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Autore: Mikaeru    17/11/2010    7 recensioni
Suo fratello Gilbert, di sera, quando tutti dormivano e nessuno poteva sentirlo, gli parlava della fata dell'autunno, che vestiva di verde e aveva gli occhi e i capelli color castagna; ovunque passasse portava la gioia.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Suo fratello Gilbert, di sera, quando tutti dormivano e nessuno poteva sentirlo, lo prendeva con sé nel suo letto enorme e gli raccontava le favole, accarezzandogli la schiena: si teneva la testa con una mano e il gomito piantato nel cuscino mentre, con la voce calma che Ludwig adorava, gli descriveva il mondo delle fate come se avesse davanti una foto, e acquerellava con una tessitura magistrale di parole migliaia di piccole vite, lo faceva talmente bene che al bambino si materializzavano davanti tutti quei frenetici battiti d’ali.
Ce n’era una in particolare che Ludwig adorava, le cui gesta chiedeva sempre, timidamente, a Gilbert di narrargli: era la fata dell’autunno, con i capelli e gli occhi del color delle castagne, quella che toccava le foglie e le rendeva rosse, arancioni, gialle. Era la sua preferita perché era un’artista e con lei tutto diventava bello. Il suo fratellone diceva che era allegra, che si vestiva di foglie verde smeraldo e che aveva una risata così dolce che riecheggiava per tutte le foreste portando ovunque la gioia e la serenità. Ogni volta che Gilbert la nominava, le guance del suo fratellino si facevano rosse e calde, e lo prendeva in giro per il suo primo amore.
“Se mai la troverò, io io io io IO la sposerò, così… così anche tu sarai parente della fatina dell’autunno, non sei contento?”
Avrebbe voluto dirgli che non gliene importava nulla di essere imparentato con una fata giusto per farlo piangere, ma se lo avesse detto Ludwig sarebbe andato a lamentarsi coi genitori e di essere rimproverato di nuovo per le stesse cose non ne aveva una gran voglia. Si limitò a sorridergli e annuire, continuando a parlare finché non sentì il respiro del più piccolo farsi calmo e regolare. Lo prese in braccio delicatamente e, guardandosi furtivamente attorno come se dovesse compiere un delitto, gli baciò la fronte rimboccandogli le coperte.

Ludwig era solito, come tutti i bambini che conosceva, aspettare la domenica con grande trepidazione, perché la domenica significava uscite in famiglia e gite nei boschi vicini, e questo equivaleva alla ricerca delle fate. Poiché i suoi genitori non avevano chissà quale gran fantasia, finivano sempre nel boschetto a pochi chilometri da casa, e Ludwig lo conosceva come le sue tasche – ma, dopo i racconti di Gilbert, cercava di esplorarlo sempre da un punto di vista diverso, per cercare le case delle fate e chiedere loro se avevano visto la sua promessa sposa, la fatina dell’autunno. Non trovava mai quello che cercava, però, e quando andava da suo fratello col faccino triste e gli chiedeva spiegazioni, lui lo prendeva sempre in giro dicendogli che era colpa sua che faceva troppo rumore e quelle scappavano, facendo scomparire le case con la magia. Per quanto inizialmente il bambino avesse preso male la cosa, credendo di non piacere alle fate e quindi smettendo per un po’ di cercarle (con buona pace dei genitori che ogni tanto avrebbero preferito trascorrere la domenica a guardare la televisione), il batticuore che aveva non poteva rimaner sopito a lungo, e le ricerche erano riprese.
Quella domenica, visto che aveva insistito tanto e i suoi genitori si erano convinti a cambiare meta della gita, decise che si sarebbe impegnato nelle sue ricerche, avrebbe fatto pianissimo e sarebbe riuscito a trovarle. Aveva pianificato tutto fin nei minimi dettagli, era incredibilmente sicuro di sé e della buona riuscita del piano.
Non aveva pianificato, però, che si sarebbe perso.
Si era staccato dai suoi subito, quando erano arrivati, troppo entusiasta dalla novità, dal profumo dell’erba, dalle perle luccicanti che la pioggia aveva lasciato sulle foglie, ma era sicuro che i genitori e il suo fratellone lo stessero seguendo: quando si voltò per dire loro che era sicuro di aver visto il brillare di una fata non li vide.  
“Mamma? Papà? Gilbo?”
