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Autore: DarkButterfly    09/11/2010    3 recensioni
> Non appena sentì quella voce Hachi rimase paralizzata.
Quella voce dolce, che non sentiva da quasi un anno ormai.
Cerco di rispondere, ma le parole rimasero bloccate nel fondo della sua gola. Le sue labbra incapaci di articolare una parola. [HachixNobu]
Tanto per cambiare, eccovi un'altra fan fiction sulla coppia, a mio parere, più bella dell'anime :). Enjoy it!
Ringrazio tutti gli eventuali lettori e/o commentatori. Le critiche sono ben accette! :)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Komatsui, Nobuo Terashima
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Undisclosed Desires

Nana l'aveva avvertita, la sera in cui Hachiko le aveva orgogliosamente mostrato l'anello di fidanzamento, che avrebbe dovuto lottare per rimanere accanto ad uomo come Takumi.

Le aveva detto che Takumi sarebbe probabilmente andato a letto con altre donne, ma non l'aveva fatto con cattiveria. Era una cosa naturale, entrambe sapevano che l'avrebbe fatto e Nana le voleva solo ricordare che in quei momenti doveva essere forte non solo per se stessa, ma per la bambina che stava crescendo dentro di lei.

Hachi era stata forte, aveva ricordato le parole di Nana ogni volta che Takumi la chiamava dicendole che avrebbe fatto tardi a lavoro e ritornava a casa in piena notte con l'odore di un'altra donna sulla sua pelle.

Takumi sapeva farsi perdonare, certamente.

L'aveva convinta più volte che quelle donne potevano possedere il suo corpo per qualche ora, ma mai nessuna avrebbe posseduto il suo cuore perché l'aveva donato completamente ad Hachi.

Hachi sapeva che non doveva credere a ciò che diceva, eppure le lusinghe la indebolivano.

Diluivano la furia che le montava dentro quando trovava tracce del rossetto di un'altra sul colletto delle camice candide del marito e alla fine si lasciava convincere. Dimenticava il veleno che la corrodeva da dentro come acido e si lasciava abbracciare, baciare, spogliare dal marito.

Finiva sempre con il perdonarlo tra le lenzuola, mentre facevano l'amore.

Sulla pelle di Takumi si sentiva ancora il vago sentore di un'altra femmina e Hachiko, come un cane, cercava di coprirlo con il profumo della sua pelle. Marcando il suo territorio un'altra volta.

Hachiko aveva resistito a lungo, inghiottendo la rabbia e riversando tutto il suo amore in sua figlia.

Ma la scoperta che aveva fatto quel giorno era troppo sconvolgente, si spingeva troppo oltre anche per lei.

Non poteva perdonare, né dimenticare, una cosa del genere.

Non si trattava di sesso questa volta. Era Amore.


Quel pomeriggio aveva deciso di scendere nel seminterrato per lavare qualche abito.

Aveva raccolto la giacca di Takumi dal bracciolo del divano, dove l'aveva gettata dopo essere rientrato a casa quel pomeriggio prima di andare a stendersi sul letto.

Dalla tasca della giacca era caduto un foglietto spiegazzato.

In un primo momento Hachi non ci aveva fatto caso -il primo pensiero che le era passato per la mente era che si trattasse di un pezzo di carta straccia, il secondo che fosse un post it con appunti di impegni lavorativi-, ma non appena l'aveva preso tra le mani aveva sentito un profumo fruttato, dolce.

La prima volta che l'aveva sentito le aveva ricordato della sua infanzia: feste con i suoi amichetti delle scuole elementari e i dolci preparati da sua madre per le feste. Pensava ai disegni che aveva fatto quando aveva 6 anni, in cui lei era una principessa che abitava in un castello incantato assieme a un meraviglioso principe.

Ma quel profumo ormai lo aveva sentito troppe volte sugli abiti di Takumi e sulla sua pelle, mentre facevano l'amore dopo che lui l'aveva rassicurata dicendole che era l'unica che amava veramente.

Si ricordava di come ogni volta si era strusciata contro di lui come una gatta selvatica, cercando di coprire il profumo dell'altra donna.

Un terzo incomodo nel loro rapporto.

Chissà se le altre donne erano altrettanto turbate dal suo profumo quando facevano sesso con Takumi, oppure se si godevano il momento senza troppe preoccupazioni.

Hachi sapeva che avrebbe dovuto rimettere quel biglietto al suo posto o gettarlo via.

Sapeva, mentre lo apriva con mani tremanti, che non era una buona idea, che se l'avesse letto l'avrebbe rimpianto.

Lo sapeva. Ma non si fermò.

Mio carissimo Amore,

Immagino di essere con te in questa notte solitaria mentre mi raggomitolo tra le lenzuola fredde che ancora profumano di te.

Vorrei tanto potermi addormentare una notte e svegliarmi accanto a te.

Mi eccita il pensiero di essere il tuo segreto.

