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Autore: RobTwili    18/11/2010    10 recensioni
'Candy' è una spogliarellista di un Night Club che ha problemi con la droga e non solo.
Robert è a Baton Rouge per le riprese di BD.
Se senza volerlo lui aiutasse lei a salvarsi dal baratro nel quale sta volontariamente cadendo?
Se involontariamente Candy aiutasse Robert senza che nessuno se ne accorga?
Dal primo capitolo: '«Ma che cosa stai cercando di fare? Chi sei? Che cosa vuoi da me?». Il suo tono così brusco mi lasciò esterrefatto.
Sembrava quasi inorridita dall’idea che io volessi aiutarla.
«Io voglio aiutarti, non voglio farti del male». Con il telefono in mano mossi un passo verso di lei.
«Aiutarmi? Tu vuoi aiutare me? Io non devo essere aiutata! Io sto bene come sono!». Rise sarcastica infilandosi le scarpe.'

STORIA BETATA
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'My Redemption is Beside you'
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1 AVVERTENZE: questa FF ha contenuti forti, non prettamente sessuali ma per lo più riguardanti droga e situazioni che possono ruotare attorno al lavoro della protagonista (ballerina di lap dance in un locale per spogliarelliste). C’è una forte presenza di parolacce.
Tuttavia il rating rimane arancione perché credo che possa essere letta da tutti.
Nel caso qualcuno si sentisse offeso o considerasse i contenuti non adatti a questo rating provvederò ad alzarlo.
 
 


 
 




