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Autore: Karmacoma    17/11/2010    0 recensioni
ingredienti: tre ragazze, due ragazzi (più o meno) e la musica. La categoria dice tutto, no? Buona lettura!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui. E' il mio secondo "esperimento di scrittura" e questa volta ho deciso di cimentarmi in una storia a capitoli. I capitoli saranno brevi, quindi non vi porteranno via molto tempo, ma spero comuqnue che quei pochi minuti possano essere per voi tempo ben speso.
Vi lascio al primo capitolo. Buona lettura!





Penna che corre sul foglio,  schematizza i concetti, per rendermi tutto più facile
 
Pagine sfogliate,e la mia attenzione viene proiettata da un argomento all’altro
 
Odore pungente del bianchetto,combino sempre pasticci con quel liquido bianco e non so perché mi ostini ancora ad usarlo
 
Foglio strappato, appallottolato e gettato in un angolo
 
Quell’esame mi avrebbe fatto impazzire, ne ero certa.
 
…Tic  toc Tic toc Tic toc Tic toc… l’orologio
 
“uffa…” mi lasciai andare sullo schienale, sbuffando, stiracchiandomi  e fissando il soffitto. Un pomeriggio di gennaio come altri, una giornata uggiosa e con un o’ di vento. Rivolsi lo sguardo fuori dalla finestra giocherellando con i lacci della mia felpa grigia più grande di due taglie, nella quale, chissà per quale assurdo motivo,  mi sentivo protetta.  Dipendeva forse dal fatto che mi ricordasse le grandi spalle e l’abbraccio caldo del mio ragazzo? Mi mancava davvero tanto, nonostante le vacanze di Natale fossero appena passate, ma ogni volta separarci era davvero difficile.
 
Toc Toc
 
“Come va?” Roberta entrò senza aspettare che le dicessi di farlo, il grado di confidenza che avevamo raggiunto era sufficiente da non farmi provare più alcun fastidio per quel suo gesto maleducato ma fatto assolutamente in buona fede. Ne ero certa. “questa materia è uno strazio”
“Caffè?”
“Si, dai…” indossai le pantofole e andammo in cucina dove lei iniziò a riempire la moka e io mi accoccolai sulla sedia portando le ginocchia al petto. Afferrai il telecomando per guardare cosa trasmettesse la tv, in particolare Mtv, e i soliti scialbi ritmi pop mi costrinsero a spegnere subito. In casa non si guardavano di certo gli orribili talk show pomeridiani.
“A che punto sei?” mi chiese Roberta
“Mi restano circa cinque capitoli, che vorrei terminare entro oggi in modo da avere il tempo sufficiente per ripassare”
“Ti prendi anche fin troppo tempo per ripassare, sei sempre così paranoica!”
“Sono previdente, il che è diverso” mi difesi
“Si si, come vuoi tu, fatto sta che ci passi troppo tempo, quando invece potresti uscire a bere qualcosa o a fare shopping con me e Lucia” Lucia viveva insieme a me e Roberta in un appartamento di appena ottanta metri quadri in questa cittadina relativamente piccola e condividevano con me ansie, gioie e deliri tipici delle ragazze della nostra età.
“Io spero proprio di uscire un po’ questa sera, ho bisogno di divertirmi e di bere!” mi guardò di sottecchi sogghignando “ ma che cazzate vai raccontando, se dopo il primo cocktail sei già pesantemente brilla!” esordì Lucia entrando in cucina schietta come sempre. Probabilmente aveva sentito la nostra discussione attraverso le sottilissime pareti , delle quali era fatto il nostro appartamento.  Ci fissammo per un attimo e iniziammo a ridere, in fondo anche Roberta sapeva che Lucia non aveva tutti i torti.
“Stai preparando il caffè, Roberta?”
“Si, ne vuoi una tazza anche tu?”
“Si, vi faccio compagnia!” e Lucia si sedette di fronte a me nella nostra piccola cucina, si sporse  verso il tavolo e disse “Ho letto su facebook dell’apertura di un nuovo locale qui in città! E’ un localino che propone musica jazz dal vivo, proprio come quelli che adori tu, Cat!” e mi guardò con un’ aria carica di entusiasmo
“Carino! E quando ci sarà l’inaugurazione? E sai che odio quando mi chiami Cat, non potevi trovarmi un diminutivo peggiore!” le risposi un po’ stizzita. Dal primo giorno in cui ci eravamo conosciute aveva deciso che probabilmente Caterina era un nome o troppo difficile o troppo lungo da pronunciare e lo aveva troncato affibbiandomi il diminutivo ‘Cat’.
“Non essere sempre così permalosa, è così carino e suona così bene! Cat, Cat, Cat…”
“Gatto, gatto, gatto…” le fece il verso Roberta
“Non ci avevo mai pensato!” urlò Lucia “vedi, è ancora più adatto a te così, visto che adori i gatti!”
 “e per questo dovrei farmi chiamare, Gatta?” Probabilmente la guardai malissimo, perché nel suo sguardo si spense quella scintilla di entusiasmo che prima le brillava negli occhi.
“beh, basta non farlo notare alla gente, in fondo solo Roberta poteva pensare a un’assurdità simile!”
“In effetti hai ragione!” le risposi.
Ridemmo tutte e due guardando Roberta che si fingeva arrabbiata.
“ma mettiamo in chiaro una cosa, fuori dalle mura domestiche io mi chiamo Caterina, ok?”
“Ok…” mi rispose un po’ dispiaciuta, adorava quel soprannome!
Il gorgoglìo proveniente dalla moka lasciò intendere che il caffè era pronto. Ma ricordandomi di cosa stavamo parlando chiesi: “Ritornando al discorso di prima, quando ci sarà l’ inaugurazione?”
“Questa sera! Quindi tu porterai quel tuo bel culetto lontano dalla scrivania e andremo a divertirci un po’!”
“Questa sera proprio non mi va di uscire, andateci tu e Roberta e poi fatemi sapere se ne vale la pena. Mi fido del vostro giudizio” distolsi lo sguardo altrove, ostentando una disinvoltura che probabilmente non avevo sperando di convincerle, ero davvero stanca e non avevo proprio voglia di  mettermi in ghingheri per uscire, avrei preferito una bella pizza e una puntata di una delle mie serie tv preferite, o magari un bel film.
“Cavolo, non puoi darci buca anche questa volta!” mi rimproverò Roberta “staremo fuori solo un paio d’ore, sarà una serata tranquilla!”
“Dai Cat, non farti pregare!” la incalzò Lucia.
“No sul serio ragazze, sono stanca, magari ci andremo la settimana prossima, se ne varrà la pena”
“Fosse l’ultima cosa che faccio, ma tu signorina, smetterai presto con questo atteggiamento da monaca di clausura, te lo garantisco!” Lucia era proprio una cara ragazza, anche quando cercava di convincermi ad uscire insistendo in quel modo.
“Sono irremovibile, mi dispiace”
Alla fine sbuffò rassegnata, non si era ancora arresa al fatto che non mi si poteva trascinare fuori di casa a meno che io non volessi uscire. Dopo un paio di minuti, ci alzammo tutte e tre dal tavolo per mettere le tazze nel lavandino e ritornammo nelle nostre rispettive camere a studiare.
 

