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Autore: ArgentoVivo97    22/11/2010    39 recensioni
‹‹Poi c'è stata un'esplosione. Un bum forte. Tanto forte. E zio Fred ha deciso di ridere un'ultima volta, per poi andarsene. Ha messo le ali...›› la voce si spezzò su queste parole ‹‹...ed è andato via››.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger, Hugo Weasley, Ron Weasley, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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~Daddy, tell me the truth

 

 

 

   

 

 

A Clì & a Ross

Senza le quali questa storia

non sarebbe qui…

Grazie per avermi sopportato

mentre questo sclero prendeva vita…

 

 

 

 

 

 

 

Rose Weasley era una bambina piuttosto perspicace per la sua età.
Per questo aveva capito che quel giorno, a casa sua, le cose non andavano bene.


Se n’era accorta da un sacco di cose.
Primo, il suo papi non aveva aperto nè bocca nè frigorifero da quando si era svegliato, alle sei del mattino. Conoscendo il suo papà, che per svegliarlo doveva saltargli addosso e che ingurgitava più roba di tutti loro messi insieme...primo indizio.


Secondo, la sua mamma l'aveva svegliata senza il solito sorriso sulle labbra, chiedendole soltanto:‹‹Rosie, svegliati, piccola››. E poi, non aveva sentito una sola volta la sua voce, allegra e divertita, sgridare papà per aver lasciato le pantofole in cucina o per aver disseminato briciole sul tappeto...secondo indizio.

Persino Hugo, il marmocchietto di 3 anni che, per sangue, era suo fratello, non aveva pianto una sola volta, se non per essere cambiato. Rose aveva l'impressione che Hugo stesse morendo di fame, per non disturbare mamma e papi...terzo indizio.

E lei? Non si indiziava da sola?


No. Lei era sempre Rose Hermione Weasley, boccoli rossi attorno al visino, lentiggini spruzzate sul nasino a patata, occhioni azzurri come il suo papi.


Ma allora, che cosa succedeva?

 

 

 

 

***

 

 

 

Londra, 2 maggio 2011

Casa Weasley/Granger

 

Rose si arrampicò sul piano della cucina, grazie ad una sedia. Afferrò con la manina il pomello dell’armadietto e annegò nella marea di cose buone da mangiare. Riconobbe i biscotti di Hugo e trascinò la scatola giù con sé.

Corse in salotto, dove Hugo giocava seduto sul tappeto, e gli allungò uno dei biscotti.

Gli occhi del fratellino si spalancarono e rubò velocemente il bocconcino dalle mani di Rose. Il biscotto sparì.

 

 

Non si sarebbe mai perdonata la morte del fratellino per la fame.

 

 

Prima di tutto nutriamo Hugo, poi indaghiamo.

 

 

Corse via, lasciando Hugo con la scatola e i suoi giocattoli. Salì le scale in punta di piedi, attenta a non far rumore. Conosceva alla perfezione i punti in cui la scala scricchiolava, così li evitò. Arrivata accanto alla porta della camera dei genitori, si accorse che era socchiusa: poggiò le manine sulla superficie ruvida del legno e spinse piano.

Mami e papi non se ne accorsero e lei li vide. Lui seduto sul letto, con il viso tra le mani, lei accanto, con un braccio sulle sue spalle e la mano che gli accarezzava i capelli rossi.

‹‹Ron, per favore, faremo spaventare i bambini…›› Gli poggiò la fronte sulla spalla (papi era più alto di mamma).

‹‹Ti amo, Mione››.

‹‹Anche io, Ron. Anche io. Ma piangendo non lo riporti indietro, non a distanza di tredici anni! Non riportiamo indietro nessuno. Possiamo solo farli continuare a vivere nel nostro cuore… non dimenticandoli›› rispose Hermione, spostando la mano dai suoi capelli al suo viso.

Allora Rosie le vide.

Erano lacrime, quelle che scorrevano sul viso del suo papi. Vuol dire che stava male. Vuol dire che era triste.

 

 

***

 

 

A Rosie si strinse il cuore. E non s’interessò delle conseguenze dell’uscire allo scoperto. Corse dal suo papà, gettandocisi prepotentemente tra le braccia.

Ron fu sorpreso, sulle prime. Hermione scoppiò a piangere. Poi lui abbracciò forte la sua piccolina, mettendosela a sedere sulle ginocchia, affondando il viso nei suoi riccioli rossi.

‹‹Papà, non piangere!›› gridò lei, posando una manina sulle sue guance, come a voler asciugare le sue lacrime.

