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Autore: Rowena    22/11/2010    8 recensioni
Ma questo non posso dirtelo, vecchio, non posso confessarti che ho distrutto uno degli oggetti a me più cari per orgoglio, né posso ammettere che mi sono già pentito di quello che ho fatto.
Sentiva con le dita i due monconi della bacchetta distrutta e la cosa lo faceva star male. Come avrebbe potuto accettare che Harry Potter gli restituisse la bacchetta in quel modo, in una generosità che Draco non si meritava – e questo il grande eroe l’aveva fatto ben intendere – per concedergli l’occasione di riscattarsi?
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Olivander
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Ottime bacchette dal 382 a.C.' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Good times for a change
See, the luck I've had
Can make a good man
Turn bad
So please please please
Let me, let me, let me
Let me get what I want
This time
Haven't had a dream in a long time
See, the life I've had
Can make a good man bad
So for once in my life
Let me get what I want
Lord knows, it would be the first time
Lord knows, it would be the first time
[The Smiths, Please please please, let me get what I want]
 
Da Olivander, bacchette dal 382 avanti Cristo.
Il ragazzo si avvicinò al negozio lentamente, uscendo da un vicolo laterale e dal cono d’ombra in cui si era rifugiato; attraversò Diagon Alley guardandosi i piedi, deciso a non badare all’insegna che ancora, dopo quasi due anni, pendeva su un lato.
Mancavano solo un paio di passi per entrare, eppure rimase lì per un lunghissimo istante, indeciso, spaventato: mancavano solo un paio di passi per entrare, eppure potendo avrebbe dato tutto l’oro rimasto nei depositi di famiglia alla Gringott – meno di quanto avrebbe potuto trovarci un paio di anni prima, ma si trattava sempre di una cifra interessante – pur di non essere obbligato a farlo.
Se avesse potuto, avrebbe preferito rimanere senza bacchetta e tornare a casa senza pensarci due volte. Non poteva rimandare ancora quell'incombenza, però: i maghi non erano in grado di incanalare la propria energia magica senza uno strumento ausiliario che facesse da catalizzatore – la bacchetta, appunto.
E se Draco Malfoy già non spiccava in alcuna particolare branca della magia, senza bacchetta difficilmente avrebbe potuto dimostrare di essere così diverso dai Babbani che disprezzava tanto. Peccato che la sua fosse rotta e inutilizzabile. Aveva conservato i pezzi, che teneva anche in quel momento nella tasca sinistra del suo pastrano.
Monconi inutili, senza potere.
Il ragazzo si guardò intorno: sapeva che c’erano altri fabbricanti di bacchette, alcuni avevano perfino la loro bottega nelle vie minori intorno a Diagon Alley – la strada principale era riservata al grande maestro – e a pensarci bene moriva dalla voglia di affidarsi a uno di questi per sbrigare la sua commissione. Fuggire, ancora una volta, e nascondersi dal confronto con il suo passato, ecco quello che voleva fare.
Il giovane mago si dondolò sui propri piedi, guardandosi intorno: aveva trovato strano, se non ridicolo a dirla tutta, l’incaponimento di suo padre perché si recasse da Olivander anche questa volta. Un Malfoy ha sempre quanto c’è di meglio sul mercato, era riuscito a ripetere quella frase anche mentre il ragazzo stava uscendo, quella mattina, a ricordargli che potevano essere caduti in disgrazia, ma non l'avrebbero ammesso neanche sotto tortura.
