Titolo: Already Gone
Pairing: Damon/Elena, Stefan/Elena
Rating: G
Note: questa fic
è la traduzione di Already Gone
scritta da –paradiselost e pubblicata
su Tumblr. Ogni commento che lascerete non solo farà piacerissimo a me che mi sono imbarcata nell’opera di
traduzione, ma verrà anche tradotto e rigirato all’autrice J
Contiene spoiler per l’episodio 2x08 (Rose).
Already Gone.
Remember all the things we wanted?
Now all our memories they’re haunted.
We were always meant to
say goodbye.
“Ho solo bisogno di dirlo una volta. Tu hai solo bisogno di ascoltare. Ti amo, Elena. Ed è perché ti amo che non posso essere egoista con te… non ti merito, ma mio fratello sì,” mi avvicino, le labbra che premono delicatamente sulla sua fronte mentre tento di essere forte e portare a termine la faccenda. È più difficile di quanto immaginassi, essere generoso invece che egoista. “Dio, vorrei che non dovessi dimenticare… ma devi.” Guardando direttamente nei suoi occhi, per la prima volta dopo tanto tempo, la soggiogo. Le faccio dimenticare perfino la mia presenza in questa casa. Nel momento in cui finisco di allacciarle la collana, me ne vado nello stesso modo in cui sono arrivato – senza essere notato. Il resto della notte passa in sordina. Sento Stefan che parla, ma lo ascolto solo a metà. Gli ultimi dieci minuti continuano a ripetersi nella mia testa, e non riesco a trovare il bottone per spegnerli. Non mi preoccupo di fermarmi ad aspettare la fine del discorso di Stefan, salgo semplicemente le scale per andare in camera. Ho bisogno di stare da solo. Ho bisogno… di bere. L’alcohol aiuta a frenare i miei bisogni, ma non fa un granché per frenare i miei pensieri. Mi odio per essere stato così debole. Per aver ceduto e per averle detto- per averle fatto dimenticare. C’è stato un tempo in cui l’avrei forzata a ricordare, ma so che Elena non deve ricordare quello che ho detto. Non si merita il mostro. Si merita il fratello ‘buono’, quello che vale la pena salvare. Da qualche parte in tutto questo ha deciso che anche io valgo la pena di essere salvato, ma è impossibile per me continuare a crederlo – che ne valgo la pena. Sono una creatura stupida, egoista… e forse quel gesto è stata la cosa più umana che io abbia fatto in tanto tempo.
Even with our fists held high,
It never would’ve worked out right.
We were never meant for do or die.
I didn’t want us to burn out.
I didn’t come here to hold you, now I can’t
stop.
È passata quasi una settimana da quando l’ho soggiogata. Vederla con Stefan mi uccide. Bevo sempre di più. Provo a seppellire il mio cuore sotto altre emozioni – lussuria, rabbia, sarcasmo - ma è tutta benzina sul fuoco, senza contare il dolore sordo che mi accompagna costantemente. So che Stefan è la cosa migliore per lei, ma questo non serve certo a migliorare le cose. Prendo un sorso del bourbon che mi sono versato, scrollo la testa e fisso il fuoco che guizza nel caminetto. La sento entrare in casa, ma non faccio niente. Non parlo, non mi muovo – mi porto solo il bicchiere alle labbra e bevo un altro sorso.
“Damon? Damon, devo
parlarti,” dice.
Con quel… tono. Alzo gli occhi al cielo mentre mi
giro e sollevo il bicchiere. Darle il permesso di parlare è più un proforma che
altro, visto che dirà comunque quello che vuole. Comincia la sua tirata, e le
regalo un’espressione vagamente annoiata. La maggior parte di quello che dice
sono ciance senza senso, niente che voglio sentire. Le parole che seguono,
comunque, hanno il potere di congelarmi sul posto, mentre l’espressione
annoiata cede il posto ad una leggermente scioccata e sorpresa. “Pensi di
essere così intelligente, ma non lo sei. Certo che la collana era andata. Non
avrei mai rischiato di essere soggiogata ancora se mi fossi ritrovata davanti
ad un vampiro, Damon. Credi davvero che non avrei preso delle precauzioni? Ho
pensato fosse meglio ingerire la verbena piuttosto che indossarla, perché non
me la possono togliere dal corpo.” Lo sguardo nei suoi occhi è pericoloso.
