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Autore: Arshatt    23/11/2010    5 recensioni
Piccola one-shot su Fran e Balthier
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Balthier, Fran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Quando si deciderà a tornare?” pensava Fran, mentre spazzolava i lunghi capelli argentati. Seduta davanti allo specchio osservava i segni della stanchezza sul suo volto.

Era stata una lunga giornata cominciata all’alba con gli strilli di Nono e Balthier che si confrontavano sulla sostituzione di un pezzo corroso della Strahl. La petulante insistenza del pirata su dove fosse più opportuno acquistare il pezzo di ricambio, li aveva portati fino a Rabanastre. Un viaggio decisamente lungo rispetto alla loro posizione attuale, ma non aveva voluto sentire ragioni e dopo mille capricci l’aveva avuta vinta lui e si erano diretti verso la capitale di Dalmasca.

Aveva trascorso tutto il pomeriggio ad aiutare Nono con la manutenzione dell’aeronave, mentre Balthier era misteriosamente scomparso nel nulla dopo l’atterraggio. Si era fatto vivo solo a cena, nella locanda dove avevano deciso di alloggiare per qualche giorno, una piccola vacanza prima di ritornare ai loro affari da pirati. Nessun accenno su dove o con chi fosse stato tutto il giorno, si era solo preoccupato di informarsi se la sua adorata Strahl fosse stata riparata. Del resto lui era fatto così e ormai Fran si era stancata di arrabbiarsi sempre per le stesse cose.

Dopo qualche partita a carte e una sonora bevuta con conoscenze aviopiratesche poco raccomandabili, Balthier aveva lasciato il tavolo per andare a fare due passi con la bella cameriera della locanda, che aveva appena finito il suo turno di lavoro. Fran era rimasta a giocare da sola e dopo un ultimo giro di carte, si era intascata la vincita e senza troppi complimenti si era diretta in camera, infrangendo per sempre le speranze degli omaccioni con cui aveva trascorso la serata, di passare una focosa notte in sua compagnia.

 

Era appena trascorsa la mezzanotte, finalmente la giornata era finita o almeno cosi sperava la viera. Una volta nella sua stanza, si era liberata frettolosamente del suo elmetto e del suo equipaggiamento e si era concessa un bagno caldo per scrollarsi di dosso la fatica della giornata appena trascorsa. Poi aveva indossato una delle camicie sparse qua e là di Balthier, riuscendo a coprire appena il fondoschiena. Le stava larga e lasciarla sbottonata non l’aiutava certo a nascondere la sua nudità, ma sentire l’odore del suo compagno addosso la faceva sentire meno sola.

Spazzolando l’indomita chioma, si chiedeva a che ora sarebbe tornato dal suo frivolo incontro. Passarono altri quindici minuti e del pirata nemmeno l’ombra, così Fran decise di continuare ad aspettarlo mettendosi comoda sul letto.

 

Distesa sul candido lenzuolo, con un braccio piegato dietro la testa e con l’altro poggiato sul ventre, fissava il tetto. L’odore del suo huma sulla pelle la coccolava come un tenero abbraccio. Chiudendo gli occhi, poteva sentire le sue mani stringerle i fianchi e udire il dolce suono del suo caldo respiro dietro il collo. Era come se fosse lì con lei, come ogni notte, a proteggerla dalla solitudine.

Il sonno stava per prendere il sopravvento, quando ad un tratto qualcuno bussò alla porta. Il primo pensiero poco lucido di Fran andò alle chiavi di Balthier, dimenticate chissà dove e della cui assenza probabilmente si era reso conto solo nel momento di apprestarsi a rientrare in stanza. Si sollevò a fatica, rassegnata alla sbadataggine del ragazzo e si diresse verso la porta. Ma una volta aperta, con immenso stupore, non trovò nessuno. Forse si era immaginata tutto per via del sonno, pensò.

