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Autore: Fe85    13/11/2010    3 recensioni
Avete presente il momento in cui finisce un temporale? Il cielo è scuro, e sembra che di lì a poco ci sia il pericolo di un'altra tempesta, oppure si intravede un arcobaleno che rasserena il tutto. In questa raccolta, i blader metteranno a nudo i loro pensieri, raccontando le loro storie (autoconclusive) al Taka (che per l'occasione ho trasformato in uno psyco cafè), insieme a Boris e Alfred. Questi episodi potranno essere fatti avvenuti durante l'infanzia dei nostri amati blader, spaccati di vita quotidiana oppure "missing moments" dell'anime e potranno essere negativi o positivi, starà a voi dare un'interpretazione personale.Maggiori dettagli all'interno^^
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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"Libretto di istruzioni":

Leggendo uno dei volumetti di "Yellow", un manga (yaoi) di Makoto Tateno, mi è venuta l'ispirazione per questa raccolta. In un episodio si parla di psyco cafè. Cos'è uno psyco cafè? E' un locale in cui ci si sfoga, parlando del proprio "stress" con uno sconosciuto.
Perchè questo titolo? Avete presente il momento in cui finisce un temporale? Il cielo è scuro, e sembra che di lì a poco ci sia il pericolo di un'altra tempesta, oppure si intravede un arcobaleno che rasserena il tutto. In questa raccolta, i blader metteranno a nudo i loro pensieri, raccontando le loro storie (autoconclusive) al Taka (che per l'occasione ho trasformato in uno psyco cafè, appunto), insieme a Boris e Alfred. Questi episodi potranno essere fatti avvenuti durante l'infanzia dei nostri amati blader, spaccati di vita quotidiana oppure "missing moments" dell'anime e potranno essere negativi o positivi, starà a voi dare un'interpretazione personale. Ci tengo a precisare che Profumo di Tempesta... non c'entra niente con Vodka e Mojito, mi sono solo limitata a prendere in prestito AlXD

Spero che l'idea possa piacervi, e ringrazio fin da ora chi commenterà o chi leggerà soltanto^^ Come sempre, critiche (costruttive), segnalazioni di errori e suggerimenti sono ben accetti^^

Ah, dimenticavo: siccome è una raccolta varia, ci saranno shounen-ai, yaoi, ma anche storie etero.

Besos

Fe

© Tutti i personaggi di beyblade appartengono a Takao Aoki, tranne Alfred Himura che è di mia proprietà.

 

 

 

E' più facile spezzare un atomo che un pregiudizio

(Albert Einstein)

 

«Secondo te questa sera avremo qualche cliente?» domandò Boris Huznestov, rinomato barman,  intento a sperimentare nuovi accostamenti tra liquori, voltandosi poi verso il suo collega affaccendato nella pulizia del pavimento di cotto del locale.

Alfred Himura aveva 17 anni e nelle sue vene scorreva sia sangue inglese che giapponese. Oxford era la sua città natale, ma si trovava nella terra del Sol Levante per questioni personali, ospitato da suo cugino, ovvero il proprietario del Taka. Rasta biondi, occhi grigi come il plumbeo cielo di Londra e una passione sfrenata per i rollerblade, con cui si muoveva spesso, caratterizzavano quello strano ragazzino di poche parole. Alfred aveva dovuto fronteggiare una situazione difficile che l'aveva portato a crescere in fretta e ad essere più maturo rispetto ai suoi coetanei.

«Non lo so, ma Kengo ha fatto un sacco di pubblicità a questa nuova iniziativa. Quello spilorcio avrebbe potuto concederci un aumento per mantenere il cosiddetto segreto professionale!» si lamentò l'anglosassone, strizzando con foga lo straccio che teneva tra le mani.

Infatti, il Taka era stato trasformato in uno psyco cafè, ovvero un luogo in cui poter condividere il proprio stress, i propri pensieri, i propri ricordi con una persona sconosciuta (in questo caso Alfred) per alleggerire o condividere il bagaglio emotivo insito in ciascun individuo. Tuttavia, vi era un vincolo: l'ascoltatore non avrebbe rivelato ad anima viva l'argomento della conversazione, proprio come avveniva durante una seduta dallo psicologo.

