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Autore: Banryu    18/11/2010    1 recensioni
Prima classificata nel contest indetto da itachi_love "Wolf's Contest".
Un giorno qualunque, in un inverno rigido, tra le fredde montagne francesi un bambino si allontana troppo dai genitori…
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Questa storia ha partecipato al contest "Wolf's Contest", indetto da itachi_love e black_cherry.

Nick: °Banryu°, Banryu.
Titolo: Oppressive white.
Rating: Verde.
Personaggi: Narcissa Malfoy, Draco Malfoy.
Prompt: Bianco, sciarpa.
Avvertimenti: One-shot.
Introduzione: Un giorno qualunque, in un inverno rigido, tra le fredde montagne francesi un bambino si allontana troppo dai genitori…
Nda: La storia si svolge nel periodo posteriore all’improvvisa scomparsa di Voldemort. E’ un po’ fuori da ogni contesto, ma c’è un motivo per cui ho scelto di non specificare mai il perché questi personaggi si trovano in quel determinato posto in quel determinato momento: la storia ne sarebbe uscita appesantita. Quindi basti sapere che erano lì per una specie di campeggio o qualcosa del genere, a voi l’interpretazione che preferite. Spero vi piaccia comunque.

Bianco. Tutto quello che i suoi occhi riescono a vedere in quel momento è bianco. Bianco il terreno. Bianchi gli alberi. Bianchi i cespugli. Bianco in cielo. Bianchi i fiocchi di neve che, violenti, da esso sferzano diagonalmente l’aria. Bianco il soffice pelo che la ricopre. Tutto è bianco. Ed in tutto quel bianco, solo una cosa risplende: i suoi occhi color ambra.

Essi, dalla cima del dirupo, vagano per la valle sferzata dal vento, avidi. Sono in cerca di qualcosa, qualcosa che necessita di essere trovato al più presto. Così, poco alla volta, le sue zampe si muovono leggere sopra lo strato ormai alto di neve. E’ facile per il suo corpo agile e leggero passare sulla neve fresca senza lasciare traccia, complice il vento che veloce provvede a ricoprire le impercettibili tracce con un nuovo strato di neve.
La lupa bianca percorre veloce il poco spazio che ormai la separa dall’inizio della vallata, il naso all’insù alla ricerca di un odore familiare. Nulla. In quella tormenta ogni odore è sovrastato dalla neve, e ogni colore è annegato dal bianco.
Come può lei, una semplice lupa, sperare di battere la forza della natura in un momento come questo? Non può. Eppure sa che deve sbrigarsi, quello che sta cercando non può certo aspettare.
Così, dopo essersi fermata ai piedi di un’enorme quercia, la sua marcia continua imperterrita. Quest’oggi si combatte per la vita o la morte.
‘Combatte.’ Che parola assurda da usare in un periodo come questo, in cui ogni combattimento sembra lontano, ed ogni arma sembra riposta in un luogo oscuro. I suoi occhi si chiudono, stanchi.
Eppure è questo quello che sta facendo: sta combattendo contro la forza del vento, la veemenza della neve che le si appiccica al pelo ormai fradicio, l’affilatezza di quelle lame di ghiaccio che le trafiggono il muso e le impediscono una visuale completa del paesaggio. Sta sfidando una natura che non sembra incline al perdono, e lo sta facendo per una delle poche cose che le hanno permesso di vivere fino a quel momento.
Gli occhi ambrati vengono riaperti con forza e decisione. Si va avanti! Di certo non si farà sottrarre una cosa così preziosa da della stupida neve! Le zampe si muovono decise ora, gli occhi sono completamente aperti e osservano attentamente tutto quello che la circonda, incuranti del dolore che questo gli provoca.
Adesso sa, se lo sente dentro, che quello che sta cercando deve essere lì vicino: ne avverte la presenza nell’aria fredda. Corre.
Corre perché sente anche che presto potrebbe perdere quel piccolo sentore di vita, quella piccola scintilla di calore che le ha permesso di localizzarlo.
Poi la vede: una piccola bandierina verde in mezzo a tutto quel bianco. Le sue zampe si sono irrazionalmente fermate, i suoi occhi fissi su quella strisciolina che si dibatte nel vento. Adesso è come se tutto fosse immobile, tutto tranne quel piccolo pezzo di stoffa.
Il suo cuore salta un battito. No. Non può essere.
Riprende lentamente la percezione e il controllo del suo corpo. Ricomincia a correre, le zampe bianche che quasi non toccano terra.
Quando finalmente raggiunge il piccolo arbusto a cui la stoffa è impigliata, il suo cuore, ormai stremato, smette quasi di battere. Avvicina lentamente il muso a quella cosa così soffice e delicata, annusandone l’odore familiare. Non ci sono dubbi: è la sua sciarpa. Riconosce anche fin troppo bene quel morbido tessuto verde ornato dalle sue delicate e regolari linee argentate.
I suoi occhi si chiudono ancora una volta, prima che arrivi, possente ed inarrestabile, un forte ululato di dolore. Irrompe nella tormenta come può fare un tuono in una tempesta.
Cessato il rumore, quello che resta, a confronto, può essere definito solo silenzio.

