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Autore: Luli87    12/11/2010    9 recensioni
Castle si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Kate se ne accorse appena in tempo. Due spari: bang, bang.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ore 22.30
“Kate, ti prego, resisti” furono le ultime parole che riuscì a sentire chiaramente. Il volto preoccupato di Castle diventava ai suoi occhi sempre più opaco, come se lei stesse precipitando nel vuoto. La sua voce si faceva sempre più lontana, sentiva soltanto un insieme di rumori che non riusciva più a distinguere. Le mani stavano perdendo sensibilità, non sentivano più la stretta delle mani di Castle intorno alle sue. Fino a quando buio e silenzio presero il sopravvento.
 
Un assassino in fuga, Kate e la sua squadra all’inseguimento. Castle come al solito non aveva ascoltato gli ordini di Kate di stare in macchina, e così si era trovato, come sempre, nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il fuggitivo era circondato, Rayan ed Esposito l’avevano spinto fuori dall’edificio ed erano alle sue spalle, davanti a sé un’auto della polizia con due agenti pronti a sparare, Kate poco lontano dalla porta d’ingresso, pronta ad arrestarlo. Pochi secondi, il tempo necessario perché Kate se ne rendesse conto: Castle non era rimasto in macchina ed era esattamente a pochi metri da lei, vicino, per osservare la scena, ma troppo vicino al tiro dell’assassino. Quello, uscendo di corsa dall’edificio, puntò la pistola contro di lui, e tutto accadde in pochissimi secondi. Kate si spostò velocemente verso Castle, cercando di ripararlo, tenendo le braccia in posizione, pronta a sparare; poi, due colpi, bang, bang. Un colpo, Esposito aveva colpito l’uomo alla gamba, il quale cadde a terra urlando dal dolore. L’altro colpo, il bastardo aveva colpito Kate all’altezza del bacino. Kate lasciò la pistola e le cedettero le ginocchia, cadde a terra, ma Castle la afferrò al volo. “Kate, ti prego, resisti!” Cercò di tamponare la ferita con le mani,  bloccando la fuoriuscita di sangue. “Presto, chiamate un’ambulanza!!” La fece appoggiare con la schiena a sé, tenendo sempre premuto sulla ferita. “Avanti Kate, non mollare!”
 
Ore 2.00
Dopo quasi 3 ore di operazione, la detective Beckett era stata trasferita in terapia intensiva. Il proiettile non aveva colpito nessun organo vitale, ma nell’impatto si era frantumato e i medici avevano fatto il possibile per rimuovere ogni singola traccia. Purtroppo però un’emorragia aveva fatto perdere troppo sangue a Kate, così l’operazione si rivelò più lunga del previsto. Montgomery, Esposito, Ryan e Castle erano tutti lì, in sala d’aspetto. Castle si era lavato le mani dal sangue, ma aveva ancora i vestiti sporchi. Quasi tremava, non sapeva cosa aspettarsi. Il dottor May uscì dalla sala operatoria: “Signori, la paziente sta bene. Abbiamo rimosso ogni residuo del proiettile. Purtroppo c’è stata una complicazione, una difficile emorragia.”
Montgomery lo interruppe: “Quanto difficile?”
Il medico osservò i volti di tutti quegli uomini, erano notevolmente preoccupati. “Signori, aspettiamo domattina. Vediamo come la paziente reagirà durante la notte. Per adesso è sotto stretta osservazione, non potete entrare a visitarla tutti insieme, l’abbiamo portata in terapia intensiva. Se tra di voi c’è un parente o un amico più intimo, può entrare, ma non deve toccare niente. Quello che vi consiglio è di tornare a casa, cercare di dormire. Vi terremo informati. Non potete fare nulla per adesso.”
Castle fece un passo avanti: “Vorrei vederla, io non toccherò niente, non…”
“No” Una voce alle loro spalle. “Entro io, se permettete. Penso si avere più diritto di chiunque altro qui”.
Tutti si voltarono a guardarlo. Montgomery era l’unico ad averlo conosciuto, circa 5 anni prima.
Il medico: “Lei è un parente?”
“Sì, sono suo padre.” Così il signor Beckett, con un rapido cenno al capitano, entrò in terapia intensiva. Montgomery si era preoccupato di chiamare il padre della sua migliore detective. Ordinò ad Esposito e Ryan di andare a casa e accompagnò Castle fino al suo loft.
 
