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Autore: samskeyti    21/11/2010    10 recensioni
Hyper Chondriac Music. Musica ipocondriaca. O musica per sconfiggere l'ipocondria? ...i Muse la registrano. Ma c'è più che musica in questa canzone.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nda: ascoltando Hyper Chondriac Music fino a notte avanzata, mi è sopraggiunta la curiosità di analizzare in modo più accurato la canzone conclusiva di Hullabaloo. E poi, essendo io una mente più fantasiosa che razionale, ha vinto l'immaginazione. Quella che segue è pura invenzione basata sul testo di, appunto, HCM; alcune traduzioni sono libere (d'altronde a Matthew piace fare testi ambigui, no?). Il discorso finale sull'ipocondria è una mia opinione derivata dal fatto che hyper chondriac suona molto come hypochondriac. L'ipocondria non è solo la paura di ammalarsi; in alcuni casi, è già malattia. Aggiungo che questa canzone è stata ideata e registrata prima di Hyper Music di OFS. È scritto su Muse.wiki. Buona lettura!

 

Hyper Chondriac Music


Sala di registrazione. I tecnici del suono dicono che è rimasta solo la voce da montare; batteria, chitarra, basso sono già sul pezzo. I rifinimenti verranno poi per ultimi. Paul gira nervoso da una stanza all'altra; Chris, chiuso in uno strano e insolito silenzio, fuma una pipa; Tom controlla un mixer col capo-tecnico e scuote la testa in segno di scusa.
Insomma, tocca a te, Matthew, a te che devi ancora arrivare e sei chissà per quale motivo in ritardo. Mi guardano tutti con impazienza. Pretendono che io sia in costante contatto con te? Si sbagliano, non è così. Spesso sfuggi anche a me, alle mie affettuose preoccupazioni e alle mie morbose anomalie mentali che ti costringono ad avere un punto fisso nel mondo: me.
Sono le sei di sera e dovevi essere qui due ore fa. Ora mi scaricheranno in mano un telefono e, con sguardo languido, pregheranno il mio buon cuore di fare loro questo favore. Aspetta, come l'hanno definito? Ah. "Occupati della missione: torna a casa Lassie, da bravo, Dom". Ma io non ti chiamerò. Non hai mai saltato una registrazione, non lo farai neanche adesso che lei ti ruba il tempo e il cuore. Vero?

Sono in estremo ritardo. Corro per la strada, arranco sotto una pioggia battente che non mi fa recuperare il fiato né la vista, però ormai eccomi arricato, ecco il palazzo illuminato. Non sono mai stato Mr.puntualità, però dalla puntualità alle due ore piene di ritardo c'è di mezzo la normalità. Che parola assurda. Nella mia vita sarò tutto meno che normale.
Salgo le scale a due a due. Sono fradicio, se scivolo mi rompo definitivamente il dente storto. Ho un gran mal di testa, occorre rallentare per non sbandare. Le parole di quella stronza mi rimbalzano da una parte all'altra del cervello e fanno tanto, tanto male. Dice che sono...ma che importa quello che dice. Lei e il suo inglese storpiato. Non vale niente, non valgono niente i suoi insulti, le sue insinuazioni.
Apro la porta e una zaffata di caldo mi colpisce come un phon caldo. Guardo nel riflesso di un vetro l'attuale status dei miei capelli grondanti; un bel rosso lucido.  Poteva andarmi peggio. Il vero peggio saranno le facce arrabbiate dei miei amici e colleghi. Procediamo con ordine, però. Tolgo le scarpe e cammino scalzo vero le sale dove siamo soliti a lavorare. C'è uno strano silenzio che non mi garba per niente. Vuoi vedere che adesso mi fanno il mazzo. E avrebbero anche ragione. Ma io sono Matthew, quindi mut-