*

Tutto è immobile adesso. La neve ha finalmente cessato di cadere. Ogni cosa sembra come ovattata, ogni suono rimbomba di un rumore sordo. Tutto è come congelato nell’attimo esatto in cui l’ultimo fiocco di neve ha toccato terra.

L’aria è fredda ma ferma, e le montagne sembrano come guardiani che sovrastano una grande valle innevata. Sembra quasi che ogni forma di vita sia scomparsa in quel paesaggio di ghiaccio.
Il sole brilla glaciale nel cielo, ora di un azzurro vivido e puro, come a prendersi gioco di quel posto così diverso a quello di poche ore prima.
Tutto è immobile. Anche il corpo di una lupa bianca disteso tra i tronchi di due alberi caduti per la troppa neve. Il sole è sorto da poco in cielo, dopo un lungo pomeriggio ed un’ancora più lunga notte di tormenta. Ogni speranza è stata abbandonata quando l’ultimo barlume di giorno se n’è andato dietro le alte montagne.
La lupa esce di malavoglia dal suo improvvisato rifugio per la notte. Tutto di quei giorni è sbagliato. Tutto di quella vita è sbagliato. Tutto adesso sembra non avere senso. Sbuffa una nuvoletta di vapore caldo dal naso, che subito si disperde nell’aria. Sente anche fin troppo bene la stretta del suo fallimento stringerle il collo: la piccola sciarpa verde-argento.
Che senso ha, ora come ora, rimettersi a vagare per quelle lande desolate? Che senso ha ricominciare a camminare, una zampa dopo l’altra, su quella distesa innevata? Che senso avrebbe però tornare a casa, per rivedere solo due occhi pieni d’odio e di rancore?
Troppe domande e nessuna risposta. Infatti, non sa perché continua imperterrita a muoversi lì intorno, senza una meta precisa né un pensiero in testa all’infuori di quegli occhi grigi. Si aggira così la lupa bianca, incurante di dove la portino i suoi stessi passi.
Poi, d’un tratto, uno schiocco nel silenzio.
Si blocca. Le orecchie alzate e vigili, pronte a qualsiasi evenienza. Il corpo immobile e gli occhi indagatori che scrutano tutto intorno a sé. Sarebbe strano, molto strano, se dopo una giornata come la precedente tutti gli animaletti della foresta subito fossero usciti dai loro nascondigli. Forse qualche carnivoro della foresta stava cercando il cadavere di qualche animale morto dal freddo? No, non ne percepiva l’odore. Allora cosa?
Altri piccoli rumori lontani, o forse, più che lontani, sembrano provenire da sotto la neve stessa. La lupa bianca muove lentamente la testa verso la direzione da cui provengono, incuriosita. Muove leggera qualche passo, sorpassa un cumulo di neve che doveva essere un cespuglio solo qualche giorno prima, e si ritrova davanti ad una specie di fossetta nella neve. E’ strana perché è in contrasto con tutti quei profili tondeggianti tipici di un paesaggio innevato.
Così avvicina lentamente il muso a quella strana piccola fossa, annusa. Nulla. Nessun odore sospetto né altro. Tira di nuovo su la testa, delusa, quando la fossetta ha un piccolo sussulto e si allarga. La lupa resta ferma, osservandola attentamente. Si accorge che ora è come se ci fosse un qualcosa che da sotto prova a smuovere la neve.
Che sia un animale? Possibile. Con tutta la neve che è caduta in quelle poche ore, alcuni animali non avranno fatto in tempo a tappare completamente l’entrata delle loro tane. Sbuffa un’altra nuvoletta di vapore. Niente di interessante alla fine, ma decide comunque di aiutare quel povero animale che tentava disperatamente di uscire. Forse la tristezza ingentilisce l’animo? No, lo indebolisce, al massimo.
Da un’altra occhiata alla fossetta, sempre più grande e pronunciata, e comincia a scavare con le zampe anteriori. Colpi sicuri e precisi. La neve viene lanciata a poca distanza da lei. Le orecchie fini della lupa avvertono che l’animale che tentava di uscire dall’altra parte ha smesso di scavare. ‘Meglio per lui, potrei anche potargli una zam…’. Ma i suoi pensieri vengono interrotti dalla vista di alcuni rami intrecciati a regola d’arte. Vede quell’intrico marrone su cui la neve posava placida come da ogni altra parte, e poi lo avverte: un odore forte ed improvviso. Un odore che mai potrebbe confondere con altri. Il movimento delle sue zampe si fa più insistente.
Ora l’intento principale non è togliere la neve, ma spezzare quei rami che la separano da quella piccola scintilla di vita che avverte sotto di essi. Così con le unghie e con i denti strappa e lacera ogni cosa. Ogni cosa finché non ha tutto chiaro davanti agli occhi: quell’intrico di rami secchi, sicuramente il resto di una tana di qualche animale, ha tenuto la neve lontana da un piccolo riquadro di terreno, mantenendolo al caldo dal violento vento e dalle assurde temperature esterne. L’ha tenuto al caldo quanto basta perché una piccola creatura, sola ed indifesa, potesse sopravvivere per qualche ora al tempo esterno.
Ed ora quella piccola creatura è lì, davanti a lei, tutta rannicchiata su se stessa ma ancora capace di guardarla con quegli occhi grigi, ancora capace di guardarsi intorno e di mettersi a piangere. E’ ancora capace di tutto questo. E’ viva.
Il cuore della lupa riprende finalmente a battere, a battere per vivere e non semplicemente per sopravvivere. Leva un attimo il muso al cielo, giusto il tempo di ringraziare quel benedetto animale che, lasciando la sua tana, aveva regalato un rifugio protetto e sicuro ad una delle sue poche ragioni di vita, proteggendola dal freddo come si protegge un fiore raro. Poi, con gli occhi ambrati velati da una patina umida, muove le zampe verso la creatura piangente. La raggiunge e la circonda col corpo. Subito questa si calma, sorpresa e grata di quella soffice pelliccia calda che ora la circonda. Ma questo non sembra bastare, perché pochi attimi dopo ecco che il lamento ricomincia, più forte di prima.
E’ un attimo. Un battito di ciglia e subito due calde braccia avvolgono il corpicino del bambino di appena 3 anni. Ondulati capelli biondi gli sfiorano il viso arrossato dal freddo, candide mani gli tolgono teneramente le lacrime dagli occhi, spostando leggere i chiarissimi capelli dal viso, e gli sistemano la sciarpa perduta attorno all’esile collo.
M-Mamma…” Dice una vocina sottile, gli occhioni grigi puntati in quelli azzurri di lei. Delle morbide labbra gli si posano sulla fronte. “Sono qui, piccolo mio. Sono qui”. E’ tutto quello che riesce a dire prima che gli occhi le si velino di lacrime.
Lo stringe forte a se, come forse non aveva mai fatto prima di allora. Sembrano passare attimi interminabili.
“Mamma… Ho freddo… E fame…” Bisbiglia il bambino contro i suoi capelli. Allora lei lo allontana un poco, si asciuga le lacrime con un lembo di sciarpa e sorride.
“Certo. Ora torniamo a casa, Draco.” Gli sussurra piano, prima di uscire dalla fossa per riprendere la strada che l’ha condotta lì, in quel luogo benedetto e maledetto insieme.

