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Autore: Emily Alexandre    04/11/2010    9 recensioni
Questa one-shot è nata di getto ed è una lettera d'amore. Niente di più e niente di meno. Mi sono chiesta dove andrei se avessi la possibilità di usare una Macchina del Tempo e la mia risposta è stata: Londra 1606. Un viaggio metaforico ed introspettivo al cospetto di colui che da sempre è una divinità per me. Il mio primo grande amore.
Cosa direi, cosa farei se mi trovassi davanti a William Shakespeare?
"Ormai non mi curo neanche più del cuore che insistentemente preme per schizzar via. Non mi importa. Non mi importa neanche del fatto che sto tremando come una foglia. Non c’è niente che mi interessi se non quei due occhi che si sono posati su di me. Su quella pazza immobile nel bel mezzo del teatro."
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Midautumn Night's Dream


Ha un aspetto buffo, sembra una doccia solare piena di pulsanti e molto rumorosa; non credevo potesse esistere realmente, ma evidentemente devo ricredermi.
È lì, davanti a me, la vedo. Certo, il suo funzionamento ancora non è provato quindi tutto sommato potrebbe non esistere, ma…non ho molto tempo per chiedermelo.
Tre misere ore è il tempo che mi è concesso prima che si spenga per cui devo fare in fretta.
Fosse facile poi, chissà come funzionano tutti questi bottoncini!
Io e la tecnologia non siamo mai andati d’accordo, come minimo mi ritroverò da tutt’altra parte!
Beh, forse se invece di guardarla da lontano mi avvicino lo scopro! Forse!
Cammino lentamente e il rumore diventa sempre più assordante. Sarai anche alta tecnologica, tesoro, ma potevano farti un po’ più silenziosa!
Comunque, eccomi qui. Sembra facile…
 
Inserire luogo.
Inserire data.
 
