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Autore: roxy_xyz    16/11/2010    9 recensioni
Le anime gemelle esistono davvero e sono destinate ad incontrarsi?
Harry e Hermione: in questa raccolta racconterò le loro varie occasioni, perché se il fato o la Rowling hanno deciso diversamente, la roxy_xyz production vi regalerà delle emozioni uniche.
7 vite, 7 occasioni in viaggio nel tempo ( dal 1585 al 2166) dove vedremo interagire i nostri eroi alla ricerca delle loro anime gemelle.
1. "Portami a vedere l'alba"
2. "Buona notte Harry. Buona Notte,Hermione"
3. "Vieni via con me"
4. "Qualcosa da ricordare"
5. " Oculus reparo"
6. "19 anni dopo"
7. "Ultima chiamata per Harry e Hermione"
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'An alternative Harmony Universe'
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PORTAMI A VEDERE L’ALBA




Anno del Signore: 1585
Località: sconosciuta



Il sole era sorto e calato per parecchi giorni senza che lei riuscisse a vederlo o a percepire il calore sul suo viso. Non ricordava neanche il giorno in cui aveva fatto il suo ingresso in quella cella, sembrava che avesse messo radici lì.
I suoi arti erano intorpiditi e, ogni volta che cercava di muoverli, veniva trafitta da mille aghi. Certo i suoi movimenti erano piuttosto limitati, erano troppi in una cella troppo piccola.
I loro aguzzini stavano cercando di impaurirli e sfiancarli e ci stavano riuscendo molto bene.
I primi giorni di clausura erano passati così velocemente senza che la sua mente geniale trovasse una soluzione, una qualche via di fuga.
Dovevano scappare da lì. Lo sapevano tutti, ma nessuno riusciva a pensare in modo lucido, vedevano solo il buio. Non era solo attorno a loro, si era impossessato delle loro anime, facendoli smarrire del tutto.
Chi erano? Perché erano lì?
Forse, erano nati in quella cella e sarebbero morti in quel dannato tugurio.
Avevano forse abitato altrove?
Il sole era solo un racconto, una leggenda narrata da chi cercava di torturarli psicologicamente.
Il buio era l’unica cosa reale. I loro ricordi iniziavano e finivano lì, dovevano solo aspettare la morte, l’unica che sarebbe venuta su rapide ali per prenderli e forse , allora, avrebbero rivisto il sole.
Solo che lei voleva vederlo ora.
Non poteva arrendersi, doveva provare a scappare. Magari, non ci sarebbe riuscita, ma doveva tentare, altrimenti sarebbe morta ancora prima che i suoi aguzzini avessero bruciato il suo corpo.
Un’imprecazione la riportò alla realtà. C’era qualcuno fuori dalla cella che cercava di sfuggire alla presa in modo da liberarsi dalle catene.
La porta cigolò e un corpo cadde ai suoi piedi.
“Maledetti!” L’uomo si alzò subito, incurante di averle calpestato i piedi e che al suo ingresso un bambino avesse cominciato a piangere.
“Fatemi uscire di qui”, urlò in faccia al suo aguzzino che si limitò a fissarlo e a sputargli in faccia.
“Non ti conviene. Quando uscirai, sarà solo per l’esecuzione.” Terminò con una risata che agghiacciò i presenti.
Il nuovo arrivato non si arrese tanto facilmente e pieno di rabbia cominciò a scuotere le sbarre con l’intenzione di piegarle.
Quando capì l’inutilità del suo gesto, cominciò a urlare e a prendere a calci le sbarre, facendosi solo del male.
“Stai calmo, per favore. Così spaventi gli altri.”
L’uomo si girò verso di lei, o almeno così credette, c’era troppo buio e non riusciva a distinguerlo chiaramente, anche se non c’era bisogno di luce per capire che la stesse guardando con un certo scetticismo.
“E cosa dovrei fare allora?”
“Non lo so. Tu, intanto, conserva quella forza e forse usciremo da qui, ma se vuoi continuare a sprecare le tue energie in quel modo, fai pure”, rispose con tono sprezzante.
Prese in braccio il bambino che non smetteva di piangere e lo cullò a sé. Pian piano il suo pianto si calmò finché i singhiozzi cessarono del tutto.
“Bravo piccolo.”
Il nuovo arrivato non aveva mai smesso di guardarla e alla fine dovette darle ragione perché si sedette al suo fianco.
“Come ti chiami?” le chiese con dolcezza.
“Hermione.”
“Io sono Harry…dimmi Hermione, perché sei qui?”
“Per il tuo stesso motivo.”
Lo sentì sbuffare prima di risponderle. “Non credo proprio, non mi sembri un’assassina.”
Il bambino all’udire quelle parole iniziò a tremare di paura e la ragazza lo strinse più forte in modo da rassicurarlo.
“Hai ragione. Sono qui perché mi hanno accusata di stregoneria, come tutti gli altri…come te immagino.”
“Io sono uno stregone e ho ucciso con la magia.”
Le sue parole echeggiarono all’interno della cella provocando stupore e disgusto nei presenti.
“Maledetto! È colpa tua se noi siamo qua” disse una voce proveniente dalla parte opposta alla loro.
“Non sono stata io a mettervi le catene, mi sembra”, rispose con voce rabbiosa.
“Non voleva dire quello, Harry”, intervenne Hermione. “La maggior parte delle persone che si trova in questa cella è stata accusata di stregoneria senza aver fatto nulla. Per esempio, Mary ha aiutato una donna a partorire e poiché il bambino è nato con delle malformazioni, l’hanno chiamata strega. Elizabeth, invece, conosce tutte le piante, ma per loro non è solo un’erborista. Peter è nato con i capelli rossi e la madre è morta durante il parto, quindi è stato respinto dal padre e dalla società perché considerato figlio del demonio…”
“E tu perché sei qui?” Chiese il mago interrompendola.
“Perché sono una guaritrice, uso le erbe, infusi e tutto ciò la Natura offre pur di salvare una vita.”
Non ci fu alcuna risposta, forse aveva capito quanto si fosse sbagliato. Lì dentro nessuno meritava di morire.