Hermione le accarezzò dolcemente i capelli, sistemandoglieli dietro le orecchie. Poi le baciò i boccoli, e Rosie sentì di nuovo quel bacio profumato di mamma, che era sembrato mancare in quella giornata.

Rose si separò da Ron, guardandolo negli occhi. Azzurro nell’azzurro. Uno sguardo da una parte colmo di tristezza, dall’altra intriso di voglia di infondere coraggio.

‹‹Rosie, amore, non pensare a papà che piange. È soltanto un po’ triste! Capito? TU devi essere felice, Rose…›› e si accorse, dicendo queste parole, di avere la voce incrinata.

‹‹E perché sei triste? Voglio sapere, mamma!›› pianse la piccolina, stringendo i pugnetti e mettendoseli sui fianchi.

 

 

La mia bambina, pensò Ron, guardando la figlioletta che esigeva di sapere la verità.

La verità, Rosie, è che oggi sono 13 anni che se n’è andato mio fratello Fred, che poi sarebbe tuo zio. E tu, Rosie, sei l’incarnazione dell’innocenza, mentre mi chiedi perché sono triste.

 

 

‹‹Ronald…›› sussurrò Hermione, e usava il suo nome per intero soltanto quando è arrabbiata, triste o divertita. Rosie capì che l’opzione giusta era la seconda.

Un pianto si levò dal piano di sotto. ‹‹Hugo!›› gridò Rosie, e per un momento riuscì a sorridere.

 

 

 

‹‹Papino, non piangi più, vero?›› mormorò Rose, mentre Ron la portava di sotto. La sua Mione e Hugo erano in cucina.

Una pentolina sul fuoco. L’odore di semolino che aleggiava nell’aria. Una bambina dai capelli rosso fuoco. Un bambino con gli occhi castani che giocava con una paperella di gomma, nel suo seggiolone. Il sole che brillava nel cielo. Una donna con le guance sporche di pappa che hai giurato di amare per sempre.

Sembrava un giorno come tanti. Se non fosse che era il 2 maggio. 13 anni, Ron.

 

 

 

***

 

 

‹‹Ron? Rosie si è addormentata?››.

Ron guardò il volto della figlioletta, avvolta in una coperta, sul divano.

Annuì, mentre Hermione si sedeva accanto a lui, continuando a cullare Hugo.

Ci fu un momento di totale silenzio, rotto soltanto dal respiro ritmico e tranquillo di Rose che dormiva.

‹‹Non voglio che stia male per me…›› cominciò Ron, ma si interruppe  quando Hugo si mosse nel sonno. Socchiuse gli occhi e decise che ficcarsi le mani in bocca era notevolmente più interessante che dormire. Hermione sorrise.

Poi incitò il marito a continuare.

Scoccando un ghigno bonario a Hugo (che mostrò gli scintillanti dentini), Ron riprese a parlare:‹‹…È solo che non riesco a non essere almeno solo triste, oggi. Capisci? Se solo fosse pronta…››.

‹‹Io sono pronta, papù…›› esordì una vocina impastata di sonno.

Rosie si era messa a sedere, con i braccini intrecciati attorno alle ginocchia.

Hermione si morse le labbra, mentre Hugo cercava di mangiarsi la sua collana. Quel marmocchio dai riccioli rossi fermò i vani e rumorosi tentativi di mordicchiare quella cosa stranamente luccicante appesa al collo della mamma e si accoccolò per bene, consapevole del fatto che non avrebbe dovuto interrompere quel momento.

Ron, intanto, guardava basito la bimba di cinque anni che gli aveva appena chiesto di raccontargli la verità su quel lontano 1998, quando la sua vita era stata sconvolta dalla cosa più oscura e dolorosa del mondo: la morte.

Cercò aiuto nello sguardo di Hermione (come sempre), che aspettò qualche secondo, passato ad osservare il visetto accaldato di Rose, per rispondere ‹‹Sì››.

Ron fece un respiro profondo. Chiuse gli occhi per un istante, ma fu sufficiente a ricordargli quell’orribile minuto. Richiamava alla memoria soltanto un rumore fragoroso, tanta tanta polvere, una confusione di urla. Era avanzato tra le macerie, aggrappato al braccio di Hermione, come se stringendolo avesse potuto cambiare le cose.

Poi un grido, le lacrime copiose sul volto ferito e ricoperto di fuliggine, che tracciavano una sottile striscia chiara sulle sue guance.

Il momento della verità, Fred.

‹‹Rosie. Vieni qua››.

 

 

 

***

 

 

‹‹Rosie. Vieni qua››. Le parole del suo papà le riecheggiavano in testa come una stonata nota di struggente malinconia.

