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Autore: waferkya    15/11/2010    1 recensioni
Comincia con un’esplosione che percuote le viscere della notte e sembra debba aprire una voragine nel deserto.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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— Challenge speciale #7 @ it100
— T-Company! ♥

— 06/vi/2010



~ Ripetutamente.

affanno »

Comincia con un’esplosione che percuote le viscere della notte e sembra debba aprire una voragine nel deserto, e Aidan non riesce davvero a sentirsi triste all’idea che un buco catastrofico possa inghiottire via tutta quella stramaledetta sabbia. Un fischio, come di fuochi d’artificio l’ultimo dell’anno, e poi, boom, il fracasso di tre morti e dodici feriti duecento metri più in là: il caporale si costringe ad ingoiare tutta la paura e si lancia fuori dalla sua buca, il fucile stretto in petto e la testa che lampeggia di ordini – raggiungi l’operatore radio, dai l’allarme al Quartier Generale, chiedi un bombardamento di risposta, inventa delle coordinate che siano il più possibile giuste: condannaci a morte o salvaci, caporale.

calma »

Comincia con le bestemmie senza senso di Aidan che non ha ancora imparato a correre senza farsi mangiare gli stivali dalla sabbia fino alle ginocchia, e Don sbuffa una risatina attorno al filtro della sigaretta: non gl’interessa poi tanto del bombardamento, in fondo il suo compito è star di vedetta per essere il primo a fracassare il cranio ad eventuali esploratori; quel che piove dal cielo non è di sua competenza, ma naturalmente dev’essere il brandy del maggiore Blake – forse la morfina che Doc gli ha dato per quel brutto buco di proiettile nel polpaccio – a farlo parlare così, a farlo respirare così, con la stessa naturale disinvoltura di uno che se ne sta svaccato in poltrona sulla veranda di casa, giù a San Francisco.

offuscato »

Si calma all’alba, con un buco tra le dune che sembra la Union Square per quanto è grande e incasinato di rottami e cadaveri. Don lo osserva con la fronte corrucciata, come incapace di sentirsi contento per essere sopravvissuto anche a questa notte e d’altra parte troppo stanco anche solo per fermarsi a riflettere un po’ più attentamente. Come al solito non ha capito niente di quello che è successo, del perché se la sia cavata senza dover sparare nemmeno un quarto di proiettile mentre da tutte le parti s’invocavano medici e morfina – ma capirci qualcosa, qua in guerra, non è mai stato il suo mestiere.
Neppure Aidan ci capisce mai niente, sebbene abbia una certa responsabilità, nella compagnia – lo spediscono, di notte, a correre su e giù tra le buche e le bombe e la sabbia che vola da tutte le parti, a portare notizie da un battaglione all’altro, a scansare come può la morte e la mutilazione, a salvarli o a condannarli tutti; e Aidan puntualmente ne sa meno di Don, di quello che fa, di quello che fanno.
E Aidan, puntualmente, si perde.

definito »

Si calma quando un medico che non è il suo medico gli buca il braccio con l’ago e finalmente Aidan riesce a sentirne il dolore: quasi distintamente percepisce la punta farsi largo tra la pelle e poi l’analgesico che si mescola al sangue. Gorgoglia una risata che sa mostruosamente di sangue quando la medicina gli si aggrappa alle viscere e lo strattona violentemente a terra, ricordandogli che è esplosa una bomba a tre metri da lui e che ha il petto trapuntato di schegge, forse qualche costola rotta, sicuramente un polso andato.
Aidan chiude gli occhi, stringe i denti e ringrazia, prima ancora che Dio, l’antidolorifico che invece di fare il suo mestiere ha ben pensato di svegliargli i nervi, ringrazia il dolore che gli morde le ossa e se lo vuole mangiare: non sentiva più niente, prima, annegava in un mondo di ovatta e il suo corpo era poco più che una bambola di pezza che non gli apparteneva, e adesso sente il dolore di ogni muscolo, lo strazio di ogni frammento di carne, e ringrazia.

diviso »

