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Autore: FrogWriter    03/11/2010    1 recensioni
Elena, ballerina di hip hop, è alle prese con l'annuale saggio di danza. Tra un passo e l'altro dovrà affrontare nervosismo, cali di concentrazione e l'affiorare di ricordi sempre dolorosi.
Fanfiction partecipante all'iniziativa "2010: A Year Together" indetta da Collection of Starlight.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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225. Saggio di danza


“Dannazione” sbraitò Elena tirando furiosamente il cappello contro lo specchio dello spogliatoio del teatro.

“Ele, prova a calmarti, non è successo niente” azzardò Claudia, la veterana del gruppo, nel tentativo di tranquillizzarla.

Elena si guardò allo specchio, osservando le gocce di sudore che scendevano giù per la fronte, i capelli scombinati e lo sguardo cerchiato da evidenti occhiaie, testimonianza della sua stanchezza. Poi crollò come un sasso sullo sgabello vicino, accovacciando la testa sulle gambe. Claudia si sedette accanto a lei e cominciò ad accarezzarle e sistemarle i capelli arruffati. La sentiva singhiozzare sommessamente, mentre il suo corpo tremava. Pensò che doveva sentirsi a pezzi.

“Perché non vai a casa a riposarti? Lo capiranno.” le disse dolcemente l'amica.

“Domani c'è il saggio e io non ricordo la coreografia. Non posso tornare a casa” rispose Elena, trattenendo i singhiozzi, sforzandosi di spezzarli sul nascere.

“Così non fai che peggiorare la situazione. Dai, sono mesi che provi, non è possibile che...”.

“Non la ricordo, non ricordo più niente, niente!” urlò Elena, alzandosi di colpo e facendo sobbalzare Claudia. Il suo viso ora era rosso per lo sforzo, gli occhi gonfi. Si appoggiò al marmo freddo del ripiano dello spogliatoio, tenendo la testa bassa. Claudia la osservava incerta.

“Tesoro, tu ora torni a casa. E non è un consiglio, è un ordine” sentenziò Claudia con quel solito tono che, Elena lo sapeva bene, non lasciava spazio a repliche di alcun tipo. “Avverto io le altre, non ti preoccupare”.

Elena, consapevole di non aver ormai altra scelta, raccolse velocemente le sue cose buttate alla rinfusa qua e là nella confusione lasciata da lei e le altre nello spogliatoio e, buttato il borsone in spalla, uscì velocemente dalla porta sul retro.

 

Aprendo gli occhi la mattina dopo Elena ebbe una strana sensazione. Non di calore o di freddo, né di disagio o desiderio di qualcosa. Una sensazione strana, simile all'apatia, vicina alla tristezza. Aprì gli occhi ma rimase distesa nel letto a fissare il cartellone blu elettrico con la scritta rossa. Lesse la scritta ad occhi socchiusi, quasi recitandola -d'altronde la sapeva a memoria, quante volte si era rilassata leggendola appena sveglia- con la speranza che potesse cambiare le cose. “Un attimo è per sempre. Sta a te renderlo il migliore possibile”. Avrebbe voluto che quella frase bastasse a cambiare tutto. Ma non era così. Come diceva la frase, stava a lei migliorare tutto. Si alzò dal letto avvertendo una sensazione di freddo, sebbene ci fossero almeno 30 gradi in quella calda giornata di giugno. Prima ancora di andare in bagno per lavarsi, si mise davanti lo specchio e cominciò a ballare.

 

Arrivò al teatro per prima, quando era ancora chiuso. Nell'attesa sorseggiava un caffè bollente che le bruciava la lingua. Quella sensazione vicina al dolore però quasi le piaceva; se non altro la faceva distrarre, per qualche minuto, dalla sua ossessione. Dovette aspettare circa un quarto d'ora prima che la sua istruttrice arrivasse e la lasciasse entrare. Non la guardava in faccia, ma quando una o due volte riuscì a incrociare il suo sguardo, Elena non riuscì a decifrare se si trattasse di uno sguardo di compassione o rabbia. Nel giro di mezz'ora più o meno tutti erano arrivati e anche il momento delle ultime prove prima del saggio era arrivato. Elena chiacchierava allegramente con le sue compagne di esibizione, per scaricare la tensione. Un brivido le percorse la schiena quando l'istruttrice avvisò le ragazze che era arrivato il turno della loro prova, ma Elena lo ricacciò dentro e, facendosi forza, salì sul palco e prese la sua posizione. Si era appena sistemata per l'inizio, quando l'istruttrice le disse di scendere dal palco.

“Credo che sia meglio che non provi ora, Elena”.

Elena sbarrò gli occhi. “Ho... ho bisogno di provare” balbettò.

“Non preoccuparti, la coreografia la sai, ma è meglio che non ti carichi di preoccupazioni prima dell'esibizione” le disse l'istruttrice, accompagnando le parole con un sorriso.