"Matthew," ti dice Paul, voltandosi verso quel simulacro d'uomo appena entrato, "alla buon'ora."
Non indossi le scarpe e il completo nero gocciola pioggia da ogni angolo. Hai il volto rigato d'acqua e i capelli completamente incollati al cranio. Devi avere fatto una corsa nella foresta amazzonica, oppure sei solo fuggito da quella pazza, la quale, a quanto pare, ti ha lasciato a piedi un'altra volta. La odio. E, ora che ci penso, quanto sei disinvolto nella tua goffaggine, quanto lo so solo io che ti guardo in silenzio da un angolo buio dello studio.
"Sì. Mi scuso con voi e con i vostri impegni, ma anche io ho i miei. È già pronto il microfono?" chiedi frettoloso.
"Sei impazzito? Avrai preso freddo e quindi la tua voce farà schifo. Ora ti ricomponi, poi, forse, dopo i necessari esercizi ti metti a cantare."
Ora ti ribelli. Capisco quando sta per succedere perché assumi la stessa postura di dieci anni fa, quasi. Braccia sui fianchi, labbra arricciate e testa inclinata di lato.
"No. So io quando riesco e quando no a cantare. Datemi il microfono e sentirete. Il testo è tutto nella mia mente."
Chris non sa che fare. Se fosse per lui, ti farebbe tranquillamente registrare, si fida di te. Sono i tecnici a guardarti storto; d'altro canto te la sei cercata, scemo di un ritardatario.
"Fategli fare una prova." Dico io, alzandomi in piedi e camminando verso il centro della stanza. Solo ora ti accorgi di me e quelle due schegge azzurre mi si piantano nel petto. Perché, perché mi fissi così ogni volta.

Dom, finalmente. L'ho omesso, però fin da quando ho messo piede nell'edificio ho calcolato quanti secondi mancassero per rivederti. I miei calcoli erano perfettamente corretti. Hai aspettato quel mezzo minuto per entrare in scena, quello giusto per goderti la mia figuraccia nell'ombra e poi uscirne col ruolo di salvatore. Sai cosa penso? Che non me ne frega della tua opera di salvat-
"Dài, ragazzi. Se sbaglia, farà gli esercizi." Dici ed eccoli belli che persuasi. Annuiscono all'unisono.
Il tuo tono, la tua calma; è questo binomio ad abbindolarli. Se speri di abbindolare anche me, però su questo ti sbagli. Non mi subisco le paranoie di una donna tradita solo perché sono masochista; io lo faccio perché non voglio rinunciare a te, e neppure alla mia reputazione. Ma questo comporta un costo, ovvero la tua sincerità. Io mento, tu invece ti mantieni trasparente. Perciò i tuoi giochetti da mago incantatore non mi sfiorano. E neppure la maglietta appositamente ridotta e giallognola che indossi distrattamente, lasciando che ad ogni movimento delle braccia s'intraveda l'addome morbido, mi sfiora. Per niente.

Ti lasciano entrare in quella benedetta stanza insonorizzata e con due vetrate al posto di due pareti. Loro si posizionano nella stanza affianco, per controllarti. Io? Io cercherò di seguirti. Stare nella stanza in cui registri un pezzo per un disco è elettrizzante. Intanto perché è un privilegio tutto mio; poi perché posso...in qualche modo far parte del tuo operato ed entrare nella tua voce registrata. Lo so, sembrano i pensieri di un pazzo. Ma sono solo quelli che vengono spontanei ad una persona normale dopo anni di convivenza con te, Matt. Comunque faccio tanto il saputello, però se mi chiedessero che canzone devi registrare non saprei dirlo. Una di Hullabaloo, quale?
Stare nella stanza quando canti è bello e unico anche per altri motivi. Quando ti abbandoni alle parole e alla voce, è risaputo, chiudi gli occhi e il tuo volto diventa uno specchio delle emozioni nel tuo cuore. Il risultato è un connubio di bravura e passione che mi manda all'altro mondo. Certo, non lo do a vedere; però, però quanto vorrei porre una tua mano sulle corde della mia anima per farti sentirne le sue vibrazioni. In sala di registrazione posso lasciarmi andare un po' di più che sul palco; se mi vedi, mi vedi solo tu. E poi...e poi quando siamo solo io e te, attorniati dal suono della tua voce, divisi da un solo microfono, ogni resistenza imposta dalla ragione è alquanto ridicola. Comunque è anche divertente questo lasciarsi andare, fa parte del gioco. Del nostro gioco segreto.