La donna misteriosa di cui nessuno sa nulla, nemmeno tua moglie.

Attendo con ansia il giorno in cui potremo stare assieme alla luce del sole.

Ti amo.

Tua per sempre,

Ryouku

A pensarci a mente fredda quella donna doveva essere piuttosto ingenua se era convinta che Takumi provasse per lei qualcosa di diverso da quello che provava da tutte le altre.

Ma mentre Hachi leggeva quelle parole tutto ciò che sentiva era una furia cieca, la rabbia che aveva soffocato tutte le volte che scopriva che Takumi l'aveva tradita le montò dentro in una volta sola facendole perdere il controllo.

Piombò in camera da letto e svegliò Takumi che dormiva profondamente.

<< Maledetto! >> Gli urlò contro mentre tempestava il suo petto di pugni << Sei un viscido schifoso bastardo! >>

L'uomo confuso bloccò i pugni di Hachi, stringendo con troppa forza, facendole male.

Lei si dimenò.

<< Nana, Nana... Cosa succede? Calmati. >> Disse prima con calma, e poi cominciò a perdere la pazienza anche lui << Calmati! Che cosa cazzo ti prende?! >> Ringhiò

<< Chi è Ryouku?! >> Strillò Hachi << E perché ti scrive che ti ama?! >>

Takumi spalancò gli occhi e rimase per un momento senza fiato.

Sapeva che avrebbe dovuto gettare via quel biglietto -Non gli interessava nemmeno di quella donna se non per una ventina di minuti di intensa attività sessuale-, però il lavoro l'aveva assorbito talmente tanto che aveva scordato di liberarsene.

<< Nana, guarda, >> Balbettò << io posso spiegare. >>

Quella frase lo rese ancora più colpevole agli occhi di Nana.

<< Non mi interessano le tue spiegazioni. >> Replicò lei tagliente come la lama di una spada.

Con quelle parole tagliò il discorso e uscì di casa correndo.

In una situazione del genere, furiosa e con gli occhi gonfi di lacrime c'era una sola persona che voleva vedere. Nana.

Sapeva che quel giorno Nana stava registrando e conosceva lo studio di registrazione.

Si mosse come in un sogno attraverso le strade affollate di Tokyo.

Camminava attraverso la gente come un fantasma -una derelitta-, la testa bassa, a passo spedito borbottando parole di scuse ogni volta che si scontrava accidentalmente con qualcuno.

I suoi occhi bassi fissavano la strada asfaltata e sporca.

Non sapeva neppure se Takumi l'aveva seguita fuori di casa o meno.

Il sole splendeva quel giorno, impietoso e caldo, e Hachi per una volta si trovò a maledire il bel tempo. Lei, sempre così solare, amava quelle giornate luminose quando uscire di casa è un piacere, ma quel giorno avrebbe preferito una pioggia torrenziale in grado di mascherare le lacrime amare che le solcavano il viso.

Ma non sarebbe servito a nulla, anche con la pioggia chiunque sarebbe stato in grado di capire che Hachi stava male e di certo Nana non se lo sarebbe lasciata sfuggire.

Arrivata davanti alle porte dello studio realizzò che gli impiegati alla reception non avevano nessuna ragione per farla passare e, anzi, in quello stato avrebbero potuto scambiarla per una fan invasata e chiamare gli addetti alla security.

Se una cosa del genere fosse accaduta probabilmente Hachi sarebbe crollata a pezzi completamente.

Ma non accadde nulla di tutto ciò.

Non accadde perché, mentre si avvicinava alle porte scorrevoli all'ingresso dell'edificio, una mano si posò sulla sua spalla.

Istintivamente Hachi si fermò, pensando ad una buona scusa per giustificare la sua presenza in quel luogo. Ma non si trattava di una guardia.

<< Nana? >> Non appena sentì quella voce Hachi rimase paralizzata.

Quella voce dolce, che non sentiva da quasi un anno ormai.

Cerco di rispondere, ma le parole rimasero bloccate nel fondo della sua gola. Le sue labbra incapaci di articolare una parola.

Si voltò e si ritrovò a fissare direttamente negli occhi profondi e luminosi di Nobu.

Quegli occhi un attimo prima sorridenti mutarono nel giro di una frazione di un secondo diventando bui e densi di preoccupazione.

<< Ehi... Che succede? >> Le domandò e senza rendersene conto prese la mano di Hachi e la strinse tra le sue.

Hachi aveva dimenticato quanto fossero calde le mani di Nobu, così diverse da quelle fredde di Takumi. Così simili alle mani di Nana, pensò.

Sentiva i calli della chitarra sulle dita dell'uomo.

<< Ho bisogno di parlare con Nana. >> Singhiozzò.

Nobu deglutì, lo metteva a disagio stare in strada con quella ragazza che piangeva, mentre tutti i passanti si fermavano a fissare.