Richiudendo, notò uno strano bigliettino ai suoi piedi. Evidentemente qualcuno l’aveva infilato sotto la porta ed era andato via. Incuriosita lo raccolse, apprestandosi a leggerne il contenuto.

 

“Ci attende del lavoro. Tra quindici minuti, alla fontana della Porta Sud”

 

“ No… ma che diamine!” sbuffò per nulla contenta, la donna.

 

Il biglietto non era firmato ma avrebbe riconosciuto la calligrafia di Balthier ovunque. Possibile che avesse ancora voglia di stare in giro a quell’ora? Era stanca e non aveva certo nessuna voglia di mettersi a pensare agli affari in una notte fredda come quella. Dall’altro canto però non poteva lasciarlo da solo, essere soci voleva dire a volte anche andare dietro alle idee strampalate del proprio compagno, e lei lo sapeva bene.

 

E così si era rivestita velocemente, lasciando perdere l’elmetto e il fermaglio con cui era solita appuntare i capelli, e coprendosi con uno scialle nero si era diretta al luogo dell’appuntamento.

La Piazza delle Porte non era molto distante dalla locanda in cui alloggiavano, ma la stanchezza e il freddo pungente le fecero sembrare quei pochi metri, lunghi chilometri. Si trascinava a fatica tra uno sbadiglio e l’altro, lungo le strade buie e semidesolate di Rabanastre.  Il silenzio della notte era violato dai mugolii di qualche giovane coppia, appartata agli angoli delle stradine e dagli schiamazzi di un paio di bangaa, intenti a riprendersi dopo una sbornia.

 

Lungo il tragitto si fermò a osservare l’insegna del negozio di oggetti di Migelo.

“Chissà come se la passano Vaan e Penelo” pensò. Quei due ragazzini le stavano più simpatici di quanto non dimostrasse. In un certo senso rivedeva in loro lei e Balthier, quando molti anni prima avevano deciso di diventare aviopirati e di solcare i cieli di Ivalice insieme. Erano stati sprovveduti e inesperti, forse anche più dei due ragazzini, ma si erano promessi di non raccontare a nessuno quelle storie per salvaguardare la loro reputazione.  Ripensandoci sorrise, dimenticando per un istante dove stava andando. Il cinguettio di una civetta la riportò alla realtà.

 

Trascorsero sette minuti e finalmente Fran raggiunse la piazza. Qualche passo in direzione della Porta Sud e fu nel luogo indicato sul bigliettino.

Del pirata nessuna traccia.

La viera si sedette sul bordo marmoreo della fontana, delusa e stanca di aspettare.

 

Balthier esci fuori..” esclamò, alzando un po’ il tono della voce. Stava per perdere la pazienza.

 

“Quanto avevi intenzione di farmi aspettare ancora?” rispose l’uomo, sbucando dalla scalinata ai piedi della fontana.

 

“Che faccia tosta… Sei proprio uno sbruffone” replicò sconsolata.

 

“Non fare la permalosa… Dai alzati che andiamo".

 

“Andiamo dove?”

 

“Lo vedrai presto”

 

E così si diressero verso una stradina isolata, alle spalle dell’aerodromo. Erano stati molte volte a Rabanastre ma Fran non aveva mai visto quella parte della capitale. Il suo sguardo incuriosito si posò su un cancello con uno strano stemma che circondava una villetta attorniata da un giardino.

Doveva trattarsi dell’abitazione di qualche nobile, visto lo stile sfarzoso degli intonaci. L’erba alta e incolta che s'intravedeva dalla cancellata lasciava presagire che dovesse essere abbandonata da diverso  tempo.

 

“Siamo arrivati” esclamò, Balthier.

 

“.. Siamo venuti qui, nel cuore della notte, per saccheggiare qualche riccone rabanastrese?” chiese lei, perplessa. Quei furti da ladruncoli non erano certamente il loro genere. Lui la guardò e sorrise.

 

“Dai entriamo” disse, afferrandola per una mano e tirandola dentro.

