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Autore: Afaneia    25/11/2010    9 recensioni
Un giorno, ridendo, Legolas gli aveva detto: - Se i litigi tra Elfi e Nani sono questi, voglio litigare con te per sempre.
Era stato infantile, spontaneo; era stato ingenuo; sincero, però, e Gimli se n’era accorto. Lo aveva guardato, aggrottando un istante le sopracciglia irsute, poi gli aveva sorriso.
E Legolas era felice che gli avesse sorriso.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aragorn, Gimli, Legolas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Legolas e Gimli.'
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I capelli di Legolas erano del colore dell’oro, e ai nani piaceva molto l’oro.

Questa era l’unica scusa che Legolas potesse trovare alla curiosa passione che Gimli nutriva nei confronti dei suoi capelli  lunghi, dorati e finemente intrecciati. Spesso, quando nessuno poteva vederli – magari perché Legolas sedeva un po’ distante dagli altri durante le pause – Gimli gli arrivava in silenzio alle spalle e nascondeva il naso nei suoi capelli. Legolas rideva, ma Gimli non si muoveva finché non era lui a farlo allontanare; e questo non capitava spesso.

Un giorno, ridendo, Legolas gli aveva detto: - Se i litigi tra Elfi e Nani sono questi, voglio litigare con te per sempre.

Era stato infantile, spontaneo; era stato ingenuo; sincero, però, e Gimli se n’era accorto. Lo aveva guardato, aggrottando un istante le sopracciglia irsute, poi gli aveva sorriso.

E Legolas era felice che gli avesse sorriso.

 Così erano iniziate le complicità; gli sguardi fuggevoli, i sorrisi di nascosto; Legolas stava bene. Lo rassicurava pensare, nelle lugubri fermate della Compagnia, a quei sorrisi. Così aveva affrontato le tenebre di Moria, ripensando a quei sorrisi, che nell’ombra non potevano scambiarsi, e a quegli sguardi, che era certo che Gimli gli gettasse, nonostante il buio.

Poi Gandalf era scomparso, avevano camminato ancora; e nonostante tutto, Legolas sapeva che solo il terrore degli Orchi impediva a Gimli di tuffare di nuovo il naso in quei bei capelli dorati.

Questa rassicurante certezza era durata fino a quando, quel pomeriggio, Legolas aveva visto Aragorn curare Sam e Frodo: allora i gesti delle sue mani, lo sguardo grave e profondo dei suoi occhi, lo avevano riportato alla sicurezza provata tra le sue braccia, all’illusione di un amore, alla gioia effimera dei suoi baci, al calore delle sue carezze. E si era detto: non potrei illuderlo come ho illuso Aragorn…come ho illuso me.

E sapeva anche che, quando il giorno seguente Haldir aveva esposto loro le condizioni per portarli a Lothlòrien e Aragorn, nel litigio che era seguito, si era rivolto a lui dicendo: “Dannati siano gli elfi e la loro caparbietà” non lo aveva fatto a caso.

Rimuginando su tutte queste cose, gli era stato naturale, in quella prima notte, accostarsi piano piano al giaciglio di Gimli; non sapere come svegliarlo per non spaventarlo; chinarsi piano su di lui e in quel momento, per sbaglio, far scivolare i capelli sul suo viso…

Gimli si era svegliato, i sensi in allerta; essere in terra di Elfi e venire aggrediti durante la notte, cosa di più naturale? Allora Legolas gli aveva fatto cenno di tacere, facendosi riconoscere. Sapeva che Gimli l’aveva riconosciuto per il profumo dei suoi capelli, e non sapeva se fosse un bene che ne fosse contento.

- Volevo chiedere perdono della mia scortesia- aveva detto con quella voce lieve e fioca.

Era accovacciato accanto a lui, a guardarlo nella poca luce; Gimli non aveva risposto. A un tratto però Legolas aveva sentito un lieve strattone ai capelli; si era dovuto chinare in avanti.

- Ti perdono, Legolas- aveva detto il Nano. – Perché se non lo facessi non potrei più sentire il profumo di questi tuoi bei capelli.

E c’era stata una risata nell’oscurità. Era stato Legolas a ridere: era in ginocchio, col mento appoggiato sulla spalla del Nano, per permettergli di trattenere nel pugno, semidischiuso, quella ciocca di capelli.

- Perché stai ridendo?

- Perché è uno strano motivo per perdonarmi.

Era calato il silenzio. Gimli l’aveva lasciato andare, ma Legolas non si era mosso. Era rimasto chino sulla sua spalla, in ginocchio.

- Non ti sposti?

- No.

- Perché no?

- Non ti piace se sto qui?

- Sì.

