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Autore: kymyit    20/11/2010    2 recensioni
Quando Shinichi Kudo morì, l'ultima persona al mondo che sarebbe potuta andare alla sua tomba vi si recò. Ma Vermouth non sarà sola.
[Fic creata per il MIB contest di Roe.]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Silenzioso Addio


L'autostrada proseguiva interminabile per chissà quanti chilometri ancora, immersa nella nebbia appena rischiarata dalle prime luci dell'alba.
Era tutto così strano…
Tutto così vuoto intorno a lei, che quasi la metteva in ansia.
Accese la radio per distrarsi un poco, per cercare di pensare solo alle canzoni e alle parole pronunciate dai presentatori radiofonici. Le piaceva ascoltare le persone. Osservarle, scrutare le loro anime attraverso i loro più piccoli gesti, scorgere i loro punti deboli e trarle in fallo.
Era sempre stata una sua peculiare abilità. Inoltre, lavorando in incognito, era libera di studiare le persone come meglio credeva, entrando nelle loro vite, vivisezionando le loro esistenze, lasciando magari un segno profondo e scomparendo nel nulla, senza lasciare traccia alcuna.
Invece, un bel giorno...
"Mi sto di nuovo perdendo in futili melanconie..." pensò, cercando una stazione radio che trasmettesse qualcosa di più divagante. Alle prime ore del mattino era poco probabile trovare qualcosa di decente. Forse sintonizzandosi sulle frequenze dei camionisti...
Beh, non aveva certo tempo per intercettare quelle trasmissioni, perciò lasciò perdere e tornò a concentrarsi sull’asfalto davanti a sé.
"Ormai manca poco." pensò.
E sorse il sole che fu subito celato dalle nubi, soffocato dal grigiore dell'imminente temporale estivo. Il cielo fu presto squarciato dalle folgori e la pioggia si abbatté sulla terra.
Piangeva il cielo, come l'esistenza pericolosa di quella donna, la quale provava felicità solo nei brevi attimi adrenalinici delle missioni.
Poi, quando era sola e non aveva nulla di meglio da fare se non guardare alla sua vita davanti ad una tazza di caffè, il grigiore della solitudine e il tedio della paura la soffocavano come rovi, penetrando con le loro spine nella sua anima.
Perché Vermouth era una pericolosa criminale, ma era anche e soprattutto un essere umano. Abile nell’indossare una maschera e confondere persino se stessa. Capace di alzarsi la mattina, osservare nello specchio il viso di una persona ignota e dire -Sono io.- soffocando ogni incertezza in un angolo remoto della mente.

Arrivò, finalmente.
Un fulmine cadde proprio su una delle picche di ferro del cancello, come a dare il segnale d'inizio. Ad annunciare a quelle lapidi marmoree e fredde l’arrivo di un’ospite speciale, giunta da lontano per ringraziarlo.
Raccolse i fiori che aveva adagiato sul sedile posteriore dell'auto e ravvivò la composizione.
Rose bianche e rose nere.
Candide come il cuore di un certo ragazzo che non era riuscita a proteggere e cupe come il baratro che la inghiottiva sempre più.
Percorse il vialetto che conduceva a quella tomba, perché sapeva per certo dov’era. Lei c’era al suo funerale, nascosta fra la folla in lutto. La pioggia rendeva difficoltoso il tratto di strada, scorrendo fra i ciottoli del selciato e Vermouth dovette camminare a passo lento per evitare di scivolare, dato che portava scarpe a tacco alto. Non si aspettava certo un acquazzone quel giorno. Proprio lei, previdente e scaltra donna qual era.
Ma erano cambiate tante cose.
Aveva ripreso a sperare, per esempio.
Girò l’angolo.
I cimiteri giapponesi erano bizzarri, fitti di listelli di legno e fredde lapidi squadrate. Con quell’aria pesante, con quel cielo bigio, con quella luce fioca e quasi impercettibile, le sembrava di camminare in un quadro irreale intitolato La Foresta della Morte i cui alberi scheletrici erano preghiere incise in listelli e i toni cinerei dominavano nella composizione. Ad ogni passo malfermo udiva il rintocco di una campana funebre nell’aria e il vuoto la risucchiava.
Era davvero una pessima sensazione e più si avvicinava a quella lapide (perché oramai la vedeva, lontana) più il cuore le si stringeva.
Sospirò, fermandosi e stringendo al petto il mazzo di fiori.
C’era qualcuno.
“Chi altri sarà venuto sotto questa pioggia?” si chiese “Ran Mouri?”
Non era Ran.


