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Autore: sonyx1992    21/11/2010    1 recensioni
One-shot sulla guerra, in particolare sulla prima guerra mondiale, raccontata dal punto di vista di un soldato.
"Siamo stanchi, affaticati, ricoperti di terra, sporchi, ammassati nelle trincee, in attesa di un comando. Del terribile comando di assalto. Il vero soldato, obbediente e valoroso, non aspetta altro che quel terribile momento, fonte allo stesso tempo di gloria o libertà: se cadi, muori, sei finalmente libero da questo orrore, puoi scappare, puoi smettere finalmente di combattere; se vinci, se uccidi, ma, soprattutto, se sopravvivi, guadagni quel minimo di gloria che può renderti orgoglioso e fiero per un poco di tempo.
A pensarci, preferisco la prima possibilità."
"O loro, o io.
E alla fine ho vinto io."
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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La vita in guerra non è come l'avevo immaginata

La vita in guerra non è come l'ho sempre immaginata.

Certo, non posso pretendere di avere una visione completamente diversa dalla realtà, ma nessuno ci ha mai detto che saremmo divenuti degli assassini a sangue freddo.

Siamo stanchi, affaticati, ricoperti di terra, sporchi, ammassati nelle trincee, in attesa di un comando. Del terribile comando di assalto.

Il vero soldato, obbediente e valoroso, non aspetta altro che quel terribile momento, fonte allo stesso tempo di gloria o libertà: se cadi, muori, sei finalmente libero da questo orrore, puoi scappare, puoi smettere finalmente di combattere; se vinci, se uccidi, ma, soprattutto, se sopravvivi, guadagni quel minimo di gloria che può renderti orgoglioso e fiero per un poco di tempo.

A pensarci, preferisco la prima possibilità.

Tengo stretto il fucile tra le mie mani tremanti, seduto con la schiena appoggiata contro il muro della trincea, nervoso, agitato, spaventato.

Cerco di rendere la mia mente immune ad ogni sentimento, cosicché io possa uccidere senza rimorsi.

I compagni al mio fianco condividono il mio stesso umore.

L'uomo seduto alla mia destra respira affannosamente, stanco e spaventato da tutto quel massacro; appoggia la testa al muro di terra dietro di noi, l'elmetto colorato di terra e sangue. Chiude gli occhi, forse pregando un qualche Dio di salvarlo. O di ucciderlo.

Sembra più o meno la stessa cosa, ormai.

Poco più in là scorgo un ragazzino di a malapena 18 anni. La stretta sul fucile è insicura ed inesperta e gli occhi terrorizzati.

Cosa ci aspetterà oltre quella trincea? La morte. La libertà.

Si inizia. Il comandante lancia il segnale d'attacco. È il momento dell'assalto.

Prendo un forte respiro e mi alzo in piedi velocemente, imitato dai miei commilitoni.

Scavalchiamo il muro di terra e ci lanciamo verso il nulla.

I nemici sono invisibili, non si vedono. Sono nascosti dalla nebbia, dalla polvere; per questo puntiamo un punto a caso, sperando che siano lì. E non ci sbagliamo.

Pochi secondi ed il primo di noi già cade a terra, colpito dagli spari. Ma non c'è tempo per fermarsi e soccorrerlo, rischieremmo solo di farci colpire anche noi.

Continuiamo, ignorando il nostro compagno appena caduto; provo invidia nei suoi confronti: lui è stato il primo ad aver trovato la libertà, la salvezza.

Una granata mi esplode davanti agli occhi, lanciando in aria terra e detriti. Mi riparo il volto con le braccia, per evitare che la polvere mi arrivi negli occhi o nella bocca, poiché ciò provocherebbe solo la mia immediata fine.

Alla mia destra, il soldato che era seduto accanto a me nella trincea, viene scaraventato a terra dall'esplosione. Distolgo immediatamente lo sguardo quando lo vedo portarsi la mano destra alla spalla sinistra, rimasta senza braccio. Il sangue gli esce a fiotti e lui si contorce, il fucile abbandonato a terra.

È questa la fine che ci aspetta? Morire per salvarci?

Continuo la mia avanzata.

Dietro ad una nuvola di polvere scorgo dei soldati che non sembrano appartenere al mio esercito. Senza pensarci punto il fucile verso di loro. Pochi secondi di attesa e faccio partire un colpo.

Potrebbero essere dei miei compagni, potrei sbagliarmi, ma non posso avere il lusso di fermarmi e verificare i miei dubbi.

Uno viene colpito dal mio colpo e con un gemito cade all'indietro e rimane inerme a terra.

Continuo a sparare verso gli altri, cercando di non pensare che anche loro sono come me: uomini terrorizzati e angosciati.

Quando il fucile si scarica lo getto a terra e mi lancio verso il nemico. Estraggo una mazza con le punte all'estremità: una di quelle armi antiche e medievali ripescate per l'occasione di questa sporca ed insulsa guerra.

Dei colpi di fucile partono verso di me, ma prima che mi colpiscono faccio in tempo a raggiungere un mio nemico.

Questo è il tipo di assalto peggiore: quello in cui devi guardare la tua vittima da vicino, lo devi puntare negli occhi per ucciderlo, devi avvicinarti a lui.

Alzo la mazza in aria ed urlando l'abbasso su di lui.

Si difende con le braccia, terrorizzato e spaesato, gli occhi che mi fissano per pietà.

Ma la pietà non è ammessa in guerra. O loro, o io.

La mazza lo colpisce sull'elmetto e le punte di metallo lo perforano.

Cade a terra senza vita come se fosse una bambola di pezza.

Provo a scaraventarmi verso un altro ma non faccio in tempo. Il mio corpo viene perforato da un mucchio di pallottole; una di queste mi colpisce il braccio destro e mi fa perdere la mia arma.

Ora sono completamente indifeso.

Uno dei miei assalitori viene colpito da dei fucili del mio esercito. Ma è troppo tardi.

Cado a terra stremato e i miei occhi fissano con odio il mio salvatore: riconosco i suoi tremanti e fragili movimenti nel giovane di 18 anni che ho visto nella trincea.

Non lo ringrazio, non ne ha il diritto: lui ha tentato di rinnegare la mia unica uscita di salvezza, ha tentato di riportarmi in quella orribile trincea.

Per fortuna non ha fatto in tempo.

La vista mi si appanna, mentre miliardi di fitte di dolore partono da tutto il mio corpo. Neanche ho la forza di urlare, di gemere. Ho solo voglia di stare sdraiato qui, su questa terra fredda e macchiata di sangue, mentre gli altri mi pestano con i loro piedi, mi passano sopra senza vedermi.

Il giovane cade a terra sotto gli spari nemici. Anche lui è stato salvato, anche la sua giovane vita.

Alcuni di noi, finalmente, sono liberi.

E come mio ultimo desiderio prego perché anche gli altri lo siano.

Scorgo, in modo confuso, soldati nemici che corrono verso di noi urlando e sparando verso quelli che ancora sono in piedi.

Gli sorrido di scherno: loro vinceranno anche la guerra, ma qui i veri vincitori siamo noi, caduti, morti; gli unici che sono riusciti a salvarsi.

O loro, o io.

E alla fine ho vinto io.

   
 
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