduzione dei comportamenti finalizzati, dovuta a mancanza di motivazione. Si distingue dalla depressione in quanto il paziente apatico non prova disagio per la sua condizione, mentre la depressione correla con stati ansiosi e provoca un tono negativo dell'umore che può arrivare fino al desiderio di morire.

Nah. Lui non era apatico.

Provava emozioni, solo non le rendeva visibili agli altri.
E poi si era legato a molte persone nella sua vita. A Carlisle, il suo padre adottivo, tanto per fare un esempio. E ad Emmett.
Inoltre non era depresso, o almeno non così tanto da far presagire un suicidio.
Edward scosse la testa divertito e infastidito al tempo stesso dai suoi pensieri.
Se fosse stato affetto dall’apatia non sarebbe andato a Forks con un volo di seconda mano, solo perché Carlisle lo aveva implorato di tornare.
< Mi sto giustificando da solo!? > Borbottò svoltando verso sinistra tenendo il manubrio con una sola mano.
Non sapeva il perché ma spesso le donne, vedendolo al volante con un braccio fuori dal finestrino, impazzivano.
< Ben arrivato a casa Edward > Sussurrò gettando la sigaretta che aveva tra le labbra sul prato dei Cullen.
Dopo aver richiuso la portiera inspirò a pieni polmoni l’aria attorno alla villa.
< Edward Cullen? Sei proprio tu!? > Ancora ad occhi chiusi il ragazzo sorrise riconoscendo il tono burbero dell’interlocutore.
< No. Hai fumato troppa roba ieri, io sono semplicemente una visione > Si guardarono per qualche istante prima che il più grande non lo stritolò in un abbraccio.
< Oh fratellino non hai idea di come mi sei mancato. Lì nel North Carolina sono sempre così allegri!! Avevo proprio bisogno di una sana dose di depressione! >
Edward sorrise colpito nel vivo.
Sapeva di non essere mai stato un ragazzo felice.
Apatico, sussurrò una vocina nella sua testa.
Ma quasi fosse un brutto pensiero, lo scacciò via veloce come era arrivato.
< Oh certo! Lo posso capire! > Scherzò sorridendo.
Edward sapeva scherzare, ridere, divertirsi.
Aveva davvero tantissimi amici.
L’unica cosa che gli mancava era la serenità.
Più di una volta si era ritrovato ad immaginare le vite degli altri, bianchi abiti lucenti e limpidi, senza ombre.
Mentre la sua.. era bianca, certo. E anche candida e pulita. Ma aveva una macchia, a differenza delle altre. Una minuscola ombra scura che, neanche dopo l’ennesimo lavaggio, riusciva ad eclissarsi.
In quel momento Edward non poté non ammettere che Forks non gli faceva affatto bene.
Quale persona sana di mente avrebbe paragonato la propria vita ad una stoffa?!
Apatico.

 

< Allora tesoro. Come ti sei trovato a Boston? >
Le domande inutili.
Edward odiava coloro che prendevano fiato solo per sparare cazzate. Li odiava. Non poteva far altro.
Certo, pur non essendo Esme una di quelle persone, la sua domanda lo infastidì comunque.
Non riusciva a capire l’utilità del conoscere la risposta quando, ormai, era costretto a stare a Forks.
< Bene mamma. Il cibo non era dei migliori, ma dopo un po’ ne ho fatto l’abitudine. E la scuola era fantastica. Ora salgo un po’ su a riposarmi. Ci vediamo domattina. >
E in un silenzio imbarazzato i tre membri Cullen rimasti, ripresero la conversazione indirizzandola a toni lievemente più leggeri.

Edward intanto era entrato nella sua stanza.
La sua vecchia stanza.
Il rifugio nel quale si ritirava dopo le partite di baseball. La zona vietata alle ragazze con cui si era fidanzato.
Mai nessuna aveva potuto toccare le sue coperte. Erano quasi sacre per lui.
E si ritrovò di nuovo a sorridere quando, seduto sul suo vecchio materasso, si sentì di nuovo adolescente.
Dopo essersi concesso una doccia rilassante e rigenerante, ed aver asciugato la folta chioma bronzea, il ragazzo decise di dormire, con la vana speranza di trovare la sua tanto agognata spensieratezza almeno nel sonno.
Non ricordava che il suo vecchio letto potesse essere tanto comodo.
Forse per quello non lo aveva mai condiviso con nessuno.

