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Autore: JulyAneko    16/11/2010    0 recensioni
Due persone che si attirano come calamite in un rapporto di brividi e sensazioni a cui non riescono a resistere.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: JulyAneko
Titolo: Addicted to you
Rating: PG
Categoria: One-shot
Note: I due personaggi della storia nascono da un gioco di ruolo su un forum (dreamyourlife-gdr). Charlotte è mia mentre Brian appartiene a quella gran donna di Mary che ha accettato questa mia follia! Il racconto riguarda il preludio alla loro storia.
Questa storia ha tre punti di vista, il primo di Charlotte, il secondo di Brian e il terzo di un narratore esterno.
Il banner alla fine presenta Keira Knightley e Cillian Murphy, i diritti delle foto a loro.

 

ADDICTED TO TOU

Portai una mano ad afferrare il bicchiere d’acqua che uno dei miei collaboratori mi stava porgendo, regalandogli un fuggevole sorriso mentre il truccatore aveva ancora le mani sul mio volto. Lo congedai con una parola gentile, dicendo che ero apposto… lo spettacolo sarebbe ripreso fra qualche minuto ma quella, quella, era la prima volta che mi trovavo in difficoltà, in affanno in un’intervista.
Portai il bicchiere alle labbra cercando di ritrovare la concentrazione giusta ma quei due occhi di ghiaccio puntati sulla mia figura non mi davano pace. Cercai di ignorarli, come avevo fatto per tutta la prima parte della puntata ma c’era qualcosa in più, qualcosa che non riuscivo ad afferrare. Era come se mi guardassero dentro.
Respirai profondamente accennando un sorriso al cantante del gruppo che stavo intervistando… una nuova band del panorama grunge che stava spopolando, scalando pian piano le classifiche e svettando alla posizione numero uno. Ma non era lui che mi preoccupava… no, decisamente no. Era quella figura seduta all’ultimo posto sul divanetto a nostra disposizione, quel ragazzo che sembrava il perno del gruppo in fatto di musica e stile ma che, nel mondo dello spettacolo, faceva andare avanti gli amici, ritraendosi in seconda fila, silenzioso. Affascinante.
Portai il bicchiere in grembo e subito il solito collaboratore venne a riprenderselo, avvisandomi che mancava un minuto alla diretta. Gli lasciai un sorriso tirato ringraziandolo mentre con lo sguardo andavo ad indagare su quel divanetto, in quegli occhi.
Ed erano lì, puntuali ad osservarmi… senza paura, senza vergogna ma con una strana luce dentro, una scintilla che sentivo imprigionarsi nel mio cuore. Senza accorgermene feci un sussulto che cercai di nascondere puntellando i gomiti ai fianchi e portando le mani su quel piccolo tavolinetto stile Luigi XV che avevo davanti, scarruffando i fogli che vi erano poggiati sopra.
Sì, dovevo darmi una calmata. Vidi la luce della telecamera accendersi, stavamo per ricominciare.
Ed io ero distratta, distratta da due occhi azzurri come il ghiaccio.

Portai una mano ad afferrare l’accendino che avevo nelle tasche dei jeans ed iniziai ad aprirlo e chiuderlo svogliatamente. La schiena poggiata al muro di quel corridoio secondario che portava ai camerini della trasmissione e una gamba piegata per far sì che anche la suola della scarpa aderisse a quel muro.
Osservai la fiamma dell’accendino che si accendeva e spengeva, inumidendomi le labbra e tenendo le orecchie tese ad ascoltare ogni singola parola e borbottio che giungeva lenta e pesante alla mia testa… ma l’unica cosa che mi interessava era sentire quel ticchettio di tacchi che, in un attimo, era diventato la mia droga. Sentii una risata e quel passo leggero, veloce, arrivare davanti ai miei occhi che si erano alzati ad incontrare quelle nocciole che subito si erano scansate dalla mia figura.
-Lo senti, giusto?- dissi veloce, senza smettere di guardarla. Lei aveva tutto ciò che odiavo in una donna: era famosa, elegante, sorridente, vispa, furba… bella. E nonostante questo, lei era tutto ciò che mi attirava come una calamita.
Fermò la corsa dei suoi tacchi, deglutendo a fatica. Lo sentiva, dannatamente, anche lei. Abbozzò un sorriso scostandosi una ciocca di capelli dal volto.
-Non… non so di cosa parli.- serrò le labbra, fissando gli occhi nei miei. Era la prima volta che lo faceva in tutto quel tempo che avevamo passato nel backstage e all’intervista.
Sogghignai a quella risposta, abbassando lo sguardo e riportando il piede a terra, così da staccare la schiena dal muro. Stetti immobile qualche secondo rigirandomi l’accendino fra le mani prima di riporlo nella tasca dei jeans e varcare quello spazio che ci divideva. Solo allora alzai lo sguardo a riportare i nostri occhi ad unirsi come due calamite. Abbassai un poco la testa così da avvicinare i nostri volti quel tanto per scrutarla dentro. E lei non si mosse, non indietreggiò di un passo, non distolse lo sguardo, non si morse il labbro inferiore… sentii solo il suo respiro farsi più affannoso mentre socchiudeva un poco le labbra in quell’espressione che tanto la caratterizzava che mi era entrata dentro come un lampo nell’istante esatto nel quale l’avevo vista.
-Seduzione… attrazione…- mormorai inclinando un poco la testa senza smettere di fissarla nel profondo.
La vidi inumidirsi le labbra, piegando un poco il collo all’indietro così da avvicinare di più le nostre bocche… mi fissò un attimo per poi girarsi e lasciarmi solo a sentire quel ticchettio rumoroso del suo passo lento.

