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Autore: Rik Bisini    18/11/2005    2 recensioni
Questa fanfiction risale a dicembre del 2000. È ambientata sull'isola leggendaria di Lodoss, in contemporanea con le vicende narrate in "Le Cronache dell'Eroico Cavaliere", ma contiene solo riferimenti ai personaggi della serie originale ed è incentrata su due personaggi di mia ideazione.
La scrissi e la inviai alla casa editrice del fumetto, che aveva promesso la pubblicazione per le più meritevoli. Non è mai apparsa, ma spero che a qualcuno di voi piaccia.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il messaggero

"Ierzja! Ierzja!" la voce che gridava il mio nome era quella di Pesh, un bambino di otto anni a cui avevo curato un ginocchio malandato dopo una brutta caduta da cavallo, pochi mesi prima. Ora però correva velocemente dirigendosi verso la piccola casa dove abitavo.
Posai il vecchio vestito grigio che stavo rammendando e mi avvicinai alla finestra.
Pesh correva insieme ad altri quattro bambini, tre maschi ed una femmina. Qualunque cosa fosse la causa di quella agitazione, doveva essere piuttosto importante, visto che a cercarmi erano quasi un terzo dei bambini del paese.
Un incidente forse? Qualcuno che aveva bisogno urgente di aiuto? Un malore del vecchio capo del villaggio o di sua moglie? Presi il mantello candido che tenevo appeso vicino alla porta, il mantello delle cerimonie del mio apprendistato a Valis, e lo indossai: in quel piccolo paese era divenuta la veste che mi identificava nel mio ruolo di guaritrice. Aprii l'uscio nel momento esatto in cui i bambini sopraggiungevano.

Un soldato. I cacciatori che tornavano dal Passo di Lunie lo avevano guidato al villaggio.
Lo avevano fatto stendere su un letto ed io esaminai con attenzione la ferita del suo braccio. Non era una brutta ferita, ma era gonfia e la pelle attorno ad essa aveva un colorito innaturale. Veleno. Di qualche genere. Le mie conoscenze non mi permettevano di aggiungere altro.
L'incantesimo che praticai avrebbe fermato l'azione del veleno, per qualche tempo. Il soldato rimase muto ed aveva in volto i segni del dolore mentre io lo curavo, ma non perse mai i sensi.
Era un veterano, dal fisico irrobustito da anni di lotte. Avevo circa quarant'anni, cioè cinque più di me. Riconobbi le insegne del Paese di Flaim, sulla sua divisa. Ma come era giunto fino al sud di Kanon un cavaliere di Flaim e soprattutto perchè?
"Devo rimettermi in marcia." furono le prime parole che mi disse. Avevo finito di medicarlo da pochi minuti e stavo per suggerigli di riposare.
"Dov'è il mio cavallo?" aggiunse.
"Anche esso necessitava di cure" spiegai "lo custodisce il nostro capovillaggio. Ma le conviene attendere prima di muoversi: nel suo sangue circola un veleno. Chiederò di farla condurre con un carro da un'esperta guaritrice."
"Non credo di avere tempo." replicò il cavaliere "Ho un messaggio di re Kashoe da consegnare al libero esercito. Devo raggiungerli prima che si spostino."
"Io purtroppo posso solo rallentare l'azione del veleno, ma non fermarla. Se non vuole farsi curare, non consegnerà mai quel messaggio."
"Posso resistere al veleno."
"Il mio incantesimo non è abbastanza efficace da contrastare gli effetti del veleno per più di otto ore. Poi il dolore la renderà incapace di muoversi."
Il cavaliere tacque e spostò il suo sguardo sulla ferita, come se osservandola potesse trovare la cura che cercava.

