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Autore: Komadocchi    17/11/2010    4 recensioni
Una litigata fra Magnus e Alec potrebbe portare a brutte conseguenze per il Cacciatore di demoni...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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LA MIA MENTE MALATA HA PARTORITO QUESTA COSA.
Alec e Magnus appartengono alla signora (sempre sia lodata) Cassie Clare. Mordred è invece un personaggio mio [circamenoquasi, più che altro era il figlio di Artù nelle leggende, ma il nome mi ispirava troppo].
Il Fangtasia è un locale gestito da vampiri nella serie di Sookie Stackhouse della sig.ra Harris, dal quale ho solo preso in prestito il nome.
Presidente Miao, mi perdoni se non l'ho citata, ma non ritenevo opportuno che andasse a scassare ai 2 poveri ragazzi. Che poi parlando di Magnus, dire ragazzo è relativo.
Se avete qualcosa da farmi notare, io sono disponibile.
E' un po' vecchiotta, senza contare che l'avevo già piazzata in qualche sito, mi è venuto in mente che qui mancava.




Alec schioccò le labbra. Si stava concedendo più alcool del dovuto. Tanto, al Fangtasia non guardavano se eri maggiorenne o no. Ti davano da bere comunque, bastava essere un Nephilim o un Nascosto.

Un Nascosto. Il cuore gli balzò in petto.

Magnus.
Il suo Magnus.
Le lacrime gli salirono agli occhi. Si erano lasciati da neanche dodici ore e già gli mancava.
Il suo sorriso porcellino, il suo ventre senza ombelico, i suoi capelli neri, i suoi occhi da gatto, i suoi artigli, i suoi glitter.
Quei fottutissimi, ma adorabili glitter.
Maryse impazziva sempre quando li vedeva. Erano loro a dare la conferma che il suo primogenito si vedeva con un Nascosto. Di sesso maschile. Aveva creduto che dopo la battaglia contro Valentine e l'alleanza fra i nascosti le cose sarebbero state più semplici. Ma il problema non stava lì. Magari i nascosti erano visti meglio dopo il marchio “ideato” da Clary. I gay restavano gay.
Non che fosse stato cacciato di casa. Anzi, Robert e Maryse avevano capito e accettato.
Ma gli Shadowhunters di Idris l'avevano guardato come uno scherzo della natura, una piaga della loro società.
Solo i cacciatori degli istituti sembravano trattarlo come una persona normale.

Ma cosa importava ora?
Non avrebbe più sentito il sapore delle labbra di Magnus sulle sue. Non sarebbe più stato sbaciucchiato e mordicchiato sul collo. Non sarebbe stato più stretto fra le sue forti braccia.
Non avrebbe più avuto i suoi glitter addosso.

Tutta colpa delle feste di Magnus. Invitava sempre cani e porci a casa sua, e spesso alla chiamata rispondevano solo i secondi.
Ieri sera, aveva organizzato una festa per il fidanzamento ufficiale di Clary e Jace, chiamando a raccolta fate, elfi, vampiri, mannari, Shadowhunters e qualche stregone.
Tutto era andato bene, l'orchestra sembrava perfino suonare canzoni decenti. Nessuno era ancora stato trasformato in un animale random, i vampiri non si erano scannati con i mannari e gli Shadowhunters si stavano integrando bene.
In compenso, le due... creature... che preparavano le bibite avevano decisamente calcato la mano con l'alcool nei cocktail.
Magnus, che faceva tanto il figo perché aveva ott..settecento anni (Cristo santo, peggio delle donne!) se n'era scolato almeno una ventina.
Alec, che per la maggior parte del tempo era rimasto in un angolino buio con lo stesso cocktail che Magnus gli aveva rifilato al suo arrivo, lo aveva osservato per tutta la festa.
Era stato il ventunesimo bicchiere a far “svalvolare” lo stregone.
Si aggirava urlando per la sala: “ALEC, ALEC, MIO AMORE, MIO TENERO CUORICINO SHADOWHUNTER, DOVE DIAMINE SEI?!?”
Alec, per tutta risposta, si era ancora più rannicchiato nel suo spazietto, cercando di diventare invisibile.
Quando gli occhi da gatto di Magnus, con le pupille dilatate dall'oscurità e dall'alcool, si erano posati sui suoi, capì che il suo tentativo era fallito miseramente.

