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Autore: Bleedgirl87    13/11/2010    3 recensioni
Adamantar era un guerriero forte e valoroso, la cui vita non aveva ancora sfiorato i trent'anni.
Eroe di rinomata fama, aveva ucciso più di un drago e liberato più d'una città. Giovane e bello, il suo unico interesse nella vita era la guerra, in cui lo spargimento di sangue era giustificato dal nobile intento della difesa dei deboli e degli oppressi. [...]
Accadde un giorno che Adamantar, al fine di un'estenuante battaglia, andasse a cercare ristoro sulle rive del mare. Si spogliò dell'armatura e si rinfrescò nelle acque fredde che si stagliavano innanzi a lui, cercando pace e tranquillità.
E fu lì che la vide [...]
Il viso troppo bello della fanciulla non umana imprigionò infine il cuore di Adamantar in quel sentimento che nessuna donna umana aveva mai saputo instillargli: l'amore.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.A. Ho scritto questa favola parecchio tempo fa: avevo trovato per caso su internet l'immagine che riporto qui sopra e, in un momento di malinconia, mi era venuta in mente questa storia. Spero vivamente che vi piaccia e che vogliate commentare^^




Questa storia si svolge in un tempo lontano, in cui la magia esisteva ancora, ma non impediva agli uomini di far scorrere inutilmente fiumi di sangue, un tempo in cui le fate e gli elfi vivevano lieti nei boschi, e i draghi demolivano città per essere poi abbattuti da prodi cavalieri, un tempo lontano in cui gli uomini erano eroi senza macchia e senza paura e in cui l'amore romantico poteva sconvolgere un'intera esistenza.

Adamantar era un guerriero forte e valoroso, la cui vita non aveva ancora sfiorato i trent'anni.

Eroe di rinomata fama, aveva ucciso più di un drago e liberato più d'una città. Giovane e bello, il suo unico interesse nella vita era la guerra, in cui lo spargimento di sangue era giustificato dal nobile intento della difesa dei deboli e degli oppressi.

Vagava ramingo per le terre di Ardya insieme al suo esercito, in cerca di nuove imprese e nuova gloria che lo rivestisse, in cerca di avversari potenti, perchè solo il brivido della battaglia poteva infiammare il suo cuore: solo quella danza sfrenata con la morte riusciva ad animarlo, e per questo lui la anelava, la cercava con costanza.

Nulla, nel suo cuore arido, poteva più di quello che poteva la battaglia. Ma neanche questa ormai bastava più.

Adamantar sapeva, sentiva, che nella sua vita qualcosa mancasse, che in lui, nel suo essere, vi fosse un vuoto mai colmato. Credeva che solo la Nera Signora, con il suo lento valzer e il suo tango spietato, potesse colmare quel vuoto, e di volta in volta, per sentire l'ebrezza accendere una scintilla appena nella sua anima, si avvicinava sempre più all'ultimo ballo.

Ma neanche questo bastava, e il guerriero si sentiva affranto, e svuotato.

Accadde un giorno che Adamantar, al fine di un'estenuante battaglia, andasse a cercare ristoro sulle rive del mare. Si spogliò dell'armatura e si rinfrescò nelle acque fredde che si stagliavano innanzi a lui, cercando pace e tranquillità.

E fu lì che la vide, assisa su uno scoglio immerso non lontano nelle placide acque. Il vento gli portava l'eco del suo magico canto, una voce cristallina, troppo bella per essere umana.

Eudora, la naiade, la ninfa del mare, non aveva avvertito la presenza di quell'umano, o certo non sarebbe rimasta. La legge del mare proibiva a lei e alle sue sorelle di mostrarsi agli uomini: il loro canto e la loro bellezza potevano dannare la loro vita spingendoli ad adorare ed anelare qualcosa che sarebbe loro sempre stato precluso.

