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Autore: VaniaMajor    18/11/2010    3 recensioni
Raistlin è morto nell'Abisso, ma echi della sua impresa continuano a riverberare su Krynn. Il Portale non si è chiuso perfettamente e gli Dei temono un futuro oscuro. Solo lo Scettro dei Tre potrà scongiurare il pericolo. All'anima di Raistlin viene affidata una missione che cambierà il corso della Storia...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
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«Shalafi, sta iniziando a nevicare.- osservò Dalamar, stringendosi meglio il mantello attorno alla gola- Desiderate fermarvi per riposare, o…»
«Siamo quasi arrivati, apprendista. Inutile fermarsi adesso.» disse Raistlin, che cavalcava poco più avanti, trattenendo un accesso di tosse. Dalamar tornò a trincerarsi nel silenzio, scandito dal ritmico battere degli zoccoli sul terreno indurito dal gelo. L’elfo oscuro non conosceva la zona, ma di certo lo Shalafi era in grado di riconoscere la strada che portava al proprio paese d’origine.
Erano passati più di due mesi dal giorno in cui l’improbabile gruppo scelto per distruggere il Portale si era diviso, alle porte di Palanthas. Due mesi o poco più dalla scioccante notizia riguardante l’identità di Katlin, il fatto che lei fosse l’incarnazione della terza gemella Majere.
Da allora non era accaduto molto, ma quel poco era significativo. Katlin e Raistlin avevano fatto visita ad Astinus, e avevano preteso di leggere le antiche annotazioni riguardanti la loro nascita. Avevano scoperto che Astinus non aveva nemmeno accennato alla terza gemella, ma in tempi recenti aveva sempre scritto della giovane di Yolta come Katlin Majere. Inutile chiedere delucidazioni ad Astinus: lo Storico non spiegava a nessuno né cosa sapesse, né come si regolasse nel riportare gli avvenimenti sui suoi Libri. La vita alla Torre aveva cominciato a scorrere con una certa pacifica regolarità, costellata di interessanti esperimenti magici. Sia lo Shalafi che Katlin sembravano aver preso con tranquillità la scioccante notizia di Paladine. Il loro atteggiamento l’uno verso l’altra non era cambiato di una virgola. Dalamar, al contrario, si sentiva a disagio come mai prima. Il fatto che Katlin fosse la gemella del suo Shalafi lo poneva in una situazione scomoda ed imbarazzante.
Fortunatamente per lui, dopo meno di un mese Katlin era partita per Wayreth, sia per avvisare il Consiglio degli ultimi avvenimenti, sia per informarli della sua scelta di cambiare colore della veste e votarsi a Lunitari. Che le notizie avessero creato uno scompiglio considerevole, sia Dalamar che Raistlin l’avevano dapprima ipotizzato, e poi appurato una settimana prima, quando si erano recati loro stessi a Wayreth, ma da Katlin non avevano ricevuto notizie. Un breve messaggio, recapitato tramite un messo magico, li aveva informati che era diventata una Veste Rossa, che negli archivi il suo nome era stato cambiato in Majere e che ora si trovava a Solace da Caramon. Niente di straordinario.
Raistlin, che in quei mesi si era riposato dalle fatiche, riprendendo a studiare con piacere e concedendosi di quando in quando di vedere Crysania di Tarinius, aveva goduto non poco dei visi sconvolti dei maghi del Consiglio quando si era presentato a Wayreth. Ancora adesso, a ripensarci, non poteva far altro che sorridere con malignità. Dalamar era stato al contempo impaurito dalle implicazioni di quel gesto e galvanizzato dal potere che il suo Shalafi aveva sull’animo di tutti i maghi di Krynn. Raistlin era stato cortese e gelido, aveva confessato senza pudore alcuno i suoi reati, ma non si era rimesso al giudizio del Consiglio e Dalamar si sarebbe stupito del contrario. Aveva anzi, grazie alla sua dialettica insinuante e acuta, pressocchè incantato metà dei maghi presenti. Da questo comportamento, Dalamar aveva dedotto che il suo Shalafi avesse già in mente qualche impresa che potesse, se non sostituire la sua ambizione di essere un dio, perlomeno arrecargli soddisfazione. Avere il Consiglio ai suoi piedi, per esempio…ma Raistlin non si era lasciato sfuggire una sola parola sull’argomento.
Ora, i due si trovavano in viaggio verso Solace, ove quella mattina era stato battezzato da Crysania, recatasi al villaggio per l’occasione, il primogenito di Caramon, un maschietto sano a cui era stato dato il nome di Sturm, in memoria di Sturm Brightblade, Cavaliere di Solamnia. Erano in ritardo per la cerimonia, ma non per i festeggiamenti, che sarebbero avvenuti quella sera. Dalamar credeva che a Raistlin non importasse un fico secco né del nipote, né dei festeggiamenti, ma questa era una buona occasione per passare un breve periodo con la sua famiglia e l’elfo oscuro si era reso conto che ora quei pochi legami erano diventati preziosi per lo Shalafi. Questo lo indeboliva, ma forse non quanto si potesse pensare. Dalamar continuava a credere che lo Shalafi fosse pronto a sacrificare qualunque cosa al potere. Da parte sua, aveva una gran voglia di rivedere Katlin, perciò si sarebbe soffermato un giorno a Solace per poter passare del tempo con lei, prima di tornare alla Torre e riprendere le proprie attività.
Non ci volle molto perché imboccassero un sentiero in discesa, da cui si poteva godere di una panoramica di Solace.
«Doveva essere un villaggio di una bellezza particolare, quando riposava tra le fronde dei vallenwood.» considerò Dalamar.
«Così era, apprendista.- disse Raistlin- Così era, prima che gli Dei tornassero ad esigere la nostra attenzione e le fiamme lo divorassero.»
Ben presto raggiunsero l’agglomerato. Fortunatamente, la casa di Caramon si trovava al limitare di Solace, cosa che risparmiò entrambi dalle occhiate sconcertate degli abitanti del paese. Fermarono i cavalli davanti alla casa e prima ancora che scendessero di sella Caramon aprì la porta con veemenza e corse loro incontro.