Barcollante, con un'andatura somigliante a quella di Jack Sparrow, lo stregone, agghindato con una tunica colorata con gradazioni di rosso ed arancione, si era diretto spedito verso il moro.
Lo aveva afferrato per un braccio e lo aveva stretto con foga.
“M-M-M-Magnus... C-che fai?”
“Ti tengo vicino al mio cuore, dolce amore mio.”
Alec tentò di divincolarsi.
“Ti prego... è pieno di gente! Sai che sono dannatamente timido!”
“E io non voglio che tu lo sia stasera. Perché solo Clary e Jace possono essere felici? Io voglio stare insieme a te... sono stufo di nascondermi, di non poterti baciare sulle labbra davanti a chicchessia, di non poter dormire insieme a te...”

All'ultima frase, Alec era diventato rosso mattone e aveva fissato il pavimento. Cosa ci poteva fare se l'uno non poteva passare la notte a casa dell'altro? E poi Alec non si sentiva pronto ad entrare così in... intimità... con Magnus. Lo stregone doveva avere un sacco di esperienza alle spalle. E lui era appena ai baci.

“Magnus, ti prego... ti supplico, non ce la faccio!”
Magnus, per tutta risposta, si avventò sulle labbra del moro. Ma Alec, contro le sue aspettative, morse con forza il suo labbro inferiore, fino a farlo sanguinare.
Il viso dello stregone si contorse in una smorfia di dolore. Non un dolore fisico. Un dolore psicologico. Il dolore del rifiuto da parte della persona che ami.
Lo lasciò andare.
“E' così allora... non sono così importante per te? Ok, ti ho già causato troppi problemi allora. Vattene. Non farti più vedere da me. Non chiamarmi in nessun modo. Mi hai già preso in giro abbastanza, non trovi? Dopo che ti sono corso dietro come una balia per mesi, solo per avere un po' di attenzione da parte tua. E tu ancora non mi consideri abbastanza degno di te. Mi sono rotto!”
Non gli lasciò il tempo di replicare. Mentre Alec tentava di afferrarlo per la tunica, lui era già alcuni metri più avanti (magia, poco ma sicuro).

Afferrò il primo stregone che gli capitò a tiro e gli infilò la lingua in bocca senza tanti complimenti.
Alec lo aveva fissato con le lacrime che rotolavano giù sulle sue guance bianche e morbide.
Avrebbe voluto urlargli che si sbagliava, che lo amava più di ogni altra cosa al mondo. Ma era bloccato. Aveva paura che Magnus non gli credesse.


Così aveva girato i tacchi e se n'era andato. Non era tornato all'Istituto. Non poteva sopportare le domande di suo fratello e di sua sorella, che avevano assistito a tutta la scena.
Aveva camminato per qualche ora, poi aveva dormicchiato fra una metropolitana e l'altra, vagando senza meta. Ed ora era seduto al bancone del Fangtasia, a scolarsi un Mohito dietro l'altro.
“E se la facessi finita? Insomma, faccio soffrire la mia famiglia giorno per giorno. Magari risolvere tutto in un'unica soluzione non sarebbe male.”
“Secondo me, sei troppo carino per buttarti da un ponte con una pietra al collo.” Uno stregone gli appoggiò la mano sulla spalla destra. Alec nemmeno si era accorto di aver parlato ad alta voce.
Lo squadrò da capo a piedi con sguardo assassino. Era carino. Non aveva gli occhi da gatto di Magnus ed era biondo, ma aveva qualcosa che glielo ricordava.