 

-Mi ero sbagliato.- esclamò sedendosi sullo sgabello accanto a quella ragazza che aveva notato appena arrivato a quella festa. Ed infondo, era andato là proprio perché sapeva che avrebbe incontrato lei.
Charlotte si girò lentamente verso quella voce che aveva riconosciuto all’istante. L’aveva notato appena era entrato ma se ne era sempre stata in compagnia a guardarlo fugacemente per poi, ad un certo punto, inconsciamente, fissarlo e sganciarsi dagli amici, andando a sedersi al bancone del bar in un angolo un poco isolato.
Non c’era voluto molto perché lui arrivasse. Un lieve sorriso si disegnò sulle sue labbra mentre portava gli occhi a scontrarsi con quegli iceberg che la facevano tremare.
-Sbagliato?- chiese accavallando una gamba, una volta girata completamente verso di lui.
La guardò nei suoi movimenti, accennando un ghigno che gli colorò il volto, mentre poggiava una mano sul ginocchio di lei, scoperto dallo spacco della gonna che portava.
-Non è soltanto attrazione…-
Deglutì a fatica, fissando la mano di lui che le carezzava la gamba facendola rabbrividire ad ogni tocco. Lentamente alzò lo sguardo sul suo volto, incantandosi fra quelle poche lentiggini prima di essere attirata da quelle calamite di ghiaccio.
-E cos’è?- sussurrò lasciando poi la bocca socchiusa.
Brian si inumidì le labbra, frenando la mano sulla coscia di lei e sentendo il calore della sua pelle. Inclinò la testa da una parte prima di alzarsi dallo sgabello, poggiando i piedi a terra e fermandosi davanti a lei.
-Dovremo scoprirlo.-
Respirò profondamente, cercando un controllo che capiva di non avere con quel ragazzo. Questa cosa la faceva impazzire… che lui fosse l’unico uomo al quale sentiva di non saper resistere.
In un gesto veloce del ginocchio, gli scostò la mano dalla sua gamba, per poi alzarsi in piedi, incastrandosi fra lo sgabello e il corpo di Brian. Sentì il suo bacino sfiorarlo mentre la mano di lui si andava ad intrecciare con la sua per stringerla e portarla via da quel bancone, da quel locale, da quella festa.

 

Sussultai sul divano, sorridendo allo scrittore che stavo intervistando e che aveva appena finito di leggere un pezzo del suo nuovo libro. Un pezzo che aveva fatto volare la mia mente a quella sera che avevo sentito il suo corpo stretto al mio e i suoi baci solleticarmi il collo e la mente… mentre il cuore era ormai suo prigioniero. Di quel giovane bassista dagli occhi di ghiaccio.
Con un gesto eloquente della mano e una frase azzardata, feci continuare l’uomo nella sua lettura, dopo averlo stuzzicato con una domanda a cui non avrebbe tardato a rispondere.
Non riuscivo ancora a capire come potevo riuscire a gestire la cosa… come potevo passare dalla concentrazione del mio lavoro, al volo fluttuante dei miei ricordi e delle mie sensazioni.
Era stato un attimo, una stanza d’albergo dopo aver passato la serata in chiacchiere ambigue che mi avevano fatto scoprire una persona come se la conoscessi da anni. Era stata una cosa strana, una conoscenza che mi aveva fatto capitolare il cuore come se fosse la cosa più semplice e naturale del mondo.
Se ci pensavo potevo ancora sentire il mio corpo tremare sotto i suoi baci e le sue carezze, in una giostra di emozioni che faticavo a non percepire come un’elegante seduzione che mi aveva invaso l’animo.