«Ben arrivati! Ce ne avete messo di tempo.» disse, aiutando il gemello a scendere di sella.
«Ci sono persone, a questo mondo, che hanno cose più importanti da fare che gozzovigliare per la nascita di un moccioso, fratello mio.» fu l’acida risposta di Raistlin, che si liberò con un gesto delle attenzioni di Caramon.
«Cattivo umore, eh?» commentò Caramon, alzando le mani e tirandosi indietro.
«Ho freddo. Viaggio da una settimana. Secondo te, dovrei essere di buonumore?» replicò Raistlin.
«Giusto. Entrate tutti e due, vi preparo qualcosa di caldo.» disse Caramon, premuroso, sospingendo Dalamar e Raistlin all’interno. Non appena oltrepassarono la porta, videro Crysania, intenta a sciogliere nell’acqua calda alcune erbe. Sollevò lo sguardo al loro ingresso e sorrise.
«Ben arrivati!» disse. Prese la tisana e alcune pezze, poi fece per uscire. «Torno subito. Porto queste a Tika e vi raggiungo.»
«C’è qualcuno malato?» chiese Dalamar, corrugando la fronte.
«Tanis ha l’inizio di un brutto raffreddore.- disse Crysania- Ma, se lo prendiamo subito, penso che potrebbe stare meglio già per stasera.» Ciò detto, si dileguò, coprendosi le spalle con un pesante mantello bianco foderato di pelliccia.
«Il padrino del mio Sturm si è ammalato. E’ il massimo. Ha starnutito per tutto il battesimo!- ridacchiò Caramon, mentre li faceva accomodare e metteva sul fuoco una teiera piena d’acqua- Lui e Laurana sono arrivati ieri sera. C’è anche Riverwind, da solo perché non potevano far viaggiare i bambini con questo freddo. Alloggiano alla Locanda e ora sono là, con Tika, a prendere in giro Tanis fino a farlo diventare rosso come la sua barba!» Rise, allegro, e la sua risata rombante riempì la casa, causando un sentimento dolceamaro in Raistlin. A quel suono, però, un pianto di neonato venne da una camera al piano superiore, costringendo Caramon a lasciare soli i due maghi in fretta e furia e a salire le scale di corsa.
Raistlin e Dalamar rimasero in silenzio durante il breve interludio in cui il bambino smise di piangere. Caramon tornò di sotto con un fagottino tra le braccia, mormorando parole senza senso.
«Guardate che bello il mio bambino!- disse con orgoglio, mostrando il figlioletto ai due- Diventerà forte come suo padre. Guarda lo zio Raist, Sturm…»
Raistlin osservò il nipote con occhio critico, mentre Dalamar gli concesse appena un’occhiata, annoiato, prima di alzarsi ed andare a scrutare fuori dalla finestra. L’arcimago si trovò di fronte una paffuta creatura dai pugni stretti e una peluria rossiccia sulla testa.
«Speriamo che non abbia ereditato il tuo cervello. Né la cecità testarda di chi portò questo nome prima di lui.» fu il solo commento di Raistlin. Caramon fece una smorfia e fu lì lì per replicare, ma la teiera fischiò, distraendolo.
«Tienimelo un attimo.» disse, mettendo tra le braccia di un impreparato Raistlin il neonato e scattando verso la teiera in ebollizione. Raistlin ristette, poco abituato a tenere bambini in braccio. Lo guardò con ostilità, aspettandosi che si mettesse a piangere da un momento all’altro. Il piccolo Sturm, invece, parve considerare comode le braccia ricoperte di velluto di Raistlin. In poco meno di un secondo, chiuse le palpebre sugli occhioni blu e si addormentò.
«Gli piaci.» considerò Caramon, nascondendo un sorriso di fronte alla smorfia disgustata di Raistlin e versando il tè.
«Dov’è Katlin?» chiese Dalamar, con noncuranza.
«Credo che sia al torrente, insieme a Tas e a Kyara.- rispose Caramon- Quei matti si sono messi in testa di pescare con questo freddo…»
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che Dalamar uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle. Caramon sollevò lo sguardo ad incontrare quello di Raistlin.
«Non te ne stupire.- disse l’arcimago, sarcastico- Lei è l’unico motivo per cui si è preso l’onere di accompagnarmi fino a qui. Presumo che un giorno, se mai quei due riusciranno a chiarirsi, avremo un elfo oscuro per cognato.»
Caramon sbuffò, storcendo il naso. Raistlin sollevò il fagotto che aveva tra le braccia.
«Te lo vuoi riprendere, questo bambino, o mi tocca adottarlo?» chiese. Caramon sorrise e prese in consegna il piccolo Sturm. In quel momento, Crysania rientrò in casa, accompagnata da una folata d’aria gelida.
«Sta nevicando con una certa insistenza.- mormorò, togliendosi il mantello, poi sorrise nel vedere il piccolo, tenuto tra le braccia gentili di Caramon- Si è addormentato?»
«L’ha fatto addormentare Raistlin. Ha talento.» scherzò Caramon, salendo le scale con cautela e scomparendo al piano di sopra. Crysania intercettò l’occhiata assassina di Raistlin a quella battuta e sorrise. Si chinò e gli baciò lievemente una guancia.
«E’ molto che non ci vediamo, arcimago.» sussurrò. Raistlin le sfiorò una gota, l’espressione aggrottata.
«Se avessi atteso di venire con me a Wayreth, invece di sobbarcarti un lungo viaggio in carrozza…» iniziò a recriminare.
«Non mi andava di vedere il Consiglio, Raistlin.- disse lei- Inoltre, sapevo che avremmo finito per arrivare in ritardo.»
Raistlin sospirò, seccato, poi le sigillò le labbra con un bacio, a cui seguì un secondo, più lungo e sentito.
«Mi sei mancato.» ammise Crysania, e le sue gote si velarono di rosso. A Raistlin apparve di una bellezza quasi insopportabile. Stava per baciarla di nuovo, quando la sua espressione si fece estremamente seccata.
