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Autore: JudyZenkai    10/11/2010    3 recensioni
Una ragazza, sola contro il mondo che la vuole portare via.
Lei l'Estate, lui l'Inverno.
Riuscirà a scappare la fanciulla?
Un finale aperto a tutte le interpretazioni possibili. Spero vi piaccia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza camminava a passo svelto lungo il sentiero battuto con pochi sassi del parco. L’aria attorno a lei era pesante, umida, calda. I lunghi capelli castano chiaro mossi e lunghi, fino alle scapole, cominciavano a darle fastidio a causa della temperatura. Ma andava troppo di fretta per fermarsi a legarli. Se li tirò indietro con le mani lisce, rosee, stringendoli su un lato e lasciandoli cadere sulla schiena affusolata. Gli occhiali da sole scuri grandi e simili a quelli che una ragazza come lei di diciannove anni compra per sentirsi più grande, anche quelli le pizzicavano la pelle. Li abbassò fino alla punta del piccolo naso, guardando coi suoi occhi da cerbiatta adulta la strada lunga che doveva ancora percorrere. Con la punta dell’indice li tirò su e allungò il passo.




Gli stivali marroni da cow girl le arrivavano poco sotto il ginocchio dove lasciavano spazio a dei blue jeans chiari, a vita bassa, semplici ed eleganti. Una maglia scura copriva il seno non ancora perfetto della ragazza e dei mistici disegni grigi appena brillantinati davano forma al corpo magro e slanciato. I boccoli chiari sulle punte le cadevano leggeri e rimbalzavano ad ogni passo della fanciulla. Pochi bracciali e anelli rivestivano la pelle nuda così perfetta e di porcellana.



Raggiunse la fine del parco e imboccò una stradina non troppo trafficata della città. Si accorse di essere in centro solo quando vide una lunga, anzi lunghissima via, di negozi con grandi insegne luminosi e brulicanti di ragazzi nella strada perpendicolare alla sua. Si appoggiò ad un muro spoglio, vicino ad un bar odorante di fumo e cenere. La schiena calda toccò il fresco rivestimento del muro, tanto da provocarle un leggero brivido che arrivò fino in fondo alle cosce. Forse si era vestita troppo pesante, ma non amava il genere di ragazze svestite nonostante la stagione calda. Prese fiato e si voltò su un lato. Per un secondo sentì di essere scampata a tutto, di aver seminato tutti quelli che la stavano cercando. Chiunque essi fossero.



Poi ancora quella sensazione. A destra; no a sinistra. La chioma si spostò con la testa, che girava in ogni direzione alla ricerca di quell’essere che la fissava, ma non vide nulla. Guardò infondo al bar, al negozio di gioielli accanto, al gruppo di bambini in bicicletta poco più avanti, ma non si accorse che quell’essere stava ancora al parco, da dove era appena uscita. Riusciva a vederla a malapena quella splendida ragazza dal viso sagomato. Eppure, vedeva abbastanza da permettergli di seguirla con lo sguardo, notando in lei un crescere di batticuore e sudorazione.


La ragazza percorse la via dei negozi, cercando di perdersi tra la confusione, cercando di assecondare ogni cosa e dimenticare tutto. Camminò a passo svelto coi suoi stivali preferiti attraverso gruppi di ragazzi e ragazzine, intende a parlare, prendere un gelato o fumare davanti alle statue. Ma non le interessavano gli altri in quel momento, voleva solo rilassarsi. Cercò una panchina di un giardino aperto di un grande piazzale. Si sedette respirò profondamente. Quella tecnica sembra l’unica maniera per farla riposare dal mondo esterno circostante.



L’uomo coi lunghi baffi grigi arricciati e il cappotto beige dai grandi bottoni, però, la continuava a seguire. Nonostante avesse cercato di disperdere le tracce. Il suo era un travestimento banale, da poco, copiato e stracopiato da film vecchi di cui nessuno ricorda il nome. Ma comunque, nessuno lo riconosceva né lo vedeva. Forse i film per una volta non hanno raccontato una bugia. Anche il travestimento più sciocco può essere efficace. Soprattutto se la persona che segui non ti riconosce.


Una folata di vento leggero dalle spalle della ragazza le fece finire i capelli davanti gli occhi, distraendola dai suoi pensieri. Si accorse di una strana figura avanti una cinquantina di metri che la osservava attraverso gli occhiali spessi. Il suo abbigliamento era inusuale e le fece credere che potesse trattarsi dalla persona che la seguiva. Spaventata si alzò dalla panchina, con sempre meno forza nelle sottili gambe. Prese un vicolo stretto e scoglio, sui muri che davano alla strada vi erano solo graffiti e nemmeno fatti bene. Continuava a voltarsi indietro sentendo sempre più quella sensazione bruciante. Non riusciva a scrollarsela di dosso. Guardò indietro e riconobbe di nuovo quell’uomo dal cappello nero e giubbotto. Avrebbe pensato fosse normale quel suo abbigliamento, se non fosse stata piena estate. Credeva che pure lui avesse dovuto avere caldo, forse questo gli avrebbe impedito di seguirla a lungo. La figura non si muoveva, eppure era sempre più vicina a lei. Sentiva lo sguardo puntato sul suo viso, sempre più accaldato. Ancora ferma com’era, vedeva l’uomo avvicinarsi e non le pareva per nulla un buon segno. Cominciò a correre e i lunghi stivali cominciarono a rivelarsi un problema. I capelli le ricaddero all’indietro, sinuosi e puliti. Corse più veloce che poteva, schizzando tra la gente e facendosi largo tra i giovani. Imboccò diverse stradine, ma alla fine quella sensazione non cambiava. Lo stomaco le si contorceva e il volto era rigato da un goccia di sudore. Era ad un angolo, indecisa su che strada prendere. Il sole del primo tramonto le illuminava esattamente metà viso e gli occhiali risultarono solo un fastidio con la luce fioca della giornata.



Per un attimo il cuore le si sciolse. Non vedeva più nessuno. Era sola. Fin troppo. Non sentiva i rumori della città né tanto meno quelli del grande parco cui girava intorno. Tirò un sospiro di sollievo. Era salva, pensava.



Di nuovo quella folata di vento fresca. Di nuovo il brivido lungo la schiena. Si voltò, togliendo gli occhiali da sole. Si rivelarono due grandi occhi marroni dolci, col mascara ben accennato e un ombretto chiaro leggero. Le sopracciglia ben definite, sottili rendevano il viso ancora più perfetto. Sbatté piano le ciglia, mettendo a fuoco più lontano possibile per vedere. Era lì.



Era lui che la seguiva.



Fece per voltarsi e davanti a sé se lo ritrovò di nuovo. Aveva percorso trenta metri in un sol colpo di ciglia, con passi leggeri come l’aria. Sembrava trasportato dal vento. Corse nella direzione opposta, da dove proveniva prima, pregando sottovoce che non fosse arrivata la sua ora.



Ancora il vento e ancora stava lì, fermo immobile a fissarla. Era ovunque e da nessuna parte. Si spostava come per incanto seguendo l’aria fredda. Era lui l’inverno imminente e lei la calda estate. Poteva scappare, fin quanto voleva, ma lui sarebbe sempre stavo alle sue calcagna. Non poteva fuggire.



E così si lasciò cadere su se stessa, piegata sulle ginocchia contro un freddo muro. Una lacrima rigava il volto. Una lacrima calda, l’ultima che avrebbe versato. Non lo vedeva più, ma sentiva che era lì, che la osservava.



Ancora una folata di vento e lei sparì con l’aria fredda.



Era sua. 

  
  
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