Improvvisamente, la porta del pub si aprì, facendo entrare una ventata di aria gelida e una figura nota, soprattutto a Boris. Chioma bicolorata, occhi di un viola intenso e ammaliatore e dei tatuaggi blu delineavano quel volto perennemente imbronciato.

«Faresti bene a non lamentarti, sta arrivando il nostro primo…Kei!» proclamò il russo, visibilmente sorpreso di aver di fronte nientemeno che il detentore dell'Aquila Rossa. Solitamente, Kei non amava spiattellare in giro eventi riguardanti la sua sfera privata ed, in generale, era restio ad instaurare una qualsiasi forma di dialogo con chicchessia.

Hiwatari non calcolò minimamente il suo compagno di squadra, e seguì l'inglese verso un tavolo appartato e lontano da sguardi indiscreti. Le luci soffuse e l'atmosfera tranquilla che permeava il Taka misero il nipponico a suo agio, rilassandolo, e invogliandolo a iniziare il suo racconto.

«E’ una storia risalente a tanti anni fa. Credevo di aver definitivamente sepolto quei ricordi, e invece…» esordì il Dranzerblader indifferente, ma con una punta di malinconia nella voce.

 

«Kei tesoro, è pronta la merenda!» pigolò  sua madre con un tono di voce dolce come il miele, talmente dolce da risultare quasi stucchevole.

«Arrivo, mamma»

Kei Hiwatari era il bambino più invidiato di tutta Tokyo: aveva i giocattoli più costosi e all'avanguardia, eccelleva sia a scuola che nello sport ma probabilmente non possedeva la cosa più importante.

A Kei mancava l'affetto di suo padre.

Gli mancavano tutte le cose che un figlio abitualmente fa con suo padre: guardare insieme i cartoni animati, lanciarsi in corse assurde con le macchinine o intavolare discussioni prettamente maschili.

Susumu Hiwatari era un illustre scienziato, impegnato in ricerche riguardanti il beyblade e i bit power, misteriose creature destinate a pochi eletti. A causa del suo lavoro, rincasava di rado e non dedicava molto tempo al figlio, al quale propinava costosi regali per farsi perdonare le continue assenze.

D'altro canto, Kei li accantonava in un angolo e non li apriva nemmeno, completamente disinteressato al loro contenuto. L'unica valvola di sfogo che gli consentiva di dimenticare la mancanza di suo padre era il beyblade.

Assurdo come quelle minuscole trottole che erano state la causa dell'allontanamento del suo genitore dalla famiglia, lo attraessero in maniera quasi viscerale.

Passava ore e ore a montare e assemblare i pezzi per dar vita alle combinazioni più forti.

Molte volte aveva desiderato essere lui stesso un beyblade per ricevere un minimo di attenzione paterna, perché nonostante tutto Kei adorava suo padre, seppur non gliene avesse mai fatto parola.

Kei vedeva in lui un modello da seguire per tutta la dedizione che riversava nel suo impiego, e in cuor suo sperava che prima o poi si accorgesse di lui.

Fu proprio nel giorno del suo settimo compleanno che avvenne il cambiamento tanto agognato; un cambiamento che, però, segnò Kei in maniera indelebile.

Il piccolo Hiwatari, abitudinario e metodico, percorreva sempre la stessa strada per tornare alla sua abitazione: costeggiava gli argini di un fiume piuttosto profondo, camminando su una stradina non asfaltata. Quel luogo incolto era stato teatro dei suoi allenamenti svariate volte, e i solchi sul terreno lasciati dal suo beyblade ne erano la prova. Quando voleva staccare la spina per qualche istante, si recava sempre lì, a fantasticare insieme al suo fedele compagno.

Proprio mentre si stava allenando, venne interrotto da uno strano bambino che indossava una bandana rossa in testa. Aveva l'aria strafottente e teneva un beyblade tra le mani.

«Guarda, guarda il principino di Tokyo bazzica da queste parti…è l'occasione che aspettavo per testare le tue abilità. Mi chiamo Hiruta e ti sfido, Kei Hiwatari!» dichiarò, mettendosi in posizione e sfoderando il suo lanciatore.