«Caramon, se non la pianti di spiare ti cavo gli occhi!» ringhiò, voltandosi con ira verso le scale. Caramon, spaventato per essere stato colto in flagrante, cadde dalla cima delle scale e si fece tutti i gradini sul fondoschiena. Crysania arrossì violentemente, poi cominciò a ridere.
Al piano di sopra, Sturm Majere si svegliò di nuovo e protestò per tutto quel chiasso.



Dalamar si accorse di non avere la minima idea di dove si trovasse questo fantomatico torrente solo una volta allontanatosi dalla casa di Caramon. L’imbarazzo di dover tornare a chiedere informazioni gli fu risparmiato da Dama Crysania, che stava tornando in quel momento dalla Taverna dell’Ultima Casa. Non sapeva dove fosse il torrente, disse, ma aveva visto la direzione in cui Katlin si era allontanata con i due kender.
Dalamar seguì le sue indicazioni, infastidito dai gelidi fiocchi bianchi che cadevano dal cielo. Il pomeriggio stava già morendo in un cupo crepuscolo. L’inverno peggiorava il suo umore, già non buono in partenza. Non fosse stato per la prospettiva di rivedere Katlin, sarebbe tornato dritto alla Torre, seppellendosi nel suo oscuro silenzio almeno fino a primavera. La sua parentela con lo Shalafi lo inibiva…ancora di più, vista la profondità dei sentimenti che lo spingevano a cercare di averla per sé. Perché gli dei gliel’avevano fatta incontrare?
Da lontano gli giunse il suono di risa gaie, in netto contrasto con la coltre cupa che incombeva sui suoi pensieri. Dalamar affrettò inconsciamente il passo. Attraversò una macchia di alberi spogli, e ben presto gli fu visibile la riva sassosa di un torrente, le cui acque grigie sembravano ghiaccio fuso. Là, saltellanti dalla gioia, stavano Tasslehoff, Kyaralhana e Katlin, i quali sembravano intenti a cercare di acchiappare un pesce sgusciante, che stava passando più tempo per aria che nelle loro mani.
«Waaahhh!!!! Acchiappalo, Tas!» strillò Kyara.
«Ce l’ho!- esclamò Tasslehoff, acchiappandolo, per poi vederselo guizzare tra le dita- Anzi no! Kat!»
«E’ mio!» gridò Katlin, spiccando un salto e afferrando il pesce al volo. Se lo strinse al petto, bagnandosi il vestito, mentre Tasslehoff accorreva con un cestino pieno per metà di pesce argentato. Katlin buttò la preda dentro il cestino, e i tre lanciarono un trionfante urlo guerresco.
Dalamar non poté fare a meno di sorridere. La gioia che illuminava il volto di Katlin in quel momento di gioco era meravigliosa. Per quanto amasse il suo sguardo malizioso e astuto, ed il suo sangue freddo, era di certo il suo sorriso a fargli sciogliere il cuore.
“Noi tre, i re pescatori del fiume…” intonò Tasslehoff, facendo la voce grossa, prima che Katlin si voltasse di scatto verso gli alberi, forse avvertendo di essere osservata. Dalamar la vide spalancare gli occhi per la sorpresa, mentre anche i kender si voltavano.
«Salve.» disse l’elfo oscuro, venendo avanti.
«Dalamar!- esclamò Katlin, piacevolmente sorpresa- Sei arrivato? Sei con Raistlin? Ma quando…»
«Siamo arrivati da poco.- ammise Dalamar, poi abbassò lo sguardo sul cestino- Avete preso qualcosa?»
«Un po’ di pesce per la cena.» rispose Katlin.
«Lo portiamo noi a casa, Kat!» esclamò Tasslehoff, acchiappando Kyaralhana per un polso e trascinandola via.
«Ma Tas…» cercò di protestare lei.
«Lasciamoli da soli.» le sussurrò Tasslehoff, con aria da cospiratore. Sulle labbra di Kyaralhana comparve un sorrisetto e corse via con lui di buon grado. Nel frattempo, Dalamar stava studiando l’aspetto di Katlin.
Era davvero bella, avvolta nella veste rossa di Lunitari. Un po’ selvaggia, forse, con la gonna annodata sopra gli stivali al ginocchio per non bagnarla e il mantello di pelle marrone di traverso sulle spalle, i capelli striati di bianco legati in una coda alta. Come accorgendosi di quell'esame, e del fatto che il tessuto bagnato le evidenziava il seno, Katlin si sistemò addosso il mantello e sciolse con un gesto il nodo della gonna, che le ricadde sui piedi.
«Avevi ragione, il rosso ti dona di più.» scherzò Dalamar, malizioso.
«Oh, avanti, non prendermi in giro.- borbottò lei, arrossendo appena- Sono un disastro e ne sono consapevole. Piuttosto…» Si incamminò, costringendolo a seguirlo sulla strada che aveva appena percorso. «Siete in ritardo. E’ successo qualcosa a Wayreth?» chiese.
«Abbiamo fatto scalpore.- disse, strappandole una risata bassa e piuttosto maligna- Comunque, lo Shalafi è riuscito a cavarsela, come sempre. Penso, anzi, che tuo fratello abbia qualcosa in mente. Qualcosa che riguarda il Consiglio.»
Katlin si strinse nelle spalle, impedendo all’elfo oscuro di intuire se sapesse o meno qualcosa a sua volta.
«La sua ambizione è vasta, e ingovernabile.- disse soltanto, poi sorrise- Quanto resterai?»
«Poco. Parto domani, possibilmente in mattinata.» rispose Dalamar. Un parte di lui fu lieta di vederla adombrarsi.
«Capisco. Speravo rimanessi qualche giorno in più.» sussurrò lei.
«In ogni modo, ci vedremo presto. Stavamo parlando di creare qualcosa che ti aiuti a gestire le trance, prima che tu partissi. Avremo molto da lavorare.- disse Dalamar, preferendo non tirare troppo la corda- Quando hai intenzione di tornare alla Torre?» Katlin non rispose. Continuò a guardare in basso, come immersa nei suoi pensieri. L’allegria di pochi istanti prima era del tutto scomparsa.