< Hei ciao Edward >
Fortuna che era ancora sveglio.
Il ragazzo si girò dall’altro lato, in direzione della porta socchiusa.
Dei capelli corti e sbarazzini fuoriuscivano dalla soglia. Edward sorrise nuovamente, notando che un’altra cosa a non essere cambiata era l’altezza della sorella.
< Ciao Alice. >
La ragazzina entrò con un sorriso sulle labbra.
< Sono felice che tu sia venuto qui. > Sussurrò in imbarazzo.
Alice si era sempre sentita in colpa per non aver istaurato nessun rapporto con il fratello acquisito.
Stava male ogni giorno per questo.
Ed ora, sapendolo a non più di qualche metro di distanza, sperava, con tutto il cuore, di poter rimediare. Edward tenendo fissi gli occhi nei suoi, nel frattempo, si era alzato per metà appoggiando il busto alla testiera.
< Beh sono passata a salutarti.. >
A differenza della sorella, era raro per lui sentirsi in imbarazzo.
Ma non gradiva ugualmente vedere le persone che lo facevano alla sua presenza.
< Oh certo. Dove sei stata fino a quest’ora? >
Alice sorrise, contenta della sua curiosità. < A casa di Bella. Isabella Swan, la mia migliore amica, non so se te la ricordi. >
Edward ripercorse con la mente gli anni passati a Forks. Ricordava una bambina accanto ad Alice. Ricordava perfino il colore dei suoi capelli. Ma per il resto era solo un’ombra confusa in mezzo ai suoi familiari.
In ogni caso, confessare ad Alice che in realtà ricordava poco e niente dell’amica non gli  sembrò una buona idea per cui si limitò ad aggrottare le sopracciglia e a fare un’espressione perplessa, annuendo.
< Che avete fatto? >
L’accentuazione del sorriso della sorella gli provocò uno strano calore all’altezza del petto.
Era così facile farla sorridere. Perché non lo aveva mai fatto?!
< Oh niente di che. Un giretto per i negozi nel pomeriggio e la sera al pub di Mike. >
Il pub di Mike era l’attrattiva di Forks.
Edward lo ricordava perfettamente : il lungo bancone lucido che percorreva un’intera parete, il lato per ballare e i divanetti dalla parte opposta.
Ci sarebbe voluto riandare, un giorno.
< E come sta Mike? >
Mike Newton era molto conosciuto in paese.
Certo, la sua attività gli aveva fruttato parecchia notorietà, ma, quando era ancora al liceo, insieme ad Edward, era anche il capitano della squadra di football.
E sono cose che, in un paese di pochi abitanti, non si dimenticano.
< Tutto ok. > Sospirò Alice con un’espressione indecifrabile in viso.
Edward non era mai stato un ragazzo curioso, e neanche in quel momento mostrò segni di interesse troppo evidenti.
< E’ il ragazzo di Bella, adesso. Qualche volta ci invita entrambe a dare una mano per servire ai tavoli. >
Il fratello annuì pensieroso.
E così il suo ex- migliore amico stava con la migliore amica di sua sorella.
Chissà se lo avrebbe riconosciuto.
D’altronde, era cambiato parecchio in questi tre anni.
< Gli farebbe piacere rivederti. A Mike, intendo. Lavora ogni sera, se ti va di rincontrarlo. > Sussurrò delicata Alice.
Conosceva bene la storia dei due amici.
E avrebbe compreso bene Edward semmai non fosse voluto  andare.
Il fratello alzò le spalle e lei capì che il discorso sarebbe finito lì.
< Ok. Allora io vado al mio piano. A domani. > E con un movimento svelto si ritrovò già fuori la porta.