Udii battere con forza all'uscio. Più volte, senza sosta. Spostai la cena dal fuoco, prima di andare ad aprire. Il cavaliere di Flaim mi attendeva all'ingresso.
"Verrò a medicarla dopo cena." dissi.
"No." mi ordinò lui "Lei partirà con me. Ora."
Lo fissai con un sorriso ingenuo sulle labbra.
"Che cosa ha detto?" chiesi.
"Devo consegnare il messaggio entro dopodomani mattina. Ho bisogno del suo aiuto. Delle sue cure. Poi la farò accompagnare qui."
Fissai l'uomo venuto da Flaim perplessa. Cercando il suo sguardo mi resi conto che era di parecchi centimetri più alto di me.
"Io... devo restare al villaggio. Non ci sono altri guaritori."
"Non ne hanno bisogno. C'è una guerra in corso. Marmo ha invaso l'isola di Lodoss. L'esercito di Flaim ha bisogno di restare in contatto con i cavalieri liberi per vincere. E questo rende il mio incarico enormemente importante."
"Io capisco, ma..."
"Da quello che ho capito" aggiunse il cavaliere "ha studiato a Valis. Devo forse ricordarle il giuramento che ha fatto? Mi spieghi come può restare indifferente di fronte alla possibile vittoria delle forze delle tenebre. Credo che lei sia chiamata a seguirmi, in nome della dea della terra, Marfa."
Liberai la mia mente dai sentimenti, come evocando la forza protettrice degli dei, e parlai in modo dolce e fermo.
"Non verrò con lei cavaliere, in nessun caso" dissi "se prima non saprò il suo nome."

Esiaar, questo era il nome del cavaliere di Flaim, aveva convinto il capovillaggio a prestargli un cavallo.
"Gli ho solo fatto notare che discutere a lungo come me, avrebbe reso più facile che le truppe di Marmo mi trovassero suo ospite." mi aveva spiegato brevemente quando gli avevo chiesto come aveva ottenuto quel prestito.
Ma la verità non era solo quella. Il cavallo che Esiaar aveva ottenuto in prestito era Antema, un splendida femmina che il capovillaggio avrebbe presto voluto vedere madre. Il vecchio sapeva che quel cavallo era destinato a me ed aveva voluto che io cavalcassi il meglio che mi si potesse offrire.
Antema era il segno della ricoscenza per quello che avevo fatto in quegli anni al villaggio ed anche dell'affetto che tutti nutrivano per me. E significava anche che tutti desideravano che io tornassi da loro. Presto. Viva. Questi pensieri mi scaldavano il cuore nel freddo della notte.
Pensavo anche alla mia vita. Quindici anni prima la mia maggiore ambizione era stata affrontare rischiose avventure e drammatiche battaglie, seguire l'esempio della Guerriera Leggendaria o di Neese, quella dei Sei Eroi.
Esiaar, ne ero certa, aveva indovinato tutto questo con un solo sguardo al mio mantello. E pensavo anche a lui, piombato nella mia vita a ricordarmi quello che ero stata anni prima, ma anche a ricordarmi che dentro di me batteva il cuore di una donna, che non aveva mai rinunciato ad essere amata, sebbene spesso mentiva a se stessa sostenendo il contrario. Il suo sguardo contemporaneamente deciso e sincero suscitava dentro di me una sensazione di sicurezza che mi sosteneva nelle insidie del viaggio.

Viaggiammo quasi tutta la notte, Esiaar riusciva ad orientarsi con un semplice sguardo alla luce delle stelle. Dormimmo poche ore e ripartimmo di primo mattino, appena ebbi praticato nuovamente l'incantesimo che fermava il veleno.
Ci fermammo nuovamente, perchè io potessi curare di nuovo la ferita, poco dopo il mezzogiorno. Verso la metà del pomeriggio Esiaar mi annunciò "Dobbiamo solo arrivare a quella foresta. I liberi cavalieri ci verranno certemente incontro."
Indicò una macchia di alberi su di una montagna che dominava il sentiero che stavamo percorrendo. I cavalli erano stanchi, soprattutto quello di Esiaar, che aveva affrontato un viaggio ben più lungo, ma pensai che saremmo arrivati in serata.
Per raggiungere quella macchia, però, ci dirigemmo verso il passo che conduceva al monte di fronte a noi. Dapprima camminammo alla consueta andatura, poi Esiaar rallentò e fece continue soste.
"Tracce" mi spiegò "di un passaggio recente di pochi cavalli. Una pattuglia, forse, o forse dei disertori. In entrambi i casi, un pericolo. Speriamo che abbiano già superato il passo." Invece a meno di cento metri dal passo, Esiaar fermò nuovamente i cavalli, smontò e si mosse furtivo verso la parte più alta del sentiero.
Tornò rapidamente indietro e mi porse una lettera chiusa da un sigillo. "Questo è il messaggio di Re Kashoe" disse "tienielo tu. Ci sono cinque soldati accampati al passo. Mercenari di Marmo. Non possiamo aspettare che se ne vadano, anche perchè potrebbero accorgersi di noi da un momento all'altro. E poi se l'accampamento dei cavalieri liberi è stato scoperto, è importante che se ne vadano al più presto."
Annuii confusa.
"Io li impegnerò in battaglia. Tu corri avanti. E' l'ultimo favore che ti chiedo."
"Sono cinque contro uno." osservai.
"Non sarà la mia battaglia più dura." mi confortò Esiaar.

