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Autore: xlairef    05/11/2010    3 recensioni
Un momento cruciale della storia visto dal punto di vista di una Jasmine un pò confusa...“Genio, io desidero che la principessa Jasmine si innamori follemente e perdutamente di me!” Disse lo stregone fissando la ragazza incatenata a terra.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Io dico, che la principessa Jasmine è libera di sposare chiunque essa scelga!”
 
“Io scelgo…”
 
 
“Genio, io desidero che la principessa Jasmine si innamori follemente e perdutamente di me!” Disse lo stregone fissando la ragazza incatenata a terra.
 
 
La principessa in questione non seppe trattenere un gemito di disperazione: ancora non si era ripresa dallo shock in cui il rapido ed efficace colpo di stato di Jafar aveva gettato lei e suo padre, il sultano. Non che suo padre avesse bisogno di forti emozioni per restare shockato, considerando la sua tendenza a spaventarsi per ogni piccola cosa. L’improvvisa rivelazione che il principe Alì, a cui si era promessa in sposa solo qualche ora prima, altri non era che quello strambo giovanecon cui aveva girato in incognito per le strade della città nel giorno in cui era fuggita da palazzo….Oh, beh, quella non era stata una sorpresa per nessuno ( anche se lui, in tutti i modi, aveva cercato di nasconderglielo, lei, Jasmine, sapeva riconoscere chi era nato nobile, quando parlava con qualcuno). Tranne che per suo padre, ovviamente; forse anche per questo l’anziano ex-sultano aveva un’espressione sconfortata, mentre Iago, il pappagallo fin troppo parlante di Jafar, si divertiva a ingozzarlo di biscotti per animali.
Ma tornando al cupo, duro e maledettamente inaspettato presente: per quanto Aladdin fosse stato un idiota, e negarlo non avrebbe avuto senso, alla principessa gli idioti piacevano, soprattutto se di bell’aspetto e dalla battuta pronta, perciò il terzo desiderio del nuovo sultano la riempì di rabbia.
Cosa vuole ancora? E’ già sultano, non deve più trovare complicati modi per costringermi a sposarlo per ereditare il regno! Non voglio innamorarmi di lui!! Pensò digrignando i denti in modo poco principesco. Piuttosto ingoio tre quintali di biscotti per uccelli!
Intanto il genio, il grosso pallone blu, sembrava imbarazzato e cercava di comunicare qualcosa al suo signore e padrone Jafar, il quale ad ogni parola lo squadrava con aria sempre più minacciosa, dall’alto della sua indiscutibile altezza.
“Esaudisci immediatamente il mio desiderio, altrimenti io…” ringhiò all’orecchio blu lo stregone infuriato.
In quel momento un’ombra furtiva si mosse sul cornicione del palazzo, ed entrò da una piccola finestra lasciata aperta. L’occhio di Jasmine intercettò il movimento rapido e, incredula, si stava per lasciare sfuggire un sospiro di sollievo quando il dito di Aladdin la zittì da lontano, e le indicò con gli occhi la lampada, fonte dell’attuale potere dell’ex gran visir. 
La ragazza, a mente fredda, capì che bisognava agire immediatamente. Dopotutto, il genio sembrava un grosso essere simpatico, e non voleva che venisse fatto a brandelli dalle unghie affilate di Jafar.
Distrailo, distrailo, distrailo… E con un gesto calcolatamente sensuale, raccolse da terra la corona che poco prima aveva gettato, e se la infilò tra i capelli.
“Jafar…” sussurrò, cercando di ammorbidire la sua voce con tutto il miele possibile e immaginabile, e senza pensare a quello che stava per fare, in modo da evitare ogni conato di vomito.
Lo stregone e il genio si voltarono verso di lei: “Ben fatto, genio.” Jafar, palesemente soddisfatto, lasciò andare l’omone blu, il quale era palesemente sbigottito. Nel mentre, Aladdin scivolò pian pianino a terra.
Ecco, ecco, e ora cosa faccio? Perché me le vado sempre a cercare? Ed adesso che gli dico?
Mormorando sciocchezze senza senso, e tentando furiosamente di non ascoltare la propria voce assurdamente dolce, la principessa mosse i suoi passi verso l’alta figura dello stregone, immergendo con decisione i propri occhi nei suoi, dopo un’ultima sbirciata alla sagoma di Aladdin che si faceva strada tra i mucchi d’oro ammassati sul pavimento di marmo.
E, stranamente, dopo averlo fatto, si bloccò, colta da un pensiero improvviso: mai aveva visto quell’uomo, in tutti gli anni in cui aveva avuto il dispiacere della sua conoscenza, fissarla in quel modo: come se stesse già pensando a cosa farle, dopo.
Beh, che ti prende? Non fermarti, continua a parlare, vedi che gli piace! Jasmine si scosse e ignorando l’insolito nodo alla gola (e in altre parti del corpo) continuò la sua smielata litania “Tu sei…alto…” E si fermò, incerta.
Alto? ALTO??? Stai cercando di farvi ammazzare tutti, deficiente? Non ti viene in mente niente di meglio in momenti come questo? Vabbè, è andata, ma non fermarti, continua, stupida, continua, gli uomini sono tutti uguali, li aduli e diventano scemi…Non fermarti, insomma!
