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Autore: Niamey    05/11/2010    1 recensioni
Premetto che questa storia ha l'intenzione puramente di narrare fatti e divertire, qualunque riferimento preso come offesa per una o l'altra cultura e/o religione è puramente voluto dal lettore.
Io mi limito a narrare la storia di questo fante mussulmano in costante lotta, fisica contro l'invasore cristiano, e spirituale contro il suo ego.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'anno è il 1186 quella che sto per narrarvi è la storia di un giovane fante mussulmano, un proselito del grande generale Salāh al-Dīn; che compì un epico viaggio, alla ricerca di libertà e di virtù.
 
< Avanti, fissate bene quelle corde, non vorrete mica che il trabucco scagli il masso sui nostri uomini, vero? > urlò un luogotenente incitando i suoi uomini nella costruzione delle macchine d'assedio.
Le truppe del Sovrano Vittorioso erano appostate nella pianura vicino a Gerusalemme, dopo le rapide vittorie ottenute a Damasco e Aleppo, Saladino contava di annientare il regno cristiano che si era insediato nella Città Santa.
Tra i tanti uomini che correvano da una parte all'altra dell'accampamento, portando armi, legno e pece; possiamo scorgere la figura di Al-Malek, per ora nemmeno lui sa che avrà un ruolo decisivo nella guerra che sta per affrontare, e quindi più di tanto non disturbiamolo, guardiamo un po' meglio invece, la panoramica dello scontro.
Nella sala del trono di Gerusalemme i "signori della guerra" Guido di Lusignano e Rinaldo di Chatillon davano disposizioni a ogni singolo uomo che potesse brandire arma nel tentativo di resistere a quello che sembrava l'attacco più devastante che avessero mai ricevuto.
Guido di Lusignano concluse la seduta con il tipico saluto cristiano "La pace sia con voi", parecchio buffo, sopratutto per il fatto che di pace i cristiani ne avevano vista davvero poca.
Era poi uscito velocemente dalla sala per dare personalmente le direttive sulle mura, per contrastare efficientemente l'artiglieria mussulmana infatti, aveva fatto installare in ogni torre una balista e aveva munito i soldati di un secchio di pece ogni tre merli.
Rinaldo di Chatllon invece, aveva deciso di "consacrare" quella che reputava la sua ultima giornata, in compagnia di fiumi di vino e donne. Era solito, quando un ufficiale lo esortava a tornare al suo posto, rispondere: < Ma quali preparativi! La battaglia dovete farla voi straccioni, io mi godo i piaceri della vita che mi sono rimasti e poi, che vada pure al diavolo tutto questo posto! >
Ma, dopo aver dato una sbirciata al fronte cristiano forse è meglio tornare nell'accampamento del Sultano e focalizzare meglio il nostro "amico". Al-Malek è di estrazione nobile, e un tale titolo implica (come minimo) o il comando di una guarnigione di fanteria o un posto tra la cavalleria scelta di Saladino, che sia entrato nell'esercito della Jihad come semplice fante era dovuto al padre, che morendo non gli aveva né lasciato alcun titolo nobiliare, né denaro a sufficienza per comprarselo (questo era infatti stato spartito dalle mogli), l'unica eredità che aveva lasciato al figlio primogenito era una frase che, in quel contesto, assumeva un pungente senso ironico: < Se non guardi oltre alle ricchezze che hai calpestato, rimarrai povero >.
Al-Malek aveva quindi preso parte alla Jihad sia per un motivo spirituale (al quale tuttavia credeva poco) sia per una vendetta personale. Mentre entrambi gli schieramenti lavorano; nella tenda del sovrano, Saladino con il suo Stato Maggiore ha già deciso la ricostruzione e riorganizzazione della città dopo l'assedio.
< Signori > disse < Questo momento è solo transitorio, è il respiro prima del balzo, la battaglia sarà un attimo, non vale proprio la pena a pensare come combatterla, pensiamo invece cosa fare quando l'avremo vinta! >
  
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