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Autore: littleAUSTEN    24/11/2010    0 recensioni
Era quasi mezzanotte, ed Henry non si era ancora deciso ad andare a dormire. A dire il vero non era molto deciso a far nulla in generale.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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HARRY POTTER ED EDWARD CULLEN, OSSIA HENRY MOTTER&EDWIN CUMMEN IN…. QUANDO LA MAGIA INCONTRA IL SANGUE(... E DUE CANINI MOLTO AFFILATI) Era quasi mezzanotte, ed Henry non si era ancora deciso ad andare a dormire. A dire il vero non era molto deciso a far nulla in generale. Aveva appena visto Colin, e i risultati di tale incontro si notavano subito. Sprofondato su di una poltrona della Sala Grande di Grifondoro, l’impavido mago canticchiava qualcosa, una canzone sconosciuta, arcaica, di cui si comprendevano solo quattro parole... “no woooman no cryyyy”. Ogni tanto espirava anelli fumo che si dirigevano pigramente verso il camino, e si scostava una treccina che gli finiva davanti agli occhi. Se lo avessero beccato ancora una volta a fumare roba pesante lo avrebbero espulso, o, peggio ancora, gli avrebbero confiscato la roba e se la sarebbero fumata tutta loro, ‘sti fascisti del cazzo. L’ultima volta, dopo che gliene avevano sequestrato oltre tre chili, aveva notato tutti i professori molto allegri per almeno una decina di giorni. Anche quello stronzo del professore di pozioni... chissà com’è bravo a tagliare roba, quello, pensò amaramente tirando l’ennesima boccata dallo spinello che teneva tra le dita. Henry non si vergognava per niente nel dire di essere il mago più bravo di Homwarts, la sua scuola. Forse non era il più intelligente, ma a copiare li batteva tutti. Era al quinto anno. Secondo un oroscopo orientale del cazzo, quello era l’anno della Fenice. Tipo quella che aveva il caro Preside impagliata nel suo ufficio. Mah. Era dalla fine delle lezioni che Henry non vedeva i suoi due migliori amici, Hermy e Ronny. Conoscendoli saranno in qualche cesso dismesso a mescolare roba in un calderone, pensò con un sorrisetto. Hermy era molto esperta nel creare cocktail semi-mortali che facevano compiere viaggi allucinanti: qualche zampa di tritone, fegato di gatto e rum e lei ti tirava su l’allucinogeno del secolo. Era bravissima, la pusher più brava di tutta la contea. Voci di corridoio parlavano di un’ipotetica relazione tra Hermy e Ronnie: lui, povero in canna, sembra pagare in natura le dosi. Henry non aveva mai indagato, in fondo non erano cazzi suoi se i suoi migliori amici avevano deciso di soddisfare i propri bisogni fisici insieme. Non gliene poteva importare di meno. L’unica cosa che ogni tanto si chiedeva è che cavolo di gusti avesse Hermy: insomma, già Ronny era brutto quando era pulito, il che era raro, immaginarsi cosa diventava quando era fatto. Bleh, orribile solo a pensarci. Lui, Henry, sì che aveva dei gusti eccellenti in fatto di ragazze! Prima stava con una che sembrava vagamente cinese, tale Chyio Chang, ma era finita quando lei aveva scoperto che lui pagava in natura la roba alla seconda pusher più brava della contea: Gin, la sorella del già menzionato Ronny. Ronny non aveva mai espresso opinioni in merito alla relazione tra i due. O, se l’aveva fatto, erano tutti troppo ubriachi per accorgersene. Su questo rimuginava il nostro eroe, mentre canticchiava qualcosa che assomigliava vagamente al raggae di Padre Marley (ma che in realtà sembrava il lamento di un piccione in agonia) spaparanzato su una poltrona della sala grande mentre tirava boccate a quell’infinito cannone. Quando l’ebbe finito, lo gettò sul tappeto, schiacciandolo con la bacchetta magica, che a quell’uso era sempre utile. Poi, all’improvviso, i suoi sensi si allertarono. Si alzò di scatto, pronto all’attacco, percependo ogni minimo movimento intorno a sé. Non sentendo un tubo, tornò sulla poltrona ed emise un rutto solenne, leggendario. Dopo circa quindici secondi d’interminabile riflusso intestinale, tornò, ora tranquillo e soddisfatto, ad accendersi un secondo spinello. Ancora immerso nei suoi pensieri, e impegnato a distruggere l’intera discografia di Bob Marley, il grande mago tornò a pensare a ciò che più gli faceva male: il suo acerrimo nemico, Mr Mort. O, per i più paurosi, Colui-Che-Ci-Ucciderà-Tutti. I maghi non brillano certo per ottimismo, pensò amaro Henry. Quella sottospecie d’essere vivente gli aveva portato via i genitori. Brutto stronzo. L’aveva condannato a vivere con i suoi zii, due semi-miliardari dell’East Coast americana che avevano praticamente tutto, e con un cugino che l’aveva iniziato