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Autore: Dante_Chan    15/11/2010    3 recensioni
Questa storia ha come protagonisti personaggi ispirati a persone realmente esistenti, miei conoscenti. Mi è venuto in mente di scriverla perchè una volta, parlando con una mia amica, è venuto fuori che i due protagonisti sanno troppo da yaoi xD allora ho provato a buttare giù qualcosa. E' la mia prima ff, si può dire, e non so scrivere cose romantiche, ma qualcosa (di orrendo, sì) è venuto fuori.
La storia prende spunto da un avvenimento reale, ovvero la rottura del rapporto di fidanzamento fra Emanuele e la sua fidanzata. Tutto il resto è ovviamente inventato, semplice frutto di mia fantasia. Luca, durante una serata fra amici passata in un locale, tenterà di consolare Emanuele...
p.s.: non ho trovato non titolo decente ç__ç
p.p.s: il rating giallo è più che altro per il modo un po' scurrile - diciamo "giovanile" - di parlare, più che per il contenuto.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Oh, ma che cazzo c’hai?!»
Era da quando erano usciti che Emanuele non proferiva parola e Luca stava cominciando a perdere la pazienza. Gli altri, appena avevano notato che il loro amico non era dell’umore giusto per fare baldoria, avevano deciso di lasciarlo perdere, divertendosi  fra di loro; ma Luca no, non era riuscito a fregarsene, non era riuscito a lasciarlo in disparte, da solo, nella sua merda. Sarebbe stato troppo crudele e lui non era così stronzo. Però perdere la serata senza nemmeno sapere il motivo gli faceva girare un po’ le palle. Un po’ tanto.
Emanuele si limitò a scuotere la testa per l’ennesima volta, ribadendo silenziosamente che non se la sentiva di raccontare i problemi che lo affliggevano. Non che Luca non fosse un buon amico, anzi, nei momenti di bisogno si poteva contare su di lui. Solo, si vergognava a morte. Si sentiva umiliato, preso in giro, respinto. Quella ragazza aveva ferito profondamente il suo orgoglio e in quel momento si sentiva terribilmente patetico. Eppure non riusciva ad odiarla, nonostante lo stesse facendo sentire a quel modo. Aveva provato a chiamarla ‘stronza’, ‘troia’ e altri epiteti poco gentili, ma non riusciva a pensarlo seriamente. Continuava ad amarla profondamente e questo lo faceva stare ancora peggio.
Senza contare che sentiva che se solo avesse provato a parlarne con qualcuno sarebbe scoppiato a piangere. E non aveva alcuna intenzione di mostrarsi così debole di fronte ai suoi amici.
Luca sbuffò, capendo che Emanuele non gli avrebbe raccontato nulla e sì alzò, andando a raggiungere Enrico, che gli stava facendo segno di venire ridacchiando, non vedendo l’ora di raccontare al biondo come Massi fosse appena stato respinto da una ragazza.
Emanuele restò a testa china, seduto al tavolino posto in un angolo del locale. Non gli dispiaceva stare solo e, dopotutto, sapeva di essere di cattiva compagnia quella sera; aveva sperato che uscire con gli amici l’avrebbe aiutato a distrarsi, ma pareva che ciò non stesse funzionando.
Stava cominciando a chiedersi perché aveva accettato l’invito. Se fosse stato a casa sarebbe andato a letto. Aveva come la voglia di sparire, di annullarsi. Era stanco di sentire i propri pensieri e l’unico modo per non sentirli era addormentarsi. Ma ovviamente non poteva dormire lì. Maledisse se stesso e i propri amici, deprimendosi ancora di più.
Stava con la testa appoggiata al tavolo e circondata dalle braccia quando un forte spintone da sinistra lo mandò addosso al muro facendolo quasi cadere dalla sedia. Cercando l’origine di quell’attentato vide che era stata colpa di un ragazzone ubriaco fradicio, che agitandosi a ritmo di musica era riuscito ad inciampare sulla sedia di fianco alla sua, finendogli dritto addosso.
«Ma che cazzo fai??» urlò a questo, che si era rialzato e stava caracollando verso la sua compagnia ridendo, talmente fuori di testa da non essersi minimamente accorto di aver investito qualcuno con la sua mole. «Stronzo …».
Non ce la faceva più a pensare, doveva disconnettere il cervello. Che senso aveva spaccarsi la testa a quel modo?
Girò lo sguardo verso il ragazzo ubriaco. Effettivamente una soluzione c’era.
Gli passò vicino il ragazzetto che quella sera faceva da cameriere e che aveva appena preso le ordinazioni del tavolo di fianco.
«Scusa!» chiamò.

                                                                                    ***
Luca si era quasi scordato della presenza di Emanuele quando Tommaso, tornato dal bagno, informò il gruppo delle sue condizioni:«Oh, guardate che Ema si sta sbronzando da solo!». «Cosa?» rise Enrico; «Ma scusa, perché da solo? Digli di venire qui, no!». «Quel ragazzo è idiota!» sbottò Luca, abbandonando sul bancone il suo mojito e tornando al tavolino, seguito dagli altri.
«Ma…non c’è più! Era qui fino a trenta secondi fa, davvero!». Effettivamente, il moro non c’era più; restavano tre bottiglie di birra e due bicchierini vuoti. «Sarà in bagno a vomitare…sapete come regge l’alcol.» azzardò Massimiliano. «Oppure è uscito per prendere un po’ d’aria.» tentò Tommaso. «No, è sicuramente a cagnare.» scosse la testa Enrico.
