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Autore: White Gundam    13/11/2010    3 recensioni
Nei bui cunicoli dei sotterranei le vite di Kamina e Simon stanno per intrecciarsi in quello che diverrà il loro indissolubile legame fraterno. Una missing-moments che narra l'incontro dei due "fratelli", dedicata a tutti coloro che adorano questi due personaggi e il loro legame.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kamina, Simon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, approdo finalmente anche sul fandom di Gurren Lagann (in questo periodo sono particolarmente stregata da questo anime, tuttavia ancora non avevo scritto nulla che lo riguardasse, adesso comincerò ad adentrarmici con questa prima fandfiction). La fanfic è incentrata su Kamina, il mio personaggio preferito, e narra il suo primo incontro con Simon (è doveroso specificare che il comportamento di Simon è anacronistico secondo la serie, tuttavia mi serviva per dare più emozione alla storia). Questa fanfiction è ambientata nell'arco di tempo in cui i genitori di Simon perdono la vita, Simon ha sette anni e a Kamina ne ho dati quattordici. Spero di essere riuscita a rimanere IC e che il mio lavoro possa essere gradevole. Ringrazio tantissimo, già in anticipo, chiunque mi lascerà una recensione e spero vivamente che qualcuno mi faccia sapere i suoi pareri, di modo da potermi migliorare.

Finita la (troppo) lunga premessa, vi lascio alla fanfiction, enjoy you by

White Gundam

 

Me la fai una promessa?

Il lento frusciare del mantello logoro era l'unica cosa che accompagnava l'uomo, che lentamente si avviava, sfidando la sabbia e la morte, nel deserto sconfinato che gli si apriva davanti agli occhi.

Queste poche immagini, forse rese più poetiche di quanto in realtà non fossero, erano l'ultima cosa che il ragazzino, seduto su una pietra di un buio cunicolo, riusciva a ricordare di suo padre.

Egli scosse la testa, facendo dondolare la corta coda dei capelli. La tetra luce artificiale ne illuminava il corpo magro privo di indumenti fatta eccezione per i pantaloni e un paio di sandali, sul torso nudo erano ben visibili grandi tatuaggi tribali di colore azzurro che gli coprivano braccia, spalle e schiena, dandogli un'aria più vissuta rispetto ai suoi quattordici anni.

Il giovane starnutì e tirò sul col naso, passandosi le mani sulle braccia in un vano tentativo di lenire il freddo. Guardò con occhi vitrei il cunicolo che andava avanti fino al suo orizzonte visivo e aprì la bocca in un sospiro.

"Kamina!"

Il grido del capovillaggio di Gia, gli risuonò noioso e stressante nelle orecchie. Sospirò di nuovo con aria crucciata, temporeggiò infilandosi un dito nelle cavità nasali per lenire il prurito del raffreddore, quindi si decise a rispondere con tono aggressivo:

"Che c'è?!"

Il volto rude dell'uomo si avvicinò al suo viso, tanto quasi da toccare il suo naso, lo sguardo inferocito:

"Si può sapere perchè diamine non stai lavorando?!"

Gridò talmente forte che il ragazzino credette di aver perso almeno un timpano. Kamina chiuse gli occhi di riflesso e quando li riaprì tentò di imitarne l'espressione, si alzò in piedi e pose le mani sui propri fianchi guardando il vecchio con aria di sfida:

"Perchè non me ne frega niente di questo villaggio!"

Gridò con quanto fiato aveva in gola.

"Tanto io tornerò in superficie!"

Quando il giovane ebbe pronunciato l'ultima parola il volto dell'uomo diventò paonazzo e la sua faccia si fece, se possibile, ancora più minacciosa di quanto non fosse in precedenza. Un sorrisetto divertito si affacciò sul viso di Kamina, era quasi contento di aver sortito quell'effetto con una sola parola e, in quel preciso momento, trovava l'espressione dell'uomo comica, se non addirittura esilarante.

Il volto dell'anziano capovillaggio da paonazzo divenne viola, poi bianco; il più piccolo non riuscì a trattenere una risata che parve esplodere in faccia all'odiato tutore degli orfani di Gia, tuttavia l'uomo si limitò a sbraitare:

"La superficie non esiste!"

Ripetè quella sciocca frase un paio di volte, prima di riuscire, con un rinato colorito purpureo a colorargli il viso, a continuare il discorso:

"Non osare mai più ripetere una bugia stupida e pericolosa come questa!"

Gridò poi, afferrandogli i capelli. Il giovane tentò di dimenarsi con poca fortuna, quindi lasciò cadere un braccio, col pugno serrato, lungo il corpo, e puntò l'altro verso la brulla terra che costituiva il soffitto del villaggio (e secondo molti il soffitto del mondo intero) col dito indice puntato in alto.