Draco si era morso la lingua per evitare di chiedere al genitore se, secondo questo principio, anche ad Azkaban aveva ricevuto la cella migliore; meglio non lanciarsi in polemiche inutili, però, e per questo era uscito di corsa da quella casa che ormai gli sembrava più una prigione che la dimora in cui era cresciuto.
Erano successe troppe cose, in quelle stanze, tanto che lui avrebbe desiderato trasferirsi il prima possibile. Anche questo non era possibile: la loro famiglia doveva tornare alla normalità e dare l’impressione di essere forte e pronta a tornare in sella, sebbene la loro libertà fosse ancora in bilico, basata sulla parola di Harry Potter.
Draco strinse i pugni: Merlino, com’erano caduti in basso.
Sull’onda di quei pensieri, in particolare ricordando quanto dovesse in quel periodo al grande eroe del mondo magico, il ragazzo decise di entrare, finalmente; non aveva ancora richiuso la porta che già si sentì addosso lo sguardo del negoziante, fisso e penetrante com'era nei suoi ricordi di undicenne spocchioso. Dovette farsi forza per non fuggire di corsa, sentendo i brividi lungo la schiena.
Olivander non disse nulla, ma non smise di osservarlo neanche quando si trovò faccia a faccia con il giovane Malfoy. Il suo volto non lasciava trasparire emozioni di qualunque sorta.
Draco strinse i denti, chiedendosi cosa dovesse pensare il fabbricante di bacchette in quel momento: non poteva aver dimenticato ciò che era successo a Malfoy Manor, certo che no. Non si potevano dimenticare le torture dell'Oscuro Signore. Allora, si domandò il ragazzo, cosa aspettava a cacciarlo?
Neanche lui poteva dimenticare, ma distingueva tra il ricordo e la decisione di affrontare le proprie responsabilità relative a quanto era accaduto nella propria casa.
- Venga pure avanti, signor Malfoy, è inutile che rimanga sulla porta.
La voce di Olivander non era cambiata, era la stessa che Draco ricordava pensando a quel giorno di molti anni prima, quando i suoi genitori lo avevano portato ad acquistare la sua bacchetta in vista della scuola.
Tuttavia, non si poteva certo dire che fosse rimasto identico anche nell'aspetto: la prigionia aveva lasciato un segno visibile sull'anziano mago, che era ancora molto smunto e si muoveva con aria affaticata.
Draco rabbrividì ancora ricordando una volta di più che quanto aveva cambiato quel vecchio, ogni tortura, ogni Cruciatus... Tutto ciò era capitato a casa sua.
- Buongiorno – salutò mentre si avvicinò lentamente al bancone – avrei bisogno di una bacchetta nuova.
Si sentì la voce stridula, molto più alta del normale, e imprecò mentalmente, certo che quello non fosse il solo segno del suo nervosismo. Doveva mantenersi calmo, dannazione!
- La sua le sta dando problemi? Ricordo che era un’ottima bacchetta, e l’ultima volta che ho avuto il piacere di parlare con il signor Potter ho saputo che aveva intenzione di restituirgliela – Olivander accennò a un sorriso, nel pronunciare l’ultima frase, forse con la consapevolezza di irritare il suo giovane cliente. – Dieci pollici, relativamente elastica, biancospino e crine di unicorno, non ho ragione?
Draco annuì, infastidito dal modo di parlare del negoziante, come se fosse stato un cliente qualunque. Ciò che non diceva, tuttavia, l’uomo lo comunicava con gli occhi, troppo incavati per conferirgli un aspetto sano.
- Da quando le dà fastidio avere clienti? Mi serve una bacchetta nuova, non sono tenuto a dirle il motivo – rispose il ragazzo con tono più acido di quello che forse avrebbe voluto usare.
 