Ore 7.00
Il sole stava sorgendo, lentamente. Non era una giornata caldissima, e il cielo era pieno di nuvole grigie, segno che presto il sole se ne sarebbe stato ben nascosto lasciando spazio alla pioggia. Castle guardava fuori dalla finestra, con la tazza del caffè in mano, ormai fredda.
“Papà, sono dieci minuti che guardi fuori. Perché non vai in ospedale? La notte è passata, forse Kate si è svegliata.” Alexis, dolcissima e affettuosa come sempre. “Su papà, non serve a niente stare qui immobili.”
“Tesoro, vieni qui, abbracciami”
Abbracciare sua figlia era un toccasana per Castle. Sentire i suoi capelli morbidi tra le sue dita, il suo viso contro il suo petto, le sue braccia intorno a sé e vedere quegli occhioni blu e il suo sorriso così delicato, lo faceva sentire molto meglio. La sua bambina. La sua saggia, dolce, geniale bambina.
“Tesoro, è ora di andare a scuola. Tu non preoccuparti di niente d’accordo? Andrò in ospedale, non so cosa posso fare, spero solo che si sia svegliata. Ti chiamerò se ci sono novità.”
 
Ore 7.45
Arrivato all’ospedale, Castle si fermò ai cancelli d’ingresso e guardò quell’enorme edificio bianco. Tanta gente entra, tanta gente esce. Osservò la poca gente intorno a sé, e nonostante fosse mattino presto, c’era chi voleva prendersi quel poco sole che c’era. Una signora accompagnava il marito in carrozzina, una ragazza stava passeggiando in stampelle insieme al padre, un’anziana signora invece era seduta su una panchina con un fazzoletto in mano e un ragazzo le sedeva accanto, con un espressione che non prometteva niente di buono.
Castle comprò due caffè, come faceva ogni mattina, con panna e una spolverata di cannella. L’unica differenza era che quella mattina non era ben sicuro su chi li avesse bevuti. Nel suo cuore sperava che Kate si fosse svegliata nella notte, che andasse tutto bene. Ma se così fosse, qualcuno l’avrebbe già avvisato. Invece né chiamate né messaggi. Segno che Kate era ancora in terapia intensiva, ancora in coma post-operatorio.
 