«Katlin, mi hai sentito?» chiese. Lei rimase silenziosa, ma nei suoi occhi passò un lampo cupo che non gli piacque per niente. «Katlin…non avrai ancora l’intenzione di…» mormorò, smettendo di camminare. Katlin non si fermò, né si voltò. In quel momento, poco più avanti, Tika Waylan Majere e Laurana li videro arrivare e li salutarono con grandi cenni. Katlin corse da loro, lasciando indietro Dalamar.
Il volto dell’elfo oscuro si fece di pietra, mentre infilava le dita in una tasca segreta e stringeva tra le dita un piccolo oggetto. Iniziava a pensare di avere fatto bene a portarlo.

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Quella sera la Locanda dell’Ultima Casa fu di esclusiva proprietà degli Eroi delle Lance, nonché dei loro più recenti compagni d’avventure. Superato lo scoglio del nuovo incontro tra Tika e Raistlin senza spargimenti di sangue né crudele ironia (Caramon aveva temuto quel momento molto più di quanto si fosse potuto supporre) e mitigata l’avversione totale che Riverwind provava per i due maghi oscuri, la festa per il battesimo di Sturm Majere si svolse in un clima allegro e ridanciano.
La cena fu pantagruelica, probabilmente la migliore che Tika avesse mai cucinato in vita sua. Il vino e la birra scorsero a fiumi persino nei calici dei più restii, e risa e canti si sprecarono nonostante i soliti musi lunghi nell’ombra. Katlin si ritrovò ad essere la seconda festeggiata della serata, dopo che Caramon propose un brindisi alla sua nuova sorellina, per poi alzarsi e stritolarla in un abbraccio orsino fra gli applausi degli altri. Katlin invidiò il piccolo Sturm, che poteva evitarsi certe scene imbarazzanti dormendo della grossa nella sua culla nonostante il chiasso.
Quando poté tornare a sedersi, nascondendo il viso arrossato dietro al suo bicchiere di vino, prese ad osservare uno per uno tutti i commensali.
A capotavola, nell’angolo più in luce, sedeva Caramon, quello che ormai doveva considerare il suo fratellone maggiore. Sprizzava gioia da ogni poro, commosso dalla partecipazione degli amici per quell'avvenimento così fausto. In poco tempo, Caramon era riuscito a riunire di nuovo attorno a sé tutta la famiglia…persino quella che non aveva mai pensato di avere! La persona che più beneficiava e godeva del cambiamento era senza dubbio Tika, che sedeva alla sua destra. La giovane donna era radiosa, ed i suoi occhi si staccavano raramente dal marito, quella sera. Adorazione e gioia per la ritrovata serenità le si alternavano sul viso. La sua mano piccola e delicata era posata sul braccio muscoloso del marito, e coraggiosamente aveva evitato qualsiasi recriminazione a Raistlin, pur avendone in serbo senza dubbio a iosa, per non turbare Caramon.
Sul lato della tavola occupato da Tika sedevano anche Tanis, Riverwind e Laurana. Il Mezzelfo era ancora disturbato da un fastidioso raffreddore, ma ormai sembrava in fase di guarigione. Guardava Tika e Caramon con amorevole paternità, e forse una punta d’invidia. Di certo, anche lui desiderava la gioia di un figlio. Riverwind sorrideva poco e parlava anche meno, ma nei suoi occhi si leggeva una malinconica felicità per quel momento condiviso con gli amici. Le difficoltà che aveva patito nella vita gli segnavano il volto, ma lo rendevano più autorevole. Laurana conversava con tutti, cortese e premurosa come sempre, ma anch’ella si soffermava più spesso sui visi della giovane coppia di genitori. Katlin presupponeva che da lì a non molto avrebbero ricevuto notizia di una gravidanza della principessa elfa…
All’altro capo della tavola rispetto a Caramon sedeva Raistlin, un po’ in ombra. L’arcimago non aveva quasi aperto bocca durante la serata, autoescludendosi a priori, ma Katlin sapeva che l’arcimago preferiva guardare piuttosto che partecipare…o perlomeno, si sentiva più a suo agio in quella condizione. Al suo fianco, sul lato del tavolo di Katlin, Dalamar sembrava invece sulle spine. Era evidentemente a disagio, e il fatto di avere accanto Tasslehoff e Kyaralhana certo non lo metteva in uno stato d’animo più positivo. I due kender, come sempre, parlavano, ridevano e facevano un gran chiasso. Crysania, seduta accanto a lei, era molto tranquilla. Nemmeno lei aveva parlato molto, ma aveva ascoltato con attenzione tutte le storie che erano state narrate.
Katlin sentì un forte impeto d’affetto per tutti i presenti, tanto che mormorò una scusa ed uscì dalla Taverna, immergendosi nella fredda notte d’inizio inverno. Alzò il viso al cielo, che si andava sgombrando dopo aver lasciato al suolo un primo strato di neve, che scricchiolava sotto i suoi stivali. Era troppo tutto in una volta. Tutta quella felicità, l’ambiente familiare, gli amici…le riscaldavano il cuore, ma più di quanto potesse reggere. Non era…allenata a una cosa del genere. Sorrise tra sé. Un po’ di freddo e di atmosfera notturna l’avrebbero placata.
Non si stupì molto quando fu raggiunta da Raistlin, che cadenzava il passo col Bastone di Magius.
«Vai già via?» gli chiese, stringendosi il mantello alla gola.
«Sì, ne ho abbastanza. Vado a dormire.- disse l’arcimago, con una smorfia- C’è tanto di quello zucchero nell’aria, là dentro, che potrei morire avvelenato.» Katlin soffocò una risata nel palmo della mano. «Tu, piuttosto? Già stanca di ciò che desideravi…sorella mia?» chiese, sarcastico. Katlin sollevò appena un sopracciglio nel sentirsi chiamare sorella, poi scrollò le spalle.