Chiudiamo la porta. Gli altri sono appostati affianco, io e Dom nella stanza col microfono. M'infilo le cuffie. Osservo il microfono rotondo attraverso il parasputi verde; luccica argenteo. Se non fosse per lui, la mia voce non sarebbe così speciale. Dom si posiziona di fronte a me, ma con le spalle al muro e le mani dietro la schiena. Guarda per terra, ma il rossore sulle guance lo tradisce. È emozionato quanto me in questi momenti. È anche molto bello; più che bello, Dom è sensuale.
"Matt, pronto?" Mi richiama al dovere una voce improvvisa nelle orecchie.
Dom alza lo sguardo. Cerca intesa. Non gliela do, ora siamo solo io e la musica. Lascia cadere la testa all'indietro, contro il muro e mi fissa dall'alto al basso. Gli sporge il pomo d'Adamo e io gli coprirei quel collo con una sciarpa, onde evitare attacchi di-
"Matt, pronto?" Questa volta mi urla Paul.
Abbandono le mie riflessioni, do l'okay e procedo. Arrivano le prime note, le riconosco. Sono i miei accordi all'acustica. È ora di chiudere gli occhi, ignorare Dom che probabilmente starà godendosi la scena e abbandonarsi all'istinto primordiale di cantare, cantare per vivere.

Your golden lies feed my role...
In this forgotten space race under my control...


Ci siamo, mi dico mentalmente. Hai cominciato a cantare e l'incantesimo si sta infittendo, ma a me sfuggono i dettagli. So solo pensare che adesso afferrerai il manico sottile del microfono scintillante e ondeggerai col capo, lentamente, prima a destra poi a sinistra, come  se tu fossi una bandiera e la musica la brezza.
Le mie bugie dorate alimentano il tuo ruolo. In questa corsa allo spazio dimenticato sotto il tuo controllo. Aspetta, da dove arriva questo testo? È nuovo, non lo conosco.
Lancio un'occhiata agli altri. Sono totalmente assorbiti dai mixer vari, regolano qui e là, ma non sentono. Devo pensare quindi di essere l'unico sulla terra ad assistere ad una tua improvvisazione. Mi manca la terra sotto i piedi. Anche perché quello che dici, se capisco, è vero. E fa male.

Who's returned from the dead?
Who remains?


Continuo a sentirmi smarrito, Matthew. Comincio impercettibilmente ad abbassarmi verso terra, mi cedono le gambe. Hai gli occhi chiusi, le mani  chiuse attorno alla stanga del microfono come due farfalle aggrappate al gambo di un fiore e sei ora immobile. Un insondabile mosaico di segni indecifrabili. Poi trascini queste parole come fossero catene; pesano nell'aria, ma cosa significano? Sei disperato, questo è evidente. La tua disperazione non ha nome; non ha soluzione. Ha solo un peso, un peso troppo oneroso per le tue gracili spalle. Chi è ritornato dalla morte? Chi rimane? Non sono domande; sono dubbi universali, sono voragini di assenza, vuoto cosmico. Mi sento impotente davanti alle grandezze astronomiche a cui vuoi che io ponga rimedio. Non cadere anch'io risucchiato, altrimenti chi ci salverà?

You wanted more than I was worth,
You think I was scared
and you needed proof!

Sento il muro scorrere dietro la mia schiena. Impiego due secondi interi per capire che non è il muro a muoversi, ma sono io. Mi sono semplicemente accasciato per terra, gambe divaricate e braccia abbandonate lungo i fianchi. Ora ti guardo dal basso, e ora il senso di sottomissione è completo. Io volevo di più di quanto tu fossi degno. Matthew, questo non è vero. Non ho mai preteso nulla; o, se l'ho fatto, non volontariamente. Inoltre, cosa intendi con tu fossi degno? Se c'è qualcuno che vale, fra noi, sei tu. Pensaci un attimo; io altro non sono che un ragazzo che, per sbaglio, senza potersi controllare, si è innamorato di te irrimediabilmente. E di conseguenza ho fatto di tutto per piacerti. Ho intrapreso lo studio della batteria perché mi appassionava, ma volevo che tu così ci guardassi, che tu mi guardassi! È stato il tramite per legarti a me per sempre. Suona un po' squallido e infantile, ma è così che va il mio mondo. Io penso che tu fossi spaventato e avevo bisogno di una prova. Lo ricordo bene quel giorno. Il nostro primo bacio. Teignmouth 1999; non dirò né il giorno, né il dove, perché sono segreti troppo preziosi per me. Dico solo che tu avevi paura, la tua solita irrazionale paura di vivere e io ho reclamato una prova che mi testimoniasse la tua fiducia in noi. Me l'hai data, non senza rammarico, ma eri bello e sorridevi. Che Dio mi fulmini se mento quando dico che fu l'unica volta in cui ti vidi felice fino in fondo all'anima.

