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Autore: Smiry90    07/11/2010    1 recensioni
Ogni volta che sentiva le sue viscere avvinghiarsi e contorcersi nel suo ventre si domandava perché fosse stato così tanto stupido da crearsi da solo quella situazione, come aveva potuto scavarsi da solo una fossa tanto profonda ed essercisi calato senza fare una minima reazione. Eppure l’unica risposta che gi veniva in mente era che lo aveva fatto per Sora.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Riku, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Domani... sarà domani!

Little piece of heaven

 

Fan ispirata dalle note di “Listen to your Heart”.

 

Era ormai forse la centesima volta che sentiva lo stomaco contorcerglisi nel vederli mentre si scambiavano un bacio… Ma che diceva la centesima? Forse ne aveva perso il conto. Forse semplicemente non le aveva mai contate.

Ogni volta che sentiva le sue viscere avvinghiarsi e contorcersi nel suo ventre si domandava perché fosse stato così tanto stupido da crearsi da solo quella situazione, come aveva potuto scavarsi da solo una fossa tanto profonda ed essercisi calato senza fare una minima reazione. Eppure l’unica risposta che gi veniva in mente era che lo aveva fatto per Sora.

Era sera, il crepuscolo iniziava ad introdurre al tramonto, ed il tronco sul quale sedevano ogni giorno sembrava prendere fuoco, irradiato dalla luce del sole che, lento, si tuffava nel mare.

Riku era arrivato da qualche secondo, senza che Kairi e Sora se fossero accorti, e li aveva visti… Si erano baciati… Come facevano di consueto, ormai.

Non era molto che stavano insieme, un paio di mesi forse, quelli che erano bastati a far esplodere il cuore di Riku più di quando si trovava nell’oscurità e lottava per uscirne.

Eppure, quello che ancora non si spiegava, era stato proprio lui a farli mettere insieme. 

D’istinto si nascose dietro il tronco di una pianta, giusto qualche istante prima che Kairi, appena giratasi, lo vedesse, e si gettò a sedere per terra.

Era tutto così assurdo. Il suo cuore non se la finiva di battere, le lacrime continuavano a pungergli gli occhi come tanti spilli, e più ci pensava, più capiva quanto fosse stupido: poteva piangersi addosso adesso?

Ma, infondo, cosa doveva fare?

Era accaduto tutto quel maledetto giorno. Sora era corso da lui, gli aveva chiesto di appartarsi perché doveva dirgli una cosa importante; Riku allora non aveva dato molta importanza all’intera situazione, ma lo aveva comunque seguito.

Poi quelle parole

 

“mi piace Kairi”

 

Sai che novità, aveva pensato l’albino, è da quando è arrivata che facciamo a gara per lei. Ma non appena ebbe dato voce a quei pensieri, le parole che ricevette di risposa lo colpirono

 

“non hai capito Riku… io mi sono innamorato di lei…”

 

Innamorato. Suonava così strano detto da Sora, che lì per lì gli venne quasi da ridere.

Eppure sentiva che dentro di lui qualcosa non andava, che una parte di lui non accettava quella rivelazione; si chiese per un attimo se anche lui si fosse innamorato di Kairi, visto che avevano sempre cercato di prevalere l’uno su l’altro per averla. Stranamente il suo cuore, quella volta, gli rispose con un secco no.

 

“Aiutami, ti prego!”

 

E forse,da lì iniziò tutto. Come poteva negare aiuto a lui, a Sora? Il suo migliore amico, l’unico che era corso a riprenderselo perfino nel cuore dell’oscurità, che lo aveva riportato a casa, che aveva sempre corso verso la sua mano tesa solo per poterlo riportare indietro con sé.

Pensò che fosse la cosa più normale del mondo voler aiutare un suo amico, e dal momento che il suo cuore gli aveva confermato di non amare Kairi non trovò alcun problema nel farlo.