So dove vuole andare a parare con questa conversazione. Ho già in mente la
conclusione. Ingoio l’ultimo goccio di bourbon e la guardo. Dovrei fermarla –
dovrei dirle che non sa niente. Dirle di alzarsi e di andarsene, che sono stufo
di sentire la sua voce piagnucolosa. Chiuderla fuori, buttare la chiave e scappare… ma non lo faccio – non posso. “Proprio tu, tra
tutti, sei l’ultima persona che pensavo mi avrebbe soggiogata.”
“Era necessario.” Scrollo le spalle. Dentro di me, cerco qualcosa da
dire. Ma cosa c’è da dire? Ovviamente sa già cos’avevo intenzione di dire,
altrimenti non sarebbe mai venuta a scuotermi con questa conversazione. Mi
alzo, pronto a lasciare la stanza, quando la sua bocca si apre di nuovo. Lei e
la sua dannata persistenza hanno proprio intenzione di tenermi fermo dove sono.
La guardo parlare, la mano che si stringe leggermente attorno al bicchiere. Il
vetro protesta, stridendo ad una frequenza che so per certo essere l’unico a
poter sentire. Elena continua, parlando di scelte. Secondo lei avrei dovuto lasciarle almeno
quello. La scelta se riconoscere o ignorare la cosa. Alzo gli occhi al cielo e
stringo un altro po’ la presa sul bicchiere ma il vetro non è abbastanza sotto
pressione per rompersi. “Elena, non ho tempo. Ho cose da fare, gente da
vedere.”
“Ironico, non trovi?
Hai tutto il tempo del Mondo, Damon. Puoi anche startene seduto qui dieci cazzo
di minuti ed ascoltarmi – e mi ascolterai. Avrebbe dovuto essere una mia scelta, Damon. L’amore è un sentimento ambivalente
– ma cosa puoi saperne tu? Hai passato 145 anni a struggerti per una donna che
non ti ha mai ricambiato. Perché metterti di nuovo nella posizione di essere
ferito?” Dio, voglio solo che stia zitta. Riesce a toccare ogni singolo nervo
che potrebbe essere toccato. Non voglio sentire. Non ho bisogno di sentire. So
già come andrà a finire la ramanzina. Un altro ‘Sarà sempre Stefan’ o qualcosa
del genere. È una frase molto popolare, che mi pare di aver sentito abbastanza
in quest’ultimo mese. “Mi spiace, ma non te lo lascio fare. Non ti lascerò a
consumarti nel mio nome per i secoli a venire. Non sono Katherine. Baciami.”
Sto per farla tacere, ma frena le mie parole ancora prima che io abbia
il tempo di formularle. La mano ha un altro spasmo ed è la fine del bicchiere,
la pressione finalmente lo distrugge e lascia che vetro e bourbon cadano a
terra e mi si raccolgano ai piedi. Inclino la testa di lato e la guardo, serio
in volto. Ha bisogno di un medico? Non è così che deve andare. Elena ama Stefan.
Tutti amano Stefan. Lui è il ragazzo d’oro, io sono il mostro. Lui è quello
amato, io sono quello odiato. Però lei è qui, e mi dice di baciarla. Ha
sicuramente bisogno di un dottore. “Okay, sei impazzita.”
“Ah sì, Damon? Dimmi
che non lo vuoi. Guardami negli occhi senza bugie del cazzo e dimmi che in
questo momento non hai voglia di prendermi tra le braccia.” Incrocia le braccia sul petto con determinazione e
mi guarda, un sopracciglio elegantemente inarcato. Sfidandomi a fare la
prossima mossa. Ragiono con attenzione, le labbra che si contraggono
leggermente. Non ci vuole molto prima che io sia di fronte a lei, le labbra a
pochi centimetri dalle sue, lo sguardo fisso nel suo. Mi guarda, più risoluta e
testarda che mai, in piedi sul mio tappeto. “Dimmelo ancora.” le ordino
senza toccarla, non ancora. Alza di nuovo il sopracciglio. Leccandosi le
labbra, incatena il mio sguardo al suo. “Baciami.”