La parte focosa di Kei, nascosta abilmente da uno strato di impassibilità, emerse, desiderosa di impartire una sonora lezione a quello sbruffone. Senza perdere altro tempo, scagliò il suo beyblade blu cobalto contro l'avversario che lo imitò subito dopo.

“Prima di sferrare l'attacco decisivo, studia il tuo nemico, in modo da coglierlo impreparato” Kei si ricordò del consiglio che gli aveva fornito suo padre quando l'aveva visto lanciare il suo beyblade nel giardino di casa, decidendo di metterlo in atto.

«Hai paura di me?» lo provocò Hiruta, mentre il beyblade di Kei sembrava soccombere al suo.

Hiwatari non gli rispose, troppo concentrato sull'incontro, ma approfittando di un attimo di distrazione del suo contendente, ordinò al proprio beyblade un attacco massiccio ai danni di quello di Hiruta, disintegrandolo.

«Faresti bene a chiacchierare di meno» gli suggerì Kei con un sorrisetto trionfante stampato sulle labbra, allontanandosi.

Hiruta picchiò un pugno a terra, maledicendo la sua avventatezza e recuperando ciò che rimaneva della sua trottola. Le voci che circolavano in città erano vere: Kei Hiwatari era un avversario di tutto rispetto, e si era guadagnato l'ingresso nel suo clan.

«Ho fondato un clan insieme ad altri ragazzini…ci ritroviamo vicino al porto. Se ti va, vieni a fare un giro» non ebbe il coraggio di invitarlo direttamente, in quanto Hiruta era un tipetto piuttosto orgoglioso.

Kei non proferì verbo, a lui non interessavano quel genere di cose. Lui stava bene da solo, anzi probabilmente lui era stato creato per essere solo.

Ma era davvero soddisfatto del suo stato attuale? Oppure provava una sorta di invidia verso quelle persone che riuscivano ad esternare con stupefacente semplicità i loro sentimenti e che erano circondate di amici? Dopotutto l'amicizia era un concetto astratto che non meritava di essere approfondito, almeno fino a quando non era dettata da pregiudizi.

Ciò che accadde a casa sua quel pomeriggio non lo aiutò sicuramente a fare chiarezza nella sua mente.

«Sono a casa» proclamò Kei sospirando e notando subito lo strano e irreale silenzio che regnava nell'edificio. Era consuetudine trovare sua madre intenta a chiacchierare al telefono con qualche amica o a dedicarsi alla potatura delle sue piante.

E invece tutto taceva. Pareva un'atmosfera da film horror, in cui un silenzio inquietante lasciava presagire un evento altrettanto terrificante.

«Mamma» la chiamò Kei, inciampando poi in qualcosa. Quando si alzò, esaminò la cravatta bordeaux e la camicia bianca in cui era caduto.

Quegli indumenti non appartavano di certo a suo padre.

«Kei, tesoro» sua madre apparve come un fantasma davanti a lui con una vestaglia addosso, lasciando intravedere una lingerie di pizzo nero.

Un'amara verità si fece strada in lui.

La verità era che tutti, compresa la sua famiglia, lo stavano prendendo in giro. Sbagliavano a ritenerlo solo un bambino che non fosse ancora in grado di comprendere il mondo adulto.

Erano i grandi che non comprendevano lui.

«Amore, non è come pensi. Posso sp…» la signora Hiwatari, conscia del fatto che il figlio era sempre stato molto sveglio e deduttivo, cercò una via di fuga, ma lo sguardo glaciale del bambino la bloccò.

«Non è necessario»

Kei corse fuori, recidendo per sempre ogni legame con quella casa e con la sua genitrice, non badando al richiamo disperato di lei. Non versò alcuna lacrima, perché piangere era sinonimo di debolezza e di fragilità; e lui non era niente di tutto questo.

La sua vita era squallida, in putrefazione, piatta.

Era corretto continuare ad esistere facendosi scivolare tutto addosso?

Improvvisamente decise che avrebbe vissuto a modo suo.

Avrebbe fatto del beyblade la sua ragione di vita.

Tuttavia, doveva ancora fare una cosa.

