I capelli di Legolas erano del colore
dell’oro, e ai nani
piaceva molto l’oro.
Questa era l’unica scusa
che Legolas potesse trovare alla
curiosa passione che Gimli nutriva nei confronti dei suoi capelli lunghi, dorati e finemente
intrecciati.
Spesso, quando nessuno poteva vederli – magari
perché Legolas sedeva un po’
distante dagli altri durante le pause – Gimli gli arrivava in
silenzio alle
spalle e nascondeva il naso nei suoi capelli. Legolas rideva, ma Gimli
non si
muoveva finché non era lui a farlo allontanare; e questo non
capitava spesso.
Un giorno, ridendo, Legolas gli aveva
detto: - Se i litigi
tra Elfi e Nani sono questi, voglio litigare con te per sempre.
Era stato infantile, spontaneo; era
stato ingenuo; sincero,
però, e Gimli se n’era accorto. Lo aveva guardato,
aggrottando un istante le
sopracciglia irsute, poi gli aveva sorriso.
E Legolas era felice che gli avesse
sorriso.
Così
erano iniziate
le complicità; gli sguardi fuggevoli, i sorrisi di nascosto;
Legolas stava
bene. Lo rassicurava pensare, nelle lugubri fermate della Compagnia, a
quei
sorrisi. Così aveva affrontato le tenebre di Moria,
ripensando a quei sorrisi,
che nell’ombra non potevano scambiarsi, e a quegli sguardi,
che era certo che
Gimli gli gettasse, nonostante il buio.
Poi Gandalf era scomparso, avevano
camminato ancora; e
nonostante tutto, Legolas sapeva che solo il terrore degli Orchi
impediva a
Gimli di tuffare di nuovo il naso in quei bei capelli dorati.
Questa rassicurante certezza era
durata fino a quando, quel
pomeriggio, Legolas aveva visto Aragorn curare Sam e Frodo: allora i
gesti
delle sue mani, lo sguardo grave e profondo dei suoi occhi, lo avevano
riportato alla sicurezza provata tra le sue braccia,
all’illusione di un amore,
alla gioia effimera dei suoi baci, al calore delle sue carezze. E si
era detto:
non potrei illuderlo come ho illuso Aragorn…come ho illuso
me.
E sapeva anche che, quando il giorno
seguente Haldir aveva
esposto loro le condizioni per portarli a Lothlòrien e
Aragorn, nel litigio che
era seguito, si era rivolto a lui dicendo: “Dannati siano gli
elfi e la loro
caparbietà” non lo aveva fatto a caso.
Rimuginando su tutte queste cose, gli
era stato naturale, in
quella prima notte, accostarsi piano piano al giaciglio di Gimli; non
sapere
come svegliarlo per non spaventarlo; chinarsi piano su di lui e in quel
momento, per sbaglio, far scivolare i capelli sul suo viso…
Gimli si era svegliato, i sensi in
allerta; essere in terra
di Elfi e venire aggrediti durante la notte, cosa di più
naturale? Allora
Legolas gli aveva fatto cenno di tacere, facendosi riconoscere. Sapeva
che
Gimli l’aveva riconosciuto per il profumo dei suoi capelli, e
non sapeva se
fosse un bene che ne fosse contento.
- Volevo chiedere perdono della mia
scortesia- aveva detto
con quella voce lieve e fioca.
Era accovacciato accanto a lui, a
guardarlo nella poca luce;
Gimli non aveva risposto. A un tratto però Legolas aveva
sentito un lieve
strattone ai capelli; si era dovuto chinare in avanti.
- Ti perdono, Legolas- aveva detto il
Nano. – Perché se non
lo facessi non potrei più sentire il profumo di questi tuoi
bei capelli.
E c’era stata una risata
nell’oscurità. Era stato Legolas a
ridere: era in ginocchio, col mento appoggiato sulla spalla del Nano,
per
permettergli di trattenere nel pugno, semidischiuso, quella ciocca di
capelli.
- Perché stai ridendo?
- Perché è uno
strano motivo per perdonarmi.
Era calato il silenzio. Gimli
l’aveva lasciato andare, ma
Legolas non si era mosso. Era rimasto chino sulla sua spalla, in
ginocchio.
- Non ti sposti?
- No.
- Perché no?
- Non ti piace se sto qui?
- Sì.
Legolas aveva sorriso, tra
sé e sé; poi ci aveva pensato.
- Cosa ti ha offerto la Dama?
- Niente.
- Gimli…
- Perché vuoi saperlo?
- Perché non vuoi dirmelo?
Voglio solo saperlo.
- Mi è parso che mi
chiedesse- aveva risposto piano Gimli –
Cos’avrei fatto se…lascia stare.
- Non vuoi proprio dirmelo?