Ma poi… iniziò a capire…

Appoggiò la testa al tronco ruvido e chiuse per un istante gli occhi, passandosi una mano sulla fronte; nella sua mente vedeva, come ogni volta che chiudeva gi occhi d'altronde, solo ricordi con lui. Ma non di quando erano bambini, non di quando si sfidavano a chi corresse più veloce sulla spiaggia, o lottavano con le spade, o disegnavano con dei sassi sulle pareti della caverna; no, lui vedeva solo i ricordi di appena due mesi. Vedeva il giorno in cui Sora si era presentato a casa sua con il fiatone per scrivere una lettera a Kairi, che lo aveva lasciato dopo appena venti giorni; vedeva la notte che si era precipitato a casa sua e lui gi si era gettato addosso in lacrime, stringendosi a lui e urlando che non sapeva più cosa fare e dove sbagliasse; vedeva quella giornata intera che avevano passato insieme per realizzare un dipinto gigantesco per lei. Vedeva queste e tante altre cose.

E piano piano si era iniziato a chiedere il perché… perché corresse così ogni volta che lui lo chiamava, perché perdeva tutto il suo tempo ad aiutarlo a riconquistarla quando lei si arrabbiava; e soprattutto, perché era così felice quando lui lo chiamava e sentiva di potergli essere utile, ma si sentisse così triste quando tutto quello per cui avevano lavorato, funzionava…

E forse invece troppo velocemente aveva capito… Era sul davanzale della finestra che lo guardava allontanarsi il giorno in cui, senza neanche pensare, aveva sussurrato al vento, forse sperando che gli portasse quel messaggio all’orecchio, quel “Ti amo”.

Si era innamorato di Sora senza neanche accorgersene; ogni giorno ne sentiva il bisogno, voleva vederlo, parlarci, aiutarlo, vedere quel suo sorriso radioso quando lui lo aiutava, quando lo faceva ridere, voleva sentirsi dire che lui lo faceva stare bene… Arrivò perfino a sperare che lui e Kairi litigassero ancora per farsi chiamare, per averlo per sé solo qualche istante ancora… per avere per sé quei piccoli pezzi di paradiso da conservare nella sua memoria.

Si ingannava giorno per giorno, sostenendolo, e sostenendo anche Kairi! Perché anche lei era una sua amica, forse la sua migliore amica, che lui aveva iniziato a vedere come una nemica.

Si era spaventato…

Possibile che l’amore facesse quei brutti scherzi? Possibile che avesse iniziato a provare dei sentimenti di astio nei confronti di Kairi? La odiava quando vedeva Sora piangere, quando lo trattava male, quando andava da lui a dirgli che lo stava lasciando con un’aria quasi indifferente, perché se fosse stato lui al suo posto non lo avrebbe mai lasciato andare per nulla al mondo, lo avrebbe tenuto stretto come il più prezioso dei tesori! Poi, quando tornava in sé, cercava di allontanare quei pensieri, cercava di vivere la giornata insieme a loro come faceva ogni giorno in passato; ma un giorno si era pescato ad odiarla anche mentre lo faceva ridere… l’aveva odiata mentre lo faceva stare bene… Perché lui doveva accontentarsi solo di quei frammenti che la sua mente conservava gelosamente, doveva raccogliere le briciole quando lei lo trattava male e sentirsi dire da Sora che, allora, solo lui lo faceva stare così bene…

Aveva picchiato la testa talmente forte sulla spalliera del letto la notte, mentre pensava a tutte quelle cose e cercava di allontanarle da sé, che si stupiva di non essersela ancora rotta. Ci aveva provato in tutti i modi, davvero, aveva provato ogni cosa per dimenticarsi di Sora: era impossibile.