Poiché le ninfe non amavano che di quell'amore fraterno solo le onde e le creature marine, e qualunque altro sentimento era loro precluso, non avrebbero mai potuto ricambiare coloro che, ignari, cadevano in una trappola incantata tessuta con assoluta ingenuità.

E poiché solo nel mare le ninfe trovavano la vita, sapendo al contrario, di non trovare che morte al solo contatto con la terra ferma, esse se ne tenevano ben lontane e rifuggivano chiunque potesse allontanarle dal loro elemento.

Adamantar restò fermo, immobile, in balia del canto di lei, della sua voce, di quella bellezza che dalla spiaggia non poteva rimirare che di spalle. Avvinto dalla sua musica, non gli riuscì di muoversi, ne di fiatare, se non quando la naiade si fermò, voltandosi, avvertendone infine la presenza.

Il viso troppo bello della fanciulla non umana imprigionò infine il cuore di Adamantar in quel sentimento che nessuna donna umana aveva mai saputo instillargli: l'amore.

La naiade, restò a fissarlo, colta da panico, mentre neanche il guerriero riusciva a muoversi, ancora incatenato in quella posa fissa dalla sua bellezza. Quando infine si decise ad aprir bocca per chiedere alla fanciulla almeno il suo nome, quella si rituffò tra le onde e svanì. Il guerriero, colto da angoscia improvvisa, si lanciò in acqua per fermarla, ma affranto dovette retrocedere: non sapeva nuotare, e della ninfa non v'era più traccia.

Da quel momento, Adamantar non lasciò mai più quella spiaggia. Per il mondo smise semplicemente di esistere: lasciò l'esercito, abbandonò gli amici. Visse nella sola speranza di rivedere ancora Eudora, di risentirne il canto.

Rimasto avvinto dalla sua bellezza sovrannaturale, Adamantar aveva perso interesse per qualcunque altra cosa che non fosse lei, ma finalmente, per la prima volta, si sentiva realmente vivo e pregno di quella voglia di vivere che solo l'amore, anche il più infelice, può donare.

La presenza come l'assenza di Eudora colmavano il vuoto che aveva albergato in lui per tutta la vita.

Valeva la pena vivere anche solo per quei pochi istanti in cui di tanto in tanto riusciva a catturare il riflesso di lei nelle onde, valeva la pena anche solo per quei frammenti di canto che il vento generoso gli restituiva talvolta, o per le dolci visioni che di tanto in tanto la ninfa gli donava, ergendosi sullo scoglio a cantare: allora lui si gettava in mare per raggiungerla, invocava il suo nome pregandola, supplicandola di donargli uno sguardo. Ma lei sempre fuggiva, e lui doveva tornare a riva per non annegare.

Il tempo passò così inesorabile, segnando il volto del guerriero che nonostante ciò l'Amore conservava sempre bello, quell'amore che solo, seppur sofferto e irricambiato, continuava a donargli la forza di vivere.

Il guerriero continuava ad aspettare ed invocare la sua ninfa, sdegnando la Dama Nera con la quale un tempo aveva goduto a ballare.

Eudora non comprendeva l'ossessione dell'uomo, non capiva per quale ragione la invocasse tanto spesso fino a perdere la voce. E nonostante ciò, col tempo, la ninfa si era assuefatta a quella presenza. Incuriosita dalla sua ostinazione, dal suo tono sofferto, più d'una volta, al riparo della notte, si era avvicinata a riva per osservare il guerriero nel sonno, senza neanche riuscire a spiegarsi il perchè di quell'interesse.

Accadde che un giorno la ninfa si trovò a cantare su uno scoglio lontano dalla sua spiaggia, ove, nascosto alla sua vista, un vecchio pescatore cieco stava riposando. Destato dalla voce di lei, il vecchio si mise a sedere e, non notato, l'ascoltò cantare.

