Il tuo
maglione grigio, che tu amavi e io odiavo. Perché
ti stava così bene, perché ci avevo pianto sopra
la prima volta che la tua
spalla diventò la mia su cui piangere. Strano, ma di quella
sera non ricordo
nient’altro, se non i miei singhiozzi e un grigio diventato a
tratti nero,
macchiato da tanto, tantissimo dolore. Da quel giorno, in cui lo
lasciasti lì, con noncuranza, da quel giorno l'ho conservato
con gelosissimo dolore.
E il tuo
profumo, quello che ti faceva riconoscere tra
tanta gente. Scelto perché doveva farti sentire un uomo
già da quando eri
bambino, che ha accompagnato il bambino che sei oggi da quando era
più maturo
perché ancora non aveva sulle spalle il peso dei suoi
errori. Che ancora oggi,
camminando per strada, mi fa correre perché sei nei paraggi.
Che ha un sapore
diverso sulla pelle di chiunque altro. Di cui ne ho una boccetta
accanto al mio
preferito, dolciastro e penetrante, completamente diverso. Che mi hai
regalato
tu stanco degli spruzzi rubati nelle ore spese insieme.
Perché era decisamente migliore della mia
colonia economica poco adatta a me.
Le scarpe
su cui hai camminato tutti questi anni. Su cui
hai corso per raggiungermi anche quando eri lontano, perché
volevi raggiungermi
anche se eri lontano. Quelle con qualche buco perché un
po’ sei cresciuto, un
po’ sei maldestro, un po’ sei inciampato avendo la
forza di rialzarti subito.
Quelle che ti hanno riportato sulla tua strada quando avevi voglia di
cambiare,
che ti hanno fatto ricordare sempre e prontamente che eri quello che
eri e che
sei tutt’ora, e che non ne valeva la pena percorrere sentieri
alternativi solo
per il gusto di giornate dalla trama diversa dal solito.
La colonna
sonora della tua vita, incisa in cd e
racchiusa in mp3. Il sottofondo della nostra adolescenza, di ogni
secondo che
ritrovavamo in una nota di una melodia composta da te e
perciò perfetta per
l’occasione. Di ogni parola che ci suggeriva un verso da
cantare. Di ogni verso
cantato con voce tremante e stonata. Di ogni parola sbagliata, in una
lingua
sconosciuta inventata al momento ma che ci piaceva tanto.
Spero che
abbia fatto bene il tuo bagaglio,ora che devi
partire. Che sia stato attento, e non abbia dimenticato niente. Anche
se penso
che il pezzo più grande l’abbia dimenticato qui.
Io sono ancora qui seduta ad aspettare che ritorni indietro.
Dopo l'incidente, tutto era cambiato. Sapevo che avrebbe sconvolto la mia vita,ma non ero mai arrivata a pensare fino a che punto. Eppure, un momento così importante, io l'ho dimenticato.
Se ci penso,sento soltanto voci lontane. "Effie,ci sei?" "Dio, Effy,chiamate un'ambulanza!!"
Il buio. Il sangue. Freddie lì,steso,a terra. In una pozza di dolore.
La corsa in ospedale. Lo stordimento,lentamente mutato in dolore, poi consapevolezza, poi rabbia. Feroce. Per chi l'aveva toccato, per chi aveva osato rovinare tutto quello che lentamente avevamo costruito.
E poi,piano piano,le cose che tornano ad esser normali. Le giornate che diventano sempre più come prima, la lenta e dolorosa riabilitazione. Ogni singolo pezzo del puzzle torna al suo posto,si ricompone la figura intera,nella sua pienezza e fierezza.
Buio. Nemmeno il tempo di abituarsi alla nuova-vecchia quotidianità insieme che torna il buio.
Sei scappato Freddie. Senza dire una parola, sei partito.Mi hai lasciata qui.
E io ancora non capisco il motivo.