Poggiai la spalla ad una colonna del backstage dalla quale potevo ammirare la scena senza essere visto. Portai le mani nelle tasche dei pantaloni a stringersi in dei pugni mentre sentivo che la sua figura mi rapiva come una droga. Ed era così, lei era diventata la mia droga, dal primo istante, dal primo sguardo, dalla prima parola… dalla prima volta che avevo sentito quelle labbra vellutate mordermi la bocca e implorarmi di avidi baci che non avevo tardato ad assaporare con tutto me stesso.
Potevo sentire ancora il peso del suo corpo sopra il mio, a strusciare sul mio petto e a regalarmi brividi di piacere. Le sue dita che si tuffavano nei miei capelli e mi sconvolgevano la mente e il respiro che sentivo ansimante, come il suo sul mio viso.
Socchiusi gli occhi, inumidendomi le labbra prima di respirare a fondo, ricordando che al mio risveglio non avevo trovato nessun corpo da abbracciare, nessuna bocca da baciare, nessuno sguardo da incrociare.
Non ero mai stato possessivo, non ero mai stato geloso, non ero mai stato avido… ma quella donna faceva uscire il peggio di me, così come potevo donare a lei e soltanto a lei, il meglio di me stesso.
E lei, lei faceva esattamente lo stesso con la mia mente e il mio corpo.
Quindi lo sapevo, lo sapevo e basta… ci eravamo incontrati e scontrati per non lasciarci più. Mi sentivo in catene, legato a doppio nodo nel profondo di quella donna di cui tenevo il cuore fra le mani.

 

Si guardò attorno per vedere se era tutto in ordine prima di afferrare la borsa ed aprire la porta del proprio camerino. Stava per uscire ma… ma fece un passo indietro, stupita, facendo entrare quell’uomo che la stava fissando con in mano una singola rosa rossa legata con un fiocco porpora.
Sentì il tonfo della porta chiudersi alle sue spalle mentre i suoi occhi erano fissi su quelle labbra socchiuse e quello sguardo, quasi impaurito, che gli stava attraversando l’animo.
-Credevo non fossi romantico.- mosse lentamente le labbra, sentendo il proprio respiro farsi più affannoso.
-Credevo non fossi timida.- rispose di rimando lui, senza smettere di scrutarla, di cercarla dentro.
Deglutì a fatica alzando un poco la testa, cercando di capire quello che lui le stava dicendo e, nello stesso tempo, cercando di capire quello di cui lei gli stava parlando.
Continuò a fissare il suo sguardo, allungando la mano con la rosa verso di lei, a scostarle una ciocca di capelli dal volto, -Magari… è quello che avrei fatto.-
Sussultò al suo tocco e alle sue parole, chiudendo gli occhi. Sapeva di essersene andata, era stata la cosa più difficile che aveva fatto ma… ma lei doveva sapere che lui sarebbe tornato. Tornato da lei e dai suoi sentimenti. E… da quanto poteva vedere, ne era valsa la pena di fare quello sforzo, quell’enorme fatica.
-Non volevo essere una delle tante.- deglutì ancora, aprendo gli occhi ad incontrare quell’azzurro di cui conosceva già ogni piccola sfumatura.
Alla sua risposta un sorriso si disegnò sulle sue labbra. Lei era l’unica donna che voleva, l’unica donna che gli faceva scuotere il cuore e gli alimentava l’anima.
Voleva cominciare da lì, da quel giorno, da quella rosa, da quella mano che le carezzava i capelli. Fece un passo avanti, lasciando che la borsa che teneva in mano, scivolasse giù e ricadesse a terra con un suono sordo. Allungò le dita a sfiorare il collo di lui fino ad impadronirsi dei suoi capelli, immergendosi a giocare con loro.
Restò inabissato nei suoi occhi, spostando la mano sul braccio fino alla vita di lei e spingendola, lentamente e seguendo i suoi passi, verso il proprio corpo. Accarezzò la sua pelle scalando la sua schiena e sentendo un brivido lungo tutta la sua figura, come se fosse la prima volta che la toccava, che la sfiorava… che l’aveva veramente.
Ansimò mentre si alzava sulle punte dei piedi, andando a sfiorare la punta del naso di lui e guardando un’ultima volta quelle iridi celesti prima chiudere le palpebre e lasciarsi andare in un tenero bacio, saggiando quelle labbra umide che non tardarono a schiudersi e a chiederle, avide, di danzare con la propria lingua.
La strinse a sé, portando anche l’altra mano sulla sua schiena, mentre sentiva i loro baci avvinghiarsi l’uno all’altro in un vortice di emozioni che non li avrebbe mai abbandonati. Ne erano consapevoli, non ne avevano mai dubitato un solo secondo, loro era fatti per stare assieme, loro erano una sola ed unica entità che si era ritrovata per vivere insieme quel percorso tortuoso che era la vita.
Il respiro affannoso di lui gli riempiva il le guance e i suoi baci le facevano scoppiare il cuore in petto. Senza volerlo tirò un poco indietro la testa, staccandosi dalla sua bocca e catturando l’attenzione dei suoi occhi.
-Resteremo… così… sempre?- ansimò, lasciando le labbra socchiuse e avvicinandosi nuovamente al suo volto, sfiorandogli il naso.
-Per tutto il tempo… infinito.- le mormorò sulle labbra, senza distogliere lo sguardo dalle sue nocciole e baciandola lentamente, teneramente su quella bocca che sapeva di amare.

  
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