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Autore: Logic Error    22/11/2010    2 recensioni
Inutile dire che amo Eva e Evabeatrice. Questa vuole essere una fict sulla 'nascita' di Eva-young, la successiva Evatrice.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Black Tea
“Non credete che l’educazione nelle donne sia come lo zucchero nel the nero? Senza, non c’è gusto, ma con troppo zucchero, il the è rovinato.”

Era una battuta quasi di rito ormai, nei pranzi e nelle cene organizzate dalla famiglia Ushiromiya.
Non ero di certo molto grande, ma sentivo d’essere almeno più sveglia di tutte le altre donne stuccate e addobbate che sedevano alla grande tavola da pranzo.
Quella battuta, se così poteva essere definita, faceva sempre ridere gli uomini; e con loro, come clacson stonati, le loro mogli.
Dopotutto non potevo aspettarmi nulla di diverso: le donne presenti erano la perfetta espressione di quel the nero con la giusta dose di zucchero, cioè soltanto uno stupido utero donato a degli uomini interessati a ricchezze ed eredi. La mia lingua è forse troppo tagliente? Me lo hanno rimproverato in molti, ma preferisco parlare con schiettezza piuttosto che ingoiare ogni mio pensiero come se fosse veleno.
Eppure, quella volta tacqui. Forse mi resi conto che non era il caso, forse ero così abituata a sentire quella frase che la mia mente l’aveva archiviata sotto la voce ‘stupidaggini da ignorare’.
Dopotutto, non era quella la questione che più mi premeva risolvere, no.
Anzi, considerando che la frase era stata pronunciata da un ospite, l’ilarità generale passava in secondo piano. Piuttosto, ciò che più mi irritava era lo sguardo fisso e severo e vittorioso di Krauss, costantemente puntato su di me.
Lui non rideva a quella frase, perché era la pura realtà. O almeno lui così la pensava.
Krauss sapeva del mio desiderio, sapeva delle mie ‘farneticazioni’ sulla successione degli Ushiromiya, ed era questo ciò che davvero lo faceva ridere.
Perché io, Eva, più piccola di lui di due anni, una donna, avevo già da quella tenera età il desiderio di diventare il successore legittimo di nostro padre Kinzo.
Ed avevo anche avuto l’ardore di confessare a mio fratello la mia ambizione.
Per Krauss, questa situazione, era una barzelletta: lui era destinato all’eredità, lui era destinato ad indossare l’anello d’oro con lo stemma del nostro casato.
Poco importava se era un buon a nulla, poco importava se io ero più sveglia, più intelligente, più adatta a quel compito.
Lui era il primogenito; lui era un uomo.
Io? Soltanto un embrione troppo cresciuto pronto ad essere venduto al primo riccone di turno, per partorire e portare un’ingente dote a mio padre.
Ma, nonostante tutto, sostenni il suo sguardo e imitai la sua espressione, come a creare una copia speculare di mio fratello; ma una copia migliore.
E, nonostante tutto,sostenni lo sguardo perché, in cuor mio, ero convinta che nostro padre l’avrebbe presto capito. Krauss era solo un bambino viziato.
Eva sarebbe stato il nome del vero successore degli Ushiromiya.