all’erba e ai rave party babbani. Tutte le sere fuori ubriaco fradicio, l’emicrania mattutina che combatteva ubriacandosi, le ragazze, la macchine decisamente troppo costose per essere vere... un’infanzia proprio terribile. Angosciante. E i suoi genitori? Erano andati, partiti. Un viaggio intorno al mondo. A piedi. E senza usare la magia. Partirono per l’avventura quando lui aveva solo un anno. Ora, che aveva quindici anni, nessuno sapeva più niente di loro. L’ultima cartolina era giunta da un posto vicino alla foresta pluviale, due anni prima: a quanto pare i due prodi genitori avevano deciso di vivere lì per diverso tempo, riprendendo il contatto con la natura che l’umanità aveva perso, ricostituendo il canale energetico che era andato perduto ecc ecc... Hippie di merda, pensò Henry. Tutta colpa di quel bastardo di Mr Mort: il loro mentore, la loro guida spirituale. Il nuovo messia, colui che aveva convinto milioni di persone, tra maghi e babbani, a partire per l’avventura. Anche lui era partito, poi, il coglione. Scappato. In Romania, si dice, con una brasiliana conosciuta durante un suo comizio. Con milioni di dollari non suoi. Aveva lasciato Henry orfano, e non solo. Quella cicatrice che tanto lo contraddistingueva Henry se l’era procurata quando, insieme ad un gruppo di amici, armati di spranghe e lacrimogeni, aveva tentato di linciare Mr Mort ad una fiera del fumetto, vicino a Diagon Alley. Non c’era riuscito perché, nella foga dell’inseguimento, non si era accorto di una bancarella di Flash Man finchè non ci aveva sbattuto contro. Quella saetta gli era rimasta impressa in fronte, e non se n’era andata mai più, insieme agli sfottò degli amici presenti, che tuttora avevano la premura di ricordarglielo. Mentre stava bestemmiando mentalmente contro quel bastardo cialtrone ruba soldi, si sentì un rumore. Era un rumore strano, come di vetri infranti, come se qualcuno avesse confuso la finestra con la porta, ma avesse comunque tentato di entrare ignorando grandiosamente il fatto che fosse chiusa e con le sbarre (la scuola di Homwarts era famosa per le fughe degli alunni dalle finestre, a prescindere da che piano fosse. Peccato che gli studenti non siano mai troppo svegli, e a volte cerchino di volare via senza scopa.). Riflettendoci, poteva proprio essere un rumore di quel genere, pensò Henry insieme con un bel “Dio, quanto sono intelligente!”. Da un angolo della stanza, Edwin Cummen bestemmiò contro quelle persone maleducate che non lasciavano mai le maledette finestre aperte per i poveri vampiri che, in fondo, non facevano altro che il loro mestiere. Henry, sentendo quella voce sconosciuta provenire da un angolo sconosciuto della Sala Grande, si voltò, lasciando a metà Africa Unite che, in fondo, aveva già massacrato abbastanza. E si accigliò. Un volto bianco, cadaverico, spettrale, e incredibilmente pieno di brufoli, lo fissava dall’altro capo della stanza, indeciso sul da farsi. “Oh, tu... cazzo guardi?”gli domandò quella strana persona che, Henry non brillava certo per intelligenza, non aveva ancora capito da dove fosse comparsa. Si voltò, deciso ad ignorarlo e a continuare a fare ciò che stava facendo, ossia fumare e far rivoltare Padre Marley nella tomba. Ripartì Africa Unite, che sembrava più l’urlo del fenicottero rosa durante la stagione degli amori che la leggendaria canzone del Profeta del Reggae. Ora venne il turno di Edwin, per accigliarsi. Si avvicinò al maghetto e gli chiese, infatti: “Ma è Bob Marley, quella sottospecie di lamento funebre?” “Sicuramente non è Jingle Bells, ti pare?”, rispose Henry, che cercava guai. “Scusa, non volevo insultare il tuo modo sopraffino di fare reggae- tentò diplomaticamente di giustificarsi Edwin- è che mi sa di aver perso quel poco di senso dell’orientamento che avevo.” “Quindi? Che cazzo dovrebbe importarmene di uno strafatto senza GPS, eh?”domandò Henry, ormai completamente incazzoso. “Niente, immagino, ma volevo solo un’informazione... dunque... ehmm.. questo non l’ospedale, vero? No, perché ero sicuro di aver svoltato correttamente all’incrocio di Morks, ma a quanto pare qui non siamo Morks... non ricordavo questo castello...” “Se è per questo non siamo neanche in America, pirla!”, rispose Henry ormai scazzatissimo. Edwin apparve confuso, molto confuso: “E... dove siamo, di grazia?” “Vicino a Londra, o almeno era così l’ultima volta che ho controllato da sobrio...” Edwin rifletté per diversi minuti. Era così concentrato che un sottile filo di fumo si uscì dalle sue orecchie, avvolgendo la sua testa. Alla fine si arrese: “Vabbè, forse ho proprio sbagliato incrocio... ecco cos’era