Non si sa mai il perché un sogno finisca.
Né come quella magia, quel clima annebbiato ed irreale, ad un tratto possa venire spezzato. Come se non fosse mai esistito.
Edward, superstite ad un ennesimo vivido incubo, si trovava ansante e sudato seduto sul suo letto, a rimuginare sulla sostanza dei sogni.
In molte avrebbero trovato questa scena erotica, o eccitante, benché non ci fosse niente di erotico o eccitante. Bastava solo la sua presenza a renderla tale.
Ed era anche abbastanza.
Stanco psicologicamente, il ragazzo decise di entrare nella sua doccia e, dopo aver capito che l’acqua era finita, nudo e nervoso, optò di andare nel bagno della sorella, visto e considerato che Emmett aveva chiuso la sua stanza.
Per fortuna Alice non c’era, era uscita con i genitori a fare la spesa, o almeno così aveva scritto sopra un biglietto attaccato alla doccia, in prossimità dello shampoo.
Staccando il post-it dal ripiano, Edward entrò nel vano e, aprendo l’acqua fredda, senza nemmeno essersi abituato al clima, si godette la sua tanto agognata pace.

Non sapeva quanto fosse passato.
Forse qualche ora.
Fatto sta che, dopo aver pulito via dal suo bellissimo corpo le ultime tracce di nervosismo, uscì dalla doccia gocciolante, alla ricerca di un accappatoio quanto meno decente.
Non trovandolo da nessuna parte preferì legarsi un asciugamano non troppo piccolo alla vita e prenderne un altro per asciugarsi i capelli.
Un borbottio indistinto, qualche nota più alta del normale, lo ridestò dalla sua inerzia mattutina.
Interessato, come ogni uomo che si rispetti, aprì la porta del bagno e fu lì che la vide per la prima, o almeno non tecnicamente, volta.
Una ragazza castana era appena entrata dalla porta di Alice e urlava qualcosa di incomprensibile.
Non si era ancora accorta di Edward e questo stranamente non gli diede fastidio, anzi.
I capelli, come aveva notato, erano scuri, dai riflessi leggermente rossi. Li portava scomposti sulla schiena tenuti in alto da un paio di occhiali, i quali, nonostante a Forks non fosse presente il sole, le stavano d’incanto.
Tra le mani aveva un telefonino fucsia e, con non poca rabbia, tentava in tutti i modi di farlo funzionare, pigiando la punta delle dita qua e la.
< Maledetto coso touch. > Borbottò tra sé e sé girandosi di spalle.
< Alice Cullen mi spieghi dove cazzo sei finita?! >
Edward trattenne un sorriso dimenticandosi del suo nascondiglio per un momento.
Il suo sguardo era stato catturato dalla figura sottile e sensuale della ragazza. I pantaloni neri le ricoprivano il fondoschiena in modo perfetto, o forse, era lo stesso fondoschiena ad essere perfetto. Più il ragazzo ci pensava, più non riusciva a capirlo.
Da sempre era stato un amante del lato B e quello che aveva davanti a sé era uno dei più belli che avesse mai visto.
Se la ragazza non si fosse girata, avrebbe giurato di essersi invaghito all’istante.
Ma non appena si voltò verso di lui, il suo sedere passò in secondo ordine.
La prima cosa ad attirarlo, dovette ammetterlo, furono le sue labbra.