Started with a perfect kiss, then we could feel the
poison set in.
Perfect couldn’t keep this love alive.
You know that I love you so; I love you enough
to let you go.
Ora non posso più fermarmi. Una parola ha avuto il potere di disfarmi
completamente. Le mie braccia si muovo più veloci di quanto un occhio umano
possa vedere, le mani che afferrano il suo viso per tenerla ferma mentre le mie
labbra trovano le sue. Il momento del bacio sembra infinito. Non riesco a
staccarmi da quelle labbra, da quelle labbra lisce, dolci e intossicanti che si
muovono sotto le mie. A malapena uno sforzo per me, ma il gemito di Elena mi
lascia intendere la sua sorpresa nel momento in cui la sua schiena colpisce il
muro. Le mie mani si muovono dal suo viso al collo. Il mio tocco fantasma le
accarezza le clavicole e la morbidezza delle sue curve, trovando pace solo una
volta raggiunti i fianchi, lei che si aggrappa al mio collo. La sollevo un po’,
così da farle raggiungere la mia stessa altezza, le braccia sotto di lei per
sostenerla. Non avrei mai immaginato che Elena Gilbert avesse tutto questo
fuoco in lei, un fuoco che sembra bruciare sulla pelle mentre le nostre labbra
sono unite. Mi prendo un momento per farla respirare, la fronte contro la sua, ed
inspiro aria di cui non ho bisogno, riflesso umano ed incondizionato, poi la
guardo. “Probabilmente finirò all’Inferno per questo.” Dico ridacchiando
brevemente, le mie dita che le spostano i capelli dal viso. Elena ride,
cercando di tornare a respirare normalmente, e mi guarda mentre parla. “Almeno
avrai compagnia.”
Le settimane seguenti sono a dir poco surreali. Ogni volta che Elena è
in giro, Stefan ed io ci evitiamo a vicenda. So che è sbagliato lasciarglielo
fare – lasciare che mi affascini e mi attiri a lei, ferire mio fratello, ma so
che ha ragione. Elena non è Katherine; ha fatto una scelta. Ha scelto me, e per
quanto la cosa possa avermi scioccato, di certo non lo rimpiango. Nella mia
vita ho rimpianto un sacco di cose; Katherine, il mio rancore verso Stefan, l’assassinio
di alcune persone innocenti, compiuto senza pensarci troppo…
ma non rimpiango Elena. Sono seduto in biblioteca a bere qualcosa nel tentativo
di placare i miei bisogni, quando Stefan mi avvisa che sta uscendo. Dovrei
prendere una sacca di sangue, ma può ancora andare bene così, quindi continuo
con l’alcohol. Mi giro verso di lui, un sopracciglio
alzato. “Da quando ti senti in dovere di annunciarmi ogni tua mossa,
fratellino?” dico sorseggiando il bourbon. Socchiude gli occhi nel sentirmi
pronunciare la parola ‘fratellino’. Sollevo lo sguardo al cielo e mi correggo nel tentativo di calmare il
ragazzino scontroso. “Chiedo perdono. Da quando ti senti in dovere di
annunciarmi ogni tua mossa, Stefan?” Mio fratello si volta e mi fissa
intensamente, l’espressione sul suo viso illeggibile. Vederlo utilizzare
tecniche di cui io sono diventato padrone e maestro nel corso degli anni,
vederlo convinto di potermi ingannare… mi diverte. “Dovresti
riconoscere la tattica, Damon. Hai fatto lo stesso fino a non molto tempo fa.”