«Non ti differisco di molto…fratello mio.- disse, calcando sull’appellativo come lui aveva fatto per lei- Sono fatta per il freddo della notte e troppo calore mi brucia.» Chinò il capo sulla spalla, chiudendo per un attimo gli occhi con un sorriso di beatitudine sul volto. «Ma, a volte, quelle fiamme sono una panacea.» sussurrò. Raistlin fece un verso disgustato, riprendendo a camminare.
«Pensa a sopire quelle di Dalamar, piuttosto, sciocca ragazza.- le disse, allontanandosi- E digli la verità. Non voglio averlo intorno per un intero inverno con quello stato d’animo.»
«Che vuoi dire?» fu la brusca risposta di Katlin. Raistlin si fermò e la guardò di sottecchi da sotto il cappuccio.
«Non fare la finta tonta. Gli hai detto che andrai?» le chiese. Katlin ristette, poi scosse il capo. «E allora fallo.- fu la secca sentenza di Raistlin- E vedi di chiarirti con lui. Sembrate due ragazzini con una cotta.»
«Non fare illazioni. Non sono affari tuoi.» disse Katlin, gelida.
«Oh, ma lo sono diventati.- fu il commento malefico di Raistlin, che le fece un cenno di saluto senza voltarsi- Lo sono diventati quando tu ti sei impicciata dei miei. Buonanotte, sorella.»
Katlin strinse le labbra in una linea sottile, arrossendo furiosamente. Ci mancava solo che Raistlin desse voce a quei pensieri che fino a quel momento Katlin era riuscita a tenere sotto chiave. Certo, lei si era impicciata del rapporto tra suo fratello e Crysania, ma la faccenda era differente! Lei sapeva che entrambi si amavano, mentre in questo caso…in questo caso…
Una mano sulla spalla la fece voltare di scatto, con un grido incastrato in gola. Incontrò gli occhi sorpresi di Dalamar.
«Ti ho spaventata? Chiedo venia.» disse l’elfo oscuro.
«No, io…è che stavo parlando con Raist, e…- balbettò lei, poi riprese rabbiosamente il controllo mentale sulla propria  bocca- Sono io che ti chiedo scusa. Ero persa nei miei pensieri e non ti ho sentito arrivare.»
Dalamar annuì, guardandola con occhi indagatori, le sopracciglia aggrottate. Katlin si sentì a disagio sotto il suo esame. Non le piaceva essere guardata in quel modo da lui…o, per meglio dire, quello sguardo le faceva desiderare cose che non avrebbe mai ammesso ad alta voce. I suoi occhi non facevano che soffermarsi sulla linea allungata degli occhi dell’elfo, sul bel profilo del naso, sulla bocca…quella bocca che le aveva sfiorato la mano più di una volta. Poteva quasi sentire il calore del corpo di Dalamar, tanto poco distavano l’uno dall’altro. Fece inconsciamente un passo indietro.
«Andrai a Yolta nonostante tutto, vero?» chiese Dalamar, duro. Katlin, dopo un istante, annuì.
«Mi dispiace allontanarmi da qui, soprattutto ora che so di avere tutti i diritti di vivervi.- disse, alzando lo sguardo al cielo notturno- Questo, però, non cambia quello che ti dissi un paio di mesi fa. Ho lasciato mia madre nei guai. Lei non verrà mai su Krynn, lo so…E’ mio dovere consentirle una vita dignitosa.»
«Lo capisco.» disse Dalamar, dopo un attimo. Katlin arrischiò una nuova occhiata. Anche l’elfo oscuro aveva alzato gli occhi al cielo. Il fiato gli si condensava in nuvolette davanti al viso. La sua figura era avvolta in un nero mantello di pelliccia. «Quando tornerai?» chiese.
«Entro un anno. Spero di sbrigarmi prima. Per ora lo sa solo Raistlin…e tu.» rispose Katlin. Sospirò, avvertendo un senso di desolazione al pensiero di tornare su Yolta. Lasciare la ritrovata famiglia e gli amici per quel mondo grigio e piatto non l’attirava per niente. Si sentì d’un tratto assalire da una spietata nostalgia. Avvertì il desiderio del conforto di una mano amica, dita forti che avrebbero accolto le sue con dolcezza. Scosse il capo, spargendosi i boccoli scuri sulle spalle con stizza. Non era il momento di indulgere in certi pensieri, non con Dalamar a due passi da lei!
«Vuoi camminare con me?- le chiese d’improvviso, abbassando di nuovo lo sguardo su di lei- Non avremo altre occasioni per parlarci, perlomeno non a breve termine.»
Katlin lo guardò. Un forte istinto di autoconservazione le suggerì di rifiutare l’invito e tornare dentro la Taverna, ma la volontà di passare un po’ di tempo con Dalamar prevalse. Annuì, con un sorriso, e i due si incamminarono.
Percorsero quasi tutto il perimetro di Solace, protetti dalle ombre della notte, discutendo di magia, della loro avventurosa missione e dei progetti per il futuro. Fu un momento strano, ma prezioso. Entrambi dimenticarono di essere potenti maghi, di essere di due razze differenti, di conoscersi da così poco, di portare nel cuore un amore inespresso. Parlarono come due amici d’infanzia, come innamorati di lungo corso, come pari.
Prima o dopo, però, tutto finisce e più tardi raggiunsero la casa di Caramon. Katlin aveva una stanza nella casa, mentre Dalamar era stato alloggiato nella Locanda. L’elfo oscuro insistette perché non fosse Katlin ad accompagnarlo fin là. Ormai dovevano essere tutti andati a dormire e non desiderava che Katlin si aggirasse per Solace da sola.
«Quando partirai?» chiese Katlin, pensierosa e sempre più preda di una forte malinconia.
«Domattina presto. Viaggerò con la magia.- rispose Dalamar- Non ho nessuna intenzione di attraversare Ansalon in inverno.» Si mise una mano in tasca e ne estrasse qualcosa, poi prese con delicatezza la mano di Katlin e le premette l’oggetto nel palmo. Perplessa, Katlin sollevò l’oggetto alla pallida luce di Solinari. Bagliori d’argento percorsero la superficie a specchio di una stella a otto punte grande come un’albicocca, piatta alla base e a cupola sulla faccia superiore.