Così, Massi ed Enrico andarono a controllare in bagno, mentre Tommy e Luca uscirono dal locale; e questi trovarono Ema intento a tracannare la quarta birra doppio malto, semi-appoggiato al muro e con lo sguardo annacquato. «Mona! Ecco dov’eri finito!» esclamò Tommaso. «Sei proprio un coglione.» ringhiò Luca, strappandogli la bottiglia di mano e buttandola per terra. «Ma che cazzo ti passa per la testa?? Se esci stai con gli amici, se non sei dell’umore giusto potevi stare a casa, Dio man! Ma così rovini la serata a tutti, non so!».
«Oh Luca, io vado ad avvisare gli altri…» pigolò Tommaso, sparendo nel locale, mentre il biondo continuava a rimproverare Emanuele con lo zelo di una chioccia infuriata. Dal canto suo, il ragazzo ubriaco lo guardava con lo sguardo vacuo, apparentemente senza ascoltare nemmeno una parola.
«E com’è che sei con le maniche corte?? Non hai un maglione o qualcosa?». A questa domanda Ema scosse il capo e abbassò gli occhi a terra:«Chi se ne frega del freddo…è il male minore.».
«Sei proprio un coglione…» ripeté Luca, abbracciandolo da dietro per fargli un po’ di caldo, con un gesto quasi involontario. «Oh dai, allora andiamo dentro.». «N-no…Mi serve aria…».
Aveva pronunciato queste ultime parole con voce tremula; quell’improvviso contatto fisico, così intimo e caldo, gli riportò alla mente tutte le sensazioni che provava quando stava insieme alla sua ormai ex ragazza, evidenziando il vuoto che gli si era formato nel cuore. Cercò di trattenersi, ma scoppiò inesorabilmente in lacrime.
A quel punto, Luca provò una terribile vergogna per l’imbarazzante situazione e una grande voglia di staccarsi da lui; invece, una parte del suo inconscio gli fece stringere più a sé l’amico, con l’intento di consolarlo. «Ehi…adesso mi vuoi dire cos’hai?».
«E’ la Fra…ieri sera, al Totem…mi…mi ha de-detto che non vuole più sa-perne di me!» rispose Emanuele, fra i singhiozzi.
«Cosa?? Perché??».
«E’ questo, non lo s-so! Mi ha detto che è ov-vio e che devo maturare…».
«Non è che hai fatto qualcosa di stupido che le ha dato fastidio?».
«N-no, era strana già quando c’eravamo appena visti…è che l’altro giorno era normale, capisci, è stato im-improvviso!».
Luca accarezzò la testa ad Emanuele, non sapendo che altro fare. «Beh, dai…» disse «Se dici che tutto andava bene, magari è solo passeggero…sai come sono le donne…altrimenti, so che dà poca consolazione, ma si dice “chi non ti vuole non ti merita”…ne puoi trovare mille migliori di le-» «No! N-no…L-Luca, io la amo, non riesco a stare senza di lei, io vo-voglio lei, lei e basta! S-se solo sapessi cosa ho fatto di male, se lo sapessi potrei ri-mediare…».
Luca era imbarazzatissimo e stava cominciando a preoccuparsi di quel che avrebbero potuto pensare gli altri se fossero arrivati e li avessero visti così. Nonostante ciò, non riusciva a terminare l’abbraccio. Nonostante fosse quasi una spanna più alto di lui, Emanuele, scosso dai singulti, sembrava più una ragazza fragile che il suo amico di sempre. Forse proprio per questo, di nuovo, invece che staccarsi, agì diversamente: prese l’amico per le spalle e lo fece girare, per poterlo guardare negli occhi; e vide, attraverso di essi, il buco che si era formato nel suo cuore e si chiese con che crudeltà era riuscito ad abbandonarlo quella sera; e volle tentare di riempirlo almeno un po’.
«Non ti preoccupare.» sussurrò. «Non ti preoccupare, cambierà idea…le mancherai, vedrai…non sarai solo, sappilo…io e gli altri ti aiuteremo e vedrai che si sistemerà tutto…»; e la parte di inconscio che gli aveva fatto prima stringere di più l’abbraccio invece di scioglierlo, gli ordinò di baciarlo e lui lo fece. Ed Emanuele si aggrappò con tutte le sue forze a quel corpo caldo, tentando di riempire quel vuoto nel cuore, grato per la tenerezza del momento, riuscendo a trovare un po’ di tregua da quel dolore pulsante.
Rimasero abbracciati circa un altro minuto, con Luca che asciugava le lacrime che ancora sgorgavano dagli occhi di Emanuele, prima che uscissero i loro tre amici.
Appena furono usciti, tutti e tre presero un’espressione interrogativa. «Ma che ca…?» si lasciò sfuggire Tommaso; «Beh, non credevo di avere degli amici froci.» ghignò Massimiliano. «Massi, vaffanculo.» replicò Luca. «Sta male.».«Allora, ti ha detto cos’ha?» chiese Enrico. «Ha solo bisogno di buttare fuori  le emozioni…».
Già. E non solo quello.
Emanuele ebbe un singulto più forte degli altri. Luca lo allontanò giusto lo spazio per guardarlo in faccia ed ebbe solo il tempo di vedere che era grigio in volto, dopodiché l’amico sboccò e riuscì a beccargli in pieno la maglietta.
Tommaso, Massimiliano ed Enrico scoppiarono a ridere.
Mi dispiace, Luca…lo sappiamo tutti che Emanuele non regge l’alcol :°D
«EMA, SEI PROPRIO UN COGLIONE!!!».
   
 
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