Perché lui amava Sora mentre rideva, lo amava mentre diceva delle battute stupide, mentre si avvicinava a lei e cercava di fare pace con qualche coccola; lo amava mentre cercava di fare il serio e parlava tutto per bene, senza troncare le parole, mentre più ci chiacchierava e più scopriva di pensarla come lui in molte cose, mentre faceva l’idiota davanti a tutti… Lo amava qualsiasi cosa facesse. Amava ogni cosa di lui. E ancora di più amava quei momenti meravigliosi che passavano insieme: quando si prendevano in giro, quando ridevano e lui gli donava quei sorrisi meravigliosi, quando si sentiva dire che senza di lui sarebbe stato perso.

Scosse la testa.

Fece capolino leggermente per vedere cosa stessero facendo: parlavano. Da lì non sentiva bene quello che dicevano, e non poteva di certo immaginare che, nel frattempo, loro stessero parlando proprio di lui e di quanto fosse importante per entrambi.

Si gettò di nuovo con la schiena sul tronco; per quanto tempo voleva restare nascosto lì dietro? Cosa sperava di ottenere scappando ogni volta a quel modo? Forse un po’ di pace sfuggevole per il suo cuore. Anche se era consapevole che il peso che si portava dentro era troppo grande per essere alleggerito rifugiandosi dietro il tronco di un albero.

Aveva pensato spesso di dichiararsi, di dire ad entrambi quello che provasse. Ma a quale scopo? Non era giusto. Non poteva di certo tradire così Kairi, che sentiva di pugnalare un poco giorno per giorno, e con quale faccia avrebbe poi potuto dire a Sora che tutto quello che aveva fatto lo aveva fatto perché era innamorato di lui? Avrebbe forse perso non una,ma ben due persone. Le più importanti per lui.

Aveva allora deciso di tacere, aveva promesso a se stesso che non avrebbe mai più visto Sora piangere, e se per adempire a ciò avrebbe dovuto mettere da parte i suoi sentimenti, allora lo avrebbe fatto; aveva passato nottate intere a parlare da solo, dichiarando ad un immaginario interlocutore tutte le sue angosce, facendosi domande e rispondendosi da solo, a volte anche aspettando una risposta che, però, non arrivava mai.

Ad un tratto sentì delle parole uscire dalla bocca di Sora, le uniche che disse a voce più alta, quasi per farlo sapere non solo a Kairi, ma al mondo intero

 

“Riku è davvero l’amico più importante che ho! Sarei perso senza di lui!!”

 

Gli scappò un risolino.

Che stupido, anche ormai che avrebbe dovuto saper badare a se stesso lo cercava, si sentiva perso senza di lui. E forse era anche per questo che lo amava; Sora gli faceva costantemente sapere di aver bisogno di lui, anche se accanto a lui c’era Kairi, Sora voleva Riku, stringeva la sua mano giorno per giorno sempre più forte per impedirgli ad ogni costo di lasciargliela e, a modo suo, lo amava.

Il risolino si trasformò in un sorriso.

Sapeva che forse non avrebbe mai potuto avere quello che voleva da lui, ma quello che sapeva, quello di cui era certo, era che lui avrebbe continuato ad amarlo nel silenzio del suo cuore, e lo avrebbe difeso, e avrebbe combattuto per lui, scacciando qualsiasi male lo avesse attanagliato, quasi come un eroe di una storia, troppo buono per sembrare vero.

Ed anche quel giorno avrebbe finto, e forse lo avrebbe fatto per sempre; ma quella finzione, quella maschera da amico gli permetteva d avere per sé ancora altri frammenti di paradiso, che avrebbe custodito strenuamente dentro di sé.

Si alzò dal suo nascondiglio e camminò spedito verso di loro, fino a raggiungerli.

Sora si era girato verso di lui e aveva allargato un sorriso radioso nel vederlo

 

“Riku! Sei arrivato finalmente!!”

 

Non sapeva ancora perché si fosse creato da solo quella situazione, non capiva perché si fosse scavato da solo quella fossa che ogni giorno sembrava diventare sempre più profonda…

 

“già…”

 

ma ogni volta che se lo chiedeva, ogni volta che ci pensava…

 

“… finalmente!”

 

l’unica risposta che gli veniva in mente era Sora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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