«Che cos’è?» chiese Katlin, perplessa.
«Un regalo.- disse Dalamar, e la giovane maga alzò subito gli occhi dalla stella per posarli su di lui- Avevo il sentore che saresti partita comunque e mi sono ricordato di portarlo.»
Katlin corrugò la fronte e fece per porre una domanda, ma Dalamar la prevenne.
«E’ un piccolo visore. Mostra ciò che desideri, un luogo o una persona, ma solo nel tempo presente, e l’ampiezza della sua visuale è ben poco eclatante. Funziona con la parola di comando vyushalor.- spiegò l’elfo oscuro- Ho pensato che potesse farti comodo su Yolta, nei momenti in cui la nostalgia diventa pressante.»
«Dalamar…» mormorò Katlin, senza parole. Strinse al seno l’oggetto, cercando di scacciare le lacrime che minacciavano di offuscarle la vista. «Dalamar, ti ringrazio. Mi sarà prezioso.» riuscì a dire, con voce che giudicò abbastanza normale. Vanificando i suoi sforzi, Dalamar si avvicinò a lei tanto da farle aumentare i battiti del cuore a mille. Cercò di non darlo a vedere, ma non poté esimersi dal tremare sotto il suo tocco quando l’elfo oscuro le sfiorò il mento con le dita e le posò un bacio all’angolo della bocca…così vicino e così lontano dal luogo in cui Katlin avrebbe voluto sentirle.
«Ti aspetterò.» mormorò, solleticandole la pelle col suo fiato caldo. Si allontanò da lei di un paio di passi, la scrutò, poi sorrise. «Buonanotte, Katlin.» disse, per poi darle le spalle e allontanarsi nella notte.
Katlin rimase dov’era, muta e tremante, con le mani strette al seno e le punte della stella magica conficcate nel palmo. Quando finalmente riuscì a rimettere in funzione la sua mente razionale, si accorse di due cose.
La prima era che non aveva detto arrivederci all’elfo oscuro. La seconda, che una sagoma si era appena allontanata da dietro la finestra che corrispondeva alla camera di Raistlin. Irata con se stessa e con il proprio gemello impiccione, Katlin corse in casa e si chiuse in camera, buttandosi sul proprio letto.
Non chiuse occhio per tutta la notte.

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Dalamar, Raistlin e Caramon uscirono nella fredda alba del giorno dopo, gli unici svegli dopo la notte di festeggiamenti. Il sole non era che un vago bagliore all’orizzonte. Le nuvole, di un cupo blu che si andava accendendo di rosa, sembravano promettere pioggia. La neve della sera prima si era trasformata in una crosta di ghiaccio.
«Quando arriverai al grosso masso in cima alla salita, inoltrati nel sottobosco alla tua sinistra. Troverai una radura adatta ad attuare l’incantesimo.» gli disse Raistlin. Dalamar annuì. Avrebbe viaggiato con la magia. Lo Shalafi gli aveva dato l’incarico di fare i preparativi per un nuovo incantesimo di evocazione su cui stava studiando da un mese. Lo avrebbe raggiunto alla Torre di lì a tre giorni, e desiderava trovare locali e ingredienti già adibiti allo scopo. Dalamar non vedeva l’ora di buttarsi nel lavoro. Il saluto a Katlin della sera prima era servito solo ad acuire la mancanza che avrebbe avvertito nei mesi successivi. E quella mattina non era neppure scesa a salutarlo.
«Ti auguro buon viaggio.» disse Caramon, battendo i piedi per far circolare il sangue e tendendo la mano all’elfo oscuro.
«Ti ringrazio. E ancora congratulazioni per il bambino, Caramon.» disse Dalamar, stringendogli distrattamente la mano. Si inchinò allo Shalafi, che ricambiò con un cenno del capo, poi diede loro le spalle e s’incamminò, con il lungo mantello nero che spazzava il ghiaccio.
«Kat non viene a salutarlo?» mormorò Caramon, sottovoce, al fratello. Raistlin sorrise con ironia.
«La sua stanza è vuota.- rispose, sorprendendo Caramon- Presumo desideri ricambiare il suo saluto di ieri sera in privato.»
«Ricambiare? In privato?» chiese Caramon, non riuscendo a capire cosa il gemello intendesse. Raistlin sbuffò, stizzito.
«Possibile tu non abbia occhi per vedere?! E’ troppo lunga da spiegare. Non seccarmi, Caramon.» sibilò, voltandosi per rientrare in casa.
«Ma perché dovrebbero salutarsi così…in privato?- replicò Caramon, seguendolo, un po’ contrariato- E poi, prima o dopo Kat tornerà alla Torre…»
«Più dopo che prima, fratello mio, visto che tornerà a Yolta fra tre giorni.» rispose Raistlin, sospirando con impazienza. L’improvviso silenzio di Caramon lo fece voltare verso di lui, la mano già sulla maniglia della porta. Caramon aveva strabuzzato gli occhi e sembrava un po’ pallido. «Oh…non te lo aveva detto?» chiese Raistlin, con un sorrisetto.
La risposta di Caramon fu in grado di svegliare tutti gli ospiti della casa e anche qualche vicino.

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Dalamar seguì le direttive del suo Shalafi con la mente altrove. Quasi svoltò a destra, invece che a sinistra, ma in un guizzo di lucidità si accorse dell’errore e poté rimediare in tempo. Trattenne un sospiro. La tranquillità della Torre gli avrebbe fatto bene. Prima o poi lei sarebbe tornata e il tempo che sarebbe trascorso lo avrebbe aiutato a tenere a freno i suoi impulsi più ribelli. Eppure ripensare al lieve tremito che l’aveva scossa quando l’aveva toccata…la dolcezza della sue labbra, ad un niente dal punto in cui aveva osato baciarla…
Dalamar scosse la testa, passandosi le dita nervose nei capelli neri e facendo una smorfia. Quei pensieri non portavano a nulla. Meglio smetterla e ritrovare coscienza di sé, se voleva teletrasportarsi nella Torre e non sull’Isola dei Minotauri! Entrò nella radura con passo quasi furioso, ma si fermò trattenendo il respiro quando vide chi occupava il centro dello spiazzo, sgombro da arbusti.