Who really cares anymore?
Who restrains?


Hai ragione. Sai essere lucido anche nei momenti di più angosciosa afflizione, e le tue parole parlano in modo inequivocabile.
A chi importa ancora? Chi (ci) trattiene? Un tempo, sai, c'erano i genitori. Almeno i miei; quando eravamo nella mia stanza a suonare, a parlare o semplicemente a passare il tempo insieme, loro arrivavano all'improvviso e muniti di una scusa qualsiasi pur di controllare qualcosa che sentivano non andasse. Ricordo ancora il volto preoccupato di mia madre la volta in cui ci trovò sdraiati per terra, tu sopra di me e io in una sorta di strana estasi mistica. In realtà stavamo soltanto facendo la lotta, però visti dall'esterno potevamo sembrare due sedicenni traviati. Vincevi sempre perché io soffrivo il solletico e appena tu attaccavi a farmelo sul collo, beh, era la fine. Però non c'era malizia, lo assicuro; eravamo troppo innocenti per capire su quale strada ci stavamo avventurando. Che poi non abbiamo mai scelto nessuna strada; le cose sono solo capitate. È capitato che tu mi trovassi nel prato della scuola, che volessimo formare una band, che fossimo belli e allo stesso tempo terribilmente soli. Quanta purezza nei nostri pericolosissimi giochi, nessuno capirà mai cosa realmente provavamo.
Ora invece no, come dici giustamente tu. Ora siamo liberi di poter fare quel che ci pare, eppure è sopraggiunta la consapevolezza dell'età adulta e con essa i sensi di colpa, la paura, la vergogna.

(vocali e consonanti trascinate, poi urlate)


Socchiudo gli occhi. Finisco di tirare la "
m" e cerco di concentrarmi al massimo per l'ultima strofa. Ma...cos'è successo? Perché ora sei seduto per terra? Mi guardi con il tuo sguardo pietoso da dolce creatura affranta che non sei altro quando ti faccio soffrire. Lo so; il testo è stato una sorpresa per tutti, in particolar modo per te, visto che sei il muto interlocutore a cui m rivolgo, però non mi aspettato una simile reazione. Intenerisci il mio cuore, e non devi, altrimenti come canterò, dove troverò la forza se fai squagliare il mio universo! I miei lamenti ti hanno straziato l'anima. Sei sconvolto, ma non sai di esserlo quanto me. È già l'ora di lasciarti, il ritmo della musica non aspetta quello dei nostri cuori. È necessario che io chiuda ancora gli occhi, mi riimmerga nel buio della mia mente e ignori quella lacrima che ho visto nascere all'angolo del tuo occhio sinistro.

I don't love you and I never did!


Cosa...cosa stai dicendo? Comincia a girarmi la testa, ma, se qualcosa può confortarmi, è il modo in cui il tuo corpo reagisce a questa bugia con cui cerchi di calmare le tue sensazioni nei miei confronti. Ti metti le mani sulle cuffie, come per fartele penetrare nel timpano, premi e ti scappa un calcio contro pavimento; il tuo viso è rosso, le vene a fior di pelle e una goccia di sudore ti sfugge lungo la tempia. La tua voce esce potente come mai, sembra un animale ferito che digrigna i denti e affonda gli artigli nel ghiaccio, divora il mio cuore. Mi tappo le orecchie, tanto sento comunque, lo faccio solo per proteggermi.
Tu non mi ami e mai lo hai fatto. Menti, tenti solo di auto-convincerti del contrario di quello che è vero. E non serve niente per commentare, è sufficiente la lacrima a cui permetto di uscire, arrotondarsi gonfia di dolore e rotolarmi giù per la guancia. Aspetta. Quella che hai appena rimosso con un movimento isterico della mano...era anche quella una lacrima. Eccoci a piangere; e chi piange, chi dice le bugie, Matthew, chi? I bambini. Forse noi non siamo altro che bambini. Due bambini tristi.

I don't love you and I never will.