<< Nana non è ancora qui, ma se hai bisogno di un... >> Esitò per un secondo soltanto, e se non fosse stata troppo impegnata a ricomporsi Hachi se ne sarebbe accorta << ... amico, puoi parlare con me. >> Concluse.

Hachi scosse la testa.

Nobu, senza lasciare la sua mano, si mosse e lei lo seguì ubbidiente mentre la conduceva in un locale accanto allo studio di registrazione.

Il locale era pressoché vuoto a quell'ora del pomeriggio e nella sala al piano di sopra, quella che Nobu preferiva quando aveva bisogno di rilassarsi o di riflettere, non c'era nessuno.

Si sedettero ad un tavolo isolato in un angolino buio.

<< Puoi anche piangere se vuoi. >> La rassicurò Nobu, con un tono a metà scherzoso e a metà serio << Qui non ti sentirà nessuno. >>

Hachi non disse nulla.

Si sentiva a disagio, di fronte al suo ex ragazzo, dopo aver sofferto l'ennesima cocente delusione da parte di suo marito. Come poteva sfogarsi con Nobu? Quale diritto aveva?

<< Hai litigato con Takumi? >> Le chiese Nobu, soltanto per trovare un modo per impostare il discorso. Ovviamente Hachi aveva avuto uno screzio con Takumi: nient'altro avrebbe potuto ridurla in quello stato.

La ragazza annuì, ma non disse nulla. Nobu capì che lei non voleva parlare con lui.

<< D'accordo... Non ho intenzione di forzarti. >> La rassicurò << Ti va di mangiare qualcosa? >> Le chiese per cambiare discorso, per cercare di tirarla su di morale.

Hachi scosse la testa e rimase ancora in silenzio.

Nobu odiava vederla in quello stato e sapeva che anche Nana sarebbe stata male vedendo la sua migliore amica ridotta in quello stato.

<< Ti va qualcosa da bere magari? >> Tentò nuovamente, speranzoso.

Hachi non ne aveva voglia, ma si sentiva a disagio a rifiutare la cortesia di Nobu in quella maniera.

<< Un succo di mela, per piacere. >> Bisbigliò flebile, come una bambina timida.

<< Ai suoi ordini, Signora. >> Scherzò Nobu e scomparse in fondo alle scale.

Mentre ritornava verso Hachi, con una bottiglia di succo di mela e una lattina di birra tra le mani, Nobu non poteva evitare di rodersi dal dubbio.

Cosa mai poteva essere capitato tra Hachi e Takumi per ridurla in quello stato? Un tradimento?

Nobu dubitava, Hachi aveva sempre saputo che genere d'uomo era Takumi e di certo sapeva che lui l'aveva tradita durante quei mesi in cui erano stati sposati, mentre lei era incinta o poco dopo il parto.

Forse Takumi aveva deciso di chiedere il divorzio e Hachi ne era rimasta distrutta. Quella era una congettura plausibile.

Si sentiva quasi in colpa, aveva giurato ad Hachi che se l'avesse vista soffrire a causa di Takumi l'avrebbe riconquistata, non temeva la fatica che avrebbe dovuto fare, non temeva i confronti.

Ma quello era il passato.

Era un tempo in cui era ancora follemente innamorato di Hachi.

Ora la guardava, e certamente provava ancora un profondo affetto per lei, ma non provava più gli stessi sentimenti che l'avevano infiammato un tempo.

Non poteva mantenere più la sua promessa, quella volta Hachi doveva risollevarsi sola dall'abisso in cui era precipitata.

La osservò mentre sorseggiava controvoglia il succo di mela.

I suoi occhi luminosi scrutavano il vuoto, silenziosi e opachi. Quelli non erano gli occhi della donna che conosceva.

<< E la piccola Satsuki come sta? >> Chiese Nobu sorridendo.

Sicuramente se Hachi avesse rivolto i propri pensieri alla figlia si sarebbe risollevata un po'.

Lei sorrise dolcemente.

<< E' un tesoro... Dorme e gioca tutto il tempo... >> Rispose e il suo tono si era addolcito.

Nobu pensò a quella bambina che avrebbe potuto essere la sua stessa figlia, ma che col passare del tempo aveva cominciato ad assumere tratti sempre più simili a quelli di Takumi.

Si sentì quasi prendere da una bizzarra sensazione di nostalgia, nostalgia per qualcosa che non aveva mai vissuto. Nostalgia per una figlia che non era mai stata sua.

<< La amo più della mia vita. >> Commentò Hachi con tono quasi sognante.

Strane parole, quelle, pronunciate dalla bocca di Hachi.

Lei era sempre stata così egocentrica, quasi egoista a volte, ora si ritrovava ad amare un altro essere umano così tanto. Schiava dei propri sentimenti ed incapace di liberarsi.

Eppure, nonostante i suoi difetti, era sempre stata così amabile.

Nobu sorrise << Sono certo che non le mancherà mai l'amore della sua famiglia e crescerà felice. >>

Eppure non appena pronunciate quelle parole se ne pentì.