Katlin era lì, in piedi, gli occhi imperscrutabili fissi su di lui.
«Katlin?» mormorò Dalamar, sorpreso. Per un attimo, si chiese se non fosse solo una proiezione della sua mente, poi lei si mosse.
«Ho dimenticato due cose.» disse, e prima che Dalamar potesse anche solo pensare di formulare una domanda, scostò i lembi del mantello e ne estrasse una cartelletta grigia con un gesto molto professionale. Gliela tese.
«Ma questa…» disse Dalamar, riconoscendola. Quella era la cartella dei disegni di Katlin. Quante volte gliel’aveva vista posata in grembo, mentre lei dava furiosamente fondo a matite e carboncini? Quanti disegni doveva contenere quella cartellina? Molti, a giudicare dal gonfiore della parte superiore. «Katlin, questi sono i tuoi disegni!» mormorò.
«Un regalo per te.- disse lei, alzando poi una mano per zittirlo quando fece per replicare- Non provare a protestare. Avevo già deciso di affidartela, ben prima che tu mi portassi la stella. Non è un dono per ricambiare, ma un dono per ricordare. Per ricordarti di me.»
«Pensi che potrei dimenticarti?» chiese Dalamar. Lei non rispose, né cambiò espressione. Sembrava estremamente seria, e Dalamar iniziò a temere che volesse fargli un interrogatorio riguardo il gesto con cui l’aveva lasciata la sera prima. «E la seconda cosa? Di che si tratta?» chiese allora, più brusco di quanto intendesse.
«Non ti ho detto arrivederci.» rispose lei, poi, inaspettatamente, afferrò un attonito Dalamar per la fibbia del mantello e lo strattonò, costringendolo a piegarsi verso di lei. Dalamar si sentì sfiorare le labbra da quelle di Katlin e spalancò gli occhi, stupefatto, mentre il cuore smetteva per un istante di battergli. Mai si sarebbe aspettato una cosa del genere! Fu un bacio appena accennato, ma le labbra di Katlin scottavano e riuscì ad avvertirne la pienezza, la pelle di seta. Non poté trattenersi dal cercare il suo corpo con le mani, dall’avvicinare ulteriormente le loro bocche, ma Katlin non glielo permise.
«Arrivederci.» mormorò Katlin, tirandosi indietro di scatto e correndo via, lasciando Dalamar solo e scosso nella radura. Dalamar rimase dov’era, col fiato grosso e il sangue impazzito, a fissare il punto in cui lei era scomparsa. Sentiva il bisogno disperato di correre da lei, catturarla e portarla con sé alla Torre, impedendole di partire. Fu con grande sforzo che recuperò l’autocontrollo e si accorse della puerilità della propria reazione. Katlin l’aveva provocato…come lui aveva provocato lei la notte prima. Un punto ciascuno.
«Se questa è una sfida, mia cara,- sussurrò- sappi che non mi tirerò indietro.»
Sorridendo appena, Dalamar aprì la cartelletta e diede una veloce scorsa ai disegni. Proprio in fondo, trovò una serie di suoi ritratti a carboncino. Il sorriso si ampliò. Dalamar si toccò le labbra, indugiando ancora qualche istante, poi chiuse con un gesto deciso la cartellina e si portò al centro della radura, iniziando i preparativi dell’incantesimo che lo avrebbe riportato a casa.
Katlin, dal canto suo, corse come un kender inseguito per la foresta, trattenendo in gola una risata e sentendosi le guance rosse e accaldate. Non si era mai sentita così stupida e così infinitamente felice. Si fermò in un punto da cui poteva vedere Solace dall’alto, sfinita e sorridente.
Presto se ne sarebbe andata. Presto la nostalgia sarebbe tornata a farla da padrone e le avrebbe di nuovo incupito l’animo. In quel momento, però, tutto era bellissimo ed eccitante. Lo sguardo attonito con cui Dalamar aveva reagito al suo gesto, l’ardore con cui aveva cercato di prenderla fra le braccia…Katlin affondò i denti nel labbro inferiore per non permettere a se stessa di mettersi a gridare e ballare come una pazza selvaggia. Amava Dalamar! Dei, se lo amava! E, forse, c’era speranza che lui la ricambiasse. Semplicemente, era tutto rinviato fino al momento del suo ritorno su Krynn.
«Aspettatemi fratelli miei, Dalamar, mia Solace.- sussurrò- Katlin Majere tornerà presto.»
Fece una riverenza burlesca, poi si mise di nuovo a ridere, gioiosa, mentre il sole sorgeva all’orizzonte.

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Katlin lasciò Krynn tre giorni dopo grazie ad un incantesimo che lei e Raistlin avevano messo a punto. Non fu una partenza facile. Caramon prese la notizia con sgomento e cercò in tutti i modi di far cambiare idea a Katlin, ma senza risultato. Il loro addio fu, a detta di Raistlin, il più patetico che si fosse mai visto in Ansalon dai tempi del Cataclisma.
Tanis, Laurana e Riverwind partirono prima di Katlin, e il loro addio fu più spensierato. Tutti sapevano che Katlin sarebbe comunque tornata, e non facevano una tragedia di quella sortita su Yolta. Katlin espresse il solo rammarico di essere costretta a perdersi i primi mesi di crescita del nipotino. I kender, tanto per rendere il tutto più caotico, cercarono in ogni modo di infilarsi nell’incantesimo e seguire Katlin su Yolta, una missione impossibile che venne sventata all’ultimo momento.
Così, Katlin lasciò Krynn e tornò a Yolta, ove si premurò di ottenere un’udienza dal Daichtune. L’attesa fu lunga e nel frattempo Katlin tornò al suo vecchio lavoro. Le era ancora più difficile, ora, sapere che se avesse guardato in aria non avrebbe visto il cielo, né le lune, e che su quel pianeta non avrebbe mai sentito pronunciare il suo nome con gaiezza e affetto. Strinse i denti e resistette pensando al futuro.