Finisce, la paura fottuta di Aidan, con una pacca sulla spalla che gli manda una bellissima fitta di dolore bianco dritto tra le tempie; finisce col medico che, no, decisamente non è il suo medico, ma più un coglione agomunito che lo Stato ha raccattato per strada. Finisce, la paura fotutta di Aidan, sul sorriso stronzo del medico, che gli dice di star tranquillo, perché si potrà godere una vacanza nella tenda della Croce Rossa, con le infermiere e le loro tette e il loro profumo, con gli altri commilitoni e le loro gambe amputate, le loro dita in cancrena.
Aidan chiude gli occhi di nuovo contro il cielo bianco latte dell’alba, e ripassa mentalmente l’archivio di insulti che vorrebbe urlare al coglione e che si terrà per sé, perché in fin dei conti il coglione gli ha salvato la pelle, e non era tenuto a farlo.
E poi, in silenzio, prega che il bombardamento non abbia fatto altri morti, tra i suoi; prega che Don gli si materializzi al fianco, e prenda a sfotterlo per il disastro che ha sul petto – già lo sente ridere, già lo sente infilare i pollici nelle sue ferite ridacchiando “Gran bel lavoro, Kenshiro”, - e lo rimbabisca abbastanza da distrarlo dalla puzza di sangue, disinfettante e viscere.


unito »

Finisce annegata nella sabbia, la sigaretta di Don, perché Xandre gli compare accanto e senza preavviso gli tocca una spalla. Finisce annegata negli occhi del capitano, la tranquillità di Don, perché Xandre ha l’espressione corrucciata e si dondola sui talloni, esita a parlare, in un modo che può significare solo che Aidan è morto.
Don non riesce nemmeno a farsi sfuggire il respiro, e quando Xandre s’allarma e comincia a rassicurarlo – “È solo ferito, Don, stai tranquillo, Dio ti prego credimi, sta bene, puoi vederlo coi tuoi occhi, è solo ferito!” – non vuole neppure crederci. Scappa via – lui sì che sa correre sulla sabbia, lui lo sa che devi spaccarti le gambe disegnando le falcate più ampie che puoi, e in fretta, appoggiando la punta dello stivale e subito spiccando il passo successivo, perché sennò col cavolo che riesci a non sprofondare.
Scappa via, ed è in mezzo al deserto ma gli sembra di essere già al funerale di Aidan.


caos » Comincia a cercarlo tra i morti, non per masochismo o chissà che ma semplicemente perché è in quelli che incappa subito, e forse è un segno del destino, forse no; Aidan non c’è, Aidan non è morto – “Te l’avevo detto,” borbotta uno Xandre immaginario, ma neppure a lui Don dà retta.
Corre alla necropoli della Croce Rossa, e l’odore di ammoniaca gli fa girare la testa di trecentosessanta gradi; Aidan non c’è tra i moribondi, Aidan non c’è tra gli ammattiti, Aidan non c’è tra i mutilati, Aidan è lì col petto pieno di sangue ma le viscere tutte al loro posto, la faccia integra, un polso fasciato ma tutto il resto ancora intatto, esattamente com’era quando ha avuto la stramaledetta idea che fucili e sangue potessero essere più interessanti dell’economia.
“Vaffanculo,” sbotta Don, e il sorrisino stronzo di Aidan gli risucchia anche l’energia necessaria a stare in piedi – Don crolla accanto alla sua branda, sbattendo le braccia sull’intelaiatura del materasso e nascondendoci contro la faccia. “Vaffanculo.”
Sta piangendo, ma è un segreto tra lui e il sangue che incrosta la sabbia sotto le sue ginocchia, e Aidan è piuttosto contento che rimanga tale.

ordine »
Comincia sempre con l’indifferenza pigra di Don e Aidan che fa il suo dovere senza pensare a nient’altro, e finisce sempre con la timidezza di Aidan e Don che gli piange addosso in silenzio: ha un suo senso, questo modo di procedere, dà un po’ d’ordine all’universo.
Aidan potrebbe adesso dire qualcosa di carino, qualcosa di dolce per consolare Don, ma Don scapperebbe; e dal canto suo Don potrebbe anche svegliarsi un attimo prima che Aidan parta per l’ennesima corsa suicida nel deserto, e chiedergli di fare attenzione, ma a quel punto dov’è che potrebbe andare, Wheel?
Perciò va bene cominciare sempre allo stesso modo e finirla sempre uguale, come il prevedibile procedere di una sigaretta dal pacchetto al terreno, di una vita, dalla culla alla tomba.
  
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