Quella specie di festicciola finì prima del previsto.
In realtà non vidi ogni singolo ospite andare via perché mi ero rintanata in un angolo del salottino a leggere, ma percepii chiaramente il vociare farsi meno intenso col passare del tempo.
“Non dovresti essere con nostro padre ad intrattenere gli ospiti?”
Krauss si era fatto avanti con un bicchiere di vino tra le mani, stupido espediente per apparire fine e raffinato al pubblico.
Peccato che in sostanza fosse ben altro.
“Potrei dire lo stesso di te.”
Alzai di poco gli occhi, quel tanto che bastava per fargli capire d’essere meno importante di un punto qualsiasi stampato sul mio libro.
Odiare Krauss? Sì, potrei dire di sì.
Non voglio prendermi tutti i meriti, però: se mio fratello non mi avesse trattata sempre con indifferenza, inferiorità…se non mi avesse trattato secondo i suoi canoni di ‘donna’, forse avrei avuto anche una maggiore considerazione di lui.
Ma ero dell’avviso che all’odio bisognasse rispondere con odio, e seguivo fermamente questa convinzione.
Lui, naturalmente, non era da meno: almeno su questo campo, lo posso dire, eravamo d’accordo.
“Io, a differenza tua, posso anche scegliere di estraniarmi per un po’. Intrattenere gli ospiti, invece, è un tuo dovere.”
“Dovere? Non ho trovato nessun catalogo delle cose devo fare per forza. Gli ospiti non soffriranno poi tanto senza di me. E, se devo dirla tutta, preferisco di gran lunga i cari libri a quelle…donne.”
“Oh, spero che nostro padre non ti senta, altrimenti si arrabbierebbe molto. Non fa forse parte della tua educazione servire gli ospiti, intrattenerli…come potrai trovarti un marito se continui a comportarti così…così da…uomo?”
A quel punto mi alzai e lasciai il libro sulla poltrona dov’ero seduta.
La collera stava iniziando a fluire e non avevo intenzione di arginarla.
“E chi è che avrebbe deciso cos’è da uomini e cos’è da donne, sentiamo.”
“La vita,il senso comune, l’evoluzione. Devo forse fare alcuni esempi? I soldati, non son forse tutti uomini? E la levatrice, non è forse un’occupazione tipica femminile? Oh, ma facciamo un esempio più vicino a noi…un capo di un’importante famiglia, per esempio…non è forse irrimediabilmente un uomo?”
“C-c-cosa?”
Rimasi per un attimo shockata: ignoravo che potesse spingersi fino a tanto, non pensavo che l’avesse davvero detto ad alta voce.
Combattere con tutte le armi disponibili, era questo a cui Krauss voleva arrivare.
Ed io non avevo intenzione di arrendermi.
“Se davvero credi che lascerò il posto di capo ad un inetto come te, ti sbagli di grosso.”
“Quanto ardore per una donna!”
“Come...osi….”
Nel dire questo, mi avvicinai con un impeto a Krauss: lui, temendo una mia reazione violenta, lasciò andare il bicchiere, che cadde in frantumi sul pavimento.
Il rumore attirò l’attenzione di qualche servo che, inevitabilmente, chiamò nostro padre.
“Cosa sta succedendo qui?” tuonò Kinzo.
Krauss iniziò a dare qualche spiegazione poco convincente, ma io ero pronta.
Avrei detto tutta la verità, nostro padre mi avrebbe capito e Krauss si sarebbe per sempre rotolato nel fango della sua sconfitta.
“Padre!” iniziai “è davvero Krauss il tuo successore?” Mio padre mi guardò come stupito per l’aver introdotto quell’argomento così fuori luogo.
Per quanto riguarda Krauss, beh, presa dalla foga, non lo guardai nemmeno.
“E chi altro potrebbe esserlo? Krauss è il mio primogenito e verrà educato secondo la dura legge degli Ushiromiya. Sarà il perfetto successore.”
“…cosa….?”
Soltanto una flebile parola uscì dalla mia bocca, mentre la lingua di Krauss era pronta a lasciar andare risa di scherno.
Arrendermi? A quel punto? Non avrebbe avuto senso.
“…ma! Il capo degli Ushiromiya dev’essere una persona degna di questo nome! Deve avere delle caratteristiche che…” Nostro padre scoppiò in una risata.
“Vorresti essere TU quindi, il prossimo successore? Tu, una donna? Non farmi ridere! Non provare ad opporti alla mia autorità! Krauss sarà il successore, Krauss e nessun altro!” La sua risata isterica si trasformò in una lunga serie di colpi di tosse.
Succedeva sempre così, quando la collera prendeva posto a qualsiasi altra emozione.
Io…non volevo più ascoltare, non volevo guardare Krauss, non volevo più dover sopportare la vista di mio padre malato che sputava fuori l’anima per distruggere le mie speranze, volevo solo…sparire.