tutta quell’acqua ad un certo punto... ora devo tornare al più presto... altrimenti Bea mi cade in depressione, se non mi vede più tornare... non esce più di casa e si rimette a parlare con i cani... no no, devo proprio tornare...!!!” “E TORNA ALLORA, NO? COSÌ LA FINISCI DI FRACASSARE I COGLIONI A ME!” urlò Henry sempre meno comprensivo e sempre più fatto. Edwin sembrò improvvisamente mutare pur restando sempre lo stesso: come se fosse diventato più cupo, più terribile. Se solo quei brufoli non ci fossero stati, forse Henry avrebbe cominciato seriamente ad aver paura. Invece, quando Edwin finalmente scoprì i denti, si limitò solo a costatare l’evidenza: “Ah, e così saresti un vampiro... non ci sarei mai arrivato vendendoti, dico la verità... sei bravo a nasconderti!” Edwin si bloccò nell’atto di attaccare, con un’espressione perplessa in viso. Balbettò qualcosa che somigliava ad una bestemmia, o a un lamento. “Uffa, ma perché non riesco a far paura a nessuno?” disse infine singhiozzando il vampiro. Henry si voltò molto lentamente a guardare Edwin. Oddio, guardare è un termine esagerato. Diciamo che cercò, con tutta la buona volontà del mondo, di metterlo almeno un po’ a fuoco. Per un momento credette di farcela, e disse, rivolgendosi all’appendiabiti: “Sorry, vampirello delle mie scatole, starei tutta notte ad ascoltare le tue paranoie, davvero, è sempre stato il mio sogno fracassarmi le tu- sai- cosa ascoltando i lamenti frustrati di un vampiro eccentrico, ma al momento ho di meglio da fare.” “Davvero?E cosa devi fare di bello?” domandò Edwin tutto interessato. “Ho un appuntamento”, rispose Henry. “Ah sìììììì????? E con chi? Una ragazza forse,eh?? Io ho una ragazza... si chiama Bea, ha diciassette anni, lo so che la differenza d’età è tanta, ma stiamo bene insieme, io e lei... pensa che vogliamo sposarci e avere dei figli... ma prima dobbiamo uccidere tutti i cattivi che vogliono uccidere Bea, dopo la trasformiamo... papino dice che si deve fare così, e papino lo sa come si fa, lui è un medico...” Henry, che si era perso intorno alla parola “ragazza”, o giù di lì, rispose: “ No, non ho appuntamento con una ragazza... vedi questa cosa che ho in mano? È uno spinello, hai presente? Una canna!!! Ecco, mi farebbe piacere poter avere un incontro ravvicinato, del tipo che preferisci, con lui... vorrei potermelo fumare in pace!!!!!” Edwin, ormai irrefrenabile: “E poi ho quattro fratelli: Rosie, Em, Jas e Aly.Sai, la cosa divertente dei miei fratelli è che, non essendo davvero fratelli, possono fidanzarsi tra loro. Cosicché Rosie sta con Em, e Aly sta con Jas. Io, dal canto mio, ho dovuto cercarmi l’anima gemella fuori da casa, un po’ perché le sorelle mi erano finite, e poi perché l’unica avance me l’aveva fatta Em, e un po’ questa cosa mi spaventava. Henry aveva ormai completamente smesso di ascoltare, e, al momento della definitiva rottura del poco di pazienza che gli era rimasto, urlò con quanto fiato i suoi poveri polmoni potevano produrre: “INSOMMA, NON ME NE FREGA UN CAZZO DI TUTTO QUELLO CHE STAI DICENDO!!!! TI DIRÒ COME FARE PER TORNARE NEL TUO MERDOSO PAESE DI MORTI VIVENTI, BASTA CHE TI LEVI DAI COGLIONI!!!!” Edwin, tutto contento, lo raggiunse saltellando e festeggiando. Henry lo ignorò completamente, e iniziò a sparare a manetta: “Allora, tu esci di qui, no? Bene, vai sempre dritto, diciamo per un migliaio di miglia, poi prendi la terza a sinistra, la seconda a destra, la quarta verso Ovest, segui la stella cometa fino a Betlemme, poi vai verso sud...lì troverai una grande massa d’acqua, ma non preoccuparti: è solo l’oceano, non ti rovini l’acconciatura da vampiro malinconico, se corri molto veloce non ti bagni...quando arrivi all’oceano vai sempre dritto e, quando inizi a sentir puzza di merda, sei arrivato! Ora vattene!” Edwin non stava in sé dalla felicità e, dopo aver tentato invano di ringraziare il maghetto più amato del mondo, puntò una finestra integra e ci si buttò addosso con tutto il corpo, distruggendola di brutto e uscendo dalle sbarre in un modo che non mi è consentito descrivere per quanto schifoso. Henry scosse brevemente la testa, ritornò al suo spinello e pensò: “Ma che coglione quel vampiro... uscire dalla porta come tutti no, eh? ‘Sti vampiri di merda vogliono sempre fare scena...a proposito, chissà dove l’avrò mandato... cioè, minimo mi sbuca in Giappone, con le mie indicazioni...chissà quanti problemi gli ho creato....va be, cazzo me ne frega in fondo... l’importante è che me lo sono levato dai coglioni...noooo womaaaan noooo cryyyyyyy!!!!!!!” FINE XD
  
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