Quando raccontai a Tom quello che mi era successo quasi svenne per la contentezza.
Non ne capii il motivo ma sembrava che l’idea di avere a che fare con me che conoscevo una ballerina di lap dance fosse una cosa decisamente da non sottovalutare.
«Allora Robert, a che ora andiamo questa sera in quel locale? Voglio vederla anche io questa Candy. Cazzo, se solo avessi preso una camera nel tuo stesso albergo l’avrei conosciuta anche io!». Si batté una mano sulla fronte, arrabbiato per la pessima scelta dell’albergo.
«Sturridge, non hai capito. Non ci vieni questa sera. Non so nemmeno se andrò io. Se vado in ogni caso sarà da solo. Già attiro l’attenzione dei fotografi da solo se poi ci vieni anche tu non ho proprio nessuna chance di non farmi vedere» sbuffai accendendomi l’ennesima sigaretta.
«Sì, però tutte le fortune capitano a te. Va bene, verrò un’altra volta». Fece spallucce e si distese di colpo sul divano della mia suite.
«No, forse non ti è chiara una cosa: questa sarà la prima e ultima volta che io andrò in quel locale, voglio solo accertarmi che quella ragazza stia bene!». Buttai fuori una boccata di fumo e guardai con lo sguardo assente la nuvoletta grigia che avevo creato.
«Sì, ti senti in colpa perché se le avessi dato l’accendino non sarebbe stata picchiata. Ho capito Rob» sbuffò e si alzò di colpo. «Vado da Kellan e Jackson. Ciao». Non si girò nemmeno a salutarmi.
Cominciai a prepararmi appena si chiuse la porta alle spalle.
Quello che ad ogni costo volevo evitare era di essere riconosciuto dai paparazzi; come avrei spiegato la mia presenza in un locale per spogliarelliste?
Nonostante a Baton Rouge non fosse freddo, anche se era quasi la fine di novembre, indossai una sciarpa e mi calai un cappellino con il frontino in testa.
Probabilmente nessuno sarebbe stato in grado di riconoscermi.
Uscii a piedi e in dieci minuti raggiunsi il locale; continuai a controllare attorno a me che non ci fossero fotografi appostati e al terzo controllo, quando ormai fui sicuro di essere solo, varcai velocemente la porta del locale.
«Salve. Che cosa desidera? Privè oppure sala? Qualche preferenza?». L’uomo all’entrata non badò minimamente al mio aspetto, come se non fossi stato il primo ad arrivare con il volto coperto.
«Devo parlare con Candy» dissi mascherando la mia voce e cancellando totalmente l’accento inglese.
«Parlare, certo» ridacchiò e scosse la testa. «Privè con Candy quindi. Dovrai aspettare circa un’oretta perché questa sera Candy è molto richiesta. Mi puoi dare un nome?». Abbassò lo sguardo sul libro scritto che aveva davanti.
«Ro… Thomas». Se avessi detto Robert ci sarebbe stata più probabilità di essere scoperti.
«Bene Thomas, mettiti pure comodo per aspettare Candy al privè 4». Indicò con la mano una porta in fondo al corridoio sulla sinistra e lo ringraziai con un cenno del capo.
Quando mi richiusi la porta del privè alle spalle sospirai sollevato.
Almeno non ero stato riconosciuto.
Mi sedetti sul divanetto blu e abbassai leggermente la sciarpa per respirare meglio; inspirai a pieni polmoni e un conato di vomito mi sorse spontaneo.
Quella stanza sapeva di sudore, di sesso e di marijuana.
Portai una mano sul naso e con l’altra estrassi dalla tasca il pacchetto di Parliament di Kristen.
Cominciai a fumarne una di seguito all’altra per non respirare quel miscuglio di odori fastidiosi che avevo sentito quando ero entrato.
Passarono circa tre quarti d’ora quando la porta si aprì.
Involontariamente mi tirai su la sciarpa e spensi la sigaretta.
Candy entrò e un leggero brivido di disgusto mi scosse.
Dire che era mezza nuda era decisamente troppo, era praticamente nuda.
«Ciao dolcezza! Cosa ci fai lì tutto coperto? Ora ti scaldo io». Si avvicinò ancheggiando con fare suadente e non potei fare a meno di essere ipnotizzato da quegli occhi ghiaccio che risaltavano anche sotto la soffusa luce rossa del privè.
«Candy, sono io».  Mi tolsi il cappello e la sciarpa, mi sistemai i capelli passandoci la mano in mezzo.
«Oh, tu. Che cosa ti avevo detto? Sei come tutti gli uomini. Fai, dici che non vuoi nulla ma poi pretendi. Dunque, che cosa vuoi?». Avanzò di un altro passo e si mise a cavalcioni sopra il mio bacino.
«No, no. Ferma. Voglio solo sapere come stai. Come sta il tuo labbro?». Misi le mani sui suoi fianchi per fermarli, visto che aveva cominciato a muoverli per eccitarmi.
«Ah, ok. Pensavo non fossi un uomo da preliminari. Va bene, ma il prezzo aumenta». Scivolò giù dalle mie gambe e dopo essersi seduta per terra portò le mani sulla mia cintura per slacciarla.
«No, non hai capito». Poggiai le mani sulle sue e la fermai. «Voglio solo parlare, come stai?». Presi il suo mento tra il pollice e l’indice per vedere la ferita sul labbro.
«Parlare! Lo chiami così tu? Ok parliamo visto che hai tanta fretta!». Si alzò e con un rapido gesto si tolse la corta gonna nera.
Rimase in autoreggenti e con il completino nero e trasparente che indossava.