Esiaar lanciò il suo possente grido di battaglia. I cinque mercenari raggiunsero e sguainarono in un lampo le armi. Il primo crollò appena Esiaar calò un fendente.
Guidai Antema al galoppo accanto a loro e li superai in fretta. Esiaar parò i colpi di due dei suoi avversari ed allontanò un terzo con una gomitata. Il quarto sollevò un braccio armato di una frusta.
Tirai le redini. Antema si fermò docile. La spada di Esiaar si mosse dal basso verso l'alto, trascinando con sè la vita del secondo dei mercenari. Poi il cavaliere schivò gettandosi in una capriola a terra la frustata di un avversario. Uno dei sopravvissuti si lanciò contro di lui, affondando la punta di una lancia verso il basso. Ma Esiaar riuscì a girarsi su un fianco ed a piantare la sua spada al centro del petto dell'uomo. Il sangue dell'altro gli macchiò le vesti ed il volto.
La frusta sibilò ancora e questa volta raggiunse il suo bersaglio, avvolgendosi al collo di Esiaar. Il cavaliere di Flaim tese un braccio ed afferrò la frusta strigendola tra le dita del suo guanto di metallo e tirandola a sè. Nel frattempo però, l'ultimo dei mercenari, estrasse da una cintura un grosso coltello da lancio.
Fui veloce. Il sasso lanciato dalla mia fionda colpì il mercenario prima che potesse lanciare il coltello. L'uomo com la frusta, vistosi alle prese con due avversari, abbandonò l'arma e corse via, imboccando un sentiero che conduceva verso un'altra valle.
Esiaar raccolse la frusta. Mi stavo rendendo conto in quel momento di aver preso la mia fionda e di averla caricata senza nemmeno pensarci, come avrei fatto quindici anni prima.
"Grazie" mi disse Esiaar "un ottimo colpo."
Arrossii.
"Ora andiamo dai liberi cavalieri." aggiunse voltandosi per tornare al suo cavallo.

Attesi che Esiaar consegnasse il messaggio di Re Kashoe a Parn, colui che comandava i liberi cavalieri pur non avendo il titolo di generale. Il cavaliere di Flaim mi raggiunse dopo un paio di ore.
"I liberi cavalieri stanno per spostarsi" mi disse "ma il cavaliere Parn mi ha assicurato che avrai una scorta per il ritorno al tuo paese. Io resterò con loro finchè non si accamperanno altrove, poi andrò ad Allania, per tornare a combattere con i miei compagni."
Mi mostrò il braccio.
"La mia ferita ora è guarita. Grazie per le tue cure. Ed anche per il tuo valore. Mi domando perchè hai lasciato i chierici di Valis."
Sorrisi. "Mi addestrai nel corso della guerra degli Eroi" spiegai "poi ci fu una lunga pace. Molti altri erano più capaci e più esperti di me e pensai che non avessero bisogno di me. Nessuno aveva mai avuto per la verità bisogno di me, finchè non giunsi nel paese dove ci siamo conosciuti, che era senza un guaritore."
"Ora però siamo di nuovo in guerra." continuò Esiaar "Tutta Lodoss ha bisogno di te."
Annuii "Sì, mi troverà pronta, come al tuo arrivo. Ma ora voglio tornare da chi mi aspetta."
"Se scoprissi di avere bisogno di te?" domandò Esiaar "Sei stata una valida compagna."
Arrossi e sentii il mio cuore battere.
"Spero che non avvenga. Prego gli dei per lunghi anni di pace" dissi "E spero che tu non mi dimenticherai anche in quegli anni."
"Non lo farò" disse Esiaar "lo giuro."
E lo sguardo deciso del cavaliere di Flaim mi parve più sincero che mai.

   
 
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