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Autore: Trick    22/11/2010    15 recensioni
AGGIORNATO IL SESSANTOTTESIMO CAPITOLO
Infiltrato nel clan di Fenrir Greyback, Remus Lupin finirà per scontrarsi con quella realtà dalla quale ha sempre tentato di sfuggire. Nel frattempo, a Londra, Tonks non può far altro che cercare di sopravvivere alla guerra che imperversa per la città. Una storia fra umani e licantropi, fra amicizie improbabili e segreti dimenticati, per decidere se sia più forte il richiamo del sangue o quello del cuore.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Diario di un Lupo
in un Branco di Lupi
(Versione riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)

CAPITOLO SESSANTOTTESIMO
Volere, potere, dovere
°°°°°°°




Tonks fece uno sbuffo stanco, si scostò un ciuffo di capelli sbiaditi dal volto e tornò a fissare concentrata la schiena di Remus. Era già mezz'ora che se ne stava a ginocchioni sul materasso e copriva le ferite più malridotte con delle garze imbevute di Essenza di Dittamo.
«Beh, direi che abbiamo appurato che non sarò mai brava quanto Madama Chips» scherzò improvvisamente Tonks.
«Probabilmente no, ma sei un'infermiera indiscutibilmente più graziosa».
La nota di intensa sincerità nelle parole di Remus ebbe il potere di farla arrossire. Chinò rapidamente il capo verso le bende che giacevano sul copriletto per nascondere un sorriso di inappropriato compiacimento. A volte, credeva che in Remus dimorassero due persone diverse. C'era la persona riservata e compostamente gentile che aveva conosciuto alla sua prima riunione dell'Ordine della Fenice. Apparentemente pacato e composto, quella parte di Remus era quella che temeva le opinioni della gente e la loro tacita disapprovazione. Il rigido, posato e imperturbabile Remus, che si sforzava di essere ciò che il mondo si aspettava lui fosse e nient'altro. E poi, c'era l'altro Remus, quello vero. Quello che s'intravedeva in ogni risata e in ogni guizzo divertito dello sguardo, e che le sembrava così giovane quando riusciva a lasciarsi andare.
Tonks posò entrambe le mani sulle sue spalle e si strinse a lui, posando la guancia alla sua schiena e socchiudendo gli occhi con un'espressione beata.
«Mi sei mancato così tanto» confessò con un sorriso, facendo passare le proprie braccia sotto alle sue. «Ho trascorso ogni notte di questi ultimi mesi stringendo al cuore le tue camicie e annusando il loro profumo».
Lui si voltò verso di lei con espressione indecifrabile.
«Stai scherzando di nuovo, vero?» sembrò implorarla.
Lei ridacchiò contro la sua pelle.
«Sì».
Remus le sfiorò con delicatezza le mani e Tonks si morse il labbro inferiore. Non aveva certo trascorso gli ultimi mesi a giocare alla vedova innamorata nel suo appartamento, naturalmente, ma il fatto che gli fosse mancato era una verità indiscutibile. La sua presenza era inebriante. Sentire che lui c'era, dopotutto e contro tutti, la faceva sentire viva.
Allungò il collo e gli posò un bacio sulla mandibola rasata di fresco.
«Resti, questa volta?».
Lui parve soppesare con cautela la risposta.
«Rimarrò fin quando la situazione me lo permetterà».
«Hai mai pensato alla carriera politica? Sei sempre stato bravissimo a fingere di aver detto qualcosa senza aver detto praticamente un accidente».
Remus rise.
«Dico sul serio» riprese lei con vivacità, sciogliendolo dal suo abbraccio e accoccolandosi al suo fianco come una gatta. «Mi piacerebbe essere la moglie del Ministro della Magia. Signora Ministro della Magia» recitò con enfasi. «Non suona mica male».
«Continuo a preferire Ninfadora».
Lei si finse offesa e lo colpì al braccio destro. Sorridendo senza allegria, Remus si sfregò appena la zona colpita e le rivolse uno sguardo penetrante. Tonks dovette richiamare tutto il proprio controllo sull'attenti per evitare di saltargli addosso – Morgana, quanto amava i suoi occhi!