Invitanti e carnose labbra rosse. Ed ora, mutate in una ‘O’ silenziosa, sembravano quasi sussurrare ‘Edward’.
In una posizione leggermente inferiore i suoi occhi a mandorla.
Parevano fatti della sostanza delle barrette Kinder. Cioccolato puro e finissimo al latte.
Il naso invece.. adorabile. Ecco l’unica parola che gli veniva in mente.
Leggermente all’insù e dall’aspetto così delicato che sembrava quasi appartenere ad una bambola di porcellana.
< O mio dio. Scusa. Scusa, scusa, scusa!! Non pensavo che tu fossi qui. O.. forse devo darti del lei!? > Edward ci provò. Eccome se ci provò.
Iniziò a pensare alla voce femminile e scampanellante della ragazza, ma fu tutto inutile.
Le scoppiò a ridere in faccia.
< No ti prego. Diamoci del tu. > Disse, ancora scosso per l’eco risuonato dopo la sua risata.
La ragazza sorrise riconoscente e solo allora si accorse dello stato del ragazzo.
Piccole gocce d’acqua scendevano pigre dalle spalle,percorrevano lente il suo petto non troppo muscoloso scivolando come olio, inoltrandosi poi nella ‘V’ disegnata poco sopra l’asciugamano.
E all’improvviso lei, che mai nella sua vita era stata una persona indiscreta, desiderò conoscere la meta in cui si erano andate a posare.
Rialzò lo sguardo rossa dall’imbarazzo e cercò di non balbettare mentre, finalmente, si presentava.
< Piacere. Sono Isabella Swan, ma puoi chiamarmi Bella. >
Edward non fece una piega.
Aveva capito da subito chi fosse. Capelli scuri, carnagione alabastrina.
< Piacere > Le porse una mano, dopo essersela asciugata sull’asciugamano ancora asciutto che avrebbe dovuto usare per i capelli. < Edward. Edward Cullen.>
A differenza del ragazzo Bella sgranò gli occhi dilatando così tanto le pupille che Edward quasi si meravigliò di non trovarsi in un cartone animato.
< Oh beh. Oddio! Che figura! Io non credevo che tu fossi già arrivato! Cioè.. Alice mi aveva avvisato del tuo ritorno ma io.. >
Era adorabile. Tutto di lei era stranamente adorabile.
Il modo in cui spostava il peso dalla gamba destra alla sinistra.
Oppure come gesticolava con le mani, enfatizzando i suoi concetti che, nonostante l’applicazione, divenivano ancora più intricati.
< Non preoccuparti. Neanche io sapevo della tua visita. >
Bella sorrise, grata a quello sconosciuto ragazzo che l’aveva appena salvata da un esaurimento nervoso.
< Oh beh. Fino a qualche ora fa neanche io l’avrei programmata. >
Edward non era mai stata un ragazzo curioso, eppure quella volta non sembrò così.
Passarono pochi minuti, ma bastò quel tempo per studiarsi reciprocamente.
Bella sembrò sorpresa di rivedere dopo tanto tempo il ragazzo. O per meglio dire, l’uomo.
L’aveva lasciato adolescente e lo ritrovava con la barba!
Pensiero idiota, certo, ma per Isabella un uomo senza un accenno di barba non si poteva considerare tale.
< Bene. Mi ha fatto piacere rivederti.> Iniziò teso. < Ma è meglio se io vada adesso. Con permesso. >
Bella sorrise imbarazzata e si scostò dalla porta portando le braccia dietro la schiena.