C’era qualcosa di disarmonico nel rumore provocato dai suoi calzini, che toccarono il pavimento quando si gettò tra le braccia di papà; nel rumore dei suo capelli che le scivolarono, silenziosi, sulle guance; nel rumore di una sola lacrima che cadde sulla mano del papi, mentre gli si avvinghiava con tutte le sue forze.

Si sistemò per bene nel suo abbraccio, con una manina posata sul petto e l’altra aggrappata al lembo della sua giacca. Involontariamente, strinse la felpa, quando percepì la voce di papà che pronunciava queste parole:‹‹Rosie. Tredici anni fa, è successa una cosa brutta al tuo papà. Uno dei suoi fratellini è volato in cielo›› e Rosie aumentò la presa sul tessuto. Non aveva ancora la percezione esatta del tempo. Tredici anni fa poteva significare, per lei, tanto tredici anni fa che ieri. E il pensiero che uno dei suoi zii potesse essersene andato via le mise paura.

Non zio Bill, il “grande”, lo zio con i capelli lunghi lunghi.  

Zio Charlie le portava sempre un sorrisone, quando tornava dai Paesi lontani. E ogni volta se la metteva sulle spalle per farle fare il drago.

E zio Percy, che  ogni giorno andava in quella casa enorme che i grandi chiamavano Ministero.

Poi c’era zio George, lo zietto divertente, quello che riempiva la sua calza a Natale di Api Frizzole, che rideva sempre e che prendeva in giro papà.

E zia Ginny. Lei era bella. Una sola femminuccia!, aveva gridato, scoprendo che i suoi zii erano tutti maschi. Per questo le piaceva.

Non disse niente. Scosse semplicemente la testa, facendo ondeggiare i capelli.

‹‹No, cucciola! No, tu non lo conoscevi… Se n’è andato molto prima che tu nascessi›› la rassicurò Ron, baciandole la fronte. Aveva letto Rose nel pensiero. Sapeva che stava passando in rassegna tutti gli zii che aveva, e all’appello non ne mancava apparentemente nessuno.

Rose sembrò tranquillizzarsi, lasciando andare il lembo della maglia di papà.

‹‹Questo zio si chiamava…si chiamava…Fred›› e Ron dovette lottare contro le lacrime che minacciavano di uscire e il nodo alla gola nel pronunciare il nome del fratello.

‹‹Era il fratello gemello di zio George, vuol dire che erano uguali uguali!›› spiegò divertito, strappando un sorriso a Rosie.

Sentì Hermione posargli la testa sulla spalla. Quel tocco lo fece sentire meglio. Più forte. Doveva. Per Rose.

‹‹Si volevano tanto bene, e si divertivano a fare un sacco di scherzi a tutti, soprattutto al tuo papà!››. Una risata debole uscì dalla bocca della bambina, quando sentì la voce fintamente arrabbiata di Ron, nel pronunciare quelle parole.

‹‹Quando io e la mamma eravamo ragazzi, c’è stata una grande Battaglia. Una Battaglia davvero cattiva. Io, mammina e zio Harry eravamo con zio Fred e zio Percy. Stavano combattendo contro due maghi cattivi ma molto scemi!››. Ancora un sorriso. ‹‹Poi c’è stata un’esplosione. Un bum forte. Tanto forte. E zio Fred ha deciso di ridere un’ultima volta, per poi andarsene. Ha messo le ali…›› la voce si spezzò su queste parole ‹‹…ed è andato via››.

Nella posizione in cui si trovava, con il faccino premuto contro il petto di Ron, Rose sentì il battito del suo cuore. Un bum bum decisamente più simpatico di quello di cui aveva appena sentito parlare il suo papà. Era un rumore sordo, ritmico. A Rose piacque.

Hermione, con Hugo finalmente addormentato in braccio, le sfiorò una guancia paffuta con la punta delle dita, facendole il solletico. Alzò le spalle tanto da coprirsi il viso, ridendo. Vide mamma e papà scambiarsi uno sguardo carico d’amore, poi lui le baciò la tempia. Rose rabbrividì soavemente.

Ripensò a tutte le parole del suo papi, soppesandole una ad una.

Zio Fred. Se n’era andato. Lei non l’aveva mai conosciuto.

Battaglia. In qualche modo, la colpa era sua.

Esplosione. Rose non conosceva bene questa parola. Ogni tanto dicevano a Hugo che era “un’esplosione di energia”. Ma era sicura che in quel caso la parola era legata a qualcosa di molto forte e rumoroso. Le affibbiò la colpa più grande di tutte.