Legolas aveva sorriso, tra sé e sé; poi ci aveva pensato.

- Cosa ti ha offerto la Dama?

- Niente.

- Gimli…

- Perché vuoi saperlo?

- Perché non vuoi dirmelo? Voglio solo saperlo.

- Mi è parso che mi chiedesse- aveva risposto piano Gimli – Cos’avrei fatto se…lascia stare.

- Non vuoi proprio dirmelo?

Gimli aveva allontanato l’Elfo da sé; nel buio, Legolas aveva saputo che lo stava guardando.

- Cos’avrei fatto se avessi potuto avere i più bei capelli nei quali abbia mai avuto l’onore di affondare il viso, e il loro proprietario, che è il più prezioso dei gioielli della Terra di Mezzo.

 

Faceva sera. Legolas era in piedi nel buio, a riflettere. Di tanto in tanto, raccoglieva con le dita una ciocca di quei capelli che a Gimli piacevano tanto e la sollevava davanti agli occhi, sorridendo tra sé alle parole del Nano, cui non aveva saputo cosa rispondere, ma che avevano imporporato le sue guance. Poi, lasciandola ricadere, s’intristiva.

- Senti, Legolas…

L’Elfo trasalì e si voltò; si rilassò dopo poco, vedendo spuntare, dalle ombre, la bianca figura di Dama Galadriel.

Non le andò incontro; restò ad aspettare che fosse lei a raggiungerlo e a restare in piedi al suo fianco, in silenzio.

Galadriel parlò solo dopo un poco.

- Sei inquieto. Hai dei dubbi?

- Sì. – rispose Legolas in un sospiro, socchiudendo gli occhi.

- Perché?

Legolas rimase in silenzio, riluttante.

- Perché è un maschio- rispose poi, dandole le spalle.

Dama Galadriel gli sorrise.  – Tu sai che non è vero.

Non vi fu risposta. Allora Galadriel continuò: - Vuoi guardare nel mio specchio?

- Finirebbe solo per confondermi- rispose Legolas. – Non è vero?

- Tutto può essere- disse Galadriel. Si girò verso di lui. – Tu non hai pensieri sul fatto che è un maschio, o sul fatto che è un Nano.

- No- mormorò Legolas, chinando lo sguardo.

- La realtà, Legolas, è che tu ti sei già concesso ad Aragorn, e hai paura di ripetere lo stesso errore.

- Credevo di amarlo…- disse Legolas con voce spezzata.

- Lo so- sussurrò Galadriel. – Credevi di amarlo e gli hai concesso il tuo corpo: troppo tardi hai capito che non era vero…

Legolas si morse le labbra e congiungendo le braccia al petto chinò gli occhi e mormorò: - Io non gli voglio fare del male…

Temeva anche per sé, temeva di soffrire lui stesso, com’era già successo; ma non si riteneva importante e non volle nominarsi.

Galadriel lo guardò silenziosa, sorridendo; dolcemente si avvicinò a lui e gli accarezzò la guancia, dopo averlo costretto a guardarla.

- E se potessi essere felice?

La sua domanda cadde nel silenzio, ma la Dama vide illuminarsi gli occhi di Legolas.

- Vuoi guardare nel mio specchio?- chiese di nuovo, per la seconda volta.

- No- disse Legolas. – Bisogna che scelga da solo.

A quelle parole Galadriel si chinò su di lui e gli baciò la fronte; pianissimo, poi, mormorò queste parole:

- Il tuo dubbio è la risposta che stai cercando. Se hai paura di fargli del male, significa che non lo ferirai. Ma riguardo alla tua felicità, Legolas, neppure Galadriel e il suo Specchio potranno darti una risposta.

 

Trascorse la notte e venne il giorno. Legolas era inquieto. Pensava a Gimli, alle parole di Galadriel. Vide il Nano sul far della sera, quando non poté più evitare di tornare al padiglione.

Gimli si avvide per primo della sua presenza e rimase fermo a guardarlo. Legolas esitava.

- Sei arrabbiato per quello che ti ho detto?- chiese Gimli a bassa voce. – Tu mi chiedesti di dirtelo.

- Lo so-rispose Legolas. – Non mi ha dato fastidio. Vuoi venire con me?

Gimli aggrottò un sopracciglio. – Dove?

- A passeggio, fuori. Da qualche parte.

Il Nano non gli diede risposta, ma si avvicinò a lui e lo seguì quando Legolas cominciò a camminare.

L’Elfo avanzava in silenzio, col passo leggero; di tanto in tanto, con la coda dell’occhio, guardava il compagno. Lo condusse un po’ lontano dal padiglione, oltre qualche siepe e qualche macchia fresca d’alberi, un po’ più lontano ancora, fino a un prato vasto e bellissimo.