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Già che ci sono metto qui il commento fattomi mooooolto gentilmente da itachi_love, che ringrazio tantissimo [*___* --> Adoro il banner! xD] (continuo a dire che però è comunque troppo buona! >.>):

Originalità 10/10 = non ho nulla da ridire sull'originalità di questa storia. Non ho mai letto una fiction del genere, e non penso se ne trovino molte in giro. Non è banale e scontata, ma è davvero innovativa. Complimenti!

Attinenza alla traccia 5/5 = niente da dire. Tutto perfetto. La lupa bianca è la protagonista della storia. Meglio di così non si poteva fare.
Attinenza a immagine, colore e oggetto 3/3 = hai usato perfettamente tutti e tre glie elementi. Il bianco è il punto forte della storia, non solo la lupa è bianca, ma anche tutto il resto del paesaggio e l'atmosfera della storia. Il titolo è azzeccatissimo in questo contesto. La sciarpa è apparsa poco, ma il giusto per la storia, altrimenti sarebbe stato troppo “presente” e avrebbe un po' rovinato l'atmosfera che si era andata a creare. E l'immagine l'hai seguita perfettamente, descrivendola anche molto bene.
Correttezza grammaticale 9/10 = non ho trovato errori. Tutto perfetto. L'unica cosa che non mi convince sono alcune frasi, ma nulla di grave.
Caratterizzazione dei personaggi 10/10 = Draco non è descritto molto, ma comunque per me è OOC, perché credo che qualunque bambino si sarebbe comportato così. E poi non sappiamo come fosse da piccolo, ma questa tua, seppur piccola, descrizione, mi è sembrata molto appropriata. Riguardo a Narcissa, non ho assolutamente nulla da ridire. È come nel libro, determinata e che non si arrende mai, soprattutto se si tratta di suo figlio. Mi è piaciuto molto il modo in cui hai descritto il suo carattere e il suo comportamento, che per me è risultato perfettamente identico alla vera Narcissa. Brava!
Giudizio personale 2/2 = questa storia mi è piaciuta davvero tantissimo. Vedere la determinazione di una madre, in una situazione del genere e con un'atmosfera tale, mi ha fatto impazzire. Mi piace il modo in cui descrivi le emozioni dei personaggi e lo sviluppo della trama. Davvero, ti devo fare i miei complimenti! Bravissima!

TOTALE 39/40
  
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