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Autore: novemberRose_    03/11/2010    0 recensioni
La prima volta che conosci una persona di solito ti chiedi chi sia, da dove venga, qual è il suo nome.. ma se la prima volta che conosci davvero una persona accade in una notte di fine luglio in cui la luna irradia soltanto ciò che tu stesso vuoi vedere allora è inutile cercare di comprendere chi hai davanti; soprattutto se questa è la persona che amerai segretamente per il resto della tua vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era bello. Non so se soltanto ai miei occhi oppure agli occhi di tutto il mondo, ma per me era perfetto. Perfetto non nel senso stretto del termine, perfetto secondo i miei canoni. Aveva il naso un po’ schiacciato, così come il mento e quelle labbra dolci e sporgenti, spesso incurvate in un sorriso. Lui dormiva, la mia testa poggiata sul suo petto. Lui dormiva, il battito regolare del suo cuore rimbombava nel silenzio di quella stanza avvolta nella penombra. Tenevo gli occhi socchiusi, quasi come a voler dormire anch’io. Tenevo gli occhi socchiusi, senza riuscire a distogliere la mia attenzione dal suono del suo respiro. Il calore della sua pelle si confondeva con il mio, il suo odore era ormai dentro di me, in profondità. Sulle labbra avevo il suo sapore, misto a quello dell’erba e del tabacco che lui stesso aveva fumato,  e non mi dava alcun fastidio. Un orologio in lontananza ticchettava e le risate soffocate dei nostri due amici al piano di sopra mi giungevano ovattate e non erano più importanti. Le sue dita giacevano immobili tra i miei capelli ed io, come esse, stavo ferma, muovendomi soltanto di tanto in tanto; non volevo che capisse che in realtà ero sveglia. Ero un’egoista probabilmente, ma mi piaceva osservarlo senza che lui se ne accorgesse. Tra le sue braccia mi sentivo protetta ed era una sensazione che non provavo ormai da troppo tempo. Era come se quello fosse il mio piccolo e personale angolo di paradiso e l’unica cosa che speravo era di poterci rimanere ancora a lungo.

Avevamo passato l’intera notte a parlare, a raccontarci pezzi della nostra vita e, anche se non era stato possibile conoscerci come avrei voluto, mi ero resa conto che era lui quello con cui avrei voluto passare il resto delle nostre ore insieme. Nessuno mi aveva mai fatta sentire come mi faceva sentire lui, nessuno mi aveva mai guardata come mi guardava lui.. era strano, in fondo non era molto di più di uno sconosciuto incontrato per caso qualche settimana prima, ma era perfetto. Perfetto per me? Non lo so. Sicuramente perfetto per le storie che avrei scritto dopo quella notte, perfetto per le mie stupide fantasie da quindicenne delle quali non potevo fare a meno. Non so cosa mi aspettava, non so neanche se l’avrei più rivisto dopo quella notte..l’unica certezza che avevo era la vocina che mi girava per la testa. Forse era soltanto un sogno: forse il giorno dopo mi sarei risvegliata e mi sarei trovata da sola in quel divano in pelle bianca, rannicchiata in un angolino e con il mal di testa e l’appetito di ogni mattina; forse quella notte non era altro che una proiezione della mia mente, uno scherzo che una coscienza bastarda aveva deciso di farmi. Ecco sì, forse quel profondo sconvolgimento che stavo provando non era che il desiderio di avere qualcuno da poter abbracciare nelle notti di luglio, nonostante il caldo appiccicoso ed il poco spazio, coccolati dal movimento di un vecchio ventilatore posto accanto alla televisione.

Lui si mosse. La mia mente vagava per mondi lontani, per ipotesi inconcepibili, e lui si mosse. Alzai appena la testa, in modo che le mie labbra si potessero poggiare sulla parte inferiore del suo mento e lì gli lasciai un bacio leggero, delicato. Avrei baciato la sua pelle per ore intere, mi sarei lasciata pungere da quel po’ di barba che gli colorava il volto senza indispettirmi mai. Lui era Sam, quel ragazzo che aveva silenziosamente osservato per interi minuti, quel ragazzo dal sorriso incredibile, dalle espressioni buffe, quello che faceva ridere tutti. Continuavo a ripetermi silenziosamente di non farmi troppe fantasie, continuavo a ripetermi che presto sarebbe arrivato il giorno  e con esso l’alba del nostro arrivederci. Sapevo che ci sarei rimasta fregata, sapevo che avevo sbagliato tutto, eppure non riuscivo a staccare i miei occhi da lui.

E poi, d’improvviso, fu giorno. Maledetto, luminoso, inequivocabile, fottutissimo giorno.

Sentii il suo respiro farsi irregolare, sentii le sue braccia muoversi appena ed i suoi occhi sbattere un paio di volte: si era svegliato. Sorridendo mi alzai da quel divano, senza guardarlo. Dopo la notte passata insieme non sapevo come comportarmi, avevo paura che la luce che proveniva dalla finestra aperta accanto a lui potesse aver cambiato le cose. Percorsi la stanza a grandi passi, versandomi dell’acqua: lo controllavo silenziosamente con la coda dell’occhio, sorridendo appena, le labbra nascoste da un bicchiere di vetro.

Si sedette, mi guardò, sorrise, il mondo ricominciò a girare.

-Altro che l’America!

Canticchiò senza staccarmi gli occhi di dosso, la voce assonnata, la mano sinistra poggiata sulla testa. Dio, com’era bello! Mi avvicinai, passo lento e regolare, e mi fermai davanti a lui, la mano destra poggiata sul fianco. Sorrise, forse addirittura rise, e prendendomi per il braccio mi fece abbassare, poggiando le sue labbra sulle mie. Finimmo nuovamente distesi su quel divano, abbracciati, a giocare, a baciarci, a prenderci in giro, a vivere quelle ore che ci rimanevano prima che un maledettissimo treno lo portasse via da me.

Ero felice.

  
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