Nel corridoio che portava alla sala d’aspetto incontrò il dottor May, in camice blu.
“Dottore ci sono novità sulla detective Beckett? Non mi ha chiamato nessuno.”
Il dottore gli strinse la mano in segno di saluto, e disse “Signor Castle, vorrei poter spiegarle ogni singolo momento di stanotte, ma ho un’operazione urgente tra pochi minuti. Tra poco dovrebbe arrivare l’infermiera che era di turno stanotte, può parlare con lei” e corse via.
Rick, ancora con i due caffè tra le mani, rimase immobile. Appena si guardò intorno, in cerca di una sedia, lo vide. Il padre di Beckett, seduto, con la testa tra le mani. Oh mio Dio. Dio no ti prego, pensò. Si avvicinò lentamente a quell’uomo, notevolmente provato dalla notte trascorsa. Al diavolo attendere l’infermiera, io devo sapere.
“Signor Beckett, sono Richard Castle.”
L’uomo alzò lo sguardo. “Oh buongiorno.” Teneva lo sguardo basso, non aveva una bella espressione. “Sì, so chi è lei. È lo scrittore di fama mondiale che segue mia figlia nel suo lavoro.”
Castle gli si sedette accanto e gli porse uno dei due caffè. “Tenga, beva un po’ di caffè caldo. Terrà lontana la stanchezza per un po’. È come piace a Kate, con panna e cannella. Se il detto tale padre tale figlia funziona, allora piacerà anche a lei …” gli disse, quasi sorridendo al ricordo di quanti caffè aveva preparato o comprato per Kate negli ultimi due anni di indagini, insieme.
 Il padre di Beckett appoggiò la testa al muro. Era terribilmente stanco. Aveva due ombre nere sotto gli occhi, segno che aveva pianto, e non poco.
“La prego mi dica che Kate sta bene …” Castle non riusciva a pensare, a riflettere, non voleva sentire altro se non che Kate era ancora viva.
“Kate ha avuto altre due crisi stanotte. Sempre per la stessa emorragia. Solo che non sono riusciti a rimarginarla e ..”
Castle lasciò cadere il suo caffè a terra. “No la prego non lo dica”
“No no, è viva. La mia Katie è molto forte sa? La seconda volta che si è presentata l’emorragia è stata verso le 5, adesso è di nuovo in terapia intensiva. Sono uscito poco prima che arrivasse lei, Castle. È terribile stare là dentro senza poter fare niente, per così tanto tempo. Ha dei tubi tutto intorno, sembra che stia dormendo ma io sono così preoccupato. Le ho tenuto la mano per tutto il tempo. Lei ha una figlia?” Castle annuì e Beckett continuò “Allora sa com’è guardare la propria ragione di vita mentre dorme, proprio lì di fronte a te.. e la accarezzi, le tieni la mano, le baci la fronte.. Il problema è.. E se non dovesse svegliarsi? Ma si sveglierà la mia Katie. Sono fiducioso nei medici, hanno detto che l’emorragia è chiusa. Ma ho temuto di perderla due volte nel giro di una sola notte. E non sa le mie paure da quando è entrata in polizia. Da quando è morta Johanna è stato tutto così difficile. Ogni volta che sentivo una sirena o uno sparo, provavo una fitta al cuore, temendo per la mia Katie. Non posso perdere anche lei.”
Castle poteva capire quel padre, e al pensiero di Alexis in quelle stesse condizioni non riusciva a respirare. E non riuscì a respirare davvero per pochi istanti. È colpa mia, voleva dire. È colpa mia se Kate è in quella sala. Si è messa tra me e quel bastardo assassino a cui davamo la caccia. Oh santo cielo. È tutta colpa mia.
“Signor Beckett, mi ascolti. Kate è forte, la conosco da due anni, vedrà che si sveglierà nel giro di poche ore e si riprenderà molto presto. Ma deve sapere la verità su ieri notte. La sparatoria … Kate è stata colpita al posto mio. Ho sbagliato, lei mi aveva dato un ordine e io non l’ho rispettato. Sono davvero ..mortificato”
“Castle, Esposito e Ryan sono stati qui stanotte, mi hanno raccontato tutto della sparatoria. E anche della vostra collaborazione. Conosco la mia Katie meglio di chiunque altro e so che se l’ha fatto è perché ci tiene a lei. Katie non permetterebbe mai che un suo amico o un suo caro possano farsi male. È una ragazza sveglia. Si fa sempre in quattro per tutti. Rischia la vita ogni giorno per la giustizia e per i valori importanti. Se ha voluto proteggerla da quel bastardo, è perché è nella sua natura. Non poteva fare altrimenti. La mia Katie. Lei sa che è una sua fan da molti anni? Penso dal primo romanzo che ha pubblicato.”
“Davvero?”
“Oh, sì. Dopo la morte di Johanna, Kate era depressa, non usciva più, non parlava più. Si era chiusa in se stessa. Un giorno un suo amico le regalò un libro, uno dei suoi, e da quel libro poi li comprò tutti. Pensi che li teneva tutti in modo ordinato e due glieli aveva anche autografati.”
“Mi sta dicendo che io e Kate ci eravamo già visti? No.. mi piacerebbe ricordarmene!”
“A quanto pare non se ne ricorda allora. Katie adora i suoi libri. La ricerca dell’assassino, lo spessore delle personalità dei suoi personaggi, le storie così avvincenti. Ogni storia la affascinava, e credo nel suo cuore sperasse che anche l’assassino di sua madre facesse la fine degli criminali nei suoi libri. Sa, quando lo scorso anno quello psicopatico le fece saltare per aria l’appartamento, perse tutti i suoi libri. Glieli ho regalati di nuovo, tutti quanti. Adesso però sono a casa mia perché il giorno che glieli ho mostrati mi ha detto Papà, se dovessero bruciarmi la casa ad ogni romanzo che Castle scrive ispirato a me, dovrai comprare un’intera libreria, perciò tienili tu, così verrò a trovarti più spesso. Sa, credo che se Katie mi sentisse parlare adesso potrebbe negare tutto.”
Castle si sentiva onorato di tutta quella ammirazione. Aveva intuito che Kate fosse una sua fan, ma non così fan. Era iscritta al suo sito internet, non sapeva con qualche nickname. Sapeva che aveva letto molti dei suoi libri, l’aveva capito sin dalla prima volta che si erano parlati. Non pensava che lo ammirasse così tanto come scrittore. L’ aveva aiutata a superare la morte della madre con i suoi libri, adesso lo sapeva. E con questo, si sentì ancora più in colpa. “Sono onorato. Davvero non ho parole. Mi dispiace terribilmente, se solo le avessi obbedito, sarei dovuto restare in macchina.”
“Castle, non si senta in colpa. È una poliziotta, i criminali sparano sempre addosso ai poliziotti. Già una volta era successo, era stata colpita di striscio al braccio destro. Aveva salvato la vita a una bambina. Dopo quell’episodio fu promossa a detective. Era così felice. Ed io sono così fiero di lei.”
Kate, Kate, Kate, ti prego, resta con me, continuò a ripetersi Rick.
 