Avrebbe voluto catturarle e cacciarsele nuovamente in gola, fingere di non aver mai detto nulla.

Un'ombra scura attraversò gli occhi della donna.

<< Takumi ama un'altra donna... >> E cominciò a raccontare di come aveva scoperto quel biglietto ed era fuggita furiosa e desiderosa soltanto di parlare con Nana.

<< ... E invece hai trovato me. >> Commentò Nobu quando lei ebbe finito la sua narrazione.

<< Sono stata fortunata. >> E sorrise.

Era un sorriso forzato, un po' falso quasi, però era più di quanto Nobu si aspettasse.

Quell'abbozzo di sorriso gli scaldò il cuore. Non si ricordava di aver mai avuto una conversazione tanto profonda con Hachi, neppure quando erano una coppia.

Chissà, forse come amici funzionavano meglio che come amanti.

<< Sai, Nobu... >> Hachi parlò senza pensare, non intendeva fare gli occhi dolci al ragazzo, né aveva un secondo fine, ma suonò civettuola quando disse << ... A volte mi chiedo come sarebbero le cose se io e te fossimo diventati una famiglia. >>

Si fissarono intensamente negli occhi e Nobu la maledisse per quelle parole.

Un flusso di ricordi lo investì con la potenza di un uragano senza che lui potesse fare nulla per difendersi o proteggersi. Memorie sepolte dei momenti che aveva passato con Hachi. Scorrevano davanti ai suoi occhi come se si trattasse di una pellicola cinematografica, ma allo stesso tempo era immerso in essi come li stesse rivivendo in quel medesimo istante. Sentiva i profumi, le sensazioni tattili... Era completamente alienato dalla realtà.

Ma non poteva permettere che Hachi si accorgesse dello sconvolgimento che aveva creato dentro di lui con quella frase casualmente buttata in mezzo al discorso.

Il discorso che stava per fare lo avrebbe ferito brutalmente, peggio di una spada, peggio di un'umiliazione. Ma era per il bene di Hachi, ancora una volta.

Takumi poteva essere l'uomo più viscido di quella terra, ma Nobu non voleva portargli via Hachi senza essere certo che fosse quello che lei voleva. Abbandonare Takumi, creare una famiglia con lui.

Purtroppo in nessun modo avrebbe mai potuto scoprire quali desideri si celavano nel profondo del cuore di Hachi.

<< Ascoltami, Nana, >> Le disse Nobu, improvvisamente serio << non devi dare per scontato che Takumi ricambi i sentimenti di questa donna. >> Il suo tono era solenne, ma allo stesso tempo sembrava a disagio, come se stesse cercando una maniera per addolcire le parole che stava per pronunciare o come se stesse lottando contro se stesso per convincersi che era la scelta giusta, la migliore per tutti << Può sembrare crudele detto così, però, forse Takumi la sta solo... Beh, lo sai... Prendendo in giro. >>

Hachi lo guardò come se le avesse rivelato un arcano, non ci aveva pensato! Forse era davvero così!

Si sollevò determinata a tornare a casa e a risolvere immediatamente quella situazione.

<< Hai ragione, Nobu! >> Esclamò << Sono così fortunata ad averti trovato! >>

E senza riflettere lo abbraccio di slancio.

Per un momento rimasero immobili entrambi, intontiti e imbarazzati da quel gesto a cui non erano più abituati. Sembrava sbagliato abbracciare il proprio ex nel momento in cui si decideva di aggiustare le cose con il proprio marito.

Eppure Hachi non riusciva ad abbandonare il caldo rifugio creato dalla braccia secche di Nobu, che, dopo un momento di immobilità assoluta aveva racchiuso l'esile corpo della donna in un abbraccio intenso.

C'era qualcosa di ambiguo in quell'abbraccio, non era un abbraccio di due ex amanti che si rincontravano dopo molto tempo e si scoprivano liberi dai sentimenti che avevano provato in passato.

Era la stretta di due persone che avevano riposto i loro sentimenti in un angolo polveroso della loro anima lasciandoli a marcire, dimenticandosi di loro. Ma i sentimenti non si erano lasciati sottomettere. Avevano atteso a lungo, celati dalla polvere del tempo, e poi, prepotentemente, si erano fatti strada fino al centro del palcoscenico. Protagonisti di una farsa che si sarebbe trasformata presto in tragedia se non venivano domati una volta per tutte.

Fu Nobu a lasciarla per primo.

Voleva scappare, umiliato dalla sua incapacità di controllarsi, e invece rimase e la fissò negli occhi << Sono stato felice di rivederti, Nana... >> La maniera in cui il suo nome suonava nella bocca di Nobu. Hachi aveva voglia di sospirare, aveva voglia di sentire le labbra di Nobu sulle proprie, la sua lingua che esplorava la sua bocca, il suo corpo.

