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Autore: L i a r    08/11/2010    6 recensioni
Sirius aveva sempre avuto questa convinzione di fondo, durante tutta la sua vita, di dover essere
necessariamente sfortunato e frustrato, nemmeno ce l’avesse nel DNA (anche perché, diciamolo, il suo DNA faceva schifo. Era verdeargento).

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Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Titolo tratto da "Special Needs", Placebo.





Just nineteen and sucker's dream.

 
 
 
Sirius aveva sempre avuto questa convinzione di fondo, durante tutta la sua vita, di dover essere
necessariamente sfortunato e frustrato, nemmeno ce l’avesse nel DNA (anche perché, diciamolo, il suo DNA faceva schifo. Era verdeargento).
Odiava i suoi genitori, la sua famiglia e la stirpe Black tutta – e non si stancava mai di ripeterlo, ché era sfortunato e frustrato e tutti dovevano saperlo.
Odiava in particolare suo padre, perché era baffuto, spigoloso e, seriamente, sembrava morto da almeno una ventina d’anni, come faceva a reggersi in piedi? non perdeva mai il contegno – o per meglio dire la puzza sotto il naso – ed era irritante; era convinto di concentrare in sé tutta la conoscenza dell’universo, e ogni cosa detta fatta pensata da Sirius era sbagliata.
Forse era per quello che odiava Snivellus; perché aveva la puzza sotto il – grande, abnorme, rivoltante, infinito e imperituro e – naso, era il migliore sempre ed era profondamente divertito nel correggerlo durante le lezioni di Storia della Magia (oh, anche in Storia era sfortunato. C’era sempre qualcosa da fare e non trovava mai il tempo per imparare tutto. Visto? La sfortuna); magari divertito non era la parola esatta. Si poteva dire che il suo untume capellico brillava di luce propria più del solito.
 
 
“No che non puoi vivere nella Stamberga.”
“Oh, andiamo…”
“Sirius, per favore – Remus si passò una mano sugli occhi – non voglio averti sulla coscienza e no, non puoi dormire sotto forma di cane per non soffrire il freddo. Moriresti congelato comunque.”
“Allora cosa vuoi che faccia? – Sirius allargò le braccia, scocciato – non posso restare ancora dai Potter, non ho un lavoro e nessuno disposto a fittarmi o vendermi una casa. Lo sai.”
James cercò di protestare ma Remus lo zittì con un gesto della mano “Vieni a stare da me, no?”
 
 
Per qualche motivo si sentiva a disagio nel dormire da Remus, nonostante che per sette anni avevano condiviso la stessa stanza, lo stesso bagno e quando erano ubriachi – quando lo era Sirius - lo stesso letto.
Forse era che in fondo non erano mai rimasti per tanto tempo soli, o era che Remus era silenzioso, sempre stanco e sempre via per lavoro, per l’Ordine, per qualche commissione. Anche Sirius era spesso via, e non s’incontravano quasi mai. Era un po’ come vivere da soli, con la presenza della libreria sfondata di Remus, i suoi vestiti sistemati sulla sedia e la tazza sporca nel lavandino.
 
 
“Mi dispiace, Pad” sospirò mesto, sorridendo un poco.
“Per cosa?” rispose distrattamente, sfogliando la Gazzetta del Profeta.
“Di, uh, questo – fece un gesto vago con la mano che abbracciava tutta la casa – non era esattamente così che l’avevamo immaginata la vita dopo la scuola, no?” Ridacchiò sottovoce.
“Che intendi? – Sirius lo guardò attento, a disagio – va tutto bene.”.
“Ricordi che tu e James volevate comprare una villa con tanto di cuccetta per quando tu volevi dormire da cane? – rise, questa volta senza guardarlo negli occhi – e doveva esserci una festa ogni sera, e ‘di restare sobri non se ne parla nemmeno!’ ”
“Remus, non- ”
“È che… Non posso dire di avere esattamente una scusa. Ma il lavoro e l’Ordine, e la sera sono troppo stanco anche solo per svestirmi… Ma meglio questo che la Stamberga, eh?”
“Remus – Sirius spalancò gli occhi – non puoi dire sul serio. Io, cioè, va tutto bene. È perfetto! Non mi lasci nemmeno dividere tutte le spese con te e – non sapeva cosa dire in realtà; era pur vero che l’evento più sensazionale della giornata era stato la notizia di tre morti non molto lontano da lì, ma Merlino, era con Remus – non devi nemmeno pensare di doverti scusare con me. Sei…Dovrei essere io a ringraziarti più spesso.”.
“Ok, ok, ritiro tutto” sembrava sollevato adesso, e comunque aveva di nuovo alzato lo sguardo; sorrise “Che ne dici di un tè?”
 
 
“Padfoooot. Paaaad! Oh, andiamo, smettila di fare cosacce con quel pulcioso di un lupo e rispondimi!”.
“Ci sono, eccomi – ansimò afferrando lo specchio – e che cazzo Jamie, ero in bagno, non puoi urlare per due ore di fila! E – aspetta, che significa cosacce?!”
“Niente – rispose vago – beh? Come va lì?”
“Uh, benone. Quand’è che venite un po’ a trovarci, tu e la tua dolce mogliettina?”.
“Quando il tuo amico, qui, si deciderà a mettere a posto la soffitta!” urlò Lily da qualche parte della stanza.
“Quella donna mi sta schiavizzando, Sirius” mormorò con fare cospiratorio.
“Ti ho solo chiesto di non ruttare a tavola, Potter. Ciao Sirius! - salutò spingendo via James – come va? Come sta Remus?”
“Benissimo – sorrise, vendendoli litigare per monopolizzare lo specchio – venite presto, eh.”
“Certo.”
 
