11.Parigi
Non era poi così male dopotutto. Marla a Parigi era diventata più calma e rilassata, senza gli attacchi di fan isterici o di paparazzi in cerca di scoop si era rivelata una donna di casa premurosa e attenta: mi riempiva di attenzioni e ogni sera tornato stanco morto dal set, trovavo la cena pronta. Il suo progetto cinematografico con l' “artista” francese sarebbe iniziato solo due mesi più avanti, quindi trascorreva le giornate a bearsi delle sue passioni e di me. La trovavo spesso a scrutarmi mentre leggevo il copione o guardavo un po' di football in TV e se le chiedevo: -Tutto ok?- lei mi rispondeva sorridendo: -Non riesco a capacitarmi di quanto tu sia perfetto...- lo diceva con semplicità, con naturalezza, con estrema convinzione, non riuscivo a ridere o a non prenderla sul serio, sorridevo imbarazzato e basta. Spesso mi trovavo a chiedermi se l'amavo almeno la metà di quanto facesse lei ma purtroppo quando ci si chiede se si ama un persona la risposta è quasi sempre no. L'amore si sente, non si comprende.
Di Lorenzo e di tutta la sua famiglia non avevo più avuto notizie e la cosa incominciava a preoccuparmi, avevo cominciato a pensare che avrebbe potuto essere capitato qualcosa di brutto. Purtroppo oltre alla mail non avevo altri numeri di telefono e in più il telefono con il numero che avevo dato a Lorenzo lo avevo dimenticato in America, in realtà non lo avevo trovavo più e alla fine avevo rinunciato a cercarlo, pensando di averlo dimenticato in palestra o cose simili.
Sul
set avevo conosciuto dei colleghi fantastici e mi stavo trovando
veramente bene. Il film parlava di problematiche adolescenziali, io
facevo la parte di un giovane supplente di Inglese, un ruolo in cui
stranamente mi sentivo molto a mio agio. Marla veniva spesso a
trovarmi con delle leccornie per tutto lo staff. Tutti aspettavano il
suo arrivo con ansia. Ma avevo come la sensazione che quelle continue
apparizioni fossero un modo subdolo per marcarmi stretto. I miei
colleghi però continuavano a ripetermi che ero fortunato e
cercai di
credere a loro. D'altronde non faceva niente di sbagliato e se
davvero mi stava controllando era brava a non farsi notare,
né a
farmelo pesare e io non avevo niente da nascondere.
L'estate
trascorse quindi così, tra lavoro e Marla e qualche evento
mondano a
cui non partecipavo con immensa gioia in realtà: mi stavo
trasformando in un pantofolaio.
Una
notte mi svegliai di soprassalto, un'autoambulanza stava sfrecciando
in strada. Era settembre, il caldo non era più
insopportabile e anzi
una fresca brezza stava muovendo le tende della camera. Nel
dormiveglia allungai una mano alla ricerca della sagoma calda di
Marla, ma mi scontrai solo con il cuscino gelato e le lenzuola
scomposte. Aprii malvolentieri gli occhi e dopo essermi abituato
all'oscurità distinsi l'esigenza di un bicchiere d'acqua per
rinfrescarmi la gola. Mi alzai scocciato e appena arrivato in
corridoio vidi una luce azzurrina provenire dal salotto al piano di
sotto e sentii il ticchettio dei tasti nel silenzio. Cosa ci faceva a
quell'ora davanti al computer? Scesi in punta di piedi le scale,
intenzionato a farla spaventare con un bacio sul collo. Ma ecco che
quando arrivai alle sue spalle trattenere il respiro divenne un
riflesso spontaneo. Aveva il mio computer sulle ginocchia ed era
nella mia casella di posta. Non ci misi molto a riconoscere
l'indirizzo e-mail di Lorenzo. Marla premette su
“Cancella” ed
eliminò il messaggio prima che riuscissi a leggere qualche
lettera.
Avrei voluto urlare e insultarla, invece sempre senza respirare
indietreggiai e risalii al piano di sopra. Aveva cancellato le e-mail
di Lorenzo, chissà quante ne erano arrivate, magari anche da
parte
di Martina. Ma come si era permessa? Non era nemmeno mia moglie...
Mi
distesi sulle lenzuola ancora leggermente tiepide e con la gola
ancora più secca di prima cercai di respirare profondamente
per
ritrovare una parvenza di calma. Ma era impossibile. Sentii che
saliva le scale. Chiusi gli occhi e mi girai sul fianco. Quando
sentii il suo respiro farsi pesante e regolare mi alzai dal letto,
presi i pantaloni della tuta dalla sedia e mi diressi sotto.
L'orologio segnava le 5.15, non era troppo presto per correre. Con il
cappuccio calato sul viso uscii di casa e corsi veloce in mezzo a una
Parigi ancora addormentata, impedendo al mio cervello di pensare.
Quando
tornai a casa lei mi stava aspettando, seduta sul divano,
evidentemente preoccupata: -Dove sei stato?-
-Non
lo deduci?- chiesi asciugandomi le gocce di sudore con la maglietta.
-A
correre?! Come mai così presto? Mi hai fatto preoccupare..-
-Mph...-
mi allontanai verso il piano di sopra, stufo di vederla. Dopo aver
saputo quello che mi avevo fatto non riuscivo nemmeno a guardarla in
faccia.