Gimli aveva allontanato
l’Elfo da sé; nel buio, Legolas
aveva saputo che lo stava guardando.
- Cos’avrei fatto se avessi
potuto avere i più bei capelli
nei quali abbia mai avuto l’onore di affondare il viso, e il
loro proprietario,
che è il più prezioso dei gioielli della Terra di
Mezzo.
Faceva sera. Legolas era in piedi nel
buio, a riflettere. Di
tanto in tanto, raccoglieva con le dita una ciocca di quei capelli che
a Gimli
piacevano tanto e la sollevava davanti agli occhi, sorridendo tra
sé alle
parole del Nano, cui non aveva saputo cosa rispondere, ma che avevano
imporporato le sue guance. Poi, lasciandola ricadere,
s’intristiva.
- Senti, Legolas…
L’Elfo trasalì e
si voltò; si rilassò dopo poco, vedendo
spuntare, dalle ombre, la bianca figura di Dama Galadriel.
Non le andò incontro;
restò ad aspettare che fosse lei a
raggiungerlo e a restare in piedi al suo fianco, in silenzio.
Galadriel parlò solo dopo
un poco.
- Sei inquieto. Hai dei dubbi?
- Sì. – rispose
Legolas in un sospiro, socchiudendo gli
occhi.
- Perché?
Legolas rimase in silenzio,
riluttante.
- Perché è un
maschio- rispose poi, dandole le spalle.
Dama Galadriel gli sorrise.
– Tu sai che non è vero.
Non vi fu risposta. Allora Galadriel
continuò: - Vuoi
guardare nel mio specchio?
- Finirebbe solo per confondermi-
rispose Legolas. – Non è
vero?
- Tutto può essere- disse
Galadriel. Si girò verso di lui. –
Tu non hai pensieri sul fatto che è un maschio, o sul fatto
che è un Nano.
- No- mormorò Legolas,
chinando lo sguardo.
- La realtà, Legolas,
è che tu ti sei già concesso ad
Aragorn, e hai paura di ripetere lo stesso errore.
- Credevo di amarlo…-
disse Legolas con voce spezzata.
- Lo so- sussurrò
Galadriel. – Credevi di amarlo e gli hai
concesso il tuo corpo: troppo tardi hai capito che non era
vero…
Legolas si morse le labbra e
congiungendo le braccia al
petto chinò gli occhi e mormorò: - Io non gli
voglio fare del male…
Temeva anche per sé,
temeva di soffrire lui stesso, com’era
già successo; ma non si riteneva importante e non volle
nominarsi.
Galadriel lo guardò
silenziosa, sorridendo; dolcemente si
avvicinò a lui e gli accarezzò la guancia, dopo
averlo costretto a guardarla.
- E se potessi essere felice?
La sua domanda cadde nel silenzio, ma
la Dama vide
illuminarsi gli occhi di Legolas.
- Vuoi guardare nel mio specchio?-
chiese di nuovo, per la
seconda volta.
- No- disse Legolas. –
Bisogna che scelga da solo.
A quelle parole Galadriel si
chinò su di lui e gli baciò la
fronte; pianissimo, poi, mormorò queste parole:
- Il tuo dubbio è la
risposta che stai cercando. Se hai
paura di fargli del male, significa che non lo ferirai. Ma riguardo
alla tua
felicità, Legolas, neppure Galadriel e il suo Specchio
potranno darti una
risposta.
Trascorse la notte e venne il giorno.
Legolas era inquieto.
Pensava a Gimli, alle parole di Galadriel. Vide il Nano sul far della
sera,
quando non poté più evitare di tornare al
padiglione.
Gimli si avvide per primo della sua
presenza e rimase fermo
a guardarlo. Legolas esitava.
- Sei arrabbiato per quello che ti ho
detto?- chiese Gimli a
bassa voce. – Tu mi chiedesti di dirtelo.
- Lo so-rispose Legolas. –
Non mi ha dato fastidio. Vuoi
venire con me?
Gimli aggrottò un
sopracciglio. – Dove?
- A passeggio, fuori. Da qualche
parte.
Il Nano non gli diede risposta, ma si
avvicinò a lui e lo
seguì quando Legolas cominciò a camminare.
L’Elfo avanzava in
silenzio, col passo leggero; di tanto in
tanto, con la coda dell’occhio, guardava il compagno. Lo
condusse un po’
lontano dal padiglione, oltre qualche siepe e qualche macchia fresca
d’alberi,
un po’ più lontano ancora, fino a un prato vasto e
bellissimo.
- Non stiamo andando da nessuna
parte- osservò a un tratto
Gimli, guardandosi attorno. – Non è vero?
- No- ammise Legolas.
Gettò uno sguardo sul prato. –
Sediamoci qui- propose, mettendosi poi subito seduto sul terreno
asciutto. Il
Nano seguì il suo esempio.