 

Attraversarono il giardino e invece di varcare l’ingresso principale dell’abitazione, Balthier virò verso le spalle dell’edificio.  La donna si trovò davanti ad un piccolo angolo di paradiso, del tutto diverso dalla desolazione a cui aveva assistito prima.

Una grossa quercia faceva ombra a una piccola panca di marmo colorato, posta ai suoi piedi. Dietro un laghetto artificiale rifletteva gli astri del cielo, circondato da violette e gerbere bianche che crescevano rigogliose lungo un manto d’erba finemente curato.  L’uomo la incitò a sedersi insieme a lui, sulla panchina.

 

“Sembra che il giardiniere si sia dimenticato di falciare il prato anche all’ingresso” notò sarcastica.

 

“Beh si vede che è un uomo impegnato” replicò, divertito. “ Ti piace?” chiese, indicando il paesaggio circostante.

 

“Esprime tranquillità..” disse compiaciuta. “ ….Ma perché siamo qui ?”

 

Il pirata non rispose ed estrasse dalla tasca dei pantaloni un piccolo sacchettino di velluto azzurro, chiuso da un cordoncino bianco. Tenendolo stretto tra l’indice e il medio, lo porse alla donna.

 

“Per te..”

 

“..uh?.. Cos’è?” chiese, stupita.

 

“Aprilo..”

 

Sciolse delicatamente il cordoncino e lasciò cadere sulla mano il contenuto del sacchettino. A quella vista, sgranò gli occhi.

 

“Un.. anello…?” constatò, smarrita e incredula. Si trattava di un anello di platino, dalla maglia non troppo sottile, incastonato tutto intorno con piccoli cristalli rossi, simili a dei rubini ma con una luce diversa al loro interno. Era elegante e di buon gusto e a giudicare dalla luminosità delle pietre, doveva essere anche parecchio prezioso. Ma nonostante la bellezza del gioiello, non riusciva a spiegarsi cosa c’entrasse con lei. “ .. Che.. vuol dire?” continuò a chiedergli, sempre più preoccupata dai suoi silenzi.

Quella scena assomigliava molto a una proposta di matrimonio e Fran non era decisamente una futura sposina ansiosa di indossare la fede nuziale. Un gesto così da Balthier era decisamente fuori da ogni schema esistente. No, non poteva essere davvero per lei quell’anello. Non ci voleva credere eppure non poteva fare a meno di agitarsi, costatando quanto fosse ambigua quella situazione.

Spalancò ancora di più gli occhi, non appena l’uomo raccolse l’anello dal palmo della sua mano e lo fece calzare al suo dito. Adesso sì, che era terrorizzata.

 

“ .. Buon compleanno, Fran..” le disse dolcemente. 

 

“ .… Compleanno…?” chiese lei, confusa. Qualche secondo di silenzio, poi le fu tutto chiaro e tirò un respiro di sollievo.  “.. Te ne sei ricordato…. “

 

“ Non ti piace..? Hai una faccia..” notò, perplesso.

 

“ E’ bellissimo… solo non me l’aspettavo.. A dire il vero non ricordavo nemmeno che giorno fosse oggi”.

 

“ Sai.. non è stato facile farlo realizzare” disse lui, indicando con lo sguardo il gioiello. “ Ma n’è valsa la pena..” sorrise soddisfatto. Era venuto esattamente come l’aveva commissionato, al suo uomo di fiducia.

 

“… Ma perché proprio un anello ..? Non è esattamente il genere di regalo che mi sarei aspettata da uno come te..”

 

“ Fiducia e fedeltà.. non è forse questo quello che simboleggiano gli anelli?”

 

“ Beh passi per la fiducia.. ma sulla fedeltà avrei qualcosa da ridire..” ribadì, sarcastica. “.. Non stiamo insieme..  Non dovresti farmi simili regali” lo sgridò, severa.

 

“Smetti di fare la sciocca e leggi l’incisione” la smontò, lui.

 

 

Fran tolse l’anello e lesse ad alta voce la frase al suo interno.