Giunto fuori la porta di Alice, Edward prese un sonoro respiro e si diresse con una apparente tranquillità in camera.
Poco prima di aprire la porta Emmett schiuse la sua.
< Hei fratello! > Il bruno gli fece solo un cenno del capo, forse troppo assonnato per rispondergli lucidamente.
< Non è che hai preparato una bella colazione?>
Edward gli lanciò un’occhiata più eloquente di mille parole e, non sapeva nemmeno lui con quale spirito, decise di ribattere. < Beh. L’unica cosa ‘bella’ qui dentro, sta sopra. >
Ci vollero due minuti buoni ad Emmett per capire la battuta, per di più pessima, del fratello.
Al termine del tempo, esplose in una fragorosa risata ed uscì dalla sua camera. In boxer.
Camminò velocemente fino alle scale del piano di Alice e si appostò sotto.
< Hei Newton! >
Probabilmente lo avrebbero sentito anche i vicini se non fossero stati praticamente sordi.
La ragazza corse veloce fino a catapultarsi sull’orso che ridendo fragorosamente l’abbracciava stretta.
Edward nel frattempo guardava la scena con un sopracciglio alzato.
< Stupido di un Cullen! > Gridò felice Bella mentre si staccava dal suo abbraccio stampandogli un bacio sulla guancia.
< Non ti fai mai sentire! Devo sapere tutto da Alice, ti rendi conto?! > Gracchiò fintamente offesa mentre Emmett le dava un tenero schiaffetto sul naso.
< Hai ragione scimmietta, ma sono stato così occupato.. >
Bastò uno sguardo per scoppiare in un’altra fragorosa risata.
Ma che avevano tanto da ridere? si domandò Edward, mentre con la mano stringeva ancora la maniglia della porta.
< Certo immagino.. con la tua splendida Rosalie. > Emmett sorrise.
Era quello lo sguardo degli innamorati?! Era la prima volta che Edward se lo chiedeva.
Se si, non lo avrebbe mai voluto avere. Mai. Per nessun motivo.
Occhi luccicanti, sorriso da idiota. Un leggero brivido gli percorse la schiena, facendogli improvvisamente ricordare di essere ancora mezzo nudo.
< Oh Bella. Devi conoscerla! > Continuò il ragazzo emozionato.
La ragazza annuì sinceramente felice e, dopo un altro urletto, abbracciò nuovamente Emmett.
Fu allora che, dopo l’ennesima giravolta, il ragazzo intravide Edward ancora appoggiato allo stipite.
< Hei fratellino. L’hai conosciuta questa meraviglia?! >
Bella si voltò verso di lui ed arrossì imbarazzata.
< Si certo. A dopo. Isabella, Emmett. > Li salutò con un cenno del capo e rientrò in camera.

