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Autore: clarisse    20/11/2010    5 recensioni
Isabella Marie Swan ha vent’anni.
E’ nata e cresciuta a Forks, una piccola cittadina dello stato di Washington.
Una vita all’insegna della semplicità insieme al suo fidanzato storico, la sua famiglia e gli amici di sempre era ciò che segnava il destino di Isabella, ma la vita come sappiamo è imprevedibile, e la vincita di un concorso universitario che la porterà a trasferirsi nell’Upper West Side di Manhattan, per frequentare la Columbia University, sarà la svolta decisiva per la nascita di avvenimenti che cambieranno e segneranno la vita della ragazza per sempre.
Tra questi, una notte d’amore passata con un giovane affascinante, sarà l’avvenimento chiave che stravolgerà la vita di Isabella.
Non saltate a conclusioni, niente è come sembra.
Sono tutti umani.
Bonne Lecture !
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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“ Mio Dio, Angela, sono a New York!” Esclamai estasiata, poggiando le spalle al muro e scendendo lentamente verso il basso.
Ignorai i brividi di freddo dovuti al contatto con la mia pelle scoperta e il pavimento, perché attraverso le sbarre del mio balcone fissavo meravigliata il panorama che questo mi regalava.
Sono orgogliosa di te Bella, sul serio. Mi manchi, ma non potrei essere più felice p-p-er t-te.” Angela stava piangendo. Sorrisi, triste, stringendo più forte il cellulare.
“ Non fare così, mi manchi anche tu e non immagini quanto, ma non potevo perdere questa grande opportunità. Insomma, ci credi? Ho vent’anni, ho vinto un concorso, sono stata trasferita alla Columbia University, abito nell’Upper West Side, e l’unica cosa di cui devo preoccuparmi è l’affitto dell’appartamento, che tra l’altro non è male!” Non potei trattenermi dall’emettere un piccolo grido di felicità.
Lo so, lo so! E non vedo l’ora di vederti a tuo agio nella tua nuova vita, perché non ti abbandonerò facilmente, sai? La mia visita è imminente, Swan, perciò sbrigati a dimostrare a questi provinciali abitanti di Forks che puoi farcela, hai tutte le carte per sfondare.” Restai in silenzio per qualche minuto.
La mia migliore amica non poteva capire quanto mi facessero stare bene le sue parole, quanto mi facessero convincere che la mia era stata una scelta giusta.
“ Lo credi davvero?!” Domandai dopo un po’, bloccando le lacrime sul nascere.
Certo, piccola insicura che non sei altro… Ah, è arrivato Ben. Ti saluta. Ti vogliamo bene, scricciolo. A domani.”
“ Ve ne voglio anche io.” Risposi, chiudendo la telefonata.
Angela e Ben erano orgogliosi di me, i miei professori – che tanto avevano creduto in me e mi avevano aiutato ad arrivare qui. – erano orgogliosi di me, e per il momento poteva bastarmi.
Non dovevo pensare alle critiche dei miei genitori, che erano fermamente convinti che a vent’anni anni fossi troppo piccola e immatura per vivere da sola e costruirmi un futuro. Non dovevo pensare nemmeno allo sguardo deluso del mio fidanzato del liceo, Jacob, dei suoi genitori, e di quelli che un tempo avevo chiamato ‘amici’.
Avevo provato a farli ragionare, avevo persino chiesto a Jacob di seguirmi, ma in un piccolo paesino come il mio, quale grande mentalità potevo aspettarmi?
Mi avevano chiamata egoista, illusa e sognatrice, ma gli avrei dimostrato che potevo farcela.
Perciò, bloccai nuovamente le lacrime che lottavano contro di me per uscire, mi alzai di scatto e inspirai forte per imprimere in me quell’odore che tra poco avrei collegato alla parola ‘casa’.
Sentii bussare alla porta, così in fretta richiusi la porta del balconcino e feci di corsa i pochi metri che mi distanziavano dal minuscolo ingresso. Era un appartamento abbastanza piccolo, ma per me che vivevo da sola per la prima volta bastava eccome. Aprii la porta senza nemmeno controllare chi fosse dallo spioncino, sicura di ritrovarmi di fronte la cordiale e dolce portinaia del palazzo.
Davanti a me, invece, faceva bella mostra di sé un nerboruto ragazzo con un sorriso così ampio e un aria così buffa che non potei fare a meno che ricambiare il suo sorriso.
“ Piacere, nuova vicina! Io sono il tuo vicino Emmett McCarty, ma tu chiamami Emmett!” Fece, accompagnando il tutto con un occhiolino. Scoppiai a ridere, senza potermi fermare. Temetti di averlo offeso, ma all’improvviso anche lui proruppe in una tonante risata.
“ Io sono Isabella Swan, ma tu chiamami Bella. Tanto piacere di conoscerti Emmett.”
Gli porsi la mano, che lui strinse prontamente.
Mi accorsi che con l’altra teneva un piatto fumante di biscotti con scaglie di cioccolato, così, anche se titubante lo invitai ad entrare.
D’altronde era il mio vicino, e io non conoscevo nessuno qui. Il suo sorriso mi parve sincero, contornato da quelle fossette e quegli occhi che gli davano una dolcissima aria da bambino.
Quando poi con un scatto fulmineo mi salvò da una delle mie drastiche cadute, per via di uno dei tanti scatoloni – lo facevano apposta, maledetti! – , riuscendo a salvare persino i biscotti, capii che saremmo diventati ottimi amici.