Heiji Hattori starnutì.
Era riuscito a giungere a Beika alle prime luci dell’alba e aveva trovato la tristezza ad attenderlo. Pioveva e il cielo rombava, squarciato dai fulmini. Sembrava che quel deprimente tempo dovesse durare per chissà quanto, forse giorni e giorni, anche settimane e mesi… per quanto lo riguardava, dal giorno in cui Shinichi Kudou era stato ucciso, ogni giorno era indistinguibile da quello precedente. Rideva e scherzava con Kazuha, l’amava e stava bene con lei... cercava di andare avanti, di dare a Shinichi il giusto spazio ogni giorno, nei suoi ricordi, quando, chiudendosi in camera, osservava quella foto sulla sua scrivania. Allora ci parlava, così, denocciolandogli le sue deduzioni sul caso di turno, ma non era facile sopportare l’idea di non ricevere risposta da quel viso ritratto oltre la cornice. Non era semplice chiudere gli occhi e scacciare il suo pensiero dalla mente, conscio del fatto che sarebbe tornato la notte successiva e che ogni istante da lì in avanti sarebbe rimasto celato nel suo subconscio, pronto a saltare fuori ed esclamare –Stai ridendo Heiji? Ricordi quando ci divertivamo insieme durante le partite di baseball? Peccato che io sia morto.-
E pensava “Com’è potuto succedere? Non avevi detto di aver preso tutte le precauzioni?”
Starnutì ancora e osservò meglio la marmorea pietra tombale, sorridendo appena.
-Sono venuto a portarti una cosa.- disse serio, levando da sotto la giacca un foglio plastificato e dalla borsa sportiva che aveva con sé un martello e un chiodo.
Velocemente, incurante di ciò che altri avrebbero potuto pensare, affisse quel foglio sulla stele commemorativa.
-E’ una promessa.- pronunciò solenne.
How is a crow like a writing desk?
Vermouth lasciò il suo nascondiglio dietro un albero e si portò lentamente e in silenzio alle spalle del giovane. Lesse quelle parole come cantando una litania, con la sua voce melliflua e sibillina.
- Che differenza c’è tra un corvo e una scrivania?- pronunciarono le sue labbra rosse come il fuoco.
Heiji si voltò di scatto, sorpreso, ma non comprese chi aveva innanzi, non subito.
Poi rammentò la descrizione che di lei gli aveva dato Shinichi tempo prima e si mise sulla difensiva, senza tuttavia comprendere il perché lei si trovasse proprio là, davanti a ciò che restava di Shinichi Kudou.
Sharon non fece null’altro che superarlo senza proferire parola, con gli occhi fissi davanti a sé. Con cura dispose il mazzo di fiori fra gli incensi ormai spenti e si rialzò. Rimase in silenzio, forse parlando anche lei col giovane Kudou. Forse… perché lei non credeva. Non c’era nessuno lassù, se lo ripeteva sempre.
Se Dio è così crudele con le sue creature, allora non esiste.
Gli angeli in tutto il loro splendore, per quanto le piacessero, non esistevano.
E si meravigliava di essere così sentimentale da parlare con una stupida pietra, ma era un modo come un altro per sentirsi meglio e lavare la coscienza, chiedere perdono, insomma.
-Ho provato…- disse solo, rivolta anche a Heiji, senza però guardarlo in volto, scrutando minuziosamente la stele e null’altro –A intercedere per lui.- scosse la testa –Non ho potuto fare nulla per ripagarlo.-
Il detective di Osaka la afferrò impulsivamente per la giacca scura e la scosse con forza –Non mentire!- urlò.
Lasciò cadere il suo ombrello azzurro che rotolò sul selciato fradicio, trasportato dal vento lontano da lui. E ancora cadevano i fulmini e rombavano i tuoni e il cielo era sempre più plumbeo.
Le due figure rimasero ferme, immobili. Per interminabili minuti si fissarono, faccia a faccia. Una carica di rabbia, l’altra compunta ma dal viso indecifrabile e in apparenza freddo.
Solo gli occhi parlavano di Vermouth e solo in quell’occasione.
Heiji la lasciò andare d’improvviso, quasi facendole perdere l’equilibrio e tornò a concentrarsi sulla lastra di marmo.
-Era una pazzia, lo sapevo... – disse, rivolto più a se stesso che all’interlocutrice –Ma non mi sono mai permesso di dirglielo. Volevo indietro Shinichi e così facendo ho lasciato che lo uccidessero. Che precipitasse inesorabilmente nel baratro.-