Zio Fred ha deciso di ridere un’ultima volta. Questa le era cristallina come l’acqua. Uguale a zio George, aveva detto papà. Eh, sì. Lo vide, lo zietto divertente con i capelli rosso fuoco, le lentiggini e magari qualche Ape Frizzola per lei. Sorrise. A dire il vero, fu un sorriso misto a sbadiglio.

‹‹Hai sonno, patata?›› le chiese Ron. Lei annuì.

‹‹Allora si va a nanna, draghetta!›› gridò papi, senza preoccuparsi di svegliare Hugo (che dormiva come un sasso addormentato).

Salirono di sopra. Rose mormorò un ‹‹Appetta!››, corse in bagno e tornò con i dentini lavati. Sorrise alla mamma. ‹‹Ciao, Hugo!›› disse, salutando il fratellino addormentato. Papà gli mandò un bacio.

Hermione portò Hugo in camera sua, mentre Ron accompagnò Rosie fino al suo lettino. Ci si accovacciò vicino, mentre la aiutava a mettere il pigiamino e ad infilarsi sotto le coperte.

La piccola si sporse dall’altro lato per accendere la lucetta, poi tornò a rivolgere il suo sguardo azzurro a Ron. Fecero silenzio per un po’: dopo un minuto passato a sorridere al volto dell’uomo che più voleva bene al mondo, Rose decise di rivelargli un desiderio appena fiorito nel suo cuoricino:‹‹Papi, vorrei un orsacchiotto. Un orsetto di peluche. Me lo puoi comprare?››.

Ron fu intenerito da quelle parole. Fissò i suoi occhi in quelli della figlia, le prese la manina e gliela baciò. ‹‹Certo, amore mio. Papà te lo compra, un orsacchiotto. Ora dormi. Sogni d’oro, Rosie!››.

‹‹Sogni d’oro papà!›› e prima che lui potesse rialzarsi lei gli gettò le braccia al collo e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia. ‹‹Ti voglio bene, papi. Grazie›› e Ron era sicuro che si riferisse al segreto di Fred.

‹‹Anche io, cucciola. Buonanotte!››.

Hermione lo aspettava appoggiata allo stipite della porta, sorridente e con le lacrime agli occhi. ‹‹Ti amo, Ron›› gli disse soltanto. ‹‹Anch’io, Mione››. Le stesse parole di qualche ora prima.

‹‹Buonanotte, Rosie!›› Hermione salutò la bambina, mandandole un bacio. Rose alzò la manina per afferrarlo e la poggiò successivamente sul cuore. Il loro personale modo di dirsi sogni d’oro.

Nessuno, però, vide la manina di Rose raccogliere un bacio di nuovo e indirizzarlo stavolta verso il cielo, da dove –era sicura– suo zio Fred la stava guardando.

Nel corridoio, invece, ci fu un ultimo scambio di parole prima di andare a dormire.

‹‹E ora dove lo trovo un orsetto di peluche per domani mattina?›› sussurrò Ron, angosciato.

‹‹Per domani mattina? Sei un mago, Ron!›› rispose Hermione, entrando in camera.

‹‹E allora?›› blaterò. Non aveva mai capito l’innaturale senso di ovvietà che la moglie sprigionava nelle situazioni difficili.

‹‹Andiamo, Ronald Bilius Weasley!›› ribatté la moglie, lasciandosi cadere sul letto. ‹‹Rifletti…›› mormorò poi.

E qualcosa cominciò a farsi strada nella mente, anzi, nel cuore di Ron. Per la sua bambina, anche quello.

 

 

 

‹‹Mamma! Papà!››.

La vocina eccitata di Rosie si levò dal piano di sopra.

Ron, accanto alla finestra a sorseggiare il suo tè, sorrise.

Si sentirono dei passi affrettati e rumorosi sulle scale, poi il visetto gioioso della piccola Rose, già vestita di tutto punto, apparve in cucina.

‹‹Mamma! Papà! Guardate!›› esultò, brandendo una cosa pelosa e vagamente marrone.

Corse dalla mamma, che la prese in braccio. ‹‹Grazie!›› urlò. Poi saltò letteralmente addosso a Ron, lo abbracciò forte forte e gli diede un sonoro bacio sulla guancia.

‹‹Grazie, grazie, grazie!›› continuava a gridare, dondolando tra le sue braccia con il suo orsacchiotto stretto al petto.

Ron sorrise, ripensando a come si era procurato quell’orsetto. Quella stessa mattina si era svegliato più presto del solito, Smaterializzandosi a Diagon Alley. Aveva rivoltato tutta la città come una tasca, ma aveva trovato l’orsacchiotto nel posto più improbabile: il negozio di Fred e George.