Restarono così seduti per una buona mezz’oretta, uno accanto all’altro, due padri, due uomini, in pensiero per la stessa donna. Una figlia, un’amica, o più di un’amica.
Verso le 9.00 arrivò il capitano Montgomery. Il dottor May aveva tranquillizzato tutti sulle condizioni di Kate. Aveva passato la notte, la radiografia non mostrava altri frammenti di proiettile e l’emorragia era stata chiusa con successo: tutto quello che potevano fare era aspettare. Nel frattempo Kate era stata trasferita in una stanza, non era più in terapia intensiva. Il capitano convinse il padre di Beckett ad andare a casa a riposarsi, per essere fresco e sveglio quando la sua bambina si sarebbe svegliata. Il signor Beckett accettò, a patto che lo chiamassero subito non appena Kate si risvegliasse, e il capitano lo accompagnò fino al suo appartamento, accertandosi che stesse bene.
 
Castle rimase in ospedale. Dopo aver chiamato Alexis, per sentire la sua voce e averla rassicurata che andava tutto bene, e sua madre Martha, per farsi dire parole di speranza che gli infondessero coraggio, fece un respiro profondo ed entrò nella stanza in cui si trovava Kate. Non aveva più tubi intorno, respirava da sola, aveva soltanto una flebo attaccata al braccio. Le coperte bianche la coprivano fino a sopra il seno. Caslte prese una scomoda sedia bianca, di plastica, e le si sedette accanto. Mise il telefonino in vibrazione, si tolse la giacca e le prese una mano. La accarezzò lentamente. Kate, resterò qui fino a quando non ti sveglierai. So che aprirai gli occhi, e quando lo farai vedrai i miei. Mi hai salvato la vita Kate, è il minimo che io possa fare prendermi cura di te, oggi e sempre. Sempre, se vorrai.
Durante la mattina passarono ancora il capitano Montgomery, Esposito e Ryan. Kate continuò a dormire, Castle a sperare. Le accarezzava la mano, continuamente.
 
Alle 15.30 Castle si era assopito. Aveva incrociato le braccia intorno alla mano di Kate, aveva appoggiato la testa al letto e si era addormentato, sempre tenendo stretta quella mano. L’odore di ospedale non era tra i suoi odori preferiti, ma quella pelle morbida e calda a cui era appoggiato gli ricordavano che si trovava nel posto giusto.
Kate mosse leggermente la testa. Un piccolo lamento. Aprì lentamente gli occhi e sbatté le palpebre tre volte. Le faceva male la testa e aveva molta sete. Sentiva la bocca secca e un odore insopportabile di disinfettante. Cercò di guardarsi intorno, senza alzarsi, senza alzare la testa. Una flebo, un filo sottile e trasparente. Lo seguì con gli occhi: finiva proprio nel suo avambraccio. Una testa appoggiata sopra la sua mano destra: provò a muoverla, sentì che era stretta a un’altra mano. Alzò lentamente l’altra mano e la appoggiò delicatamente ai capelli di Castle. Li accarezzò. Dolcemente, lentamente.
Rick si svegliò al sentire qualcosa di leggero sfiorargli i capelli. Alzò la testa e allora i loro sguardi si incrociarono. I suoi occhi brillarono di gioia nel vedere gli occhi di Kate aperti e strinse più forte la sua mano. Kate gli sorrise, a fatica, era molto stanca. Ma quel sorriso era tutto ciò che bastava a Castle per far battere il suo cuore a mille. “Ciao” le sussurrò dolcemente, con le lacrime agli occhi.
“Ciao” rispose lei, con voce sottile, flebile. Continuava a sorridergli, felice di essersi svegliata e averlo trovato al suo fianco. Castle le baciò la mano, la sollevò fino ad appoggiarsela alla sua guancia e stettero così, in silenzio. Non servivano parole, bastavano i loro sguardi a parlare per loro.
  
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