Sharon ebbe un brivido a quell’ultima frase.
Si vedeva volteggiare nel buio, avvolta dall’oscurità, inseguendo quella luce birichina che le sfuggiva zampettando via dalle sue mani ogni volta che era lì per lì per acciuffarla.
Che differenza c’è fra un corvo e una scrivania?
Nessuna.
Come le scrivanie sono comune mobilia, loro erano comuni e innocui esseri umani, ma come i corvi avevano un manto nero di piume impregnate del sangue dei cadaveri di cui si nutrivano. Volavano al di sopra di tutti e si confondevano con facilità fra la gente.
-Ho lasciato che inseguisse la speranza di tornare adulto, senza accorgermi che, a ogni nuova scoperta, il cappio sul suo collo si stringeva. E ora? Ora cosa mi resta?-
Vermouth raccolse l’ombrello di Heiji, fermatosi poco più in là, e glielo porse in silenzio. Diede un ultimo sguardo alla lapide e a quei fiori.
Il bianco del silenzio.
Il nero dell’addio.
Fece per andarsene, ma camminò piano.
Hattori le diceva qualcosa, alle spalle. La odiava. Li odiava tutti. Si sfogava e ne aveva tutta la ragione. Ma lei che poteva farci se aveva fallito nella sua intercessione? Forse in realtà la sua influenza su quell’uomo era agli sgoccioli? Si era forse stancato di lei? Forse l’avrebbe trascinata ancora più in basso in quella voragine che era la sua vita e avrebbe finito col toglierle anche quell’ultimo barlume di luce, freddandola nello squallore? Avrebbe allora appurato sei Dio o gli angeli esistessero davvero, ma sarebbe stata solo un’ulteriore delusione.
Perché non avrebbe mai aperto le porte del cielo con quelle mani sporche di sangue.
Di quel sangue.
-Vuoi davvero seguire le orme del Bianconiglio, ragazzo?-
Lui inarcò il sopracciglio. Aveva ben inteso che il coniglio in questione era Shinichi Kudou e che ora era lui Alice. E per vendetta o regalo d’addio, beh, non lo sapeva di preciso… forse il solo gettarsi nelle fauci del nemico e riuscire dove LUI aveva fallito… insomma, c’erano tanti motivi. Ma quando si voltò verso di lei per rispondere, le parole gli morirono in gola.
La fredda canna di una pistola premeva sulla sua fronte.
Non aveva percepito i movimenti della donna, che era tornata indietro a passo felpato, per finire il lavoro in nome dell’organizzazione.
Ma lei temporeggiò e ripose quella domanda.
-Vuoi davvero seguire le orme del Bianconiglio, ragazzo?-
Il detective di Osaka deglutì e si sforzò di replicare -Porterò tutto alla luce e allora la sua morte avrà un senso.-
-Vuoi davvero morire, ragazzo?- chiese ancora lei, melliflua e imperscrutabile.
E Heiji rimase ancora a corto di voce, perché accadde tutto all’improvviso.
Non fu un tuono quello a scuotere l’aria. Fu il sordo rumore di uno sparo.
E non era pioggia quella che cadeva sui suoi abiti. Era sangue. Il suo sangue.
Solo dopo una manciata di secondi si riscosse e si rese conto d’essere ancora vivo.
Scorse le dita tremanti sulla guancia ferita di striscio, con gli occhi ancora sbarrati, rivolti verso di lei che gli dava nuovamente le spalle e andava via.
Le sue labbra scarlatte s’incresparono in un lieve sorriso. Hattori non era come LUI, ma era ciò che l’era rimasto.
Un altro proiettile d’argento, un’altra Alice, un’altra luce alla quale aggrapparsi pur rimanendo nell’ombra.
Non sapeva per certo se Heiji riuscisse a sentirla, ma lo disse comunque.

-Lui, Quella Persona, si fa chiamare…-


Fine.





Questa fiction è stata scritta per il MIB Contest organizzato da Roe, classificandosi 3a su 4.
Spero vi sia piaciuta.

NOTE: l'indovinello è tratto da Alice nel Paese delle Meraviglie, anche se la risposta da me data non è ovviamente né quella data dall'autore, né quella dell'adattamento italiano. Poi... dato che seguo Detective Conan sporadicamente, non sono aggiornata su spoiler ecc e mi sono informata bene su wikipedia, perciò, se scorgete incongruenze, non ne abbiatene a male. Le rose bianche rappresentano il silenzio oltre alla purezza e quelle nere gli addii.

Il voto ricevuto è stato: 97/100
MIB scelto: Vermouth
Personaggio non MIB scelto: Heiji Hattori.
   
 
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