<< Potremmo rivederci un altro giorno... La prossima settimana, magari... >> Propose Hachi, combattuta tra il desiderio e il timore che accettasse.

Nulla l'avrebbe resa più felice di creare nuovamente quel rapporto immaturo e fiabesco che aveva con Nobu prima di scoprire della gravidanza, ma dall'altra parte aveva un marito e una figlia e non voleva gettare tutto all'aria a causa dei suoi desideri carnali.

Eppure quando guardava Nobu ora si sentiva come un'adolescente. Era come quando aveva incontrato Asano per la prima volta.

Era cieca di fronte alla ragione e non era capace di seguire la via giusta, la più logica.

Sapeva che aveva voglia di Nobu, tanta, tanta. Tanta da morire.

<< Non credo che sia una buona idea... >> Borbottò Nobu.

Desiderava così tanto dirle di sì, dirle di seguirlo anche subito.

Desiderava portarla a casa sua, in un luogo isolato e passare del tempo con lei. Anche solo per parlare, per poter ascoltare ancora una volta la risata sbarazzina che amava tanto.

Voleva stendersi con lei nel suo letto stretto come avevano fatto solo poco più di un anno prima, parlando del passato e del presente, e sì, anche del futuro. Un futuro assieme.

Loro due e Satsuki.

Ma non avrebbe mai avuto la forza di portare Hachi lontano da Takumi. Distruggere una famiglia che a parte qualche screzio era piuttosto felice. Privare una bambina del proprio padre biologico.

Hachi annuì. Nobuo aveva ragione.

<< No, non sarebbe una buona idea... >> Ripete lei, ma i suoi occhi dicevano il contrario.

Sembravano urlare e chi se ne importa?! Per un'ultima volta facciamo qualcosa di imperdonabile. Commettiamo un errore. Io e te. Assieme.

Nobu non era abbastanza egoista per accettare quel messaggio, o almeno si era convinto di non esserlo.

Distolse lo sguardo, ma resistette.

<< Addio, Hachi. >> Borbottò e corse fuori in strada, lasciandola sola e disorientata in quel locale vuoto.


Hachi rientrò a casa.

Era calma ora, e silenziosa.

L'incontro di quel pomeriggio l'aveva turbata sin nel profondo del proprio animo.

Takumi la attendeva in cucina con una rosa bianca tra le mani.

Aveva il capo chino e sembrava aver sofferto l'intero pomeriggio.

Hachi si sentì in colpa per quei sentimenti che aveva ritrovato per Nobu solo poche ore prima.

<< Nana, lo so che non mi credi e capisco, >> Mormorò Takumi, la sua voce era affranta ma Hachi non avrebbe saputo dire se stava mentendo o se era sincero, era un bravo attore, Takumi, << io e Ryouku siamo stati amanti per diverse settimane e forse io l'ho un po' illusa ed è per questo che lei si è convinta che io la ami, ma non è così Nana. Te lo giuro. >> S'inginocchiò di fronte a lei e le baciò le mani con reverenza, come se fosse stata una principessa << Io amo solo te. >>

<< Ti credo. >> Mormorò Hachi sovrappensiero. In quel momento non era affatto tormentata dalla storia tra Takumi e quella donna.

Nel frattempo Takumi, sempre inginocchiato, le aveva sfilato le mutandine e aveva infilato la testa sotto l'ampia gonna della moglie. Hachi gemette.

Le sue guance si tinsero di un rosso intenso << Potrebbe arrivare la bambina... >> Protestò poco convinta.

Takumi si fermò immediatamente e si rialzò. Hachi gli lanciò un'occhiata furente, non poteva cominciare a darle un piacere così grande per poi lasciarla insoddisfatta.

Takumi con un ghigno dipinto sulle labbra la sollevò e varcò la soglia della camera da letto con lei tra le sue braccia come se fosse una sposa. Non l'aveva fatto quando si erano sposati.

Hachi si maledisse per la sua debolezza.

Era schiava delle proprie pulsioni fisiche e non riusciva a rifiutare il sesso con Takumi nemmeno dopo che era stata arrabbiata con lui così a lungo e nemmeno ora che sentiva distintamente sulla pelle del marito l'odore dolciastro che le ricordava la sua infanzia. Il profumo di quella donna.

Mentre Takumi le dava piacere in modi in cui nessuno aveva mai fatto, Hachi non poteva fare a meno di pensare a Nobu e a quanto fosse bello fare l'amore con lui, anche se non era mai stato intenso come era stato con Takumi.

Farò l'impossibile per renderti felice, le aveva detto una mattina mentre erano stesi a letto dopo aver passato la loro prima notte assieme.

Se vuoi farmi felice, vienimi a prendere, Nobu... Pensò lei mentre cavalcava Takumi.

La bocca dischiusa in un gemito ansimante e continuo. Gli occhi persi fuori dalla finestra di fronte a lei.