Erano passate molte ore quando finalmente Harry si decise a parlarle.
“Io ti porterò fuori da qui.”
Hermione si girò verso di lui e anche se non poteva vederla gli sorrise grata. Allungò una mano e accarezzò il viso del ragazzo cercando di capire i suoi tratti, in modo da poterlo vedere con la mente.
Quando aveva sentito il tocco gelido delle sue dita, si era spaventato, per poi rilassarsi e godere di quel contatto. Harry, con la sua mano, aveva raggiunto quella di Hermione e gliela aveva stretta dolcemente.
Era gelata, ma la donna non tremava o si lamentava per il freddo che c’era, nulla sembrava intimorirla. Doveva essere una donna molto forte, seppur così esile.
“Mi hai già salvato, Harry.”
Il mago aggrottò le sopracciglia non capendo le parole di Hermione. “Ah sì? E queste sbarre? Io ti toglierò le catene e insieme andremo ovunque…”
“Portami a vedere l’alba” gli disse con un sussurro.
“Qualsiasi cosa, mia dolce milady. Ogni tuo desiderio è un ordine.”
La ragazza rise per la prima volta e rispose alla stretta gentile di Harry. La mano era calda al contrario della sua e non le importava che fosse un assassino o che praticasse la magia.
Lui l’avrebbe portata a vedere l’alba.
Appoggiò il capo sulla sua spalla e si addormentò, sognando una nuova vita fuori da quella cella.
Non c’era più buio attorno a lei, solo una calda luce che le stringeva la mano e le sussurrava parole di conforto.