Ma
lei mi seguì: -No no... adesso mi spieghi...!-
Non
potevo più trattenermi:-Come hai osato cancellare le e-mail
di
Lorenzo?-
Cambiò
espressione. Prima la vedi arrabbiarsi, di riflesso per essere stata
attaccata, ma poi la rabbia si trasformò in un pianto
convulso: -se
tu le avessi lette non saresti rimasto con me, saresti partito, se li
avessi sentiti al telefono mi avresti lasciato e io non volevo... Io
ho bisogno di te...-
Eccola
lì di nuovo, come una bambina bisognosa di cure che non
riusciva a
stare da sola. Ma io non ero il suo bastone, non ero il suo sostegno,
non doveva aggrapparsi a me, io non ero in grado di sostenerla, non
riuscivo nemmeno a sorreggere bene il mio peso figuriamoci quello ci
un'altra persona.
Voleva
essere abbracciata e rincuorata, le si leggeva a caratteri cubitali
sulla fronte, ma non volevo, non dovevo ricadere fra le sue braccia.
Dovevo prendere in mano la mia vita, che mi era stata portata via da
troppi mesi.
Quand'era
l'ultima volta che mi ricordavo di aver davvero vissuto?
Sì
risaliva a 4 mesi prima, risaliva a quel viaggio in vespa con
Lorenzo. Ora non stavo veramente vivendo. Andai in camera e ficcai le
prime cose che trovai nel borsone della palestra.
-No
ti prego, James... ti prego! Resta... non parlarmi per un mese,
due... ma resta!- mi implorava fra le lacrime.
-Non
posso Mar... io non ti amo! Perdonami se riesci...-
-Io
come faccio? Come faccio a vivere senza di te?-
-Troverai
qualcun altro... te lo prometto!- e senza dilungarmi oltre presi la
via della porta e uscì sotto il sole caldo del mattino,
ancora
sudato e bisognoso di una doccia. Decisi di andare sul set,
lì avevo
un camerino con un bagno e avrei potuto accamparmi sul divano per
qualche giorno. Furono tutti alquanto sorpresi di vedermi arrivare di
Sabato e in quello stato. Dovevo incutere abbastanza paura. Mi
sbrogliai dalle loro domande con un “no comment” e
nessuno voleva
farmi restare in camerino: tutti avevano un posto da offrirmi. Ma io
non volevo stare in casa o in albergo con altre persone quindi
declinai i numerosi inviti.
La
settimana seguente era la penultima di riprese, per fortuna... non ce
la facevo più e l'ultima cosa che volevo era farmi
influenzare sul
lavoro e produrre qualcosa di brutto: ma lo sapevo bene che ero
sottotono e che lo avrebbero notato tutti, mi aspettavano mesi di
critiche aspre, ma dopotutto me lo ero cercato. Quando non giravamo
ero chiuso nel mio camerino davanti allo schermo del PC a cercare le
parole più adatte per scrivere a Lorenzo e spiegargli la
situazione,
ma non ne venivo fuori. Chissà cosa pensavano di me, che ero
il
solito snob che dopo aver smesso di “usarli” si era
dileguato.
Soprattutto chissà cosa pensava Martina. Probabilmente mi
aveva
dimenticato.
Alla
fine riuscii a venirmene fuori con una mail abbastanza decente:
-Lorenzo!
Purtroppo
persone che non avrebbero mai dovuto intrufolarsi nei miei dati mi
cancellavano ogni mail che mi arrivava da parte tua e non ho
più
nemmeno avuto accesso al numero che ti avevo lasciato. Mi spiace
tantissimo! Immagino che avrete pensato che me l'ero svignata... ma
giuro ogni giorno controllavo se mi erano arrivate vostre notizie e
non averne era uno strazio! Se vuoi chiamarmi (e ti prego fallo!)
questo è il mio numero: 546-122.
sono
a Parigi per lavoro, ma mi piacerebbe molto venire a trovarvi!
Sempre
se sono ancora il benvenuto...
un
forte abbraccio.
J.-
Speravo
con tutto il cuore che mi avrebbero creduto. E se non l'avessero
fatto mi sarei presentato alla loro porta con un mazzo di scuse ben
infarcite e li avrei pregati in ginocchio. Provavo una grande
tristezza e mancanza e per persone che conoscevo appena. Guardai il
telefono appoggiato sul tavolino e lo presi. Digitai il numero che
conoscevo a memoria.
-Pronto?-
-Ciao
Tom... hai un po' di tempo per me?-
-Ho
sempre tempo per te fratello...-
Fede's
corner:
Ehm ehm... sorry!!! lo so che sono 3 settimane che non aggiorno ma....
l'ispirazione era scappata via, per fortuna ho superato il blocco anche
grazie a barbydowney.
Cmq spero che questo capitolo vi possa piacere, a me non
particolarmente perchè lo trovo n po' troppo descrittivo...
ma questo è quello che passa in convento nella mia testa
quindi... non vi prometto niente sui tempi del prossimo aggiornamento!!!
GRAZIE a
tutte le lettrici di questa storia che sono arrivate fino a qui... mi
fate molto happy!! =)
GRAZIE
ancora più speciale per la mia fidata lettrice Pepesale... presto
ritroverai Martina tranquilla...
un bacione a tutte quante!
P.S. riflessione del giorno: avete visto "Mangia Prega Ama"?... questo film mi ha deluso un sacco(le banalità che metteno sugli italiani sono sconcertanti!) e anche James mi sembrava un po' sottotono... bah...
a prestissimo, spero! XD