Quando infine Eudora si volse, la sorpresa nel trovare non distante l'umano fu tale e tanta che il pensiero di fuggire in mare non la sfiorò a tempo, supereta invece dalla voce di lui che l'apostrofò gentile

Oh sirena dalla soave voce, oh spirito benigno dei mari, cos'è che turba i tuoi pensieri e rende il tuo canto si triste e melanconico? Il tuo cuore pare spezzato, il tuo animo ferito, tutto in te pare soffrire e dolersi, e da che il mondo è, non vi è che un dolce male ad avere tali sintomi: l'amore

Oh, stolto uomo” ribattè lei con stizza riavendosi dalla sorpresa “non sai forse che tali folli sentimenti bruciano e logorano i cuori umani, ma non certo quelli degli esseri immortali? Non conosco l'amore, ne la tristezza alberga in me. Sono immune a tale follia, cosa di me ti avrebbe dato altra impressione?

Oh, ninfa dei mari, quanto ti sbagli nei tuoi pensieri.” la redarguì lui scuotendo il capo, senza che il gentile sorriso lasciasse le sue labbra “Lasciati correggere da chi, seppur nel presente non possa più vedere, ha a suo tempo, nella sua lunga vita, visto tali e tante cose da poter vantare saggezza. Non vi è essere al mondo immune dell'amore, non vi è medicina alcuna ne ricetta. Amore colpisce all'improvviso il cuore più tenero come quello più intrepido. Non vi è ostacolo che Amore non superi, non vi è luogo che Amore non raggiunga. E se credi che Amore sia maligno, perchè per lui si soffre e uccide, ci si angoscia e affligge, sappi anche che non vi è vera vita, laddove non vi è Amore, poiché solo Amore riscalda l'animo e riempie il cuore.

Se dunque tu, bella creatura, te ne ritieni immune, non sai quanto ti sbagli, perchè solo Amore poteva ispirare in te quel canto triste e dolce che parla agli uomini e non alle onde del mare. Forse la tua mente ancora non sa cosa Amore ha istillato nel tuo cuore, ma la tua voce già esprime quello che il tuo animo sa. Ordunque non nasconderti dietro false credenze, non rifuggire e rifiutare Amore: cerca invece chi Amore ti ha indicato, scova chi Amore ti ispira, e scoprirai di avere un cuore che batte vita e pulsa gioia come mai avresti potuto pensare.”

Scossa da quelle parole, Eudora si rituffò in mare, ma anche nuotando non riusciva a distogliere la mente da quelle parole.

Quando infine si fermò, si accorse di essere tornata alla sua spiaggia, e in lontananza scorse Adamantar che come sempre cercava nel mare la sua immagine.

E d'improvviso nel petto ebbe una sensazione, come una stretta, dolorosa eppure tenera al tempo, qualcosa dunque che la fece sentire viva come mai prima d'allora.

E d'improvviso capì, e seppe. Seppe che Adamantar era proprio colui che Amore le aveva indicato.

Nuotando corse a riva chiamando per nome il guerriero che, vedutala, si alzò in piedi a braccia aperte, attendendola incredulo. Lei raggiunse finalmente il guerriero e lo baciò sulle labbra, ma mentre le sue labbra toccavano la bocca di lui, il mare si ritraeva dalla battigia e i suoi piedi toccavano terra e così, con ancora le labbra su quelle del guerriero, la ninfa si dissolse divenendo spuma marina.

Adamantar, nel cui animo troppa felicità e disperazione albergavano ora insieme , non riuscì a muoversi. Rimase fermo, immobile, aspettando ancora l'impossibile ritorno della sua ninfa del mare.

Restò immoto a lungo, aspettando e aspettando ancora, in un'attesa eterna e senza senza, fino a quando la Dama Nera non ebbe pietà di lui e, per non portarlo via al luogo dove ancora aspettava il ritorno della sua Eudora, lo tramutò in pietra.

E così, quando le onde infuriano nel mare e la marea sale fino a coprire la spiaggia, si può vedere ancora la ninfa Eudora prendere forma e baciare il suo troppo tardi amato guerriero.

  
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