- Non stiamo andando da nessuna parte- osservò a un tratto Gimli, guardandosi attorno. – Non è vero?

- No- ammise Legolas. Gettò uno sguardo sul prato. – Sediamoci qui- propose, mettendosi poi subito seduto sul terreno asciutto. Il Nano seguì il suo esempio.

Legolas si guardava attorno irrequieto.

- Sei a disagio?- chiese Gimli dopo un po’.

- Sì- disse Legolas.

- Per quello che ti ho detto?- Gimli sospirò. – Sai, lo penso davvero.

L’Elfo reclinò allora il capo sulla spalla e rimase un po’ a guardarlo, le labbra per metà piegate in una sorta di sorriso. Gimli non ricambiava il suo sguardo. Allora, dopo pochi minuti, Legolas scivolò sulle ginocchia, silenzioso e leggero, si accostò a lui e lo baciò sulla guancia.

Gimli si voltò sorpreso, incredulo; al vedere la sua espressione stupita, Legolas si mise a ridere:

- La tua barba mi ha fatto il solletico…

Ma Gimli era perplesso. – Legolas…

- Scusa- disse Legolas. – Ti ha dato fastidio?

Stavolta ci fu un sospiro. Gimli si girò completamente per guardarlo meglio.

- Legolas, io mi sono innamorato di te, ma non capisco il tuo comportamento. Sei così strano…

Legolas si morse le labbra. Si mise di nuovo seduto e si appoggiò con la testa al petto di Gimli.

- Sai…io mi sono già concesso ad Aragorn, per una notte, tanto tempo fa. Volevo dirtelo perché sento che con te sarebbe diverso.

- Perché?- mormorò Gimli.

- Perché mi piace quando mi annusi i capelli…

Era spontaneo, ingenuo, per l’ennesima volta; ogni volta più sincero.

Si rannicchiò sul suo petto e Gimli lo lasciò fare: - E poi perché ho pensato che con te potrei essere felice, se solo mi sorridessi per sempre…

- Ti basterebbe?

- Per ora basta questo- rispose Legolas. Tacque per un po’. – Non ti piacerebbe stare un po’ con me….dopo che tutto questo sarà finito?

- Sì- disse Gimli.

- Anche…anche se non fosse per un po’, ma fosse per sempre?

- Sì.

A quella risposta Legolas s’illuminò. Sorridendo, sollevò la testa dal petto di Gimli per guardarlo bene in volto e gli disse dolcemente: - Ti voglio bene, lo sai?

Gimli sorrise tra sé.

- E tu sai di essere la cosa più luminosa per me in questo lungo viaggio?

- Dici davvero?

Legolas era contento di sentirselo dire da lui. Gimli chinò gli occhi sui suoi.

- Dovrei mentirti?

- No, ma…è forse Legolas Verdefoglia più luminoso del sole?

- Lo è- disse il Nano con semplicità. – Per me.

L’Elfo tornò a sorridere e seppe di essere arrossito, così si appoggiò nuovamente contro il petto di Gimli. Qualche minuto dopo si sentì chiedere in un sussurro appena udibile, ma dolcissimo:

 - Posso darti un bacio, Legolas?

Non ci fu rossore sulle guance di Legolas, stavolta, quando appoggiando le mani sulle ginocchia di Gimli si sollevò e si avvicinò lentamente al viso del Nano.

Quello non era il suo primo bacio – oh come rimpiangeva di averlo sprecato- eppure gli parve in qualche modo una sensazione nuova e dolcissima.  Era felice ed era certo che quella felicità sarebbe durata per sempre.

- Sai…- mormorò allontanandosi e nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.

- Sì?

- Credo di essermi innamorato di te…

 

Aragorn sapeva tutto. Legolas lo capì quando, quella sera, incrociò i suoi occhi e vi lesse una profonda gravità, specie nel modo in cui sorvegliava gli sguardi fugaci e sorridenti che lui e Gimli si lanciavano, avvolti com’erano da quella felicità dolcissima e serena.

Poco dopo la cena, mentre come al solito tutti ancora parlavano, Legolas si allontanò per andare dai Galadhrim suoi congiunti. Salutò i compagni e, nell’oscurità, diede un rapido bacio a Gimli prima di uscire dal padiglione.

Là c’era Aragorn.

- Cosa vuoi?- chiese Legolas freddamente.

- Voglio parlarti.

- Di cosa?

- Di lui, di…di noi.