Con alcuni spiccioli che aveva in tasca, comprò un biglietto del treno e si recò nei laboratori dove lavorava suo padre. Era la prima volta che vi metteva piede, e per orientarsi in quel labirinto, fece riferimento a diversi cartelli e chiese informazioni ad alcune impiegate.

A dispetto di ciò che era accaduto poco prima, Kei nutriva ancora una piccola speranza. Forse suo padre avrebbe potuto fare qualcosa.

Si sentiva terribilmente confuso e insicuro, benché tentasse di nasconderlo in tutti i modi. Era come se si trovasse fermo ad un semaforo, e non sapesse se fosse il caso di attraversare o meno la strada.

A Kei mancava una guida, qualcuno che gli indicasse cosa fosse giusto e cosa no, una persona che si complimentasse con lui per i suoi successi e che lo sgridasse quando sbagliava.

Il bambino entrò nello studio di suo padre, senza nemmeno bussare alla porta, e si sedette su una sedia posizionata di fronte alla sua scrivania.

«Kei, cosa ci fai qui?» gli domandò l'uomo, togliendosi gli occhiali e spostando i fogli che stava visionando per poter vedere meglio il figlio.

Suo padre era sempre lo stesso: ligio al dovere, trasandato e appassionato.

Anche Kei avrebbe raggiunto il suo grado di passione verso l'universo del beyblade?

«Papà, la mamma ti tradisce» gli confessò abbassando la testa, come se avesse appena esposto un suo peccato.

Susumu non sembrò molto sorpreso, e dopo aver preso un cofanetto rosso da un cassetto, andò di fronte a Kei, appoggiandogli le mani sulle spalle.

«Sai, Kei. Credo di amare di più il beyblade che tua madre» sentenziò, accennando un sorriso e porgendogli il cofanetto «però, nemmeno il beyblade occuperà mai il tuo posto, perché ciò che ho di più prezioso sei tu, Kei. Buon compleanno»

Il bambino spalancò gli occhi violetti, affrettandosi poi ad aprire la scatoletta. Al suo interno vi era un bit chip, raffigurante un'Aquila Rossa.

«Quello è un bit power, fanne buon uso. E’ ancora in fase sperimentale, ma sono certo che tu potrai realizzare il mio sogno, Kei…fai volare in alto l'Aquila Rossa, e ti giuro che creerò un beyblade ancora più forte appositamente per te. Tutto ciò che sto facendo, lo faccio semplicemente per te»

Kei si limitò ad annuire, stringendo forte quello che sarebbe divenuto il suo bit power e abbandonando l'ufficio di suo padre che gli aveva appena concesso un valido motivo per continuare a lottare.

Promise in quell'istante che sarebbe diventato il più forte di tutti e che sarebbe stato degno di possedere il beyblade invincibile di cui gli aveva accennato suo padre.

Promise in quell'istante che i suoi avversari sarebbero stati sconfitti dal fuoco della passione.

Seppur da lontano, suo padre sarebbe stato fiero di lui.

Successivamente, Kei venne affidato a suo nonno che lo manipolò per i suoi scopi malvagi, divenne capo degli Shell Killer (così aveva denominato il club fondato da Hiruta) e cambiò completamente a seguito di un viaggio nella fredda Russia.

Disilluso. Cinico. Spietato.

Tutto questo per colpa di suo padre e di Blackdranzer. Tuttavia, bastò la mano di Takao Kinomiya, tesa verso di lui, a spezzare quella maledizione.

Quella stretta dissipò i rimpianti di Kei.

Quella stretta trasmise a Kei amore e calore, gli stessi sentimenti che suo padre aveva voluto infondergli implicitamente e in maniera leggermente distorta.

Il fuoco della passione.

 

«Aaah, com'è difficile la vita del bello e dannato!» lo prese in giro Alfred, una volta che ebbe terminato la sua storia.

Come aveva fatto quella volta con Hiruta, Kei non raccolse la sua provocazione ed esibì un sorrisetto ironico, molto simile a quello che suo padre aveva quel giorno in cui era andato a trovarlo al lavoro.

*Kengo Himura, proprietario del Taka, nonchè cugino di Alfred.
   
 
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