 

“Per non separarti più da me”

 

La viera sbiancò. Non sapeva di nuovo cosa pensare. Notando il suo smarrimento, il suo socio si affrettò a chiarire le sue intenzioni.

 

“Non è un anello di fidanzamento, l’hai capito vero Fran?” chiese, divertito. L’espressione pallida della donna alla lettura di quelle parole, fu esilarante. Anche dopo quella sua affermazione non seppe cosa dire.

 

“Fran… quelle pietre sono dei cristalli speciali.. assorbono il Mystes” le svelò, facendosi serio.

 

“ Cosa?!.. Ma come…e  dove li hai trovati?” chiese esterrefatta. Fino a quel momento aveva sempre creduto che non esistesse nulla del genere su Ivalice.

 

“ Qualche mese fa Tomaj mi ha scritto di aver trovato un documento interessante sui cristalli che si nascondono nel sottosuolo della Foresta Stregata. Ci abbiamo messo un po’ ma alla fine li abbiamo trovati.. Sono simili a delle pietre di granato, ma riescono ad assorbire una quantità impressionante di energia magica”

 

“ Deve essere stato pericoloso..” notò preoccupata. “ …Allora è per questo che nelle ultime settimane, scomparivi giornate intere..”

 

“Avrei preferito intrattenermi con qualche donzella in effetti.. … Ma sai, la verità è che ero stanco di vederti stare male ogni volta .. e di doverci separare a causa del Mystes” ammise, puntando lo sguardo verso il cielo.

 

“Balthier… … Grazie..” si limitò a dirgli, un po’ imbarazzata. Era notevole la sua capacità di farsi perdonare per mille malefatte con un solo semplice e inaspettato gesto. Nonostante tutti gli anni trascorsi insieme, riusciva ancora a lasciarla senza parole.

 

 

Ci fu qualche minuto di silenzio, dove rimasero a fissare il cielo, il simbolo della loro unione. Poi Balthier riprese la parola.

 

“Ti va di dare un’occhiata dentro?”

 

“..Era di proprietà dalla tua famiglia vero? Lo stemma sul cancello.. è quello dei Bunansa, non è così?”

 

“Non ti sfugge niente..! … Era la residenza estiva di mio padre.. Ci venivamo in vacanza quand’ero bambino” le rivelò. Il suo tono si era fatto malinconico. Aveva trascorso molte estati in quella casa, era uno dei pochi luoghi in cui aveva dei bei ricordi della sua famiglia.

Fran intuì il suo turbamento, così si sollevò in piedi e stavolta lo prese lei per la mano, invitandolo a farle da cicerone.

 

 

Nonostante la polvere sui mobili e l’odore di chiuso, la bellezza di quelle stanze era rimasta inalterata. L’arredamento era lussuoso ed elegante e lasciava trasparire quella vena di egocentrismo, tipica dei Bunansa. Le mostrò il salone, la cucina e i bagni, accennando di tanto in tanto qualche aneddoto che li riguardava. Poi fu la volta delle camere da letto. Quando furono davanti alla porta infondo al corridoio del secondo piano, tentennò dal varcarne la soglia, come se temesse chissà cosa. Fran lo guardò come a volerlo rassicurare, anche se non sapeva nemmeno lei da cosa. Si decise a fare pressione sulla maniglia, mostrandole infine la camera.

Gli occhi della donna si posarono subito sul quadro posto sulla parete laterale, di fronte al letto. Era il ritratto di una huma. I lineamenti del suo viso erano sottili e delicati, incorniciati da lunghi capelli ondulati color miele e con due grandi occhi azzurri come il cielo. Sorrideva serena, stringendo tra le mani un neonato.

 

“ Questa donna… Era tua madre?” osò chiedergli, timidamente. Lui alzò fiero gli occhi sul dipinto e si apprestò a risponderle.

 

“ Faith Faylon Bunansa..”disse. Ripetere quel nome gli fece uno strano effetto, erano anni che non la chiamava più così.