“Cosa vorresti da me?”
Il biondo gli si avvicinò all'orecchio e gli sussurrò in tono molto languido una serie di porcate che avrebbe voluto fare con lui.
Alec sbiancava ad ogni fantasia che lo stregone gli sciorinava. A lui poi. Timido com'era,non aveva nemmeno il coraggio di fare la prima.
“Cosa ti fa pensare che io voglia fare queste... cose... con te?”.
Il biondo gli accarezzò la guancia. “ Hai gli occhi gonfi di pianto, bevi come un cammello nel deserto, parli da solo... hai bisogno di tanta consolazione...” Gli baciò il lobo dell'orecchio e terminò in un soffio “E io so come consolarti...”
“Chi ti dice che io sia gay?”
Il biondo sorrise.
“C'ero anche io alla festa del tuo... ex?”
Alec tirò su col naso. Ex. Pensava che non l'avrebbe mai detto di Magnus.
Il biondo gli afferrò la mano e lo spinse ad alzarsi dal suo sgabello.
Alec stava per ritrarsi, come faceva al solito,quando gli si insidiò nel cervello una vocina perversa.
“Non è così che hai perso Magnus? Ti sei tirato indietro, come fai di solito. Tira fuori le palle, Shadowhunter! Se vai con questo tizio, lui ti insegnerà tutto quello che non sai. E potrai avere tutti i ragazzi che vuoi. Così Magnus forse tornerà da te, e se non lo farà, sarai contento comunque.”
Ed il moro, ormai privo di qualsivoglia volontà, si lasciò trascinare via dal bancone e fuori dal locale.

Sempre tenendosi per mano, i due si diressero verso il parcheggio. Il biondo tirò fuori un paio di chiavi dalla tasca, che aprivano le porte di una splendida Ferrari nera.
Alec era stordito da tutto quel lusso. Lui che metteva solo felpe e maglie grige o nere, si sentiva fortemente estraneo e cominciava a pensare che non fosse stata una brillante idea quella di andare a casa di uno sconosciuto per fare sesso (non poté fare a meno di pensare a come lo chiamava il suo Magnus: fare ciccipucci).

“Come ti chiami?”
“Mordred”
Nome decisamente allegro.
“Quanti anni hai?”
“400”

In auto non fu più detto altro. Alec guardava la strada. E la strada non gli piaceva per niente. Mordred lo stava portando in un quartiere decadente, di quelli dove la maggior parte della popolazione usa droga e la parte restante la spaccia.
Lo stregone fermò l'auto in un vicolo strettissimo. Sfilò le chiavi dal cruscotto e appoggiò la nuca sul poggiatesta del sedile.
“Perché ci siamo fermati?” Ormai Alec era ad un passo dallo sprofondare nel terrore.

Mordred con un balzo felino scavalcò la leva del cambio e si mise a cavalcioni di Alec, premendo il pulsante che inclinava il sedile.
Senza tanti complimenti, cominciò a baciarlo con passione. Le sue mani stavano già viaggiando sotto la sua felpa, stringendogli i capezzoli e graffiandogli l'addome, mentre le loro parti basse si sfrusciavano.
Preso da un panico ormai cieco, Alec tentò di levarselo di torno.
Con un gemito di orrore, si accorse di avere perso il controllo dei propri arti. Il biondo gli aveva stregato il corpo.
“Fai il bravo bambino... Sei così sexy, sarebbe uno spreco farti del male!”
L'unica cosa che poteva fare era piangere e gridare. Non si era mai sentito così impotente. Mai.
Ma non gridò. Solo lacrime calde che gli imperlavano il viso e il Suo nome, che continuava ad uscirgli dalle labbra come una preghiera, una litania, un desiderio.

Magnus. Magnus. Magnus.

Nel frattempo, Mordred era riuscito a sfilargli la felpa e stava cominciando a lavorare sul suo “pacco” e sulla cintura dei jeans.

Magnus. Magnus. Magnus.

La cintura cedette.

Magnus.

Perdonami.