Finire di pronunciare "will" è una faticosa tortura. Tuttavia riesco ed è come se insieme a quell'ultimo verso se ne andasse anche la mia ultima energia. Sento lo svenimento arrivare, s'annebbia la vista e si sgretola la presa al microfono, precipitano le mani, farfalle ferite. Non ti amo e mai lo farò. Come oso predire il futuro. Mi si ritorcerà contro, esattamente come fa il passato che ho appena offeso e rinnegato. Sono costretto a vivere in un indeterminato presente. Schiudo un occhio e vedo che hai gettato le armi. Ti tappi le orecchie, non senza affondarti le unghie nel cuoio capelluto, e scuoti la testa, come per dire "no, no, basta!". Hai il volto inumidito dal pianto. E, oh, sfiorandomi accorgo che è così anche il mio.
"Ragazzi, cos'è accaduto?" urla Chris, spalancando la porta.
È l'ultima voce che sento. I miei sensi s'indeboliscono, sento crollarmi addosso il peso dei vestiti bagnati addosso, la stanchezza della corsa.
Ti ricordo ancora mentre emergi lucente dal buio, ma questa volta sono io ad entrarci. Svengo guardando il soffitto e chiedendomi perché al suo posto vedo te, Dom, te sopra di me. Come se per una volta avessi vinto tu alla lotta (ti ricordi, Dom, quella a cui giocavamo da adolescenti?) e io mi fossi comportato lealmente. Non mi piace questo finale. Hyper Chondriac Music dovrebbe finire con qualcos'altro, forse....

Mio amato amico mio.


"È svenuto! Presto, Tom, vieni a vedere!" grida Chris verso gli altri, mentre non sa se soccorrere prima Matt o me.

Soccorri lui, penso, lui che ha perso le forze; io sono solo caduto sul fianco a piangere e ad ansimare nel dolore. Odo i passi rumorosi degli altri nel corridoio affianco. Eccoli, si diramano nella stanza per aiutarci.
"Matt è svenuto, lo rianimiamo noi o chiamiamo l'ambulanza?" chiede nel panico Paul, schiaffeggiandoti.
"Niente allarmismi, basterà alzargli le gambe, arieggiare e allentare i punti dove c'è la pressione sanguigna." Dice con tono sicuro Tom, mentre apre una finestra e torna da te.
"E Dom?"
Chris s'avvicina a me. Mi toglie le mani dalla bocca, dove le avevo affondate per mordermele e scaricare il nervosismo e mi guarda terrorizzato.
"Dom, ci sei? Dom! È in iperventilazione, occorre l'ambulanza secondo me!" strilla, pover'uomo.
L'estrema preoccupazione con cui parla Chris mi risveglia dal coma. Sei tu quello che deve venir aiutato, non io. Anzi, voglio aiutarti anche io. E per farlo devo alzarmi e raggiungerti. Se servisse una respirazione bocca a bocca, non voglio che nessuno ti tocchi. Nessuno che non sia io. Forza, ora mi riprendo e mi riprendo per te.
"Calmati. Non mi serve nessuna ambulanza per me. Aiutiamo Matt" dico con una voce strana, acuta.
Mi rimetto seduto e cerco di controllare i giramenti di testa. Sto bene, sto bene. Sono tutti curvi a cerchio su di te e, prima che io arrivi sorretto da Chris, riapri gli occhi.

T'inginocchi accanto a me. Vedo solo te e dietro tanta luce bianca che filtra attraverso i tuoi tondi riccioli. Non sento più il corpo, non finché qualcosa si chiude attorno a qualcosa di mio. Le mani! Riacquisto la sensibilità alle mani perché le hai strette nelle tue calde, morbide tue mani.

Perché mi hai salvato ancora? Non sarebbe bello sprofondare  una volta per tutte, io e te, a capofitto nel nulla e nella paura...

"Si chiamerà Hyper Chondriac Music." Bisbigli con un fil di voce, mentre i tuoi occhi lacrimosi s'arrestano sui miei.

Gli altri non ti sentono, alcuni di loro sono andati in cerca di qualcosa di zuccherato da darti.
Hyper Chondriac Music. Musica ipocondriaca. O musica per sconfiggere l'ipocondria?
"La nostra ipocondria" ti rispondo, pur sapendo non c'è nessuna ipocondria nell'amarci.














  
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