«Vuoi smetterla di spogliarti? Voglio solo parlare!». Guardai il suo viso per non essere distratto, nonostante tutto ero un uomo e lei una bellissima ragazza.
«Sopra o sotto?». Portò il piede a pochi centimetri dalla mia coscia e con le dita corse al bordo superiore delle autoreggenti. «Vuoi che li tenga? Ti eccita di più?» sussurrò come se avesse voluto farmi credere che era attratta da me.
«Candy, cazzo! Prova ad ascoltarmi! Non sono venuto qui per una scopata! Voglio solo sapere come stai!».  Provai a cambiare il mio linguaggio per farle capire che non ero andato in quel posto per approfittare di lei.
«Devo ballare?». Indicò il palo da lap dance dietro di lei. «Vuoi da bere? Che cosa devo fare?» chiese, confusa dalla mia reazione.
«Siediti e dimmi come stai». Indicai il divanetto di fianco a me.
«Hai qualche problema? Vuoi che chiami anche un’altra? Devo chiamare un ragazzo? Mi spiace ma le cose a tre con due ragazzi non le faccio». Scosse la testa e il suo sguardo schifato si puntò su di me.
«Candy, ascoltami». Presi un respiro profondo e continuai. «Come stai? Ieri sera ti hanno picchiato e sei svenuta. Non puoi fare finta di nulla». Guardai i suoi occhi sgranati per la sorpresa.
«Non è la prima volta che mi capita». Alzò le spalle come se le avessi appena chiesto del tempo.
Non aveva ancora risposto alla mia domanda.
«Mi vuoi dire come stai?». Se fosse stata in stato di shock che cosa avrei dovuto fare?
«Bene, come dovrei stare? Ora sto male, sto perdendo tempo senza fare nulla e quindi non sarò pagata. Quindi per favore dimmi che cosa devo farti o che cosa devo fare». Si avvicinò al mio braccio e tentò di sedurmi con il suo sguardo.
«Quando prendi?». Se era una questione di soldi non era un problema.
«50 $ per mezz’ora». Sorrise divertita dalla mia espressione.
Allungai la mano e sfilai il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans; tirai fuori 100 $ e glieli porsi.
«Un’ora? Che cosa vuoi fare in tutto questo tempo?». Tentò di guardarmi con gli occhi languidi ma non mi lasciai imbrogliare.
Ero un attore e nonostante tutto sapevo quando qualcuno recitava.
«Puoi anche andartene via adesso, volevo solo sapere come stavi». Mi alzai sperando che il nuovo metodo di approccio funzionasse.
Mi accesi una sigaretta senza degnarla di uno sguardo.
Con la coda dell’occhio notai che si era alzata e infilata la gonna; poi si era diretta verso la porta.
Afferrò la maniglia, la abbassò; sospirò e si girò verso di me.
«Non è giusto, mi hai dato 100 $ e sono rimasta dieci minuti. Mi sembra di rubare. Che cosa devo fare?». Tornò a sedersi di fianco a me posò le sue mani ai lati del mio viso per girarlo verso di lei.
La fissai per qualche secondo e decisi di porle una domanda che dalla sera prima mi ronzava nella mente.
«Come ti chiami Candy?». Spensi la sigaretta nel portacenere pieno e tornai a fissarla.
«Candy».  Rimase seria e continuò a fissarmi.
«Come ti chiami Candy? Il tuo vero nome». Riprovai, tenendo sempre gli occhi inchiodati ai suoi.
«Candy». Di nuovo rimase impassibile e capii che non sarei stato in grado di cavare un ragno dal buco.
«Quanti anni hai Candy?». Sembrava così giovane sotto tutti quei chili di trucco scuro.
«Venticinque». Sorrise impercettibilmente.
Era una bugia, non poteva avere venticinque anni, ne dimostrava quasi dieci di meno.
«Quanti anni hai Candy?». Volevo sapere qualcosa di più su di lei, mi interessava perché l’avevo presa a cuore già dalla notte prima, quando aveva dormito sul mio letto.
«Sei un fottutissimo poliziotto, eh?». Si alzò in piedi di colpo e indietreggiò di qualche passo.
«No Candy, non sono un poliziotto! Sono un attore, non sono un poliziotto!». Tentai di spiegarglielo mentre lei continuava a mettere sempre più distanza tra noi.
«Porca puttana, sei un fottuto poliziotto! Tieniti i tuoi fottuti soldi! Non li voglio!». Tirò fuori dal reggiseno i 100 $ che le avevo dato poco prima e si chiuse la porta alle spalle dopo averla fatta sbattere.
Sbuffai abbandonando la testa sul divanetto e rimasi in quella posizione per quasi dieci minuti.
Indossai il cappello e la sciarpa e uscii velocemente dal locale, guardai l’ora e mi accorsi che erano quasi le due e mezza. La sera prima Candy era uscita dal locale alle tre e mezza circa.
Subito entrai nel pub accanto all’Insomnia e ordinai una birra.
Dovevo solo far passare un’ora e poi, all’uscita di Candy, le avrei spiegato la verità.
Tre birre, quattro Parliament e un’ora dopo uscii dal locale e rimasi davanti alla porta dell’Insomnia con cappello e sciarpa.
Alle quattro, quando ormai avevo perso tutte le speranze, la porta si era aperta ed erano uscite Candy assieme ad altre due ragazze.
«Candy, posso parlarti?». Mi avvicinai e scostai leggermente la sciarpa per farle vedere il mio viso.
«Ancora tu?». Si ritrasse leggermente da me e le altre due ragazze mi guardarono minacciose.
«Si, voglio spiegarti una cosa e voglio darti questi, sono tuoi». Sporsi i 100 $ verso di lei.