§


“ Ti capisco, sai? I miei avrebbero voluto che diventassi un medico, un architetto, avrebbero preferito addirittura che restassi disoccupato e vivessi con loro per sempre, credo, ma non che studiassi per diventare un cuoco. Insomma, ho una bella casa, conduco una vita modesta, ma a loro non basta. Per loro i corsi di cucina che ho seguito sono stati inutili, inutili quanto il mio lavoro. Mio padre è un ricco avvocato, mia madre una ricca archeologa, e io sono il figlio ingrato.” Guardai Emmett, e capii che anche lui si stava specchiando nei miei occhi. Non so come e né perché eravamo arrivati a parlare nei dettagli più intimi dei perché che ci avevano spinti a fuggire.
Emmett era un ragazzone così buono, e mi ispirava così tanta fiducia che la mia timidezza e la mia riservatezza si erano inspiegabilmente dissolte.
Forse stavo sbagliando, ma per il momento la felicità mista alla malinconia di aver trovato qualcuno che mi capisse e con cui sapevo di potermi sfogare – come lui mi aveva detto di dover assolutamente fare ogni qualvolta ne avessi avuto bisogno. – mi aveva convinta ad aprirmi con questo gentile e cordiale vicino.
“ Sei felice, Emmett?” Gli chiesi, dopo un po’.
“ Sì… Vivo qui da un anno e sto bene. Sono giovane e felice. Se non ci fosse stato Jasper – che ti farò conoscere molto presto – sarei stato solo, sì, ma comunque felice. Mi sento realizzato, Bella, per la prima volta in ventiquattro anni. Il ristorante che ho aperto pagandolo solo di mia tasca per loro è un fallimento. Non sarà famosissimo, ma io lo adoro Bella, e va tutto a gonfie vele per il momento. ”
Gli sorrisi.
“ E allora vedrai che anche i tuoi ti capiranno, prima o poi. Io so che per te e per me sarà così. La vita è la nostra, i sogni sono nostri, e non dobbiamo permettere che qualcuno li infanghi o ci convinca che sono inutili. Una volta, un giovane e pazzo sognatore diceva che non dobbiamo mai dire che i nostri sogni sono inutili perché la vera cosa inutile è la vita di chi non sa sognare.”
“ Jim Morrison?” Chiese, sorridendo.
“ Amo il Re Lucertola.” Gli risposi, mentre alzando la mia tazza di cioccolata calda gli proposi un brindisi. “ Alla nostra nuova vita qui.”
“ Che possa realizzare tutti i nostri inutili sogni riservandoci tante sorprese, Bellina.” Continuò, facendo scontrare la sua tazza con la mia.
Mi sorrise cordiale, poi fissò l’orologio e fece una strana smorfia. Era davvero tardi.
“ Devo andare. E’ stato davvero un piacere, piccola Bella.”
“ Anche per me Emmett.” Lo accompagnai all’ingresso, ci augurammo la buona notte, ma prima che richiudessi la porta mi fermò.
“ Domani nel pomeriggio il ristorante sarà chiuso per dei piccoli lavoretti di routine. Quindi… Che ne dici se io e Jasper ti facessimo fare una visita turistica dei luoghi più belli che conosciamo? E poi, cena nel mio tesoro. Non credevi mica di poter sfuggire alla cucina di gran classe del mitico Chef Emmett?!” Inevitabilmente gli sorrisi – non potevo fare altro! –, annuendo. I corsi sarebbero iniziati tra due settimane, e io non ero forse partita prima per ambientarmi un po’?
“ Grandioso! Buonanotte Bellina!”
“ Buonanotte!” Risposi, chiudendo finalmente la porta.
Emmett era stato di sicuro mandato da qualcuno lassù che mi voleva un gran bene, altrimenti non riuscivo a spiegarmelo.
Con questi pensieri raggiunsi la camera da letto e mi abbandonai sul letto, sfinita ma con un barlume di speranza a scaldarmi il cuore.


~ • ~



SPOILER:
“ Sì, beh… Ero con degli amici, e poi sono arrivate delle ragazze molto belle… E ora credo di essere un po’ brilla! O forse lo sono taaaaanto!” Esclamai, sicura di star urlando come una bambina sorpresa a fare qualcosa che gli era stato vietato. Nonostante tutto non mi importava, mi sentivo libera e leggera come non mi ero sentita mai. Ero a New York, ero giovane, carina, e mi stavo divertendo.
Cosa c’era di sbagliato, dopotutto?!
Il tipo affascinante mi sorrise, abbagliandomi. Non sapevo come definire quel sorriso, ma sapevo che doveva avere un nome preciso, particolare, perché era unico e di questo ne ero certa.
“ Ma tu ce l’hai un nome, bello?!” Un momento, l’avevo appena chiamato bello?!
“ Tu sei tanto, tanto ubriaca… E io non dovrei parlare con delle bellissime ragazze ubriache.” Sorrise di nuovo, questa volta anche con gli occhi.
“ E allora facciamo finta che io sia sobria.” Proposi, speranzosa, mentre spostava una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio. Fissai ammaliata quel ragazzo, incapace di emettere qualsiasi suono, ma sicura che stessi per fare la più grande cazzata di tutta la mia vita, di cui ero sicura che mi sarei pentita, una volta tornata lucida.


Okay, sinceramente?
Non aspettatevi grandi cose, è una semplice storia senza colpi di scena mirabolanti. Amore, amicizia. Ecco di cosa parla la mia ff.
Spero sia almeno leggibile.
Clarisse.
  
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