L’Elfo chinò gli occhi. – Aragorn, mi dispiace…

- Io ti amavo, Legolas. Ho rinunciato alla Stella del Vespro per te. Avrei rinunciato ad Andùril, alla dignità che mi spetta se fosse stato l’unico modo per vivere con te. E nonostante tutto, sarei pronto a farlo in questo istante, se solo…

- Aragorn- lo interruppe Legolas, sollevando con un fremito le mani tremanti. – Ti prego…

- Io ti amo ancora, lo sai.

- Non fare così, per favore…

- Ascoltami!- gemette Aragorn, con voce fredda e appassionata assieme. – Non c’è cosa che non abbia perduto, nulla che mi sia rimasto, per causa tua: il mio onore, la mia gioia, il mio futuro, l’amore di qualcuno…. Eppure continuo ad amarti e ogni giorno mi accorgo di cosa io abbia perso, di quanto avrei potuto essere felice se solo tu fossi rimasto… se solo non ti avessi mai incontrato…

Legolas non riusciva a rispondergli. Stava piangendo. Lottò a lungo con se stesso e con le lacrime per poter parlare ed erompere in questo grido: - Io non ti volevo fare del male…credevo di poterti amare!

- Tu lo credevi!- ripeté Aragorn, disperato e furente.

- Sì!- gemette Legolas. – Credevo davvero di amarti, credi che sia stato meno male io?

- E allora cosa c’è di diverso stavolta?- gridò Aragorn fuori di sé.

L’elfo si prese il viso tra le mani e continuò a piangere. Dopo poco si udì appena, tra le dita di poco separate: - Tu non puoi capire…

- Rispondimi!

- Sono felice quando affonda il viso nei miei capelli…

Aragorn rimase incredulo a quella risposta; aggrottò, amareggiato e perplesso, le nobili sopracciglia scure.

- E’ solo questo per te l’amore, Legolas?- chiese, e dalla sua risposta traspariva il suo disprezzo infinito per quella risposta. – E’ solo questo piacere infantile per te l’amore?

- Non lo so se è questo l’amore!- gridò Legolas, allontanando di scatto le mani dal proprio viso bellissimo, che ora si colorava sgradevolmente per il dolore. – Io non lo so se lo amo! So che adesso sono felice e so che la sola paura che ho è di fargli del male! Ma non lo so se si chiama amore!
L’Uomo non sapeva più cosa dire. Era incredulo, ferito. Guardò Legolas e subito ne allontanò gli occhi.

- Mi dispiace, Aragorn…- mormorò Legolas quasi senza voce.

- Non importa.

- Non volevo farti…

- Legolas- lo interruppe Aragorn. – Lascia stare.

Allora l’elfo sospirò. Lo raggiunse e si fermò do fronte a lui, ma quegli non volle guardarlo.

- Sarai un grande Re- mormorò.

Aragorn continuò a non guardarlo.

- Sei sicuro che ti ami?- chiese poi. Legolas esitò, sorpreso.

- Perché?

- Io ero sicuro che tu mi amassi, quella notte. E sappiamo entrambi come è andata a finire. Perciò cerca di non farti prendere in giro.

 

Trascorse un giorno. Era il tramonto e Legolas era steso sull’erba, il capo sulle ginocchia di Gimli. L’erba fremeva sotto il soffio del vento. L’Elfo la guardava e si rannicchiava sulle ginocchia del Nano.

- Ascolta…

- Sì?

- No…no, niente.

- Cosa c’è, Legolas.

- Mi vuoi bene?

- Sì.

- Tanto?

- Sì.

- Quanto?

- Legolas, cosa c’è che non va?

L’Elfo si morse le labbra e si mise seduto senza guardarlo. Gimli aspettava in silenzio, paziente, che parlasse.

- Non voglio illudermi ancora una volta- mormorò infine Legolas. Il Nano sorrise.

- Ti amo, lo sai. Non dare retta ad Aragorn.

- Come…?

- L’ho sentito, sai.

Legolas sospirò e si girò dall’altra parte. – Non voglio illudermi un’altra volta- ripeté. – Ma non voglio illudere neanche te.

Il Nano sorrise di nuovo.

- Sei felice qui con me?

La domanda lo colse alla sprovvista. Legolas volse gli occhi su di lui.

- Sì- disse lentamente. – Sì, sono felice.

- E se adesso andassi via e ti lasciassi solo?

Immediatamente Legolas lo abbracciò con vigore e si strinse forte a lui, e Gimli si mise a ridere al vederlo: - Ma lo vedi, che non potresti mai farmi del male?

Rassicurato, Legolas lo lasciò andare, ma non cessò di guardarlo. A questo punto si rannicchiò di nuovo sul suo petto, come il giorno prima, e protendendosi gli diede un bacio.

- Gimli…

- E ora?

- Ti amo.

   
 
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