«Lo stiamo facendo di nuovo» disse Remus d'un tratto.
«Cosa?».
«Fingere che vada tutto bene».
«Oh».
Rimasero entrambi in silenzio per qualche istante.
«Potremmo provare a fare le persone normali» propose lei con un cipiglio sarcastico. «Tipo tu che mi inviti fuori a cena cercando di sedurmi e io che civetto con te fin quando non mi accompagni a casa. Poi ti chiedo se vuoi salire per fare sesso-- no, aspetta: nessuna brava ragazza fa sesso dopo il primo appuntamento. Facciamo che dopo il secondo ti chiedo se vuoi salire e--».
«Ninfadora...».
«...facciamo sesso e decidiamo di andare insieme da qualche parte, la domenica dopo. Dì, che te ne pare di una gita a Bristol per conoscerci meglio?».
«Ninfadora, per favore» la interruppe con tono asciutto. «Sii seria».
Lei lo fissò per qualche secondo.
«Ok. Facciamo che tu la smetti di farmi impazzire e trasformiamo questo strazio di relazione a montagna russa in qualcosa di normale, con tanto di cena, seduzione, sesso e gita a Bristol».
Sebbene stesse sorridendo lievemente, gli occhi di Remus erano colmi di profonda mestizia.
«Sai che non è possibile. Non mi è possibile».
«Tu non vuoi che lo sia».
«Affatto. È questo che la rende così difficile».
«Se solo tu smettessi per un attimo di pensare--».
«Sarebbe un disastro».
«No, non lo sarebbe! Tutti i miei problemi nascono quando tu inizi a pensare!».
«Uno dei due deve mantenere i piedi a terra».
«Quella con i piedi a terra sono io, non tu».
Ammutolito, lui si limitò a scuotere la testa e a distogliere lo sguardo da lei. Tonks inclinò il capo e appoggiò il palmo della mano sul suo braccio.
«Sprechi la tua vita per paura di rischiarla» scandì piano. «Hai davvero intenzione di lasciare che i giorni ti passino davanti senza viverli per davvero?».
«Ho altra scelta?».
«Sì! Sì, dannazione!» gridò con foga Tonks. «Puoi vivere!».
«Ninfadora, guardami» insistette lui con durezza.
Lei fece una smorfia stizzita.
«Ti guardo, Remus. Ti ho sempre guardato molto. E non vedo nemmeno l'ombra dell'uomo che credi di essere – né di alcun mostro» sussurrò con dolcezza, sfiorandolo con solenne adorazione. «Io vedo un mago brillante, un uomo brillante. Vedo un uomo coraggioso e di buon cuore, un amico leale e sincero. Vedo un amante eccezionale» aggiunse con un sorriso birichino, scostandogli un ciuffo di capelli dagli occhi. «Vedo l'uomo che amo. L'unico uomo che ho intenzione di amare, in effetti».
Il viso di Tonks era vicino – un po' troppo vicino. I suoi occhi scuri scintillavano decisi sotto alle sopracciglia adorabilmente aggrottate e le labbra piene erano arricciate appena verso l'alto. La sua espressione spavalda sembrava portare il marchio della Casata dei Black: guardando il bagliore del suo sguardo, Remus seppe di aver perso di nuovo.
Appoggiare le proprie labbra alle sue fu una conseguenza fin troppo ovvia.
°°°°°°°



Era assuefatto dal suo aroma – o forse lo era semplicemente da lei. Sentiva la sua trascinante energia scorrergli nelle vene, intorpidire i suoi sensi e, cosa mortale, annebbiare la sua ragione. Lo faceva in continuazione. In realtà, Remus credeva che lei lo avesse fatto fin dal primo istante. Gli era entrata dentro con la forza tumultuosa di un ciclone ed ora, per quanto cercasse disperatamente di appigliarsi alla propria coscienza, non riusciva a resisterle. Merlino solo sapeva quanto tempo aveva trascorso cercando di scacciarla dalla propria testa. Era probabile che ci fosse riuscito – o così pensava – ma era evidente che non era stato capace di scacciarla dal proprio cuore.