Mi serve una bacchetta nuova perché, quando quella buon’anima di Harry Potter dall’alto della sua pietà ha deciso di restituirmi la mia, io l’ho spezzata in due sotto il suo naso.
 
Draco strinse i pugni, arrabbiato.
 
Ma questo non posso dirtelo, vecchio, non posso confessarti che ho distrutto uno degli oggetti a me più cari per orgoglio, né posso ammettere che mi sono già pentito di quello che ho fatto.
 
Sentiva sotto le dita i due monconi della bacchetta distrutta e la cosa lo faceva star male. Come avrebbe potuto accettare che Harry Potter gli restituisse la bacchetta in quel modo, con una generosità che Draco non si meritava – e questo il grande eroe l’aveva fatto ben intendere – per concedergli l’occasione di riscattarsi?
Draco voleva ricominciare, ne aveva un bisogno che non sapeva neanche spiegare a parole, ma non aveva la minima intenzione di sentirsi in debito con Potter. Non più di quanto non lo fosse già, almeno. Doveva farcela da solo, per se stesso, per quel briciolo di orgoglio che ancora gli rimaneva.
La sua situazione era già abbastanza patetica: suo padre con la sua schiera di avvocati stava cercando di salvare quanto possibile della loro vita e non sembrava neanche troppo toccato da tutto l’orrore, la vergogna, l’umiliazione che si erano riversati di su di loro, mentre sua madre aveva ripreso i panni della perfetta padrona di casa, pronta a fare per l’ennesima volta da salvagente per tutta la famiglia. Avevano una forza che Draco invidiava e allo stesso tempo disprezzava.
Per il ragazzo era diverso, non riusciva a cancellare gli ultimi tre anni come se non fossero mai esistiti: si era scottato con un mondo che, osservato di riflesso per tutta la vita, gli era sempre apparso come il meglio a cui potesse aspirare, e che aveva invece scoperto essere l’inferno.
Aveva scoperto che tra minacciare di morte oltre la metà della popolazione mondiale e rendere concreta quella stessa minaccia… Beh, in mezzo c’era di più che prendere la bacchetta e scegliere la formula magica da usare.
Rapidamente la vita che aveva sempre desiderato si era trasformata in un incubo, e la disgrazia in cui era piombata la sua famiglia agli occhi dell’Oscuro Signore non aveva fatto che peggiorare le cose.
Draco non aveva mai pensato, prima del suo diciassettesimo compleanno, che essere un Mangiamorte e agire come tale fosse malvagio, anzi. Aveva sempre creduto che fosse sua madre, così delicata e sensibile, a esagerare sulle conseguenze che avrebbe comportato il suo desiderio di seguire le orme paterne.
Non aveva capito nulla, no, almeno fino a quando non era stato minacciato perché portasse a termine i suoi doveri, fino a che sua zia Bellatrix non gli aveva rivolto contro la bacchetta perché torturasse degli innocenti, fino a quando non si era trovato su quella maledetta torre.
E da lì, il baratro.
Arrivare a dover assistere all’ignobile trattamento a cui era stato sottoposto Olivander, incomprensibile per il ragazzo visto che il mago poteva vantare antenati di sangue Puro da lì fino all’anno zero, per poi collaborare per il divertimento dell’Oscuro… Beh, quello era stato il limite, in un certo senso, e Draco aveva cominciato a domandarsi che persona davvero volesse essere. Voleva davvero diventare un criminale, un assassino?
Lui, in fondo, desiderava soltanto un'esistenza tranquilla, a pensarci bene, voleva far valere i suoi diritti di Purosangue, ma passare l’esistenza in quel modo no, non gli piaceva. Vivere sempre nel terrore, sotto minaccia, con una zia che godeva nel vedere la sorella affondare, e che si sarebbe uccisa piuttosto che aiutare il proprio sangue… No, quella non era la vita che Draco voleva per sé e per la sua famiglia.
- Come desidera, signor Malfoy: vediamo cosa c’è in magazzino che può fare al caso suo.
A quel consenso, il giovane si sentì sollevato: non l’avrebbe mai detto ad alta voce, perché sapeva che sarebbe risultato patetico, ma non sapeva descrivere il bisogno che aveva… Doveva vedere che le cose sarebbero andate come voleva lui, per una volta, sì, per dargli la spinta giusta e ripartire da capo.
Fissò la piccola clessidra sul bancone di Olivander, che quando era entrato era appena stata capovolta, e notò che era ormai vuota: quanto tempo avevano passato a fissarsi? Il ragazzo non lo sapeva, preso com’era dai suoi pensieri…
Solo in quel momento si accorse di come gli scaffali della bottega fossero mezzi vuoti: la razzia dei Mangiamorte, suppose, che avevano approfittato del rapimento per rifornirsi di tutte le bacchette necessarie per i loro crimini.
Olivander si era rimesso in attività, ma ci sarebbe voluto molto tempo per rimediare a quello scempio.
Come richiamato dai pensieri del giovane, il proprietario ricomparve con diverse scatole tra le mani. – Purtroppo, come saprà, non è il momento migliore per un simile acquisto, ma cercherò ugualmente di trovare uno strumento adatto a lei.
Draco provò parecchie bacchette, quasi tutte con un cuore di crini di Unicorno come la prima che aveva impugnato, ma senza risultato: a prescindere dal tipo di legno, dalla lunghezza e dalla flessibilità, nessuna rispose alla sua presa. Sembrava quasi che quel cuore si rifiutasse di reagire al contatto con il giovane mago, in una maniera quasi snervante.
- È strano, in genere ogni mago rimane legato al cuore della sua prima bacchetta… Non che tutte le bacchette con un cuore analogo – non identico, badi bene, perché raramente uso campioni presi dallo stesso esemplare – debbano reagire ugualmente, ma sembra quasi che il suo flusso di energia magica sia cambiato.
– sentenziò Olivander notando a sua volta la stranezza di quei tentativi a vuoto.
Era possibile? Draco non lo sapeva, ma immaginò che fosse come per i Patroni. Aveva sentito dire che potevano cambiare forma in seguito a forti emozioni, e se non erano forti quelle che aveva provato negli ultimi anni... – Dovrei cambiare genere di bacchetta, dunque?
- Sarebbe il caso – commentò Olivander, abbassandosi per cercare qualcosa nei cassetti del bancone. Tirò fuori una scatola piuttosto polverosa, su cui soffiò per darle un minimo di decoro prima di presentarla al cliente. – Questa è una delle ultime che ho creato prima di essere rapito: è stato un bene averla messa qui, i Mangiamorte non hanno frugato oltre il primo rotolo di pergamene.
I Mangiamorte, non i suoi compari o  i suoi cari amici, come molta gente era solita chiamare i seguaci dell'Oscuro Signore in presenza del giovane Malfoy, per spregio.
Draco cercò di non fare caso al riferimento alla cattura del fabbricante di bacchette e aprì la scatola: si trovò davanti una bacchetta sottile, più lunga della precedente, di legno nero. L’impugnatura presentava un decoro più chiaro, come un intaglio, riccioli eleganti che ricordavano vagamente le fiamme.
 