 

“Era molto bella..” notò, Fran.

 

“… E molto dolce..” aggiunse, lui.

 

“Non ne dubitavo.. Hai i suoi stessi occhi..” Era solo un dipinto a olio, ma gli occhi azzurri di quella donna erano magnetici. L’espressione di orgoglio con cui il ragazzo guardava quel volto, le fece intuire che dovesse averla stimata molto.

 

“.. Se n’è andata via quando avevo sei anni… “ le rivelò, inaspettatamente.

 

Fran rimase di stucco, non immaginava che ne avrebbe parlato. La famiglia era sempre stato un argomento tabù, persino per loro. Forse erano stati quei luoghi a suscitare in lui il desiderio di affrontare quegli argomenti e lei dovette ammettere che non le dispiaceva affatto starlo ad ascoltare.

 

“.. E’ strano da credere.. ma c’è stato un tempo in cui noi tre siamo stati molto felici … ”

 

“Non lo è affatto.. Tuo padre doveva amarla molto, a giudicare dalla serenità che traspare dalla sua espressione su questo quadro..”

 

“Già… …Dopo la sua morte non è stato più lo stesso… “

 

“ Forse è per questo che ha preferito buttarsi sul suo lavoro... per dimenticare.. e sopravvivere”sospirò.

 

“… E alla fine si è dimenticato pure di suo figlio…”disse, lasciando trasparire da quelle parole una profonda amarezza.

 

“Ffamran… “ lo richiamò, poggiandogli una mano sulla spalla. Quel nome sembrò riecheggiare per tutta la stanza, come un boato nella testa del ragazzo. Poteva fingere per quanto tempo voleva e con tutte le forze che aveva di essere Balthier, ma Ffamran era sempre lì, impossibile da annientare, impossibile da dimenticare. E Fran sapeva bene quand’era il momento di ricordarglielo. “Devi accettarlo, devi perdonarlo” glielo ripeteva in continuazione e forse se aveva deciso di portarla lì stasera, in quel luogo così intimo del suo passato, voleva dire che alla fine in parte se n’era convinto anche lui. Ma non voleva tornare indietro con la mente adesso, non questa notte.

 

“Dai muoviamoci.. il giro non è ancora finito..” tagliò corto. 

 

 

Si avviarono verso la  porta vicino alle scale..

 

“Scommetto che questa era la tua stanza invece” intuì, notando i modellini impolverati di aeronavi disposti con cura sopra le mensole di legno. Molti giocattoli e peluche erano sparsi qua e là sul pavimento mentre le pareti erano tappezzate da ritratti di famiglia e disegni. “ Non sapevo sapessi disegnare cosi bene..”

 

“E’ una delle poche cose che avevo in comune con lui..”

 

“Il copriletto con gli orsacchiotti invece aveva successo con le ragazzine?”scherzò, vedendo il tenero piumoncino sul letto a una piazza, posto in un angolo.

 

“Sulle ragazzine non molto, ma sulle loro mamme lo aveva sempre” annuì fiero e sorridente. Scoppiarono a ridere e dopo qualche altro breve commento sull’arredamento e sull’infanzia del ragazzo, lasciarono anche quella camera.

 

 

Il passo e la postura di Fran erano meno agili del solito, faceva fatica quasi a tenersi in piedi. Non poteva fare a meno di portare la mano alla bocca ogni cinque minuti, seppur non sembrasse annoiata.

 

 “Lo sai che è scortese sbadigliare in faccia alla gente?” la sgridò, prendendola in giro. Era visibilmente assonnata, nonostante cercasse di non darlo a vedere.

 

“Sono solo un po’ stanca..”

 

“Allora ti piacerà l’ultima stanza che ti mostrerò..” esclamò, spalancando l’ennesima porta.