Lei era lì, stretta fra le sue braccia e con le mani nascoste fra i suoi capelli ingrigiti, come se davvero non esistesse altro che lui. Tonks era tutto ciò che un uomo potesse desiderare. Bella, intelligente, frizzante – elettrizzante – e le sensazioni date dal modo in cui lo stava baciando erano fra le più esaltanti che Remus avesse mai provato. Lo baciava come se non stessero combattendo alcuna guerra, come se il mondo fosse un posto meraviglioso, come se nella sua giovane vita non avesse mai fatto altro che quello.
Merita meglio dell'inferno che posso offrirle.
Si era ripetuto quel pensiero così tante volte che ne aveva quasi la nausea. In verità, l'amara consapevolezza di non poterle dare ciò che avrebbe voluto darle lo aveva disgustato fin dalla prima volta. La certezza di non poterla avere per sempre lo tormentava. Non aveva alcun diritto di imporle la sua stessa condanna. Lei meritava un uomo che fosse almeno cento, mille volte migliore di quanto lui non sarebbe mai stato.
Mentre le sfiorava appena il collo sottile e la sentiva fremere sotto il suo tocco – Merlino, era forse impazzito? – giurò a se stesso che quella debolezza sarebbe stata l'ultima.
L'avrebbe lasciata andare, e poco importava se avesse dovuto costringerla. Non poteva permettere che la sua maledizione diventasse anche quella dell'unica donna che avesse mai realmente amato. Sarebbe stato più forte di quella folle fantasia, doveva essere più forte.
Solo per un'ultima notte, tuttavia, decise di continuare sognare che lei potesse essere realmente sua soltanto.
°°°°°°°



Tonks aveva sempre detestato le frasi da cioccolatini, eppure, mentre baciava Remus aveva l'impressione di assaggiare un angolo del paradiso. Le sue mani delicate che le scivolavano sulla pelle erano perfette, il modo in cui le sue dita passavano fra i suoi capelli era perfetto, il suo petto, il suo respiro, la sua voce roca erano perfetti. Lui era perfetto.
Poco importava a Tonks se qualunque altra donna l'avrebbe giudicata una folle – e anche una pervertita, probabilmente. Non aveva mai dato eccessivo peso alle opinioni della gente. Se lo avesse fatto, non sarebbe diventata un'Auror, né avrebbe sfoggiato chiome verdognole e violette a seconda della giornata. Non avrebbe mai rinunciato a Remus solo per acquietare le male lingue dei benpensanti della comunità magica. Che se ne andassero pure in paradiso con le loro ridicole posizioni da corretti cittadini: lei sarebbe stata più che felicissima di finire all'inferno, se era lì che doveva finire per rimanere a fianco dell'uomo che amava.
Perché amava Remus, amava il modo in cui lui la guardava, amava il suono della sue voce, amava il modo in cui la stava baciando.
Risalì con le mani sul suo petto, tremando di piacere nel sentire le sue labbra scendere con passionale delicatezza lungo il suo collo. Affondò una mano nei suoi capelli – Merlino, quello non poteva essere l'inferno! - e gettò il capo indietro per godersi l'esaltante sensazione con cui Remus la stava facendo impazzire.
«Non si sente sporca dopo essere andata a letto con un animale?».
Non riuscì a contenere una flebile risatina. Remus sollevò il capo verso di lei, inarcando il sopracciglio con educata perplessità.
«Posso chiederti perché stai ridendo?» le domandò con un sorriso gentile.
Lei emise un soffio divertito e lo avvicinò nuovamente al proprio viso.
«Le streghe di questo paese non capiscono proprio niente in fatto di uomini».
°°°°°°°




Quando Remus si svegliò, si rese conto che Tonks e i suoi vestiti erano già spariti. Ancora intontito dal sonno, si sollevò a sedere e si stiracchiò con delicatezza. Le ferite che lei gli aveva meticolosamente fasciato tiravano un poco, ma doveva ammettere che gli effetti dell'Essenza di Dittamo si erano rivelati incredibili.
Stava per poggiare i piedi per terra, quando notò i pesanti anfibi di Tonks abbandonati accanto al letto.
«Ehilà, dormiglione» lo salutò la sua voce trillante.
