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Autore: fatina83    05/11/2010    0 recensioni
Confessione di una ragazza che aspirava ad essere quancosa di più che la sua migliore amica
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jackson Rathbone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro Jay,

Sta notte ho fatto un sogno, sai non sognavo ormai da anni, non sapevo più farlo, non ricordavo com’era sognare.
Sembrava di vivere una vita diversa, e sai com’è, ti ritrovi un desiderio tutto tuo e pensi che prima o poi il tuo sogno si avvererà o almeno proverai a realizzarlo con tutte le forze.

In quel sogno eravamo insieme, sull’altalena di casa tua, quella che dà sul lago, a parlare delle solite cretinate che ci raccontavamo da bambini ed io, finalmente, avevo deciso di dirti tutto, di confessarti quanto ti amavo quanto per anni ho fatto finta di essere la tua migliore amica, avevo deciso che quello era il momento adatto, il momento per cui avevo deciso di lottare, ma non ero forte abbastanza, almeno non lo ero più.
Mi sono svegliata con il sorriso quel giorno, con il sole che irrompeva di prepotenza dalle mie finestre e il suono lieve del mattino che mi regalava una bellissima giornata e così ho deciso lo stesso di realizzare il mio sogno attraverso queste pagine ingiallite con la mia mano tremante che scrive dettata dalla mia forza di volontà e dal desiderio che tu sappia quanto sei speciale.

Sai secondo me esiste una grande differenza tra una persona normale ed una speciale.  Si sente calore a stare vicino ad una persona speciale, lo stare bene che c’infonde la sola vicinanza. Vedi la persona speciale è una persona normalissima che trova del tempo anche quando non ne ha, la persona speciale non è perfetta, è come te, ho meglio per me sei sempre stato tu.
Ricordo ancora le risate che ci facevamo davanti ad una birra parlando del tempo che inesorabile sembrava cambiarci e che invece ci rendeva solo più adulti, più maturi. La nostra lite, solo perché non volevo ammettere quanto io ti volessi bene, andasti via sbattendo la porta urlando “non sono  cambiato”. È vero non sei cambiato affatto, sei il solito Jay.

Avrei voluto più tempo per prepararmi, per esprimere al meglio quello che provo per te, magari mi sarei presentata sotto casa tua e con piccoli sassolini far aprire quella finestra che per troppo tempo è rimasta chiusa. Farti scendere ed insieme camminare per la strada, fermarci ai piedi di un albero e dirti quello che da anni sognavo di fare, avere un primo appuntamento con te dove prepararmi e farmi bella per l’occasione, avere il nostro primo bacio dove dalle tue labbra poter assaporare la dolcezza dell’amore che da sempre non faceva altro che farmi stare male.

Vedi, sembra proprio che quel sogno lo stia realizzando. Jay ti ho conosciuto nel periodo più bello della mia vita, dove l’adolescenza mascherava la sofferenza meglio di qualunque cosa, dove una lacrima versata per te era giustificata da un brutto voto a scuola o dalla solita lite dei miei genitori. Ci ho provato, ma mi è mancato il fiato...Ho aspettato ed ho sbagliato. Non pensare che io sia strana. Non pensare che sia colpa tua. La colpa è mia. Che non sono mai riuscita a confessarti tutto quello che avevo dentro. Più aspettavo e più perdevo tempo. Più il tempo passava e più perdevo te. E solo adesso che di tempo c’è ne davvero poco, mi rendo conto dell’errore che ho commesso.

Chissà cosa sarebbe stato di noi se quella maledetta parola mi fosse uscita prima dal petto, quella parola che anche a penna faccio fatica a scrivere. Jay io Ti Amo. Ecco, l’ho detta. Il sogno di cui ti parlavo si è finalmente realizzato. Sai la vita, nonostante ci appare come un semplice foglio bianco su cui agire, non è come sembra: trovare i giusti colori per dipingere su quel foglio tutti i sentimenti che provo in questo momento è difficile.. Paura, paura di non riuscire a imprimere sul quadro della nostra vita ciò che avremmo voluto o ciò che qualcuno avrebbe voluto per noi.. Non so se esiste la felicità completa.. e non so neppure se sia giusto ricercarla adesso. Se la felicità personale consiste nel sottrarla a qualcuno che ci vuole bene, io sarei felice di donarla a te però, non penso neppure che questa maledetta felicità stia nel proibirsi una determinata cosa per rendere qualcun altro felice. La mia felicità l’avrei voluta dividere con te, viverla con te. Invece sono qui su questo letto a scrivere frasi, parole che non ti dirò mai, che non ascolterai mai dalla mia bocca e che vedrai su questo inutile foglio.