E così feci, per non so quante settimane.
Mi chiusi in camera, a piangere, ad urlare, a rompere qualsiasi cosa mi passasse per le mani.
Chi erano loro, chi erano loro per distruggere il mio sogno? Krauss, davvero potevo farmi sottomettere da quel pallone gonfiato?
E mio padre…l’uomo che avevo sempre rispettato e sempre imitato, possibile che non capisse l’inettitudine di mio fratello?
Possibile che fosse così un grave problema cos’avessi in mezzo alle gambe?!
Eppure…perché, perché diavolo dovevo desiderare ciò? Perché desideravo avere quell’anello, quella potenza, quel titolo…?
Stesa sul letto, pensavo e mi guardavo intorno.
Guardavo i libri che erano sapientemente riposti sulla mia piccola scrivania: ecco, ecco cosa mi aveva portato a volere una cosa simile.
L’evidenza, la realtà, la verità.
Io ero migliore, io ero superiore a Krauss e ai suoi capelli biondi ordinati con cura e ai suoi vestiti perfettamente stirati. Io avevo qualcosa che lui non poteva imitare: la mente, il cervello.
Avevo la scaltrezza e la conoscenza necessaria, eppure, ancora, questo non era abbastanza…
Non avevo forze e, piangente, mi ero trasportata fino allo specchio sulla mia scrivania.
I miei capelli castani erano in completo disordine, gli occhi rossi dal pianto.
E vidi di nuovo la figura perfetta di Krauss…quanta, quanta rabbia mi faceva!
E urlai, urlai sbattendo i pugni sul legno e feci vibrare lo specchio.
Cadde per caso per terra un carillion che iniziò ad intonare una melodia quasi…nostalgica.
Poi, una voce.
“E tu…saresti Ushiromiya Eva?”
Incapace di muovermi, aprii di scatto gli occhi: era…la mia voce, quella?
“E tu…saresti Ushiromiya Eva?”
Di nuovo, con un tono di scherno.
Mi decisi ad alzare lo sguardo: e vidi, nello specchio, me stessa.
Ma una me stessa altezzosa, ordinata, senza una traccia di quella disperazione che mi stava annientando.
“E…tu…chi sei…?” azzardai.
E lei rise debolmente.
“IO sono Ushiromiya Eva, sono l’Eva che crede fermamente in se stessa. Che crede di poter spodestare Krauss e prendere il suo posto. Sono la vera Ushiromiya Eva, quella che non si metterebbe a piangere per una cretinata del genere. Sei così debole, così debole…perché, perché non ti arrendi e muori?!”
“T-tu…tu sei…me?”
“Tu ERI me. Tu eri forte, eri davvero il capo degli Ushiromiya…e ora? Credi che un capo che si rispetti si pianga addosso? Credi davvero che questo ti aiuterà? Se piangi, hai già perso. Perché allora non ti arrendi e muori?”
P-piangere? Perché lo stavo facendo? Perché stavo facendo vincere così facilmente Krauss? Stavo forse combattendo contro me stessa?
Mi rialzai e avvicinai la mia mano allo specchio.
“Vuoi davvero diventare il prossimo capo degli Ushiromiya?”
“S…sì.”
“Vuoi davvero indossare quell’anello dorato?”
“…Sì.”
“Vuoi davvero prendere il posto di Krauss?”
“Sì!”
E ad ogni domanda, rispondevo con più vigore.
Lei, mi stava dando la forza, mi stava facendo ritornare quella che ero un tempo.
Era forse magia quella? Era forse magia quella che passava dallo specchio alla mia mano e quindi al mio cuore?
Forza…abbandonare così il mio sogno…non potevo.
Avrei studiato, avrei lavorato su me stessa, avrei dato il massimo e Kinzo e suo figlio non avrebbero potuto far altro che accettare la mia superiorità.
Sì, sì, era questa la strada da percorrere!
“Diventeremo il successore di Kinzo.”
“Diventeremo il successore di Kinzo.”
“Me lo prometti?”
“Te lo prometto.”
E lei, con un ultimo sorriso pieno di forza, mi lasciò.
Anzi, lo fece solo la sua immagine nello specchio. In cuor mio, lei c’era. Lei era la strega e sarebbe diventata la strega con la magia di cui avevo bisogno.
Rabbia da trasformare in potere, potere da usare per vincere.
Senza nemmeno curarmi della servitù preoccupata fuori la mia porta, presi con forza un libro e iniziai a leggere.

“So, let’s use that anger and learn from it. Changin’ anger into power is my magic”
   
 
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