Non si sentiva in colpa per il fatto di aver pensato a un altro uomo menta faceva l'amore con suo marito. Al contrario, si sentiva di aver tradito Nobu, avendo concesso il proprio corpo a Takumi.

Aveva tradito Nobu una seconda volta.


Nobu aveva cercato di lasciar perdere, di seppellire nuovamente il pensiero di Hachi nel profondo del suo cuore.

Avrebbe voluto chiudere quell'amore impossibile e frustrante in una gabbia e distruggere la chiave.

Magari gettandola nella bocca di un vulcano attivo, lasciando che si sciogliesse tra la lava rovente come si stava sciogliendo lui in quel momento al pensiero del dolce corpo di Hachi stretto contro il suo.

Stava andando tutto così bene fino al momento in cui lei aveva parlato di loro due, assieme.

Nobu deglutì, Nana si sarebbe arrabbiata se si fosse distratto ancora una volta durante le prove, ma non c'era verso di focalizzarsi sulle note o sulla sua chitarra.

No, c'era spazio solo per Hachi nella sua mente, nel suo cuore, nella sua anima. Solo Hachi.

Il desiderio lo stava facendo impazzire.

Stava morendo. Si era innamorato, di nuovo, di una donna che non poteva avere.

La stessa donna per la seconda volta.

Si chiese se ne sarebbe mai uscito. Forse, si disse. Ma non voleva veramente liberarsi di quella dolce ossessione.

Hachi era come un'ulcera in bocca. Doleva, eppure non poteva fare a meno di stuzzicarla con la punta della lingua, impedendo alla ferita di rimarginarsi. E ne ricava anche piacere, un piacere morboso e masochistico. Ma non poteva rinunciarci.

Poteva essere egoista, per una volta? Poteva andare da Hachi e dirle, guardandola negli occhi: "Voglio che tu sia mia!". Aveva abbastanza faccia tosta? Aveva la forza necessaria per accettare un rifiuto? E sarebbe riuscito a vivere con la coscienza di aver portato una famiglia tutto sommato felice sull'orlo di un crollo?

Hachi era una donna adulta, in grado di fare le proprie scelte e valutare le conseguenze, ma allo stesso tempo era anche così ingenua e indifesa, si sarebbe lasciata trasportare dai propri sentimenti e dalle proprie emozioni e, ancora una volta, si sarebbero ritrovati nella stessa situazione di un anno prima. Con lei così sola e fragile contesa da lui e da Takumi. Divisa, incapace di scegliere razionalmente, e ora anche oppressa dalle responsabilità di essere madre.

Poteva fare una cosa del genere alla donna che amava? Poteva. E lo fece.


Hachi era appena uscita di casa, dove aveva lasciato Satsuki in compagnia della tata.

Lo faceva ogni martedì e giovedì mattina per andare in palestra.

Inizialmente era soltanto un mezzo per rimettersi in forma dopo la gravidanza, ma si era resa conto che lo sport la metteva di buon umore e quindi due volte la settimana si prendeva un po' di tempo da dedicare all'esercizio fisico.

Era appena scesa in strada quando noto una figura familiare appoggiata alla parete accanto alla porta d'ingresso del condominio dove abitava.

<< Nobu? >> Bisbigliò sorpresa.

Non riuscì a decifrare le emozioni che erano fiorite dentro di lei in quel momento.

Era una tempesta colorata di desiderio, paura, felicità, turbamento... Non esistevano abbastanza aggettivi per descriverlo. Hachi sapeva solo che la faceva stare bene e male allo stesso tempo.

Dentro di lei aveva sognato che un momento del genere sarebbe arrivato, ma allo stesso sapeva che non avrebbe avuto la forza di sottrarsi a Nobu, nemmeno per il bene di sua figlia.

<< Vieni con me. >> Le ordinò lui, ma subito si sentì meschino e anche piuttosto ridicolo.

Il ruolo dell'uomo padrone non era adatto a lui, stemperò la frase aggiungendo un timido << Ti va? >>

Hachi prese la sua mano, conscia che chiunque avrebbe potuto riconoscerli e che qualche paparazzo avrebbe potuto catturare quelle immagini incriminanti senza che loro se ne rendessero conto.

Nobu doveva aver avuto la stessa idea perché con dolcezza si liberò dalla presa di Hachi e assieme si diressero verso l'auto di Nobu.

Il viaggio in macchina fu silenzioso e imbarazzante, soltanto le note che uscivano dalla radio riempivano l'abitacolo, aleggiando tra di loro come una nebbia invisibile.

La voce del dee-jay annunciò il nuovo singolo dei Trapnest e non appena le prime note di A Winter Sleep si diffusero dall'impianto entrambi si resero conto di quanto grande fosse quel passo che stavano facendo.

Hachi si fece piccola piccola nel sedile del passeggero, mentre Nobu strinse il volante con forza tale che le notte gli divennero completamente bianche.

Deglutì e quando parlò non fu in grado di controllare il tremolio nella sua voce << Hachi, sei sicura di quello che fai? >> Le chiese.