Remus si voltò indietro. Era così insonnolito che non si era nemmeno accorto che lei era seduta su una vecchia seggiola accanto alla finestra, con la Gazzetta del Profeta aperta sulle gambe.
«Molto scortese da parte tua fingere di non vedermi» continuò lei con un sorriso divertito. «Questa me la lego alla scopa».
«Credevo te ne fossi già andata».
Tonks gli rivolse un'occhiata impenetrabile.
«E lasciarti la possibilità di scappare e fare qualcosa di maledettamente idiota? No, grazie: rifiuto l'offerta e vado avanti».
Remus la guardò immergersi nuovamente nel giornale, incapace di parlarle. Nonostante sapesse perfettamente cosa doveva dirle, non riusciva a trovare il coraggio di aprire la bocca. Era così bella con i capelli... rosa?
«I tuoi capelli sono rosa» commentò con improvviso stupore.
«Sei davvero un acuto osservatore, Remus» lo canzonò allegramente lei. «Te l'avevo detto che sei un amante straordinario. Dovresti iniziare a fidarti di più dei miei giudizi».
I suoi capelli erano tornati rosa. Remus socchiuse le palpebre e si massaggiò stancamente le tempie. Averla lì accanto, così vivace, così solare, così se stessa, dopo tanto tempo, non poteva che peggiorare ogni cosa. C'era stato un momento in cui aveva realmente sperato che lei se fosse davvero andata. Ma lei era lì e Remus sapeva che avrebbe dovuto mandarla via ad ogni costo. Non sarebbe stato facile – e quando mai qualcosa per lui era stato facile? - ma era necessario. Doveva farlo.
«Oh, Merlino...» sbottò d'un tratto lei, fissandolo con preoccupazione. «Stai pensando».
Lui fece un respiro profondo e annuì appena.
«Avrei dovuto immaginarlo» scandì con impeto Tonks, alzandosi in piedi di scatto e gettando il giornale sulla sedia. «Quale stupido ed eroico pensiero stai facendo, ora?».
«Ninfadora, io non posso farlo».
Tonks alzò gli occhi al cielo e fece un gesto impaziente con le braccia.
«Ancora, ancora e ancora! Merlino, quante volte dovrò sentirtelo dire!?».
«Fin quando non capirai la gravità della situazione. Fin quando non riuscirai a capire la mia necessità di--».
«Di essere totalmente idiota?».
«No» la corresse con durezza Remus. «Di essere totalmente disperato».
Tonks sbatté un paio di volte le palpebre con espressione confusa.
«Disperato?» ripeté sconcertata. «Tu saresti disperato? Non mi parevi fossi disperato, questa notte».
Remus abbassò il capo con fare colpevole.
«Ah, ecco che riprendiamo in mano il vecchio copione» riprese lei con ferocia crescente, avvicinandosi verso di lui con gli occhi che luccicavano minacciosi. I suoi capelli iniziarono a virare verso una tonalità più sbiadita. «Prima mi dici che mi ami e vieni a letto con me, e poi ti ricordi di essere troppo vecchio, troppo povero e troppo pericoloso e mi pianti in asso come una cretina qualunque».
«Non è questo il--».
«Sei un stronzo, Remus Lupin» sibilò con rabbia. «Credi forse che io sia fatta di ferro!?».
«No, Ninfadora, non--».
«Non-chiamarmi-Ninfadora!».
Remus si passò una mano nei capelli e affondò il viso fra le mani, sconvolto. Rimase immobile un paio di istanti, incapace di placare l'incessante battere del proprio cuore – come poteva essere ancora calmo? Doveva porre un fermo definitivo a quella sconsiderata follia. Doveva dirle addio, una volta per tutte. Doveva, dannazione, doveva.
«Spero di morire» disse tutto d'un fiato.
Tonks si bloccò nel mezzo della stanza e lo fissò con un'espressione di puro sconcerto. Scosse appena il capo, con le labbra dischiuse e le gote ancora arrossate dalla furia.
«C-come?».