“Allora sicura di non voler venire?” Roberta entrò in camera mia esibendo la sua mise mozzafiato con pantaloni scuri molto attillati, tacchi vertiginosi e una maglia verde smeraldo con trasparenze che non lasciavano spazio all’immaginazione.
“ Si, sto per chiamare in pizzeria tra l’altro”
“Come sto?” Lucia aveva delle gambe lunghissime e un fisico da urlo, quindi qualunque cosa mettesse era sempre splendida, tuttavia non faceva che chiedere la nostra approvazione ogni volta che doveva uscire, e io e Roberta ci domandavamo se fosse per mera vanità o per una reale insicurezza profonda e tuttavia insensata.
“Sei perfetta! Ma sistema un po’ il fermaglio” le suggerii “..e metti un po’ più di mascara” aggiunsi.
“L’invito è ancora valido, io scelgo i vestiti dal tuo armadio e tu vai a sistemarti, Roberta mi aiuterà a scegliere gli accessori e…” ok, adesso stava davvero esagerando
“Lucia basta! Uscirò la prossima volta”
“Prometti?” Ma che cavolo..
“Prometto..” sbuffai rassegnata. Un giorno di questi saremmo arrivate alle mani, eravamo una più testarda dell’altra
Sgambettarono fuori dalla porta di casa mentre il fattorino era appena arrivato con la mia pizza ed era evidentemente distratto dalle gambe di Lucia e dalla scollatura di Roberta, dilaniato dal dover scegliere cosa fissare insistentemente con sguardo da pesce lesso. Non poteva certo guardare me, che avevo ancora la mia felpa XL addosso e i capelli raccolti in una coda di cavallo! Non amavo legare i capelli in quella maniera, ma per stare in casa e studiare era decisamente il modo migliore di portarli, secondo me.
Presi la mia mega prosciutto e funghi e mi misi comoda davanti alla tv, sul tavolo della cucina per guardare una puntata di Dr. House. Era una replica, conoscevo metà delle battute a memoria visto che avevo i dvd, ma questo non mi impediva di rimanere assorta davanti alla tv per un’ora circa. Alla fine della puntata, e prima di andare a dormire, mi rimaneva una sola cosa da fare: la rituale telefonata serale con Vincenzo: il mio fidanzato. Viveva e lavorava a 300 km di distanza dalla mia città e quindi il nostro rapporto era molto basato su telefonate e video chat su Skype, ma appena possibile saltavamo su un treno l’uno per andare a trovare l’altra e viceversa  o per una fuga romantica, in modo da rimanere soli ed indisturbati per qualche giorno.
Composi il numero, ma non feci in tempo a finire di digitare che il mio display si illuminò: era lui.
“Ciao” dissi, con l’accenno di un sorriso e di sorpresa sul volto
“lo so che non ti disturbo, è appena finita la puntata” esordii lui
“come facevi a sapere…”
“ti conosco abbastanza, Caterina, nonostante abbia i dvd non ti perderesti mai una replica. e, per la cronaca, l’ho vista anche io”
sorrisi a quella sua affermazione “Ti sto educando per bene allora.. ti posso passare i dvd se vuoi, ma devi trattarmeli bene!”
“mmm…. Vedremo. Piuttosto, come è andata la giornata?”
Parlammo per mezz’ora, il tempo di raccontare in sintesi le nostre rispettive giornate, di sentirlo canticchiare e stonare in maniera adorabile, di dirci quanto ci mancavamo e darci la buonanotte.
Così andai a dormire stanca, ma estremamente soddisfatta dalla mia pizza, appena dopo la mezzanotte.

   
 
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