Forse avrebbe voluto che lei gli rispondesse di no, così avrebbero avuto una buona scusa per fermarsi ora che erano ancora in tempo. Ora che non avevano ancora fatto nulla di imperdonabile.

Lei rimase in silenzio, pensierosa.

No, non era sicura di ciò che faceva.

Lo voleva e non lo voleva. Si sentivano entrambi così, ma non l'avrebbero ammesso.

Non volevano rovinare le proprie vite, ma non volevano neppure reprimere i propri sentimenti.

Erano vigliacchi. Senza pudore e senza morale alcuna.

<< So solo che da quando ti ho rivisto non ho desiderato altro che questo. >> Bisbigliò lei a voce talmente bassa che Nobu dovette aguzzare il proprio udito per capire cosa diceva.

Era fatta dunque.

Erano arrivati di fronte a casa di Nobu.

Il ragazzo parcheggiò.

Scesero dalla macchina. Le gambe di entrambi tremavano e le mani di Nobu tremavano allo stesso modo mentre cercava di inserire la chiave nella toppa.

Non appena la porta si aprì con un impercettibile cigolio i due si avventarono l'uno sull'altro come animali pronti alla lotta: le loro labbra si scontravano furiose, come se volessero recuperare in una sola volta il tempo che avevano perso mentre erano lontani. La porta dietro di loro era ancora aperta ma si chiuse di botto non appena Nobu vi spinse Hachi contro, bloccandola tra il legno dell'uscio e il proprio corpo.

Hachi stava dando le spalle all'uscita e di fronte a sé aveva soltanto Nobu. Ironico, no?

Era come se metaforicamente avesse varcato il confine di non ritorno. Ormai il peccato era commesso, ed aveva un sapore così sublime. Le labbra di Nobu.

Erano entrambi troppo impazienti per spogliarsi con calma, non avevano la pazienza per godersi quel momento. Erano affamati l'uno dell'altro. Era qualcosa che non avevano avuto tanto a lungo e ora l'idea di dover aspettare ancora sembrava ucciderli.

I vestiti cadevano ai loro piedi disordinatamente, levati brutalmente, lacerati, strappati.

Si lasciarono cadere a peso morto sul letto e cominciarono a fare l'amore senza alcun preliminare, sfogando tutta la tensione che avevano accumulato nell'ultimo anno.

Stranamente né Hachi né Nobu si sentivano in colpa mentre erano impegnati nell'amplesso, anzi si chiedevano perché avevano avuto tanti dubbi prima, perché avevano paura di lasciarsi andare.

Nessuno li avrebbe scoperti. Non avrebbero causato alcuna sofferenza.

Hachi non si sentiva colpevole anche se stava tradendo suo marito, non si sentiva sporca come temeva che sarebbe accaduto, al contrario sembrava che Nobu le avesse donato nuovamente la purezza che aveva perduto, la sua innocenza.

Quanto tempo era che non pensava a se stessa come innocente? Tanto.

Non era innocente quando aveva incontrato Nobu, e non lo era certo quando si era lasciata sedurre da Takumi.

Forse aveva perso la propria innocenza quando aveva conosciuto Asano, quando aveva finto di non notare la fede che portava sull'anulare. Soltanto per poterlo amare.

Ma ora era con Nobu. E non aveva mai provato tanto amore per nessun altro uomo.

Lo sentiva ansimare e le sue spinte erano violente dentro di lei, quasi che volesse penetrarla nel suo profondo per renderli una cosa sola.

Hachi affondò le mani nella sua schiena e inclinò all'indietro la testa, mentre dalla sua gola bianca erompevano gemiti di piacere misti a dolore. Le stava facendo male, è vero. Ma era un dolore che le piaceva, un dolore del quale avrebbe potuto morire.

Nobu le morse il collo.

Hachi s'irrigidì improvvisamente. E se le fossero rimasti dei segni addosso e Takumi se ne fosse accorto? Certo, lui era stato il primo a tradirla. Ma era diverso. Takumi lo faceva perché era un donnaiolo di natura, per lui era solo sesso. Per lei era amore. E se non era amore era certamente un'ossessione che vi si avvicinava pericolosamente.

Il corpo di Hachi era percorso da scosse elettriche sempre più intense, aveva voglia di dimenarsi, di ridere. Ma d'altra parte i suoi battiti cardiaci erano tanto accelerati che riusciva a malapena a respirare.

Chiuse gli occhi e si lasciò andare mentre un fuoco esplodeva nei suoi lembi e si estendeva in tutto il suo corpo. Non aveva mai provato un orgasmo tanto potente da sconvolgerla fino nel profondo.

Si abbandonò sul letto, appena cosciente del fatto che Nobu si era ritirato dal suo corpo, esausto anche dall'intensità dell'amplesso.