Mi guardò con gli occhi sgranati e si girò verso le sue amiche; fece un gesto con il capo e loro si allontanarono lanciandomi sguardi interrogativi.
«Che cosa vuoi?» chiese quasi arrabbiata estraendo dalla borsa una piccola quantità di tabacco; si rollò una sigaretta.
«Io volevo dirti che non sono un poliziotto. Come ti ho detto prima sono un attore e l’unica cosa che volevo era sapere se stavi bene o no». Cercai di spostarmi quando accese la sigaretta e mi accorsi solo in quel momento che era una canna.
«Oh sì, un attore. Famoso immagino» ridacchiò aspirando una nuova boccata di fumo.
«Abbastanza, ma non è questo il punto. Io vorrei aiutarti, ho visto che hai dei problemi con la droga…». Indicai la sua canna e il mio sguardo cadde sulle sue braccia nude e piene di lividi neri dovuti ai buchi per l’eroina.
«Ma la smetti cazzo? Io non ho bisogno di essere aiutata! Sto bene, ho una casa, vivo la mia vita e addirittura ho un lavoro!». Cominciò a camminare urlandomi addosso i suoi pensieri e io la seguii.
«Forse mi sono espresso male, quello che volevo dire è che vorrei aiutarti per il tuo problema con la droga». Mi schiarii la voce riflettendo sulle mie parole.
«Non ho nessun problema con la droga, chiaro? Perché mi faccio una dose ogni tanto non vuol dire che io ne sia dipendente, perché mi faccio una canna per sfogare i miei problemi non vuol dire che io abbia qualche problema. Forse il problema ce l’hai tu. Forse il tuo problema è la tua mania di onnipotenza. Cazzo, chi ti credi di essere? Solo perché hai rifiutato una scopata con me non è che sei l’onnipotente. Sei solo un frocio che fa finta di essermi amico. Tu non mi conosci, tu non sai chi sono. Non ti permettere di dire qualcosa su di me un’altra volta o io ti faccio uccidere, chiaro? Tu non sai nulla della mia vita e non puoi permetterti di dirmi che cosa devo o non devo fare. Porca puttana, sarai solo uno fottuto poliziotto di merda che vuole incastrarmi perché compro eroina da Tony. Fottiti! Fottetevi tutti, d’accordo?». Urlò talmente forte che le mie orecchie fischiarono.
Rimasi immobile davanti a lei aspettando che il suo respiro tornasse normale e si tranquillizzasse.
«Hai finito?». La guardai e parlai quasi ferito.
«Di fare cosa?». Puntò i suoi occhi nei miei e vidi che era di nuovo confusa.
Involontariamente mi aveva chiesto di aiutarla sventolandomi tutti i suoi problemi sotto al naso e sperava che io rimanessi di fronte a lei senza fare nulla?
Stupido sì, ma masochista no.
«Di dirmi tutte le cazzate che ti passano per la mente?». Meglio essere schietti e utilizzare il suo linguaggio.
«Che cazzo dici?». Passò le sue mani tra i capelli nervosamente, come se avesse voluto strapparseli.
«Candy! Ho la roba che mi hai chiesto ieri!». Un ragazzo messicano si avvicinò e le passò una bustina con della polvere bianca dentro.
Eroina.
«Grazie Tony. Questi sono per te». Tirò fuori dalla borsa una manciata di soldi e la diede al ragazzo che la ringraziò con una palpata sul sedere.
Guardai la scena esterrefatto, il ragazzo sembrava non essersi accorto di me e non aveva detto assolutamente nulla di tutte le urla che aveva sentito.
Si allontanò in silenzio, come era arrivato.
«Visto che pensi tutte quelle cose di me tanto vale che mi ridai indietro i miei soldi, se lavori, se hai una casa e non hai un vizio con la droga non ti servono, no?». La presi in contropiede.
Lo capii dall’espressione che aveva assunto quando le avevo riversato contro tutte le stronzate che mi aveva rifilato.
«Io…». Cercava uno stupido appiglio per tenersi i soldi, l’avevo capito.
«Andiamo, sto aspettando». Uno stronzo? Probabile, ma sembrava essere l’unico modo per tenerle testa.
«Te li ridò domani, dobbiamo pagare un idraulico a casa e i soldi della serata li ho spesi per darli a Tony» mormorò, dentro di me il mio cuore perse un battito.
L’avrei rivista anche il giorno dopo?
«Posso fidarmi?». Puntai i miei occhi nei suoi, con le pupille decisamente troppo dilatate a causa della canna che aveva finito una decina di minuti prima.
«Sì. Domani sera vieni all’Insomnia come questa sera. Ti ridarò i tuoi soldi». Annuì convinta.
«Va bene». Finsi che non mi importasse nulla e mi diressi verso il mio albergo.
Almeno avrei avuto la sicurezza che non le sarebbe successo nulla per altre ventiquattro ore.




Salve ragazze!
Intanto grazie mille per tutte le recensioni che avete lasciato! Come ho già detto io non sono sicura di questa storia e le vostre recensioni mi aiutano a capire se esagero o meno!
Spero che non ci sia un calo mostruoso ma che i numeri si mantengano alti!:)
Le risposte alle recensioni ci sono, le ho messe con il metodo nuovo offerto da EFP, le trovate sotto alle vostre recensioni!
Aggiornerò questa storia di VENERDI’, al posto di ‘Like a fairy tale..’ (FF COMICA su attori con Robert Pattinson) che ho terminato venerdì scorso.
Ringrazio preferiti, seguiti, da ricordare, chi legge e chi commenta!
Spero possa esservi piaciuto anche questo!
Un bacio!



   
 
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