“Smettila di fare
l’adolescente musone, Stefan. Lascia che ti dica una cosa. L’intera faccenda
dell’affliggersi per una donna che non ti vuole… non
ti si addice.” Non
posso fare a meno di sbatterglielo in faccia. Ha passato anni a ricordarmi
quale perdita di tempo fosse Katherine e quale spreco di energie fosse arrovellarsi
il cervello per lei. Ora che sta facendo l’ipocrita non ho certo intenzione di
lasciar correre e perdere l’occasione di rinfacciarglielo. Stefan sogghigna
dolcemente e si gira, dando l’idea di non aver accusato il colpo, ma si ferma
di botto appena si ritrova davanti alla porta. Elena è entrata nella stanza
mentre parlavamo. Mi muovo verso la porta mentre i due continuano a fissarsi, e
non posso fare a meno di notare la bramosia nei loro occhi. Non solo in quelli
di Stefan, ma anche in quelli di Elena. Ci vuole un solo secondo prima che
Stefan le giri attorno ed esca dalla porta, scomparendo nella luce del giorno. Mi
appoggio contro lo stipite della porta e la guardo, le braccia incrociate ed
una gamba poggiata sopra l’altra. “Ciao Elena.” Lei annuisce e mi si
avvicina, sorridendo timidamente. I suoi occhi corrono alla porta un’ultima
volta prima che la sua attenzione sia ricalibrata su di me e che si alzi in
punta di piedi per raggiungere le mie labbra. La bacio, ma i miei occhi non
mancano di notare l’ombra nel vano della porta – l’inconfondibile sagoma di
Stefan che ci guarda, si volta e sparisce nel bosco. “Non sapevo che ci sarebbe stato Stefan.
Ho interrotto qualcosa?” mi chiede, guardandomi mentre ho lo sguardo perso
fuori dalla porta, alla ricerca di mio fratello. Scuoto la testa, e quando mi
volto verso di lei e le sorrido spensierato
indosso una maschera che avevo abbandonato da un po’. “No, non hai interrotto niente.”
I’m already gone, already gone.
You can’t make it feel right when you know that
it’s wrong.
I’m already gone, already gone.
There’s no moving on, so I’m already gone.
Una settimana, una settimana intera, una cazzo di settimana intera.
Ecco quant’è passato da quando Elena è scivolata tra me e Stefan mentre
parlavamo e si sono scambiati quello sguardo pieno di desiderio. Ero geloso,
all’inizio, ma arrivati a questo punto sarei sembrato semplicemente ridicolo.
Cosa mi aspettavo? Che si dimenticasse dell’esistenza di Stefan, dei mesi
trascorsi con lui, di tutto quanto, che semplicemente corresse tra le mie
braccia senza più guardarsi indietro? È stata una cattiva idea. L’intera
faccenda è stata una cattiva idea. Dovevo essere quello forte. Forte, generoso,
solo. Questo era il piano, giusto? Ogni singola fibra del suo essere è riuscito
a colpirmi in qualche modo. Un giorno con la lussuria, quello dopo con la
colpa, poi la rabbia, tristezza, felicità, di nuovo la colpa…
un circolo vizioso dal quale pare io non riesca a chiamarmi fuori. Per quanto
avere Elena mi renda felice… c’è qualcosa che sembra
sbagliato. Lei sembra
sbagliata. Con ogni giorno che passa perde quella scintilla che aveva quando è
venuta da me la prima volta, dopo il soggiogamento fallito. La sento muoversi
accanto a me per accoccolarsi più vicina al mio corpo. Accarezzo il suo fianco
snello e nudo, attirandola nella morbida curva creata dal mio corpo. Riempie
quella curva quasi alla perfezione… quasi. Dopo qualche
istante si muove ancora e la sua testa si alza, i suoi occhi si aprono nei miei
e sorride un sorriso che sembra diminuire giusto un po’ non appena riconosce il
mio volto. “Buongiorno, Damon,” e mi da’ un bacio. È delicato e dolce,
ma in qualche modo sembra forzato. Lo ricambio senza passione, un’altra azione forzata
alla quale segue il mio scendere dal letto, il lenzuolo che mi scivola sulla
pelle. “Damon, va tutto bene?” chiede mentre infilo i boxer. Le do’ la
schiena mentre scrollo le spalle, ma non dico nulla. Vedo nello specchio il suo
riflesso che si mette a sedere, le coperte strette al petto ed un’espressione
confusa sul viso. “Damon? Che succede?” indurisco il viso, riso amaro
che mi sale alle labbra mentre mi giro e le mostro la mia espressione vuota. La
fisso, gelido. Le basta guardare nei miei occhi perché un brivido la percorra.