Tiger.
 
La prese in mano e subito sentì che era quella giusta: non provò il senso di pace e serenità che lo aveva avvolto al momento di comprare la prima bacchetta. Il responso questa volta fu una stretta allo stomaco, pungente e fastidiosa, eppure il ragazzo comprese che la sua ricerca era terminata: quella era la sua bacchetta. Guardò per un attimo Olivander come per avere una conferma, tanto per essere sicuro, e dal vago sorriso del mago seppe di aver indovinato.
- Ebano e piuma di fenice, una combinazione interessante… Non sarà una bacchetta facile, glielo posso anticipare, ma saprà darle delle soddisfazioni.
Non aveva importanza, Draco voleva solo tornare a fare incantesimi. Rimase in silenzio, mentre restituiva la bacchetta a Olivander, che gliela incartò e controllò il prezzo.
- La sua prima bacchetta è stata usata per compiere magie orribili, signor Malfoy, e forse è un bene che abbia concluso il suo operato – commentò il commerciante senza lasciare la presa sulla scatolina – mi auguro che questa vada incontro a un futuro migliore.
 
Me lo auguro anch’io, vecchio.
 
Draco rispose con un lieve cenno del capo, lasciò sul bancone i soldi contati e fece per uscire dal negozio con la sua nuova bacchetta in tasca, insieme ai resti della precedente.
Avrebbe voluto dire qualcosa, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla: chiedere scusa, domandare perdono? Rischiava di apparire ridicolo e fuori luogo, e a pensarci bene le parole non servivano in quel frangente.
- Vuole che lasciarli a me, i due pezzi? Non credo si possa fare granché, una bacchetta spezzata è irrecuperabile, ma potrei recuperare i crini per un nuovo esemplare…
Se non era un’assoluzione quella, Draco non sapeva come definirla. Si sentì grato al mago che gli stava di fronte, tuttavia scosse la testa toccandosi la tasca con la punta delle dita più volte.
- No, li terrò io – rispose quietamente, senza inflessioni nella voce.
 
Io non dimentico.
 
Olivander annuì, capendo il sottinteso, e lasciò andare via il ragazzo.
Draco avanzò nel sole estivo con una nuova sicurezza, sentendosi più sereno per la prima volta da mesi. Per una volta, aveva davvero avuto ciò che voleva.
Ora poteva andare avanti.

   
 
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