«Quando finirà la guerra, Ninfadora» sussurrò atono, stupendosi della propria sincerità. Trovò la forza di sollevare lo sguardo verso di lei e la guardò con immensa tristezza. «Se dovessimo perdere, morirò prima di vedere la Gran Bretagna cadere in ginocchio dinanzi a Voldemort. Se vincessimo, non credo che potrei affrontare il desiderio di starti accanto. In qualunque modo preferisci vederla, io non ho più nulla da offrirti».
Tonks si mosse così rapidamente che Remus non ebbe nemmeno il tempo di evitare il suo violento schiaffo. Si portò una mano alla gota con una smorfia appena accennata e abbassò di nuovo gli occhi, incapace di trovare un accordo fra la necessità che lei uscisse dalla sua vita e il bisogno che vi rimanesse per sempre.
«Non azzardarti a ripetere quello che hai detto» sibilò senza forza Tonks. «Mai più».
Remus rimase immobile e Tonks, tremando impercettibilmente e stringendo con foga i pugni, solcò a grandi passi la stanza e afferrò i propri anfibi.
«Non ti permetterò di morire, Remus. Non è una scappatoia valida».
Si Smaterializzò prima che lui potesse aggiungere qualcosa. Remus gettò il capo sul cuscino e si sfregò il punto in cui lei l'aveva colpito.
Finché vivo, non riuscirò mai a dirle addio.
°°°°°°°











Ehm... non sono molto convinta di questo capitolo, ma tant'è che questo è quello che posso offrire, al momento. La mia ispirazione fa davvero schifo, ultimamente, e questa long-fic sta realmente avendo la meglio sulla mia pazienza. Fortuna che – in teoria – mancano ancora pochi capitoli.
Se qualcuno di voi se lo ricorda, avevo detto che avrei mantenuto quella che possiamo chiamare «stupida linea di Trick», ovvero avrei continuato a scrivere le vicende di DH in modalità completamente What If secondo quello che doveva essere il mio immaginario da Wotcher Wolfie. Ma anche no, devo dire adesso, perché non ce la faccio più. Ho bisogno di arieggiare la zucca, perciò ho deciso che, per il momento, mi fermerò con la morte di Silente.
Non abbiatene, ma l'alternativa è che io muoia davanti al computer – e non è che mi piaccia molto.
Se poi, Mastro Fato permettendo, mi verrà la voglia di riprendere in mano l'ultima parte What If, lo farò.
E poi, mi è venuto un allucinante desiderio di scrivere qualcosa sui Malandrini, perché il fatto che non lo abbia mai fatto è umiliante. Sto uscendo fuori discorso. Strano.

Cassandra: Anch'io. :)
Mirwen: Grazie per la tua comprensione. Anch'io adoro Aberforth – molto/quasi più di Albus Silente, in effetti. Sarà il fascino del formaggio di capra, immagino. :)
_AleAle_: Grazie mille! :)
angyp: Sono contenta che trovi Remus e Tonks spontanei. Dopo quasi settanta capitoli di Remus/Tonks sarebbe piuttosto imbarazzante se non lo fossero! :) È il momento che precede la prima battaglia di Hogwarts, giusto. Grazie mille dei complimenti, il mio ego ringrazia! :)
lyrapotter: Manca pochissimo alla fine, sì, e no, no, no, non ho la minima intenzione di seguire le linee Canon di DH. Che per me non esiste, fra l'altro. :D Non potevi credere che Remus non avrebbe fatto marcia indietro. Lui è il maestro delle inversioni a U, povera Tonks. E sono contenta che ti sia piaciuta la descrizione di Tonks data da Aberforth. A me suonava piuttosto bene. :) Grazie, grazie e grazie. :)
SakiJune: Ehilà, boss. Il tuo filosofeggiare mi farà diventare matta, te l'ho mai detto? E no, la Rowling potrebbe ovviamente fare meglio, quindi evitiamo di esagerare, che poi il mio ego si monta e io non frullo più. :) No, niente sesso. Aberforth mi sa da uno particolarmente rigido, sotto quel punto di vista. E non so perché. Non piangere, non ti impedirò di accoppiarlo con qualunque altra strega over-sessanta tu preferisca. Giuro. Un bacio. :)
   
 
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