Tutto qua?
Beh, si fa per dire. Perché io non ho la più pallida idea di cosa inserire! La mia testa lavora incessantemente, facendo a pugni con il cuore, mentre l’orologio scorre inesorabile. Devo sbrigarmi, lo so.
E allora decido, senza pensarci oltre, e nel momento in cui digito quelle lettere e quei numeri mi rendo conto che era quello che avevo sempre desiderato.
L’idea dell’antica Roma è seducente, certo, ma facilmente scartabile. Più difficile scegliere di non andare in Francia, nel regno di Re Sole o, ancor meglio, nell’impero del mio Napoleone.
Sospiro, e allontano l’idea.
Mi resta l’Inghilterra, Enrico VIII con le sue mogli, Elisabetta… dolce dolcissima tentazione. Ma rinuncio anche a quella.
E compio l’unica scelta possibile. La più giusta.
Londra.
Quale anno?
1606.
Potrei anticipare, coglierei come si suol dire due piccioni con una fava.
Ma decido di non farlo.
Voglio che Lui sappia che ho scelto quel preciso anno unicamente a causa sua, senza nessuno a distrarmi, neppure la mia adorata Bess.
Percepisco il mio cuore martellare chiaramente nel mio petto, quasi voglia uscire.
Entro nella cabina, digito il codice e chiudo la porta. Il rumore è sempre più forte, sempre più acuto, metto le mani sulle orecchie per attutire.
Poi svanisce.
E io mi ritrovo in un campo di grano.
Non ho più i miei vestiti, ma un abito all’ultima moda del 1600: intelligente, quella Macchina del Tempo. Effettivamente con i jeans avrei attirato leggermentel’attenzione.
Cammino velocemente fino ad arrivare in città e d’un tratto Londra si erge maestosa davanti a me. Uno spettacolo da togliere il fiato. La Londra costruita con amore e dedizione dalla mia adorata regina Vergine, ma sul cui trono ora siede uno scozzese. Reprimo una smorfia di disgusto. Non sono qui per questo, concentrati su!
La verità è che non ho idea di dove andare, né di dove io sia. Il mio senso d’orientamento è pessimo nei tempi moderni, figuriamoci in questi…
Potrei chiedere. In fondo Lui è abbastanza famoso.
Mi avvicino a una signora e pongo la fatidica domanda; lei mi guarda un po’ perplessa, ma alla fine mi da le indicazioni che cerco. Facile!
Certo, me lo devo far ripetere un paio di volte, l’inglese che conosco io non è esattamente lo stesso, ma alla fine la ringrazio e con un sorriso enorme sulle labbra mi avvio.
Mi ha detto che è un quarto d’ora di strada. Quindici minuti. Pochi, eppure sembrano eterni.
I miei occhi cercano di assorbire quanto più possibile su quella città, vedo in lontananza il campanile dell’abbazia di Westminster, il Parlamento: non sono molto diversi da come li ricordo, ma nonostante sia terribilmente attirata dall’idea di avvicinarmi proseguo per la mia strada.
Dritta alla meta.
Ancora non ci credo. Che lo vedrò intendo.
La mia testa pensa febbrilmente a cosa dire, così da essere preparata.
Mi presenterò, ovviamente, ma forse sarebbe meglio non dire da dove vengo… nonostante la sua enorme fantasia, probabilmente chiamerebbe qualcuno per farmi rinchiudere in manicomio. Perché in quell’anno ancora esistono i manicomi. Meglio non rischiare.
Poi gli dirò ciò che penso, che è un genio, una specie di divinità, che io lo adoro al di là di ogni limite comprensibile.
Gli dirò che lui è presente in qualsiasi cosa io scriva, da sempre, e non potrebbe essere altrimenti perché le sue opere sono parte di me, del mio essere e quello è il mio piccolo modo per onorarlo, per ringraziarlo.
Gli dirò che presto mi tatuerò sulla spalla la sua iniziale… anche se non sono sicura che lui abbia la minima idea di cosa sia un tatuaggio a pensarci bene. Potrei spiegarglielo, dirgli che ho bisogno di averlo sulla mia pelle, un segno indelebile che sia sempre con me, come una protezione. Un patronus. Non che lui conosca Harry Potter e i patroni,ma potrei spiegargli anche quello.
Gli racconterò di quando il mio amore è iniziato, di quando mio zio mi regalò per gli otto anni un enorme libro per bambini con il riassunto di “Romeo e Giulietta” e de “Il mercante di Venezia”, con disegni splendidi ancora vividi nella mia memoria, un libro che conservo come il più prezioso dei cimeli perchè a lui devo tutto. Probabilmente riderebbe di me, divertito… effettivamente la cosa è ridicola, avrebbe ragione a ridere. E io lo lascerei fare, godendomi ogni istante di quel suono, come un sordo che per miracolo riacquista l’udito.
Chissà che aspetto ha. Dicono che sia brutto, ma Joseph Fiennes non lo è affatto!
In realtà capisco che non mi interessa… Lui sarà comunque bellissimo, qualunque sia il suo aspetto.
Lui èbellissimo.
