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Autore: Lord Revan    03/11/2010    2 recensioni
Questa storia racconta gli "effetti collaterali" delle rigide regole morali che comportano la crociata del Cavaliere Oscuro.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Batman, ti odio! Le strade di Gotham City si erano macchiate nuovamente di sangue. Joker era scappato, e si era lasciato dietro la solita scia di cadaveri. Questo comportava, per Batman, un'intensa nottata di lavoro. Per Carson Oliver, proprietario di una piccola drogheria invece, ciò comportava l'occasione di pareggiare i conti.

Erano passati due anni dalla maledetta serata in cui sua moglie Emily venne uccisa. Quando il pazzo irruppe in casa loro, lei era in cucina. Lui sentì il rumore della porta che sbatteva, poi le parole: "Ma che bel fiorellino! Vediamo cosa succede se ti strappo un petalo!". Carson scattò in piedi e corse da Emily, ma era troppo tardi: il clown le aveva già sparato in testa.

"Ops... forse ho tirato un po' troppo forte! Ahahahahah!" disse, prima di uscire da dove era entrato. Batman entrò un secondo più tardi dalla stessa porta, per fermarsi a guardare il cadavere di Emily. Chiamò i soccorsi, ma sapeva che era troppo tardi.

"Batman..." - gli disse il vedovo, in lacrime - "perchè non la fai finita? Perchè non uccidi quel figlio di puttana? Quanto altro dolore dovrà causare prima che tu lo fermi per sempre?". Ma l'uomo pipistrello non rispose. Se ne andò da dove era venuto, proprio come la sua nemesi.

Due freaks entrarono nella vita di Carson Oliver quella sera. Ci restarono pochi secondi, ma questo bastò a cambiarla per sempre. Per un anno intero il droghiere si chiuse nel proprio dolore e sprofondò in depressione. Poi, incalzato dalle sempre più frequenti notizie che parlavano di evasioni di Joker o di Due Facce o dello Spaventapasseri da Arkham, incanalò tutto il suo dolore nell'odio. Odio per Joker, ma odio anche per Batman.

Più ci pensava, meno riusciva a capire perchè il Cavaliere Oscuro continuasse a lasciare in vita certi personaggi. Più ci pensava, più si convinceva del fatto che, in fondo, l'uomo pipistrello si divertiva a giocare a guardie e ladri con loro. Con la loro morte, tutto sarebbe finito. E la vita di Batman sarebbe tornata ad essere l'inferno di noia e routine che doveva essere prima di vestire quella maledetta calzamaglia e mettersi a svolazzare per i tetti.

Ma a Carson mancava il suo inferno di noia e routine. Aveva conosciuto il vero inferno, fatto di perdita, dolore, senso di impotenza. Cosa ne poteva sapere un uomo come il Crociato Incappucciato, che aveva evidentemente il controllo totale della propria vita, cosa ne poteva sapere lui di perdita e dolore?

Per un intero anno il droghiere rimuginò questi pensieri, accrescendo sempre di più il proprio odio e covando la vendetta. Quella sera, finalmente, si decise. Da un anno, da quando aveva capito il gioco delle maschere e dei mostri di Gotham, aveva una pistola. Una 9 mm, di quelle usate anche al Dipartimento, o almeno così gli era stato detto.

La tv disse che Joker era fuggito da Arkham, fatto strage di inservienti e che si era diretto verso Robinson Park. Carson viveva a soli due isolati dal posto, così andò. Robinson Park era enorme. Era il ritrovo preferito di Poison Ivy, ma stasera non correva il rischio di incontrarla. Era ben rinchiusa: "Al contrario di qualcun altro, che dovrebbe invece essere ben rinchiuso in una bara sei piedi sottoterra." pensò.

La ricerca fu infruttuosa. Joker non si vide. Era passata ormai un'ora da quando il droghiere entrò, armato, nel parco. Deluso, desistette. Fece per dirigersi verso l'uscita e tornare a casa, al suo inferno di perdita, dolore e senso di impotenza. Una risata glielo impedì.

Si nascose fra i cespugli e vide il pagliaccio passargli davanti, a meno di due metri, e superarlo. Carson non si fece scappare l'occasione: uscì dal cespuglio e puntò la pistola alla nuca del folle che, sentendo i rumori provocati dall'uscita dell'uomo dai cespugli, si fermò. Non voleva perdere tempo in convenevoli, così premette subito il grilletto. O almeno, questo era quello che avrebbe fatto se non fosse stato colpito violentemente al volto e non avesse perso i sensi.

Quando si svegliò, era a casa. La testa faceva male, la mascella di più. Sul tavolo, la sua pistola. Smontata, i colpi spariti. E un biglietto: "Mai più.", l'immagine di un pipistrello era stampata sul retro. Mentre realizzava ciò che era successo, accese la tv: i telegiornali parlavano solo del ritorno di Joker ad Arkham, scortato da Batman.

Prese il biglietto, lo accartocciò e lo buttò. Il suo odio non era mai stato così pressante, così potente. La sola idea che il paladino di Gotham, il Cavaliere che avrebbe dovuto tenere al sicuro i cittadini, lo avesse malmenato per proteggere uno psicopatico pluriomicida gli divorava l'anima. Il pensiero del Crociato, che preservava l'equilibrio fra buoni e cattivi nella sua vita perfetta fatta di guardie e ladri, lo nauseava.

Pensò: "Forse l'ha fatto perchè ha pensato che, se io avessi ucciso il pagliaccio, avrei perso la mia anima. Maledetto bastardo! Come fa a non capire che, da quella dannata notte, l'anima è proprio la parte di me che brucia di più? Perchè non me l'ha fatto uccidere? Perchè non ha ucciso me!?"
  
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