Cominciò a guardarsi attorno freneticamente, corse come una pallina impazzita da una parte all’altra senza trovare niente di famigliare. Continuò a chiamare i genitori e il fratello a gran voce, ma sentì riecheggiare solo le sue grida, e queste gli si infilarono sotto la pelle facendogli venire i brividi. Inciampò in un rametto secco e andò dritto a finire in una pozzanghera. Quando si tirò su scoppiò a piangere perché adesso tutti gli alberi che adorava si erano trasformati in lunghe ombre mostruose che volevano graffiarlo e strappargli i vestiti, e più andava avanti più gli sembrava di girare in tondo. Si sentiva come in uno di quei film spaventosi che Gilbert gli faceva vedere per prenderlo in giro quando urlava per la paura.
Ogni volta che chiamava suo fratello e non riceveva risposta gli sembrava di avere più freddo. Continuava a sfregarsi le braccia quando, all’improvviso, sentì una voce. Forse umana, forse no. Era molto dolce, melodiosa.
“Chi sei tu?”
All’improvviso il Sole tornò, penetrando il soffitto delle cime degli alberi e illuminando chi lo aveva chiamato. La bocca e gli occhi di Ludwig si spalancarono: era la fatina dell’autunno, lo era di certo. Aveva un vestitino verdissimo, gli occhi e i capelli di un castano caldissimo e, quando sorrise, il suo cuore cominciò a battere fortissimo e le guance a scaldarsi. Quello era l’amore a prima vista di cui blaterava tanto suo fratello, il colpo di fulmine che non faceva più ragionare.
La fata sorrideva e si avvicina a lui con passi leggeri, continuando a sorridere. Era piccola come lui.
Ludwig era talmente sconvolto che scordò l’educazione e non rispose alla domanda, ma quando lei gli strinse la mano sobbalzò e il suo viso andò in fiamme.
“Ti sei perso?”, gli domandò. Il bambino riuscì ad annuire, ma non faceva che guardare il fango per terra.
“Dev’essere la prima volta che vieni. Io ci vengo tanto qua, so come muovermi. Ora cerchiamo la tua mamma e il tuo papà!”
Gli strinse forte la mano e cominciò a camminare, sicura di sé. Quando fu dietro la sua schiena, Ludwig riuscì ad alzare il viso; sentiva il profumo dei suoi capelli, odoravano come le more. Aveva un ricciolo bellissimo, al lato della testa. Quanto era carina.
Camminava con passo sicuro, come se avesse in testa una mappa del luogo. Guardandosi attorno, adesso il bambino trovava solo amici, in quegli alberi che prima lo spaventavano. Vide la luce e il Sole e sentiva uccellini che cantavano. Allora era vero che con lei tutto diventava bello.
“Senti, tu sei davvero la…”
“Ludwig!!”
Gilbert si buttò su di lui prendendolo in braccio e stringendolo fortissimo, quasi a soffocarlo. Ringhiò rabbioso quanto fosse stato stupido e che gli avevano ripetuto, lui e i suoi genitori, non sapeva quante volte di non allontanarsi mai, di stare al loro fianco, ma dove si era ficcato, che non lo facesse mai più o l’avrebbe vista brutta.
Lud si sciolse un po’ dalla sua stretta quel tanto che bastava per guardarlo in faccia, ed esclamare tutto convinto e serio: “Gilbo, Gilbo, guarda, la fata dell’autunno esiste davvero!”
Suo fratello gonfiò le guance per evitare di ridere.
“La fata dell’autunno? E dove sarebbe, eh?”
“Qui, dietro di me!”
Gilbert guardò oltre la sua testa tonda e vide solo erba e alberi scuri e fasci di luce.
“Non c’è nessuno dietro di te, Ludwig.”
Voltandosi, vide che aveva ragione suo fratello. Non c’era nessuno, ma la foresta continuava ad essere bella perché ci era passata lei. Dov’era finita? Perché era scomparsa? Si sentì triste all’idea che al loro primo incontro lei fosse già scappata.
“Ma non è possibile, è stata lei a portarmi fuori dalla foresta!”
“Sì, sì, sì… adesso andiamo da mamma e papà, sono preoccupati da morire…”
Gilbert lo mise per terra, stringendogli subito la mano, per paura che sgusciasse via di nuovo. Ludwig si guardò ancora indietro, chiedendosi dove fosse scappata la sua fata. Si domandò se avrebbe avuto mai più la possibilità di rivederla, dopo quel giorno. Si ripromise di pregare ogni giorno perché accadesse; avrebbe pensato a lei tutti i giorni e avrebbe programmato il matrimonio in ogni più piccolo dettaglio. Era sicuro che la fata lo avrebbe saputo e sarebbe tornata.
Non smise di sorridere per tutto il giorno.

  
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