Per una attimo, Alec perse la cognizione di sé. C'era solo il tetto di quella dannatissima auto, la sua trappola. Poi, come una cascata di stelle luccicanti, vide brillare quelle che sembravano gocce di pioggia. Una mano aveva sfondato il finestrino e aveva afferrato Mordred per il colletto, trascinandolo fuori dall'abitacolo.
Alec si rese conto solo all'ultimo momento che quelle gocce altro non erano che schegge di vetro e che doveva chiudere gli occhi.
Le sentì ferirgli il viso, mentre un rumore secco, come quello di una serie di cazzotti entrava nell'abitacolo dall'esterno.
Dopo un paio di minuti, il rumore cessò. Era snervante non poter aprire gli occhi per poter vedere in faccia il proprio salvatore.
Una mano artigliata spazzò via le schegge dal suo viso. Non era ancora in grado di muoversi.
L'uomo misterioso lo prese in braccio. Ma era davvero misterioso?
Alec sorrise.
“Come hai fatto a trovarmi?”
“Cucciolo, lo sai che so sempre cosa accade a Brooklyn. Quello che non sapevo era che fossi così sexy semi-svestito!”
Alec arrossì. Ma era contento di essere fra le braccia di Magnus.
“Mi porterai all'Istituto?”
“Ho una splendida scusa per tenerti in casa con me e tu mi chiedi se ti porterò all'Istituto?!?”
Alec rimase in silenzio. Non gli andava di parlare, sapeva che una discussione del genere sarebbe sfociata in litigio e lui voleva solo crogiolarsi nel piacere di essere di nuovo con il Suo stregone.
“Ma se non vuoi dormire da me, posso portarti lì.”
Alec si arrischiò ad aprire gli occhi.
Magnus sembrava triste.
“Ho esagerato ieri. Non avrei mai dovuto costringerti a fare quello che volevo io. Quello non è amore, è possesso. E' solo che mi sembri sempre così distante da me... e io...” La voce gli si spezzò in gola.
“Vorrei stringerti e baciarti, ma non sono in grado di muovere le braccia. Sappi che però io ti amo. Non è che non voglio... fare “cose” davanti a tutti, è che penso che sia meglio se le facciamo in privato. Adoro il modo in cui mi baci, il modo in cui mi parli e il modo in cui mi proteggi. Non voglio nessun altro accanto a me.”
“L'incantesimo che ti ha fatto quell'idiota svanirà fra pochi minuti...” Ma non aggiunse altro.

Si erano fermati davanti ad un portale.
“L'hai aperto solo per me?”
“Ovvio.” sussurrò.
“Grazie.”

Magnus varcò il portale, sempre trasportando Alec in braccio. Si concesse una tenera occhiata al suo viso giusto prima di varcare la soglia.
Ovviamente, li trasportò dritti dritti a casa dello stregone.
“Ho già avvisato i tuoi, ho detto che sei incappato in un demone tornando a casa.”
“Che scusa originale!”
“Cosa dovevo dirgli? Che ti sei bevuto il cervello, ti sei fatto imbarcare da uno stregone che nemmeno conoscevi e che glielo avresti dato solo per fare il figo?”
Alec arrossì
“Sono stato stupido. Ma pensavo che mi odiassi. Puoi perdonarmi?”
Magnus sbuffò.
“Meriteresti che ti spaccassi il libro grigio a forza di dartelo sulla testa...”
Alec fece gli occhi dolci.
“...Ma forse puoi recuperare... Specie se dormi in boxer.” Concluse strizzandogli un occhio.
“Maiale!!!” Lo apostrofò Alec, mentre cominciava a riprendere il controllo del suo corpo.
Magnus lo mise giù, in piedi, ma lui si rifugiò fra le sue braccia.
Lo stregone lo cullò dolcemente. “Ovviamente,puoi dormire anche vestito...”

Il ragazzo prese per mano il figlio di Lilith e lo condusse alla sua stanza.
Si fermarono davanti al letto.
Magnus prese il volto di Alec fra le mani. Dolci scintille azzurre lo accarezzarono, mentre lo stregone guariva i graffi sul suo corpo.
Mentre il flusso di magia scemava, i due si baciarono con dolcezza.
“Hai subito già troppo per questa notte. Dovresti riposare ora” Gli sussurrò, scostandogli i capelli dagli occhi.
Alec sorrise malizioso e con un gesto repentino si calò i boxer.
“No, amore. Voglio festeggiare il nostro ritorno insieme. Ho bisogno del tuo corpo. Ora. Per tutta la notte.”
Magnus lo abbracciò in vita.
“Cosa vuoi dire?” sussurrò malizioso.
“Che questa sera, non sarai l'unico ad avere il permesso di fare ciccipucci in questa stanza...”


 
   
 
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