In quei mesi di attesa, in cui la madre venne a patti con la coscienza che Katlin avrebbe vissuto la sua vita su Krynn, la giovane maga ebbe la possibilità di tenersi in collegamento con Raistlin. L’arcimago l’aveva fornita di uno specchio incantato, collegato ad un altro specchio che si trovava nelle mani di Raistlin. Di quando in quando, il fratello comunicava con lei, di norma quando intendeva discutere di magia o parlare dei guai che Raistlin stava sottilmente combinando all’interno del Consiglio. Katlin non sapeva quali fossero i piani di Raistlin, ma con gli occhi della mente vedeva il seggio del vecchio Par-Salian vacillare. Non poteva dire che l’idea le dispiacesse. Di quando in quando, usava la stella a otto punte che le aveva regalato Dalamar. Non molto spesso, in verità, perché ogni volta che evocava il viso dell’elfo oscuro (perché questo le premeva in gran parte vedere) o quello dei suoi amici, il cuore le si stringeva dalla terribile nostalgia. Occhio non vede, cuore non duole: era un proverbio con una sua verità.
Passarono così otto mesi. L’inverno venne e se ne andò, seguito dalla primavera. L’estate era alle porte, ma su Yolta non c’era nulla che potesse renderlo evidente.
Una sera tardi, Katlin lavorava alla sua scrivania, nella sua piccola camera da letto, alla luce di una lampada da tavolo. Si sentiva spossata. Quel giorno aveva dovuto recarsi all’ultimo piano del Kag’teme, dove un funzionario dell’Impero le aveva fatto firmare una spropositata quantità di carte. Katlin si era presentata all’udienza dal Daichtune un mese e mezzo prima e aveva ottenuto molto di quello che aveva chiesto. Sua madre sarebbe stata mantenuta dall’Impero e Katlin sarebbe stata formalmente registrata come abitante di Krynn, cancellando la cittadinanza yoltiana. In questo modo, le leggi sulla magia non l’avrebbero più afflitta, nemmeno se fosse tornata di tanto in tanto a trovare sua madre. Quel giorno il tutto era stato formalizzato, perciò si poteva dire che il suo compito su Yolta era concluso.
Quasi a fare da contrappunto a quel pensiero, lo specchio dalla superficie scura posato sul comodino si illuminò. Sorridendo appena, Katlin si allungò per afferrarne il manico.
«Druha ketzia.» mormorò. La luce si spense, e nella superficie nera comparve il volto di Raistlin. «Buonasera, fratello mio.» disse, sorridendo.
«Buonasera, sorella.- disse l’arcimago- Novità?»
«Sì, ho finito.- disse Katlin, sorridendo e stiracchiandosi- Oggi ho apposto le ultime firme. Yolta fa parte del passato.»
«Bene, un pensiero in meno.» fu la sbrigativa risposta di Raistlin Katlin sollevò appena un sopracciglio. Le era sembrato strano che Raistlin la chiamasse solo per sapere come era andato l’incontro di quella mattina. Era evidente che qualcos’altro occupava la mente dell’arcimago. In quel momento, vide Raistlin voltarsi con disappunto alla sua destra, poi la visuale dello specchio fu bruscamente occupata da Caramon.
«Kat! Kat, mi vedi?- chiese il gigante, con un gran sorriso- Dei, quanto ti sei fatta bella! Stai bene, vero?»
«Caramon!- esclamò Katlin, piacevolmente sorpresa- Ma…allora siete a Solace? O sei andato a Palanthas?»
«No, siamo a Solace.- disse Caramon, raggiante- Ti aspettiamo, Kat! Sai che Sturm sa dire mamma e papà? Dice anche ‘raah’, che penso sia la sua versione di Raistli…»
«Ridammi lo specchio, dannato deficiente!» ringhiò Raistlin. Un brusco cambiamento di visuale, sufficiente a far girare la testa a Katlin, avvenne al di là del cristallo, poi il viso seccato di Raistlin tornò ad occupare lo specchio. In sottofondo si udirono le proteste di Caramon.
«Come sei permaloso…zio Raist!» lo criticò Katlin, ghignando. Raistlin la fulminò con lo sguardo.
«Invece di scherzare, cervello di gallina, fai i bagagli e torna qui.- le ringhiò contro- Ti sto aspettando per andare a Wayreth. Saluta definitivamente quel mondo inutile e torna su Krynn.»
«Wayreth?- chiese Katlin, perplessa- Perché Wayreth?»
«Si sta discutendo la tua nomina a nuovo membro del Consiglio.» la informò brevemente Raistlin, con un lampo d’acciaio negli occhi.
«Membro del…stai scherzando?!- sbottò Katlin, esterrefatta, alzandosi in piedi per la sorpresa- Raistlin, ma che diavolo stai combinando?»
«Torna qui e lo saprai.- fu la risposta di Raistlin- Arrivederci, sorella.»
«Ehi! Aspetta un attimo!» disse Katlin, ma lo specchio si era già oscurato. Raistlin aveva chiuso la comunicazione.
Katlin si risedette, attonita, fissando lo specchio. Cosa stava combinando Raistlin? E perché la stava coinvolgendo in quel modo? Sembrava proprio che Krynn, per bocca di Raistlin, stesse richiedendo la sua presenza. Una nuova avventura, per dirla alla maniera di Tasslehoff, si profilava all’orizzonte, e chi era lei per sottrarvisi? Sospirò, passandosi una mano sul volto, poi gli occhi le caddero sulla stella a otto punte. La prese in mano e se la fece roteare tra le dita. Un sorriso cominciò a comparirle sul volto, per poi prenderne possesso.
Katlin si alzò e guardò un’ultima volta la sua camera da letto. Pensava che non avrebbe faticato granché a dimenticarla.
«Neanche un po’.» disse ad alta voce, poi rise.
Katlin Majere era pronta a tornare a casa.

FINE

Author's note: Grazie ai pochi ma buoni che hanno seguito questa fanfiction! La storia continuerà presto con il seguito: La Vendetta di Takhisis! Non perdetevela!

 

   
 
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