 

A giudicare dal suo interno doveva trattarsi della camera da letto degli ospiti, ma a differenza del resto della casa era stata misteriosamente ripulita. Le lenzuola e le federe ai cuscini erano state cambiate di recente, così come l’acqua nei vasi con fiori freschi e i tappeti, liberi dalla polvere. Le tende erano raccolte in parte da nastri di velluto rosso, lasciando intravedere un balcone in granito bianco, con molte piante. I cristalli del lampadario e delle abat-jour luccicavano, illuminati dal fuoco scoppiettante del camino acceso, al centro della stanza. Su un piccolo tavolino posto vicino ai piedi del letto erano adagiati due calici, una bottiglia di champagne e una rosa rossa a stelo lungo.

Fran si addentrò, un po’smarrita e per nulla certa di voler chiedere spiegazioni. Le sue gambe stanche la spinsero a sedersi sul bordo del letto.

 Lo squadrò con le iridi cremisi, lasciando che fossero loro a parlare al suo posto. Balthier colse subito il messaggio.

 

“Fa parte del tuo regalo di compleanno…”disse, porgendole la rosa e sedendosi accanto a lei.

 

“Non dirmi che ti sei dato alle pulizie di primavera tutto il giorno…”.

 

“Mi sono fatto dare una mano da “certi ragazzini..“ “ sghignazzò. Fran intuì subito il riferimento a Vaan e i suoi amici.

 

“Scommetto che li hai ricattati per convincerli..”

 

“A dire il vero non ce n’è stato bisogno.. E’ bastato dirgli che per te era un giorno speciale e si sono convinti subito.”

 

“Mi toccherà ringraziarli adesso.. “

 

“Non mancherà occasione di vedervi.. Credo che Penelo abbia già in mente qualcosa di sdolcinato per oggi e Vaan non si lascerà sfuggire di certo l’occasione di contare le candeline sulla torta”

 

“.. Non credo di essere pronta a questa ondata di tenerezze nei miei riguardi, mi toccherà rendermi irreperibile”

 

“Se ci riesci..” disse, versando lo champagne sui due calici di vetro e porgendogliene uno.

 

“E con la bella locandiera come la mettiamo? Hai convinto anche lei ad aiutarti..? Magari testando la morbidezza del letto..”

 

“Non credo che suo cugino Tomaj ne sarebbe stato contento..  e aimè gli dovevo un favore. Mi sono limitato ad accompagnarla a casa” svelò, sconsolato.

 

“Beh.. a cosa brindiamo?” chiese, sorseggiando il bicchiere.

 

“A te..”esclamò, sollevando il suo.

 

“.. A noi..” lo corresse, bevendo un sorso.

 

“Che ne pensi?.. Non è più confortevole della camera della locanda”

 

“Devo ammettere che è stata una bella sorpresa.. Quando vuoi, sai come farti apprezzare”

 

“Non hai ancora visto il pezzo forte..”disse spavaldo. Riempiendole nuovamente il bicchiere. “Non hai caldo con quella mantellina?” le chiese, facendole cenno di toglierla.

Lo guardò diffidente ma decise ugualmente di acconsentire, il calore del camino era sufficiente a scaldarla. Nel momento in cui si voltò di schiena per poggiare lo scialle sul letto, sentì la sua mano sfiorarle il collo e scostarle di lato i lunghi capelli color argento. Poi proseguì a premere sulle sue spalle, facendole un massaggio. Fran rimase piacevolmente sorpresa, tutte quelle attenzioni da parte sua non gli dispiacevano, specie dopo una giornata stressante come quella appena trascorsa. Decise di rimanere in silenzio e lasciarsi coccolare.

Balthier sapeva bene come far rilassare una donna, specie se si trattava della sua socia d’affari e di vita che ormai conosceva come le sue tasche. Se c’era una cosa che la mandava su di giri erano i massaggi ai piedi, erano il suo punto debole, la lasciavano completamente inerme. Così s’inginocchiò con una gamba per terra iniziando a sfilarle dapprima l’equipaggiamento che le cingeva le cosce, per poi proseguire a rimuovere le ginocchiere e infine le scarpe appuntite.