I giorni passarono lentamente come prima, ma a lei non importava.
Ora c’era Harry al suo fianco.
Il ragazzo non si era mai arreso e le aveva sussurrato all’orecchio molti piani di fuga, tutti ovviamente impossibili e lei non era riuscita a dirgli che già li aveva provati tutti.
Non poteva dirgli di smettere di sperare.
Non poteva spegnere quel sorriso dal suo viso.
Così, gli sorrideva e stringeva la sua mano per incoraggiarlo.
Harry non era stupido e sapeva cosa si celava dietro a quei muti assensi, però una nuova forza lo faceva andare avanti.
Non era la magia che tanto amava e che lo aveva aiutato in molte occasioni. Anzi, forse quella l’aveva abbandonato per sempre, infatti, nonostante avesse provato più di una volta a concentrarsi non era mai successo nulla.
Le sbarre non si erano inclinate di un millimetro ed erano rimaste lì a beffarsi di lui e del suo dono. Rimaneva solo Hermione accanto a lui.
Solo Hermione.


Un rumore lontano si fece sempre più persistente, finché Harry capì che erano dei passi, qualcuno si stava avvicinando alla cella.
Il bambino cominciò a piangere e Harry cercò istintivamente la mano di Hermione.
Un tintinnio di chiavi e qualcuno aprì la porta. Un tempo non ci avrebbe pensato due volte a fuggire, ma ora, doveva curarsi dell’incolumità anche di qualcun altro.
Improvvisamente sentì Hermione tendersi e aggrapparsi a lui, qualcuno l’aveva presa per i suoi lunghi capelli facendola alzare bruscamente.
“È il tuo turno, donna”, furono le parole che spezzarono il cuore di Harry.
Non stava succedendo veramente, non poteva essere vero. Lui doveva proteggerla.
Cercò di alzarsi e di afferrarla, ma sentì solo il sapore del sangue e un forte dolore alla mascella. “Non essere così frettoloso. Un po’ di galanteria, no? Prima le donne.”
Hermione cominciò a piangere silenziosamente e smise di divincolarsi dalla presa dell’uomo.
“Portali fuori da qui, Harry” furono le sue uniche parole.
Gli aguzzini cominciarono a ridere di lei e sotto lo sguardo angosciato del mago chiusero la porta della cella.
Sentì la mano di qualcuno sulla spalla, ma non si curò minimamente di chi fosse. Lui doveva riaverla.
Non gli importava di nessuno, tutti potevano morire, persino il marmocchio.
Si alzò e cercò di aprire la cella scuotendo le sbarre, come aveva fatto il primo giorno, solo che ora era molto più debole a causa delle privazioni cui era stato soggetto.
Sentì voci lontane, qualcuno gridava e incitava a fare qualcosa.
Finché tutto tacque.
Buio e silenzio si impadronirono di quel luogo.
Harry non sapeva cosa stesse succedendo lì fuori, ma sapeva cosa doveva fare.
Chiuse gli occhi e pregò la sua magia di aiutarlo, finché non sentì qualcosa di caldo pulsargli nelle mani.
Poteva ancora farcela.
Si diresse verso le sbarre e, questa volta, al suo tocco cedettero.
Lo stupore si impadronì degli occupanti della cella che, anziché scappare, erano rimasti immobili.
“Su forza, uscite” li incitò.
La donna chiamata Mary si alzò e lo ringraziò.
Non le rispose, cosa doveva dirle poi?
Lui doveva uscire e liberare Hermione, solo questo importava.
Cominciò a correre a perdifiato e uccise tutte le guardie che incontrò al suo passaggio, finché non si trovò ad assaporare l’aria fresca. Doveva essere quasi giorno, il cielo si era tinto dei colori tipici dell’alba.
Cercò con lo sguardo Hermione finché non la trovò.
Era legata a un palo e le fiamme danzavano sotto di lei.
“Hermione!”, urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Vide la ragazza che, nonostante il dolore lancinante, non urlava o piangeva, anzi, sembrava stesse cantando. Guardava innanzi a sé e sorrideva al pubblico che assisteva al suo rogo cantandogli una ninna nanna.