È quanto di più bello abbia attraversato la terra in tutta la sua Storia.
È reale. Esiste. Gli dirò che è talmente sublime e perfetto che molti hanno sostenuto che non sia mai esistito. E gli spiegherò anche come io abbia sempre sostenuto il contrario. Perché negare che lui sia esistito è come negare che la Terra giri.
Mi rendo conto che non so dove la signora mia abbia mandato… a casa, forse. O alla locanda che è solito frequentare. O al suo studio. O…
Mi blocco. Impietrita.
Il mio cuore fa le capriole, balla la salsa, è totalmente fuori controllo.
Il Globe.
Mi manca il fiato
Io l’ho già visto, ma era tutto sbagliato, tutto diverso, a partire dal lato del Tamigi in cui si trovava.
Quello è il Globe.
Il veroGlobe.
Oddio.
"Totus mundus agit histrionem". Tutto il mondo recita.
Quanto ho desiderato di poter vedere quella scritta.
Lui è lì e non c’è un solo muscolo del mio corpo che non stia tremando.
Probabilmente tra poco collasserò.
Mi avvicino tentennante all’entrata e mi accorgo che non c’è nessuno a fermarmi. Stanno allestendo per uno spettacolo.
Cerco una locandina e alla fine la trovo: Macbeth.
Sorrido. Ho sempre amato Lady Macbeth.
Qualcuno mi guarda, ma probabilmente è solo perché sono più pallida di un fantasma e me ne sto nel bel mezzo dei lavori senza muovere un muscolo.
Sento rumore di attrezzi, voci concitate. Il teatro è in penombra, ma il mio istinto sa esattamente dove guardare.
Lo trovo.
Ormai non mi curo neanche più del cuore che insistentemente preme per schizzar via. Non mi importa.
Non mi importa neanche del fatto che sto tremando come una foglia.
Non c’è niente che mi interessi se non quei due occhi che si sono posati su di me. Su quella pazza immobile nel bel mezzo del teatro.
So che è lui. Non ho bisogno di niente che me lo confermi.
È cosparso di intonaco, ha le mani sporche e i vestiti rovinati.
È quanto di meno poetico si possa immaginare ed è tutto ciò che io abbia mai desiderato.
Il primo grande amore della mia vita. L’unico uomo che non mi tradirà mai.
Continua a fissarmi, perplesso, e io non so cosa fare.
E capisco che non pronuncerò mai il bel discorso che mi ero preparata perché non so articolare più una sola parola. A malapena mi ricordo come si fa a respirare.
Si avvicina, ha capito che sono qui per lui.
Ad ogni passo sento le mie gambe reggere sempre meno.
Posso quasi percepire il suo profumo. Sa di vernice, di inchiostro, di pagine. Sa di eternità.
Pochi passi.
È solo a pochi passi da me e se allungassi la mano potrei toccarlo.
Ma non lo faccio io, lo fa lui.
Mi tende la mano e mi guarda, e io non riesco a togliere gli occhi da quella mano grande, callosa, macchiata di nero. Quella è la mano che ha composto tutto ciò di cui io vivo da anni.
Alzo la mia mano e mi accordo che trema in maniera quasi imbarazzante. Quasi, perché io non riesco a provare altro che non sia amore.
Le punte delle mie dita sfiorano le sue e lui stringe la presa. Alzo gli occhi e vedo che sorride.
Dio, quel sorriso…
Mi perdo nella pozza nera dei suoi occhi e so, ne ho la certezza matematica, che sto per perdere i sensi.
Quando mi racconteranno che qualcuno è svenuto per le forti emozioni non lo deriderò più.
Stringo la sua mano, attaccandomi a quegli ultimi istanti in maniera spasmodica, come se da quello dipendesse la mia intera esistenza. Ed effettivamente è così, io ho bisognodi sentirlo.
Poi la mia mano non stinge che aria, ma i miei polpastrelli hanno memorizzato quel tocco per sempre.
Mi trovo sul pavimento davanti alla Macchina del Tempo e sto piangendo.
Sto piangendo come una bambina che abbia visti esauditi i suoi desideri il giorno di Natale.
E ogni lacrima è piena d’amore. Ogni singhiozzo di gioia incontenibile.
Per lui. Solo per lui.
Indelebile nel mio cuore, nella mia anima.
Per sempre.
 
 
 
 
Vorrei dire tante cose. Spiegare tante cose, ma non lo farò. Questa one-shot mi ha ossessionata tutto il tempo in piscina e non appena a casa l'ho scritta di getto. Non rende quello che realmente provo per quest'uomo...ci sono sentimenti che le parole non bastano a descrivere. E' ancora vivido il ricordo di quando mi sono ritrovata davanti al Globe...non è che una ricostruzione, ma è comunque il suo teatro. Tremavo come una foglia.
Ho provato a raccontare questo mio viaggi introspettivo.
Nel mio piccolo, nonostante sia presente in tutto ciò che scrivo, ho voluto dedicare qualcosa solo a lui. Unicamente a lui.
Per chiunque volesse seguirmi questo è il mio gruppo su facebook dove potrete iscrivervi se vi va, e troverete spoiler e notizie sulle mie storie...

 

   
 
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