La principessa si costrinse a fare un altro passo…Ricordò all’improvviso quando, ancora piccola e pestifera, unica bambina del palazzo, aveva cercato di farsi insegnare da lui la magia: pensava fosse qualcosa di molto interessante, e dato che probabilmente era l’unica persona in tutta la reggia a non spaventarsi all’arrivo improvviso del gran visir, per qualche mese l’aveva seguito come un’ombra, cercando di scoprire l’ingresso segreto al laboratorio dello stregone. Naturalmente Jafar, che doveva avere una singolare avversione per i bambini, la individuava dietro le colonne, sotto ai cespugli e in ogni altro nascondiglio: all’inizio aveva cercato di indirizzarla verso le bambole della nursery con gelidi e falsi sorrisi e puntandole contro gli occhi il suo bastone a serpente (inutilmente), poi aveva iniziato a chiedere alla nutrice di badare più attentamente alla bambina, sempre più infastidito, e infine, il giorno in cui lei aveva quasi trovato il punto in cui il muro di una stanza si apriva ad una lieve pressione, l’aveva presa per la collottola, l’aveva sollevata da terra, e dall’alto della sua consistente altezza, le aveva dato la più efficace lavata di capo che mai si potesse immaginare. Dopodiché l’aveva portata da suo padre, al quale chiese, bastone sugli occhi, di non lasciare mai più la piccola principessa incustodita.
I risultati furono la reclusione della suddetta nelle stanze delle donne e l’odio che ella iniziò a provare per il gran visir; rimase anche la sensazione di impotenza, il non aver realizzato il proprio desiderio, la stessa sensazione che, a distanza di anni, Jasmine stava provando in quel preciso istante.
Impotenza? Ma se me lo sto rigirando come voglio io! O no?
“Che altro?” Le domandò lui.
“La tua…barba…mi dà…i brividi…” mormorò la ragazza, ormai faccia a faccia con il mago.
Cosa cavolo sto dicendo? E perché quello che dico sembra vero? Perchè all’improvviso ogni parola, per quanto idiota, le dava uno strano sfarfallio nello stomaco? Perché la vicinanza del corpo dello stregone, decisamente non affascinante, più vecchio di lei, chiaramente malvagio, le dava brividi caldi su per la schiena?
Non stare lì a farti domande sceme! Lo spettacolo deve continuare, ricordi?
No, non se lo ricordava, non riusciva a riportare alla mente il motivo della sceneggiata, qual’era? Poteva solo concentrarsi su cose concrete e materiali, come lo sguardo di Jafar, che, capì in un lampo di comprensione, la stava guardando come si guarda ad una donna, non ad una principessa, non ad un oggetto, non ad una dea delle favole, non ad una ragazza piovuta dal cielo, e come la sensazione di impotenza che proprio non riusciva a scrollarsi di dosso, o non voleva…
 “E il piccolo straccione?” Le domandò Jafar.
Aladdin?
“Quale piccolo straccione?”
Ma cos’è che voglio, io? Pensò disperatamente, cercando di ritrovare barlumi della perduta ragione: Aladdin doveva prendere la lampada, la lampada….Perchè?
Cosa voglio adesso? Coraggio, stupida, lo hai capito da te, e sai anche che non puoi, cioè, come puoi volere una cosa simile, dopo tutto quello che… Eppure, desiderava un modo per…
Il suono assordante, per lei, del metallo della ciotola che si schiantava a terra la colpì come una folgore. Jafar fece per voltarsi, e lei, con violenza, afferrò al volo l’occasione e il corpo dello stregone, stringendolo sul proprio per impedire ad entrambi ogni movimento e unendo strettamente la sua bocca a quella di lui, crogiolandosi nella meravigliosa sensazione di impotenza che aveva provato da piccola sotto gli occhi accesi e animati dalla rabbia di Jafar, occhi che lei, solo lei, oggi come allora, era sempre riuscita a rendere vivi.
 
Poi il momento era finito, come finiscono tutti gli istanti fuori dal tempo e dallo spazio: subdorando l’inganno riflesso nell’oro della sua corona, Jafar si girò, in tempo per vedere Aladdin che sfiorava la lampada.
Aladdin!
Aladdin mancò la lampada per un soffio. Che idiota! La sensazione di impotenza abbandonò Jasmine, che comprese di dover riprendere le redini della situazione, ostacolando Jafar, di nuovo freddo e furioso. Aladdin naturalmente non fu in grado di prendere la lampada. Che idiota…ma così carino…Jasmine aveva un debole per gli idioti: fighi e dalla battuta pronta, ma incapaci di farla sentire impotente. Quello era riuscito ad un’unica persona, che ora la sbatté a terra, liberandosi dalla sua presa. Non voglio mai più sentirmi così. Altrimenti…
La nebbia nel cervello della principessa si dissipò in un lampo, e la storia riprese il suo corso.
 
 
“Io scelgo…io scelgo te, Aladdin!”
  
  
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