 
“Sono tornato!” urlò perché sapeva che Remus era rimasto a casa quel pomeriggio, anche se il rumore della porta che si apriva rimbombò per tutto l’appartamento “Dove sei?”
Deglutì, bloccandosi nell’atrio quando vide il suo coinquilino - il suo amico cercò di ricordare a se stesso – accoccolato sulla poltrona, le labbra umide dischiuse e le braccia strette al torace, respirando piano.
Aveva visto milioni di volte Remus addormentato. Milioni.
Ma non l’aveva mai visto piangere nel sonno.
D’improvviso aprì gli occhi e scattò su, abbassando la bacchetta solo quando lo riconobbe.
“Moony, che…?”
Remus Lupin si voltò, cercando di asciugarsi le lacrime di nascosto “Greyback.”
 
 
“È stato visto a due isolati da qui.”
“E perché non è stato preso? – ringhiò, percorrendo la strada a grandi falcate ignorando i babbani che lo scansavano indignati – pensavo che l’Ordine esistesse per questo.”.
“Sirius – lo riprese Dumbledore – lo sai che non possiamo attaccare, soprattutto in pieno giorno in una strada affollata, qualcuno che non è nemmeno ricercato dal Ministero.”
“Non m’interessa cosa dice o fa il Ministero. Quel figlio di- si interruppe, digrignando i denti – deve morire. Anche subito se è possibile.”
“Sirius, capisco cosa provi, ma cerca di essere ragionevole…”.
“Col cazzo.” Svoltò l’angolo e si Smaterializzò. Dumbledore rimase a fissare il punto in cui era sparito, sospirando.
 
 
“Non avresti dovuto dirglielo.”
“Sarebbe stato peggio, lo conosci.”
James scosse la testa “È pazzo. E poi, amico, quella dovrebbe essere la tua reazione, non la sua. Ma che diavolo gli passa per la testa?!”
“La mia? – Remus stiracchiò le labbra, tentando di sorridere sotto la tensione – io non ero quello riflessivo dei Marauders?”.
“Si, beh – James sventolò una mano facendo volare tè ovunque, perché posare la tazza sul tavolo mentre gesticolava sarebbe stato troppo faticoso – in questo caso ti avrei permesso di comportarti da testa di cazzo.”
“Oh, grazie.”
In quel momento Sirius rincasò sbattendo la porta.
“A proposito di teste di cazzo! - sbottò il ragazzo occhialuto – sei per caso impazzito? No, perché Lily ha detto di conoscere un bravo psichiatra…”.
L’altro si avvicinò a Remus, aggrottando le sopracciglia “Scusa.”
Come risposta Remus sospirò e scosse la testa “È stata anche colpa mia…”.
“Ho capito, me ne vado.”
Uno schiocco, e i due coinquilini erano soli.
Remus si alzò lentamente, lisciando con una mano le pieghe del pantalone; Sirius glie lo afferrò, strattonandolo un poco. “Perché non sei infuriato? Perché non sei lì fuori a rincorrerlo, o a litigare con Dumbledore, o a distruggere tutto?”.
“Mi fido dell’Ordine, Sirius.”
In quel momento l’altro lo abbracciò, aggrappandosi alla lana del maglione trasandato, chiudendo gli occhi, assorbendo il calore della sua schiena. Si sentiva egoista a soffrire così, solo perché era Remus, e Remus non poteva soffrire se era con lui. Erano vivi entrambi, forse gli sarebbe dovuto bastare; poi schiuse gli occhi, che si posarono sul calendario: ultimo giorno del mese segnato con una croce rossa. “Odio i lupi mannari.” Borbottò.
“Davvero?” soffiò Remus, poggiando la fronte sulla sua spalla.
Allora Sirius, ché era egoista, espansivo, stupido e impulsivo, lo baciò.
 
 
Sirius era sempre stato convinto di essere, se non intelligente, più sveglio di altri – sicuramente di Peter.
Ma ora, dall’alto dei suoi diciannove anni, si sentiva abbastanza stupido. C’era la guerra, c’era Greyback, c’erano i Mangiamorte, e lui era felice; Remus aveva cambiato lavoro e ne aveva trovato uno dove potevano essere assunti entrambi (Sirius sotto falso nome, perché l’autorità di suo padre poteva arrivare ovunque).
James continuava a inserire doppi sensi nelle loro conversazioni e dubbi sulla natura della loro relazione, ma lo ignoravano – anche se avevano il sospetto che ormai tutti sapessero tutto. Soprattutto per il modo in cui Dumbledore li guardava.
“Sei convinto finalmente che l’Ordine non può fare nulla se non cercare di incastrarlo?”
“Non proprio” mormorò, seguendo attento la linea della mandibola che scendeva delicata fino al mento dell’altro.
“Allora ti fidi di loro?” Remus arrossì un poco: ogni tanto Sirius si chiedeva se avrebbe mai superato quel suo stupido pudore.
“No – ghignò, tirandoselo addosso – mi fido di te.”
  
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