Era entrato per salutare il fratello, trovandosi lì, e aveva visto quel coso peloso su una mensola, circondato da scatole contenenti Polvere Buiopesto Peruviana. Preso in mano, aveva sentito qualcosa dentro, una risposta, qualcosa di strano: come del burro che ti si scioglie nel cuore. Eh, sì. Era proprio quello l’orsetto per la sua Rosie. ‹‹Aspetta, gli manca un pezzo›› si sentì dire da George, che scomparve nel retrobottega. Era tornato subito dopo e aveva in mano un maglioncino rosso scuro, a misura d’orso, come quelli che Molly usava confezionare a Natale per tutti loro. ‹‹Quando l’abbiamo comprato, Fred insisteva per mettergli questo maglione addosso…››.

Ron aveva abbracciato il fratello. Un abbraccio silenzioso, triste, riconoscente. ‹‹Salutami Hermione, Hugo e Rose!›› gli aveva detto, quando stava per andarsene.

‹‹Ciao, Georgie›› e con un crac sonoro era tornato a casa.

La voce di Rose lo riscosse dal pensiero di quella piccola avventura. ‹‹…e l’ho trovato sul letto, con il maglioncino! Ma che bello! Grazie…››.

Hermione sorrise al marito, poi con uno sbuffo intenerito tornò alle sue faccende.

Hugo, intanto, era tutto intento a distruggere il suo aeroplano di plastica.

‹‹Hugo! Hugo! Guarda qua!››. Rose si avvicinò al fratello, che alzò lo sguardo dal suo lavoro e guardò l’orso. Hugo sorrise, sadico.

Aggrappandosi alla mano di Rose si mise in piedi, abbandonando il suo aereo sul tappeto, come i resti di un atterraggio riuscito molto male.

‹‹Andiamo! Vieni a giocare in giardino con me e Fred!››.

‹‹Cosa??››. Hermione e Ron parlarono all’unisono. Erano certi di non aver capito bene. Uno posò la sua tazza sul ripiano in marmo della cucina, l’altra mollò all’improvviso la bacchetta che stava usando per rimettere un po’ in ordine. ‹‹Amore, come l’hai chiamato?›› chiese Ron, con un mezzo sorriso sulle labbra.

Rose sembrò imbarazzata. Con Hugo in una mano e l’orsacchiotto nell’altra, ripeté il nome del suo nuovo amico:‹‹Fred…››.

Fred. Come tuo fratello, Ron.

Cercò velocemente gli occhi dorati di Hermione. Lei, lo sguardo a metà tra lo sbigottito e l’intenerito, contemplava la sua piccola Rosie. Poi, gli sorrise. E fu l’unica cosa di cui Ron avesse davvero bisogno, in quel momento.

‹‹Losie, addiamo…!›› sbuffò Hugo, impaziente, tirandole la mano.

Prima di uscire, Rose si voltò verso mamma e papà. Un sorriso le squarciò il visetto... Per tutti e due. Per zio Fred.

E uscì nell’aria tiepida della mattina con il fratellino. L’orsacchiotto Fred ancora stretto tra le sue braccia, gli occhi azzurri accesi.  Rise a fior di labbra, mentre mamma e papà la guardavano, con le lacrime agli occhi, dalla finestra.

 

 

 

 

Rose Weasley era una bambina piuttosto perspicace per la sua età.

Per questo aveva capito che quel giorno, a casa sua, le cose andavano più che bene.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ehilà, gente! Sono di nuovo qui, a rompere con un’altra One-shot… ^_^

 

Prima di tutto, desidero premettere che è nata assolutamente senza pretese, se non quella di farvi sorridere un pochino… Come Rosie viene a sapere di zio Fred (ç______ç) mi ha sempre incuriosito ed eccomi qua!  *O*

 

Le recensioni sono indubbiamente le benvenute e non farebbero altro che rallegrarmi…

 

Alzi la mano chi è andato a vedere “Harry Potter e i Doni della Morte Parte 1”!

 

Io? Ovvio. Voi? Fatemelo sapere… **

 

Fuori Diluvia e io vi lascio…

 

Se vi va fate un salto anche all’altro mio sclero, Febbre.

(Pubblicità del tutto dissimulata)  

 

Grazie per essere arrivati qui senza suicidarvi e scusate per eventuali errori di battitura… Già detto che la distrazione la fa da padrona… ù.ù

 

Un Bacione

 

 

 

ArgentoVivo

 

 

  
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