***

 

< Tesoro mi passi la birra? >
Edward non si voltò nemmeno. Sapeva che non era lui il tesoro della frase.
Mai nessuno l’aveva o l’avrebbe chiamato così. Ne era certo.
E, a differenza di altri, non era scalfito affatto da questa alquanto tetra prospettiva.
Bella invece, era molto più degna di lui per essere chiamata tesoro.
Ma naturalmente era solo una sua supposizione.
La ragazza, seduta sopra una sdraio identica alla sua, porse la Heineken ad Alice con aria leggermente disgustata.
Non aveva mai tollerato la birra. Le dava un forte senso di vuoto e di nausea, e la costringeva ad ore ed ore di voltastomaco distesa sul suo letto.
< Beh dicevi? >
Edward stava ascoltando di sfuggita il discorso delle ragazze.
Era uscito fuori in terrazza per godersi i pochi raggi di sole presenti,ed aveva trovato loro che, per non lasciarlo solo, si erano avvicinate.
< Mike. Quel testa di cazzo di Mike. > Iniziò infuriata Bella impugnando stretta il bracciolo della sdraio, tanto che le nocche persero colore.
Alice girò leggermente la testa, assumendo la stessa espressione di un cucciolo di cane inetto.
< Bella quando ti deciderai a.. > Borbottò nervosa.
Alice sospirò rassegnata e le fece segno di proseguire.
< Ero al pub, come al solito, e stavo pulendo lo scaffale dei drink.. >
Edward non poté far altro che tendere leggermente l’orecchio, tentando di capire dove volesse andare a parare quella strana ragazza.
Non era curiosità. Si giustificò. E anche se lo fosse stata, sarebbe svanita in poco tempo, così com’era arrivata. E soprattutto senza lasciare tracce.
Tranquillizzato dalla sua interpretazione continuò ad origliare indisturbato.
< E quello stronzo, viscido e deficiente del mio ragazzo ha toccato il culo a Jessica! Cioè! Davanti a me!! Ti rendi conto!? >
Edward sgranò gli occhi e sperò con tutto il cuore che non stesse parlando della stessa Jessica Stanley con il quale, anni prima, aveva perso la verginità.
Bel corpo, non c’è che dire, ma cavolo.. se anche non l’avesse ricordata avrebbe trovato discutibile il fatto che Bella fosse meno .. sexy.
Alice ebbe la reazione opposta. Inarcò un sopracciglio, dopo un attimo di sconcerto e la guardò schifata. < Scusa. Non credo di aver sentito bene. Jessica? La Stanley?! E davanti a te!??! >
Bella sospirò e si mosse irrequieta sulla sedia.
< Se non mi fossi girata un attimo per dare uno sguardo al mio ragazzo, probabilmente sarei rimasta all’oscuro per sempre! > Sbraitò incazzata come poche altre volte.
Alice le poggiò una mano sulla testa, accarezzando dolcemente i capelli.
Sapeva quanto la calmasse in momenti simili.
< Beh Bella. Non vorrei giustificare il tuo ragazzo o cose simili. > Iniziò mettendo su una faccia palesemente disgustata. < Ma sei sicura? Cioè. Non è che è stato uno sfioramento involontario. >
Fu il turno della castana di inarcare un sopracciglio. < Certo Alice. Sai in quasi diciotto anni di vita non ho ancora chiaro il senso di toccare il sedere. Grazie per avermi illuminato. >
Edward rilassò le spalle.
< Scusa Bells.. solo.. mi sembra così strano! Andiamo lui sta con te! E poi Jessica.. beh. E’ una troia! E tu, mia cara amica, hai un sedere cento volte migliore, fidati. >
Bella mise su il broncio e si accoccolò sulla sdraio.
< Non dire stronzate Alice. Jessica è molto meglio per Mike. > Sussurrò sconfortata.
< Oh certo. Per Mike sarebbe meglio anche una scrofa. Anzi. Andrebbe di lusso con una scrofa! Sei tu che, forse per un’opera di carità, te lo sei preso. >
Edward distese una parte delle labbra in un provocatorio sorriso sexy, a quelle parole.
< Ma almeno l’hai picchiato!? >
< Se l’ho picchiato!? Credo che lui abbia ancora il livido del mio calcio nelle palle. Quello schifoso .> Edward ed Alice scoppiarono contemporaneamente a ridere a quelle parole.
< In ogni caso Bella, fidati se ti dico che sei di un altro genere. >
Bella le rivolse uno sguardo scettico ed Alice sbuffò. < Edward! >
Il ragazzo sobbalzò. < Tu che conosci bene la Stanley.. >
< Conosci la Stanley? > Domandò di conseguenza Bella.
< Si. Ci ha perso la verginità con lei. >
Bella diventò inspiegabilmente rossa e in tal modo riuscì a salvare Edward da una strana imbarazzante situazione.
< Comunque. > Riprese Alice. < Devi essere sincero, ho bisogno di un parere di un uomo:secondo te, il sedere di Bella è meglio di quello della Stanley? >
Edward arrossì leggermente, cosa che, per fortuna, si vide poco sotto la sua leggera barba.
Avrebbe risposto ad occhi chiusi.
Avrebbe risposto senza neanche aver sentito il secondo nome.
Senza neanche esser costretto a rispondere.