Annullò le distanze e si trovò in prima fila. Il caldo era insostenibile e il fumo lo faceva tossire facendogli lacrimare gli occhi.
La guardò in viso e grazie alla luce delle fiamme la vide per la prima volta.
Era bellissima, proprio come lui se l’era immaginata.
Una piccola grande donna.
Spinto da una furia cieca si avventò sul fuoco, scottandosi le mani. Non gli importava nulla della sua incolumità, doveva spegnere quelle dannate fiamme, finché la magia non agì da sola spegnendo il fuoco.
Alzò lo sguardo e vide che Hermione era svenuta, forse per via del fumo inalato.
La gente, che aveva assistito all’esecuzione, si stava allontanando, spaventata dai poteri del ragazzo e lui ne approfittò usando quel dono che aveva sempre celato agli estranei.
Solo un’altra volta aveva usato la magia davanti agli altri ed era stato quando aveva assistito alla morte di sua madre per mano di un soldato che, vagabondando in quelle terre, aveva abusato di lei per poi ucciderla.
Harry era arrivato proprio per assistere all’ultimo respiro di sua madre e, alla vista del suo corpo scempiato, aveva sentito la magia scorrere nelle sue vene.
Era impetuosa e feroce e lui l’aveva assecondata, macchiandosi le mani di sangue.
Questa volta non era la magia a controllarlo, bensì il contrario. La stava chiamando e questa rispondeva al suo comando.
Quando finalmente riuscì a liberare Hermione dalle funi che la tenevano legata al palo, si accorse che respirava ancora seppur con grande difficoltà.
Teneva gli occhi chiusi, nonostante Harry la stesse chiamando e solo dopo molti richiami aprì finalmente gli occhi.
Lo guardò e gli sorrise.
“Harry”, la sua voce era così debole che il ragazzo pensò di averlo solo immaginato.
Riuscì a farle un debole cenno di assenso, talmente forti erano le emozioni che stava provando. Non riusciva a smettere di piangere e si strofinò gli occhi per levare via le lacrime che gli celavano la vista della sua amata.
Hermione alzò una mano e gli accarezzò il volto con estrema dolcezza.
“Hai mantenuto la promessa” disse prima di esalare il suo ultimo respiro.
Harry era incredulo. Voleva svegliarsi da quel terribile incubo.
Sicuramente Hermione era svenuta e dopo aver ripreso conoscenza, gli avrebbe sorriso.
Sarebbero scappati da quel posto infernale e avrebbero iniziato una nuova vita insieme, finalmente liberi e innamorati.
Strinse il corpo privo di vita di Hermione e chiese alla magia di aiutarlo, ma ahimè niente e nessuno poteva riportarla in vita.
Urlò tutta la sua rabbia al cielo e continuò a cullarla tra le sue braccia baciandole il viso. “Hermione, non lasciarmi.”
Sentì Mary che, avvicinatasi, toccò il polso della sua amata per poi scuotere il capo. “Harry, è morta” gli disse.
Fu trafitta da due smeraldi freddi e decise di lasciarlo solo. Se prima odiava quel ragazzo, ora provava solo pietà per lui.
Il sole illuminò il viso di Hermione, un nuovo giorno era iniziato, un giorno senza Hermione.
Si alzò e la prese in braccio, non curandosi dei suoi compagni di cella che avevano assistito a ogni cosa. Cominciò a muovere i primi passi, non sapeva dove andare né cosa fare.
Sapeva soltanto che doveva portare Hermione a vedere l’alba.




Lo so, ho iniziato con una bella tragedia, ma vi prometto che ci saranno anche degli happy ending…credo…spero, insomma dipende da quanto le vostre recensioni mi faranno felice! Alla prossima.
   
 
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