Non mi sono mai arresa, neppure quando la malattia mi stava consumando pure l’anima, quando non volevo vedere nessuno per non soffrire più, ma soffrivo lo stesso, più di tutti voi che pazienti aspettavate un cenno da dietro quella porta.
Ricordo ancora quella maledetta foto sul giornale, la foto che aveva decretato la fine della mia voglia di vivere, eri tu l’unica persona che mi faceva lottare, era per te che ogni mattina decidevo di aprire gli occhi e di sorridere a quel mondo crudele che non mi voleva. Non volevo più amare ne te ne nessun'altro…volevo solo che la mia malattia mi distruggesse e che mi infliggesse più dolore di quanto me ne stavi dando tu in quel momento abbracciato a non so chi fiero ed orgoglioso, avevo deciso che era meglio rinunciare all’unica persona che mi teneva ancora legata alla vita così nell'aldilà non avrei pensato a te... Ma invece sbagliavo, ho sempre sbagliato.
Il mio primo errore l’ho fatto il 21 di marzo, come potrei mai dimenticarlo, il medico farfugliò parole strane ai miei genitori, come se fosse il modo migliore per nascondere quello che avevo, come se potesse servire a qualcosa.

"Si tratta di cancro all’ultimo stadio, che si è già esteso con diverse metastasi ossee. Le rimangono al massimo sei mesi di vita".

I miei scoppiarono a piangere ma per me fu diverso, mi sembro di gelare, in quel primo giorno di primavera, e mentre tutto iniziava a cambiare e a fiorire, io sarei morta senza un perché. Mi arresi all’evidenza, "non posso farci nulla se muoio da un giorno all'altro" mi ero arresa ancora prima di combattere e avevo comunque deciso che provare a lottare non sarebbe servito a nulla. Ma tutto è accaduto così improvviso. Mi madre si attaccò a tutto, a tutte le possibili cure e rimedi che potessero esistere al mondo, era diventata una lotta, non per sopravvivere ma un vano tentativo di estendere la mia vita. Era troppo poco il tempo e di perderlo attaccata a macchinari e dentro ospedali, non era proprio da me. Tu sai benissimo che persona sono stata, pazza, irriverente e senza un filo di logica. Vivevo la vita alla giornata e se non mi fossi sentita male, non lo avresti neppure saputo, non mi avresti visto soffrire sul quel maledettissimo letto e avresti saputo di me solo pochi giorni dopo la mia morte. Ricordo quella maledettissima serata dove le risate  facevano diventare rosse le mie gote ormai spente e dove un intollerabile mancamento fece correre tutti all’ospedale. Mia madre fu troppo irriverente e con le lacrime agli occhi diede a tutti la più brutta delle notizie e non riesco ancora a perdonarglielo. Non dovevate saperlo, almeno non così, con mia mamma rotta dal pianto che chiedeva conforto a chiunque mi volesse un po’ di bene

Ho sbagliato a tacere, quando c’era tempo per starti vicino, ho sbagliato a non dirti che ti amavo, quando potevo vivere con te almeno un po’ della mia breve vita, magari non sarebbe durata, ma ci saremmo lasciati con il ripianto di aver rovinato un’amicizia e con la felicità di ammettere che almeno ti ero stata vicina più di quello che speravo. Lo so non te l’aspettavi, non ti aspettavi nulla di tutto ciò. Anche questa lettera non era nei tuoi piani, tu che vivi una vita organizzata in ogni piccolo particolare e il ticchettio d’orologio segna qualcosa da fare. Ho imparato ad ascoltare quel rumore assordante del tempo che piano scivola via e che non torna più indietro. Ti rendi conto che è la vita che ti sta sfuggendo di mano e che tu non hai abbastanza forza per trattenerla.
Tu Jay, sii forte per me, per tutto quello che abbiamo vissuto e che poteva esserci. No, no, non voglio vedere lacrime sui tuoi occhi, sono belli così illuminati dalla luce del mattino, ti prego non riesco a pensarti sofferente, non è da te.

Sii forte per mio padre che non sa piangere e che sarebbe capace di spaccare il mondo per trovare pace. Quante volte dal letto di camera mia sentivo le sue preghiere.
Sii forte per mia madre che non sa darsi ancora la risposta a quella domanda che continuava ad urlare. Non lo so, non lo so perché a me. Ma penso che tutto ciò che succede, non succede per caso, magari c’è qualcosa di più grande che devo fare, qualcosa di più importante della mia vita. Adesso mentre leggerai questa lettera, sarai a casa vestito con un bellissimo abito nero. Andrai a trovarmi e avrai quegli occhiali scuri che ti coprono gli occhi, per non mostrare al mondo intero quanto stai soffrendo. Sarai sorridente, perché te l’ho chiesto io, non portarmi fiori sai che sono allergica, e non fumare tutte quelle sigarette nell’attesa, non voglio rivederti così presto.

Sappi che io ci sarò sempre, ti veglierò da lontano e ti amerò come ho sempre fatto nascosta nell’ombra. Invidierò chi ti potrà sfiorare, chi ti farà ridere e colei che tu saprai amare. Ti manderò un segnale tutte le volte che me lo chiederai e ti starò vicino anche se tu non lo saprai. Scusa per il coraggio che non ho mai avuto, per questa mano che trema mentre scrive e che renderà la lettura davvero difficoltosa.

Per il tempo che non ho saputo dedicarti e per l’ultimo sorriso che non ti ho saputo fare.

Scusami per questo saluto all’ultimo momento, ma avevo qualcosa di importante da dirti e non potevo assolutamente rimandare.

Scusa per la stanchezza che scrivendo avanza sempre più parola per parola.

Scusami ma desso devo andare....




 

  
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