< Oh andiamo! Non può giudicare! Il mio non l’ha visto come lo ha visto Mike e quello di Jessica l’avrà probabilmente dimenticato! >  Bella si agitò sul posto e, riportandosi i capelli sfuggiti dalla coda alta dietro l’orecchio, si rimise seduta.
Edward si limitò ad alzare le spalle ed Alice sbuffò contrariata e si alzò per portare le bottiglie di birra scolate da lei e dal fratello in cucina.
Il silenzio tra Edward e Bella non era imbarazzante. E se ne accorse perfino lei che, stando stesa nella sua identica posizione, riusciva perfino a percepirne il respiro.
< Quindi conosci la Stanley.. >
Edward sorrise sghembo lasciando intravedere i suoi denti bianchissimi.
< Diciamo di si.. > Sussurrò girando la testa verso la ragazza che lo guardava incantata.
< Wow. La dovevi amare proprio tanto per aver perso la tua verginità con lei. >
La guardò per un istante. La piccola rughetta tra le sopracciglia, quel tenerissimo broncio di disappunto. Perfetta.
< Oh ehm. Diciamo che.. No. Non l’amavo. Per niente. Ma sai come siamo noi ragazzi.. >
Si sentiva in soggezione.
Oddio, dire ‘in soggezione’ forse era un po' troppo.
Bella sorrise furba. < Certo. Scusa. Per un attimo ho dimenticato che tu fossi un ragazzo. > E concluse il tutto con una linguaccia divertita.
Il ragazzo ridacchiò punto nel vivo e scosse leggermente la testa.
< Anche Mike è un ragazzo però.. > Cercò di rendere la domanda più scherzosa possibile e, per sua fortuna, Bella sghignazzò annuendo.
< Lui è il più.. ‘ ragazzo ’ tra i ragazzi. Sicuramente! >
E giù con altre risate.
< Mike mi ha detto che vi conoscevate. Che .. beh, eravate amici, un tempo. >
Edward non levò il sorriso dalle labbra, ma la sua espressione si fece piuttosto vacua.
Ricordava perfettamente l’ultima volta che aveva visto il suo migliore amico.
< Un tempo > Mormorò tra sé e sé mentre Bella involontariamente gli si fece più vicino.
< Che è successo? >
Non voleva essere invadente. Non avrebbe mai domandato una cosa simile ad un altro estraneo. Eppure il non conoscere la verità era un tarlo che non riusciva a levarsi.
Edward la guardò per una frazione di secondo. < Beh. Diciamo che.. ha preferito altre compagnie.>
Bella inarcò un sopracciglio.
< Ma lui non te le ha raccontate queste cose, vero? > Era retorica come domanda. Lo sentiva bene.
Eppure non riusciva a dargli torto.
Scosse il capo con leggerezza, il che rese molto più pesante il suo gesto. Ed Edward capì tutto.
< Bella. Se lui non vuole dire delle cose del suo passato, ok. Non sarò certo io a spifferare i suoi segreti al vento. > Era stato stranamente dolce con lei. Tanto che  Bella non poté evitare di arrossire, facendolo sghignazzare divertito.
< Io non sono il vento > Sputò offesa, provocandogli un altro singhiozzo di risate.
< Oh no, certo. Non lo sei affatto. >
Si sorrisero prima che Alice tornò a riprendersi l’amica.
< Beh e tu che fai Edward, vieni con noi? >
Bella si sorprese. Di solito Alice era estroversa ed esuberante anche con gli estranei e, se ci fosse stato Emmett davanti a lei, ora sarebbe stato catapultato in camera sua a prepararsi.
Edward invece la guardò per nulla meravigliato leggendo nei suoi occhi una piccola speranza, unita al desiderio di tornare nel pub che aveva tanto frequentato anni prima, annuì senza far trasparire troppe emozioni.
Alice invece evitò a stento di fare il suo solito gridolino di gioia e con un sorriso rientrò in casa.


---

Ok. Lo ammetto.
Sono un po’ nel panico! E’ la prima volta che pubblico una mia storia, e sinceramente non so neanche perché proprio stasera mi è venuta quest’ispirazione..

.. sarà la fine di questi giorni di ‘vacanza’..
In ogni caso: Sono una ragazza 17ennee questa è la mia prima storia.
Adoro scrivere, ma adoro ancor di più leggere, ed eccomi perciò tra i mille fan di Efp. =)

Apatia è nata all’improvviso. Qualche giorno fa.
Non so dirvi il perché. So solo che un giorno mi sono svegliata, ho aperto Word, e dopo qualche ora scrivevo la parola fine al secondo capitolo.
So che probabilmente pubblicarla è stata una pessima idea, ma sono sempre stata incline alle figuracce, per cui .. =P

Beh. Quasi certamente vi sto annoiando ancora di più con tutte queste chiacchiere, per cui la finisco qui =)
Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto e sarei felice, ma che dico, felicissima, se qualche angelo lasciasse una piccola recensione =P
Non avete idea di quanto mi farebbe piacere. (Naturalmente, se non lo fate avete la mia completa comprensione =P )

Grazie per la pazienza.
A presto.


La vostra Alinah.

  
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