Elena la osservò, poi si guardò attorno. Le ragazze, le sue amiche, la osservavano, alcune le facevano segno di stare rilassata, altre le rivolgevano sguardi pieni di comprensione. Le fissò per qualche attimo, poi a testa bassa scese dal palco e si rintanò nello spogliatoio. Si piazzò, come il giorno prima, di fronte al grande specchio. Cominciò a massaggiare le tempie, nella speranza di calmare il battito improvviso che cominciava a provocarle un leggero mal di testa. Tirò fuori la bottiglia d'acqua che teneva nel borsone, ma anziché sorseggiarne un po', la usò per rinfrescarsi il viso. Si passò lentamente la mano piena d'acqua sulla faccia prima, sul collo dopo. Continuava a guardarsi allo specchio e si bloccò quando la sua mano su poggiò sul tatuaggio. Girò leggermente la testa fin quando intravide le punte dei petali della margherita. Rigirò velocemente la testa e si lasciò cadere stremata sullo sgabello. Restò con lo sguardo perso nel vuoto, a riflettere, mentre sentiva la musica provenire dal palcoscenico. Ripensò ai mesi passati, a tutto ciò che era successo. L'università cominciata con tanta passione e abbandonata dopo poco tempo, la voglia di ballare che era andata scemando -cosa che lei, con l'hip hop che le scorreva nelle vene, non riusciva proprio a tollerare-... poi era arrivato lui, che era sembrato il raggio di sole in quel periodo che cominciava a perdere la sua luce. Inconsapevole che quella luce tanto accecante sarebbe presto sparita per lasciare il posto a un buio asfissiante. E tutto mandato a rotoli, proprio per lui... o forse perché semplicemente le cose dovevano andare così e in realtà Elena cercava un capro espiatorio per sentirsi meno in colpa. E quel tatuaggio che le ricordava tutto e le parole di sua madre che le chiedevano, poco prima di andare a disegnarsi la pelle, se ne fosse realmente convinta perché “un ricordo non si cancella, soprattutto quando ce l'hai impresso, ben visibile, sulla pelle, per sempre”. Si malediceva Elena per tutto ciò, ma ormai le cose erano andate così, lei stessa aveva fatto in modo che andassero così. Pensò che avrebbe dovuto modificare quella dannata frase sul cartellone del soffitto. Pensò che sarebbe stato più corretto leggere “Un attimo è per sempre e, che ti piaccia o no, sei tu a decidere quel per sempre”. Già, era proprio così in effetti. Stava a lei decidere. Come aveva deciso in passato, le toccava decidere anche ora, che le piacesse o no.

Stava ancora seguendo il flusso dei suoi pensieri quando le ragazze, finita la prova, cominciarono a riversarsi nello spogliatoio, chiacchierando e ridendo. Quando la videro si zittirono un attimo, ma Elena abbozzò un sorriso e cominciò a truccarsi, lasciando stupite le altre.

Elena salì sul palco non sicura, per niente convinta, in preda ai crampi allo stomaco, ma con un enorme sorriso stampato in faccia. Sapeva che avrebbe sbagliato qualcosa, ma confidava sul distrarre la gente con la risata. Come diceva sempre la sua istruttrice, “se dimenticate qualcosa sorridete e nessuno se ne accorgerà!”. Sbagliò parecchie cose e dovette sforzarsi per far sì che le lacrime non uscissero. Doveva sorridere e sorrise.

Salvo poi tornare a casa tra le lacrime, pensando di aver fatto una terribile figura. Non sarebbero bastate tutte le rassicurazioni delle sue compagne e anche della sua istruttrice a toglierle di dosso quella sensazione di fallimento. I pianti durarono, a fasi alterne, per qualche giorno. Da qualche parte, tuttavia, doveva ricominciare. Anche se lei aveva scelto il modo più doloroso, lo sapeva. Perfezionista com'era, anche un solo piede messo male durante l'esibizione lo avrebbe ricordato per chissà quanto tempo. Non se ne sarebbe andato così facilmente il ricordo di quella disfatta. Le era servito, però, per cominciare ad affrontare la vita che stava accantonando. Passato qualche giorno decise di aggiungere la frase pensata mentre era nello spogliatoio a quella già presente nel cartellone.

“Un attimo è per sempre. Sta a te renderlo il migliore possibile. Un attimo è per sempre e, che ti piaccia o no, sei tu a decidere quel per sempre” leggeva ogni mattina appena sveglia. Quella frase da sola non sarebbe bastata per reagire, ma era pur sempre un inizio. Proprio come quel saggio di danza.
 

***

Salve a tutti!! Rieccomi qui, con una nuova storia. La protagonista è la stessa dell'ultima storia che ho postato, Elena, la ragazza con la margherita tatuata sul collo. Mi sto affezionando a questo personaggio e, chi lo sa, magari se la mia testa me lo permetterà scriverò su di lei un'intera storia completa. Intanto mi diletto a "costruirla". Spero sia di vostro gradimento :)
Anche questa è una Fanfiction partecipante all'iniziativa2010: a year togheter , indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight } Kià

   
 
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