Trovava stupende le sue gambe nude così lunghe e scolpite, accarezzandole non poté fare a meno di provare un fremito di eccitazione.

 

“Questo è un colpo basso..” disse, Fran.

 

“Se vuoi smetto..” rispose, sorridendole malizioso. Sapeva d’averla in pugno, seppur non avesse intenzione di approfittarsene.

 

“.. Non ho detto questo.. Dopotutto compio gli anni una sola volta l’anno..” replicò. Aveva tutta l’intenzione di godersi fino in fondo il suo regalo di compleanno. Vederlo così affettuoso era una rarità.

 

Intanto aveva ripreso ad ammirare l’anello che gli aveva messo al dito, diversi minuti fa. Lo guardava come fosse un prezioso trofeo, persa in quei luccichii rossastri. Anche se non era mai stata interessata alle gemme e ai gioielli, questo era speciale.

Infondo lei non era mai stata davvero la sua donna e lui non era mai stato il suo uomo, eppure sentivano di appartenersi visceralmente.  Un sentimento indissolubile e indefinito li univa, e quell’anello ne era appena divenuto il simbolo.

                                                                                                                

“E’ davvero bello…” notò contenta. 

 

Balthier non volle aggiungere nulla, si limitò a guardarla soddisfatto e compiaciuto. Le nocche delle sue dita erano risalite dai piedi alle gambe, proseguendo a massaggiarle. Fran sorrise notando come faticasse a trattenersi dal baciarle, il desiderio che provava nei suoi confronti in queste occasioni era evidente ma non si permetteva mai davvero di andare oltre i limiti che lei gli imponeva. Lui la rispettava e lei si fidava ciecamente.

 

A un certo punto i loro sguardi s’incrociarono, fondendosi in un dolce e silenzioso dialogo che solo loro potevano comprendere.  Fran lasciò scivolare le mani su quelle del ragazzo poggiate sulle sue ginocchia, intrecciando le loro dita.

 

“ “Per non separarmi più da te” “ gli sussurrò, ricordando l’incisione sul gioiello.

 

In sei parole era riuscito a esprimere la sua paura più grande, essere abbandonato. Un trauma che aveva vissuto prima con la morte della madre, quando era bambino, poi con il padre che l’aveva messo da parte per seguire le sue ambizioni smisurate. Era rimasto solo, con pochi sogni in tasca e ancor meno entusiasmo per realizzarli. Fino a che il Caso non aveva incrociato il suo cammino con quello di una bella e sconosciuta viera che come lui, aveva pagato con la solitudine, il prezzo della sua libertà. All’inizio si trattava solo di affari e di un frivolo corteggiamento, ma non c’era voluto molto perché il loro legame si rafforzasse al punto da diventare irrinunciabile.

 

“.. Nel caso decidessi di andare via… Sappi che non ti sbarazzerai di me facilmente..” le disse, sollevandosi in piedi e tirandola a sé, avvolgendola in un abbraccio.

 

“ E se un giorno ti stufassi tu di me..?”chiese, con voce bassa e incerta. La sola idea che potesse succedere, la rattristava. Lui le accarezzò dolcemente i capelli, dandole un bacio sulla fronte, come fosse una bambina bisognosa di conforto. Lei teneva la testa poggiata sulla sua spalla mentre con un braccio si stringeva al suo petto e con una mano gli accarezza la guancia.

 

“Non accadrà” esclamò con fermezza.

 

Era un’innocente bugia, lo sapeva. Ma lui sembrava crederci sul serio e quella notte anche lei volle farlo. Quella candida illusione fu il regalo di compleanno più bello.

 

 

 

Nota: XD Nella Fan Fiction ho scritto che Balthier ha gli occhi azzurri, così come appaiono in FF revenant wings e come è riportato sulla wikipedia di final fantasy. Però nel gioco originale mi pare li abbia o verdi o castani.. se qualcuno di voi ha chiarito l'enigma, me lo faccia sapere XD.

  
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