“Vestiti. Farai tardi
a scuola.” Dico,
dandole nuovamente la schiena per cercare una maglietta. Si muove dietro di me,
e dal fruscio degli abiti deduco che si sta vestendo in fretta. La sento
arrivarmi alle spalle e girarmi intorno per guardarmi in faccia, la
preoccupazione ben visibile nei suoi occhi. Sa che qualcosa non va. Posa una
mano sul mio viso e mi allontano per prendere la giacca di pelle da uno dei
ganci accanto al cassettone. “Farai tardi.”
“Chi se ne importa,
Damon. Cosa c’è? Dimmelo,” e mi
mette la mano sulla spalla. Mi giro in un secondo e stringo la sua mano nella
mia, causandole un gemito di dolore. Mi guarda confusa. “Damon, ah- fa male.
Lasciami. Damon, lasciami.” Geme di nuovo, e la lascio. Si culla il polso
nell’altra mano per un momento, mentre mi fissa vagamente sconcertata. La
squadro da capo a piedi e indosso la giacca. Mentre la sistemo, le passo
accanto e guadagno la porta. “Puoi andartene ora, Elena. Ho finito con te.”
dico, più tagliente che posso. So che le farà male, ora, però almeno servirà a
farla tornare dove realmente vuole stare – nelle braccia di Stefan. Non posso
ignorarlo, e non farò certo in modo che lo ignori lei. Non importa quello che lei
decida di fare, qualcuno è destinato a farsi male. Meglio il mostro che il
salvatore.
I’m already gone, already gone.
You can’t make it feel right when you know that
it’s wrong.
I’m already gone, already gone.
There’s no moving on, so I’m already gone.
“Ho mentito,” dico, scrollando le spalle e bevendo un altro
sorso. Elena è tornata da scuola più adirata che mai. Le ho dato un benvenuto a
base di musica, alcohol e due ragazze che non avevo
mai visto prima di quel pomeriggio. Le prime due carine che ho trovato per
strada. Le mando via e mi siedo davanti al caminetto, la camicia sbottonata ed
il bicchiere in una mano, l’atteggiamento incurante e spensierato. Cammina
avanti e indietro, incapace di comprendere il significato di quello che ho
fatto. Come ho potuto dirle che la amavo e farle questo. È stato un bene che mi
abbia scoperto. Sto proprio tornando il vecchio Damon…
il bastardo senza cuore e senza una sola preoccupazione al Mondo, Damon. Prendo
un altro sorso di scotch, mentre lei continua a parlare. Alzo un sopracciglio
davanti al suo incessante marciare avanti e indietro. Termina il suo discorso,
e quando si volta verso di me le rido in faccia. “Pensi che tutto questo
avesse qualcosa a che fare con l’amore? Riguardava Stefan – riguarda sempre
Stefan. Tu eri l’ultima vendetta nei suoi confronti, per quello che mi ha
fatto. Me l’hai reso anche fin troppo facile.” Mi schiaffeggia, uno
schiaffo coi fiocchi, mentre sono ancora seduto. La testa si gira sotto la
forza del colpo, poi torno tranquillamente a fissarla. Dice qualcosa che non
registro minimamente, e la guardo uscire dalla porta. Stefan compare sulla soglia,
uno sguardo astuto negli occhi. Bevo una sorsata generosa di scotch,
direttamente dalla bottiglia, e mi alzo per fronteggiarlo. “Cosa?”
“Magari sei stato
capace di ingannare Elena, ma io ti conosco veramente, Damon. So distinguere le
tue bugie dalle verità.” Dice
Stefan scrollando le spalle, e si muove verso l’ingresso, senza dubbio per
rincorrere Elena. Aspetto finché sono lontani prima di collassare di nuovo
sulla poltrona accanto al caminetto. Guardo dentro le fiamme, contemplando per
un attimo la possibilità di regalarmi al bagliore tentatore, ma poi decido di
non farlo. Se dovessi morire, vorrei che fosse una morte col botto, non una morte
stupida come un suicidio. Tra l’altro questo è quello che volevo. Volevo Elena
felice, nelle braccia del fratello buono. Quello amato da tutti, quello che
salta alla mente quando si pensa ad Elena insieme ad uno dei fratelli
Salvatore. Finisco la bottiglia e getto il calice vuoto tra le fiamme,
godendomi il modo in cui si frantuma, le piccole gocce d’alcohol
che colorano le fiamme di turchese mentre l’etanolo brucia. Faccio scattare la
lingua e mi sposto dal salotto alla mia stanza. Chiudo a chiave la porta, una
mera illusione di privacy, e mi dirigo alla cassettiera. Tiro un fiore
decorativo e compare un piccolo scomparto segreto, che contiene solamente un
libro con la copertina di pelle. Prendo in mano il libro e chiudo il cassetto,
nascondendolo nuovamente al Mondo, poi cerco una penna e sfoglio le pagine fino
a trovarne una bianca.