Hachi non si era mai sentita tanto sfiancata in vita sua, nemmeno dopo il parto. Sapeva che se non si fosse alzata in fretta si sarebbe addormentata lì, eppure non riusciva a muovere nemmeno un muscolo.

Non poteva permettersi un errore del genere. Non poteva addormentarsi a casa di Nobu, perdere la cognizione del tempo e arrivare tardi a casa.

Era ancora mattina, ma cosa sarebbe successo se la tata le avesse telefonato? E se Takumi fosse rientrato e non l'avesse trovata a casa come al suo solito si sarebbe preoccupato? O infuriato?

Nobu le accarezzò la schiena, lei si voltò verso di lui e gli sorrise.

<< E' stato bello. >> Sospirò prendendogli la mano.

<< Ora però dovrò riaccompagnarti a casa. >> Mormorò lui tristemente << Vorrei che potessi restare con me. >> Si stiracchiò e fece per alzarsi.

E se restassi? Si chiese Hachi, ma scacciò immediatamente quel pensiero come se si trattasse di una mosca molesta. Non poteva spingersi così in là con le proprie fantasie.

Rivestirsi fu terribile.

Quando vivi una cosa così meravigliosa vorresti che non finisse mai e, invece, finisce sempre troppo rapidamente.

<< Sono un'ipocrita. >> Sospirò Hachi mentre salivano in auto. Cominciava a sentire un principio di senso di colpa.

Nobu non sapeva come replicare. Inutile negare l'evidenza, Hachi era un'ipocrita: aveva biasimato Takumi perché lo credeva innamorato di un'altra donna e poi era andata da lui. Amava il fatto che fosse un'ipocrita.

Ma chi diceva che Hachi lo amasse? Non se l'erano detto.

Nemmeno una volta. Non da quando si erano rivisti.

Eppure il fatto che avesse ammesso di essere un'ipocrita era un po' una confessione d'amore, non esplicita forse, ma era abbastanza per Nobu.

Parcheggiò nella strada accanto al condominio di Hachi, sapevano entrambi che era pericoloso indugiare assieme lì. Chiunque avrebbe potuto vederli. Ma ciononostante non potevano fare a meno di cercare una scusa per ricavare ancora qualche minuto da trascorrere assieme.

<< E' orribile dirti addio, di nuovo. Ora. >> Commentò Nobu prendendole la mano.

Hachi arrossì << Non è un addio, ci possiamo rivedere. >> Replicò << Se anche tu lo vuoi... >>

Nobu non aveva mai sentito parole più belle in vita sua. Annuì.

Se non poteva avere una famiglia con Hachi si sarebbe accontentato di questo: di stringerla di nascosto tra le sue braccia.

Sapevano che quel rapporto avrebbe finito col logorarli dentro un domani non molto lontano.

Sapevano che avrebbero sofferto e litigato. Sarebbero passate settimane senza che si dicessero una parola, però alla fine una forza maggiore di loro li obbligava a unirsi nuovamente.

Era come una malattia. Una febbre che li corrodeva e li lasciava spossati e stanchi.

Però quel mattino, mentre Hachi indugiava con la mano chiusa attorno alla maniglia, su di loro non gravava alcuna ombra. Anzi, il mondo non gli era mai parso tanto roseo.

Hachi baciò Nobu un'ultima volta e poi aprì la portiera pronta ad uscire, quando lui la richiamò indietro.

<< Nana... >> La chiamò.

Hachi si voltò a guardarlo confusa << Dimmi. >> Replicò guardandolo dritto negli occhi.

<< Ti amo >> Le disse lui semplicemente. La sua voce era profonda, carica di sentimento. Era sincera e pura, come uno specchio d'acqua in alta montagna. Hachi pensò che poteva quasi specchiarsi nell'intonazione di quelle due parole.

E il suo cuore fiorì, come il bocciolo di una rosa che si schiude. Non aveva mai sentito il sentimento nelle parole di Takumi, ma non le importava. Non ora che c'era Nobu.

<< Anche io ti amo, Nobu. >> Rispose lei con la medesima intensità.

E poi si separarono. Ognuno per la propria strada fino al momento del loro prossimo incontro.

Peccatori e custodi di un segreto di cui solo loro due erano a conoscenza. Complici, traditori, amanti.

Hachi aprì la porta di casa con mano tremante.

Con che coraggio sarebbe tornata alla sua vita ordinaria, come avrebbe potuto guardare di nuovo Takumi negli occhi e fingere di essere la sua brava e fedele mogliettina? Avrebbe sentito l'odore di Nobu sulla sua pelle, sui suoi abiti?

Per un momento si pentì di ciò che aveva fatto, ma avrebbe mentito se avesse detto di aver indugiato più di qualche secondo su quel pensiero. Si conosceva fin troppo bene per sapere che, anche se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel tempo avrebbe commesso quello stesso errore altre mille volte, e mille volte ancore. Perché con Nobu era amore. E lei non poteva rifiutarsi di obbedire ai desideri del proprio cuore.


The End

  
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