"Il bugiardo sei tu! Io..."

Il ragazzino parve annaspare nelle sue parole, ma con un moto di rabbia e un luccichio negli occhi riuscì a terminare ciò che aveva da dire:

"Io ci sono stato insieme a mio padre... E un giorno, forse non oggi e neanche domani, ma un giorno ci tornerò!"

Il capovillaggio a quelle parole fece per avventarglisi contro, pronto a punire la sfacciattaggine del piccolo ribelle, quando un rombo fragoroso, seguito da un sonoro pianto attirò l'attenzione di entrambi i contendenti della disputa verso il fondo del cunicolo.

"Un terremoto, di nuovo!"

Sbraitò Kamina:

"E tu vuoi costringerci ad una vita del genere?!"

La domanda non scalfì l'uomo che si limitò a rispondergli un secco:

"Non ci sono altri tipi di vite!"

Le parole sillabate, si conclusero con una nuova minaccia:

"Quando torno, non credere che resterai impunito."

A quelle parole il ragazzino scrollò le spalle con aria indifferente e, ancor prima del capovillaggio, corse nella direzione in cui aveva udito il suono.

Quando vi giunse trovò un bambino dai capelli a caschetto che, senza riuscire a fermare le lacrime che sgorgavano copiose dai suoi grandi occhi, scavava ora con una trivella ora con le mani nella fredda terra che era franata.

"Mamma! Mamma, Papà!"

Il piccolo gridava con quanto fiato aveva in gola, gli abiti e il corpo sporchi di terra, le mani piene di ferite, dalle quali pareva colare sangue anche dalle unghie dalla foga che metteva nello scavare.

Kamina non seppe il motivo che lo portò a lanciarsi in direzione di quel bambino. Forse fu per il fatto che anche lui aveva perso la madre in tenera età e che non vedeva suo padre da ormai numerosissimi anni. Forse fu a causa della trivella che teneva tra le mani, lo stesso oggetto che aveva consentito a suo padre di avere una vita diversa e a lui di vedere la superficie. O forse, fu semplicemente perchè, per qualche ragione che non riusciva a spiegarsi, si sentiva legato a quel bimbo di cui non conosceva nemmeno il nome.

Ad ogni modo quale che fosse il motivo Kamina corse a fianco a lui e chinatosi per terra prese le mani del bambino tra le sue, fasciandogli, con le bende che portava intorno alle braccia, le ferite.

Il piccolo si voltò guardandolo con tristezza e stupore, quindi singhiozzando si gettò tra le sue braccia. Kamina si irrigidì per un solo, minimo, istante, poi le sue mani si spostarono in maniera naturale a cingere il corpo del bimbo.

"Calmati."

Sussurrò piano.

"Calmati, fratellino mio."

Le parole gli erano fluite in maniera talmente naturale dalla bocca che non se ne era nemmeno accorto, eppure nel sentirle il bimbo smise di piangere. Il più grande sorrise e si alzò in piedi porgendogli la mano che il piccolo si affrettò a stringere.

"Ti terrò io con me, avrai sempre la mia protezione, da questo momento in avanti tu sarai il mio fratello minore."

Annunciò, mentre il bambino si asciugava le lacrime con un lembo lercio del mantello che aveva indosso. A quel punto Kamina ripetè quel gesto che aveva usato poco prima, nella sua discussione con il capovillaggio, con il dito puntato verso l'alto, quasi a voler indicare qualcosa oltre a quel soffitto che franando provocava la morte degli abitanti di Gia.

"Un giorno, fratello, ti porterò in un luogo dove non ci sono soffitti nè luci artificiali; un luogo dove potrai giocare sotto il sole e addormentarti guardando le stelle; un luogo dove nessun bambino dovrà più piangere la scomparsa dei suoi genitori a causa di terrificanti e continui terremoti. Quel luogo è la superficie! E io, te lo prometto, ti porterò lì!"

Sentenziò, abbassando poi il braccio per accarezzare la testa del piccolo che lo osservava con sguardo estasiato.

A quel punto il bambino strinse un pò più forte la mano di Kamina:

"Fratello... Se ti dico il mio nome mi farai anche un'altra promessa?"

Azzardò, il più grande sorrise e annuì:

"Certamente, tutto quello che vorrai."

Rispose.

"Simon."

Disse semplicemente il piccolo:

"Mi prometti che fino a quel giorno mi starai vicino e lo sarai anche quando ci saremo finalmente arrivati?"

Chiese quindi. Kamina serrò la mano in un pugno lasciando fuori solo il mignolo, che Simon strinse con il suo.

"Certo, è il mio dovere di fratello maggiore. Te lo prometto." 

   
 
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