È felice. Questo è quello che importa. Lei
importa. Questo è tutto. Lei è tutto. È tutto per il meglio. Quello che è
meglio per lei è meglio per te. Non dimenticarlo più.
Fisso le parole per qualche momento, poi chiudo il libro e lo rimetto a
posto, al sicuro. Mi sposto dall’altro lato della stanza ed apro il
frigorifero, fissandone il contenuto – dozzine di sacche di sangue che mi implorano
di prenderle, di sfruttare il potere che contengono per spegnere l’interruttore
e dimenticarmi di tutta la faccenda. Dimenticare veramente come ci si sente.
Chiudo il frigorifero con un calcio e chiudo gli occhi, inspirando
profondamente. Espiro lentamente e mi dirigo verso il mio bar personale. Non siete mai stati
fatti per l’amore. Siete stati fatti per dirvi addio. Che gran
verità.
I want you to know that it doesn’t matter,
Where we take this road someone’s gotta go.
È quasi tutto pronto. Praticamente ogni cosa che ho portato a Mystic Falls è andata distrutta o
impacchettata, quindi sono pronto ad andare. Le cose sono tornate alla
normalità. Elena e Stefan sono tornati loro stessi, i soliti piccioncini. In
una parola, Stelena. Fusi di nuovo insieme in una
sola persona, una felice montagna di felicità. Mi fa venire da vomitare, ma è
la cosa migliore per lei. Questo è tutto quello che importa, è tutto quello che
mi interessa. Comunque sia, non riesco a stare
a guardare, quindi me ne vado. L’unico modo per far tornare le cose
definitivamente a posto. Mi getto la sacca sulla spalla, scendo le scale e la
butto sul sedile posteriore dell’auto, poi chiudo la portiera. Appoggiandomi al
tettuccio espiro e mi concedo qualche secondo per guardarmi intorno. L’estate
sta per abbandonare Mystic Falls
e presto le cose cambieranno un’altra volta. I cambiamenti non mi sono mai
andati troppo a genio, quindi faccio la cosa che mi riesce meglio. In un batter
d’occhi sono al posto di guida, giro la chiave nel quadro d’accensione e mi
preparo ad andare. Sto per uscire dal vialetto quando un bussare disperato al
finestrino del passeggero mi distrae. Abbasso il finestrino. “Cosa c’è,
Elena?”
“Non te ne andare.”
“Perché no?” le chiedo, fissandola. Una strana espressione le
balena in viso mentre inghiotte il nodo che ha in gola. È difficile per lei, questo
riesco a capirlo perfino io. Corrugo la fronte. “Cosa c’è, Elena?”
“Non te ne andare.”
“Perché?”
“Perché…
non sarebbe lo stesso senza di te.”
“Cosa?”
“Non te ne andare.”
“Per la centesima
volta, perché? La verità, oppure ingrano la marcia e me ne vado senza voltarmi
indietro.”
“… perché ti amo, e ho
bisogno che tu stia qui. Ti prego… resta… per me.”
Mi ci vuole qualche momento per digerire le sue parole. Le sorrido e
lascio che un po’ del sentimento che provo per lei trapeli dalla mia
espressione. “Mi spiace, Elena, ma me ne sono già andato.”
*
Elena si alza di scatto, guardandosi attorno. Stefan la fissa,
preoccupato dal movimento repentino. “Cosa c’è, Elena?”
“Dov’è Damon?”
“Non ti ricordi? Se
n’è andato.”
And I want you to know I couldn’t have loved you better.
But I want you to move on, so I’m already gone.