Legolas si guardava attorno
irrequieto.
- Sei a disagio?- chiese Gimli dopo
un po’.
- Sì- disse Legolas.
- Per quello che ti ho detto?- Gimli
sospirò. – Sai, lo
penso davvero.
L’Elfo reclinò
allora il capo sulla spalla e rimase un po’ a
guardarlo, le labbra per metà piegate in una sorta di
sorriso. Gimli non
ricambiava il suo sguardo. Allora, dopo pochi minuti, Legolas
scivolò sulle
ginocchia, silenzioso e leggero, si accostò a lui e lo
baciò sulla guancia.
Gimli si voltò sorpreso,
incredulo; al vedere la sua
espressione stupita, Legolas si mise a ridere:
- La tua barba mi ha fatto il
solletico…
Ma Gimli era perplesso. –
Legolas…
- Scusa- disse Legolas. –
Ti ha dato fastidio?
Stavolta ci fu un sospiro. Gimli si
girò completamente per
guardarlo meglio.
- Legolas, io mi sono innamorato di
te, ma non capisco il
tuo comportamento. Sei così strano…
Legolas si morse le labbra. Si mise
di nuovo seduto e si
appoggiò con la testa al petto di Gimli.
- Sai…io mi sono
già concesso ad Aragorn, per una notte,
tanto tempo fa. Volevo dirtelo perché sento che con te
sarebbe diverso.
- Perché?-
mormorò Gimli.
- Perché mi piace quando
mi annusi i capelli…
Era spontaneo, ingenuo, per
l’ennesima volta; ogni volta più
sincero.
Si rannicchiò sul suo
petto e Gimli lo lasciò fare: - E poi
perché ho pensato che con te potrei essere felice, se solo
mi sorridessi per sempre…
- Ti basterebbe?
- Per ora basta questo- rispose
Legolas. Tacque per un po’.
– Non ti piacerebbe stare un po’ con
me….dopo che tutto questo sarà finito?
- Sì- disse Gimli.
- Anche…anche se non fosse
per un po’, ma fosse per sempre?
- Sì.
A quella risposta Legolas
s’illuminò. Sorridendo, sollevò la
testa dal petto di Gimli per guardarlo bene in volto e gli disse
dolcemente: -
Ti voglio bene, lo sai?
Gimli sorrise tra sé.
- E tu sai di essere la cosa
più luminosa per me in questo
lungo viaggio?
- Dici davvero?
Legolas era contento di sentirselo
dire da lui. Gimli chinò
gli occhi sui suoi.
- Dovrei mentirti?
- No, ma…è
forse Legolas Verdefoglia più luminoso del sole?
- Lo è- disse il Nano con
semplicità. – Per me.
L’Elfo tornò a
sorridere e seppe di essere arrossito, così
si appoggiò nuovamente contro il petto di Gimli. Qualche
minuto dopo si sentì
chiedere in un sussurro appena udibile, ma dolcissimo:
-
Posso darti un
bacio, Legolas?
Non ci fu rossore sulle guance di
Legolas, stavolta, quando
appoggiando le mani sulle ginocchia di Gimli si sollevò e si
avvicinò
lentamente al viso del Nano.
Quello non era il suo primo bacio
– oh come rimpiangeva di
averlo sprecato- eppure gli parve in qualche modo una sensazione nuova
e
dolcissima. Era
felice ed era certo che
quella felicità sarebbe durata per sempre.
- Sai…- mormorò
allontanandosi e nascondendo il viso nell’incavo
del suo collo.
- Sì?
- Credo di essermi innamorato di
te…
Aragorn sapeva tutto. Legolas lo
capì quando, quella sera,
incrociò i suoi occhi e vi lesse una profonda
gravità, specie nel modo in cui
sorvegliava gli sguardi fugaci e sorridenti che lui e Gimli si
lanciavano,
avvolti com’erano da quella felicità dolcissima e
serena.
Poco dopo la cena, mentre come al
solito tutti ancora
parlavano, Legolas si allontanò per andare dai Galadhrim
suoi congiunti. Salutò
i compagni e, nell’oscurità, diede un rapido bacio
a Gimli prima di uscire dal
padiglione.
Là c’era Aragorn.
- Cosa vuoi?- chiese Legolas
freddamente.
- Voglio parlarti.
- Di cosa?
- Di lui, di…di noi.
L’Elfo chinò gli
occhi. – Aragorn, mi dispiace…
- Io ti amavo, Legolas. Ho rinunciato
alla Stella del Vespro
per te. Avrei rinunciato ad Andùril, alla dignità
che mi spetta se fosse stato
l’unico modo per vivere con te. E nonostante tutto, sarei
pronto a farlo in questo
istante, se solo…
- Aragorn- lo interruppe Legolas,
sollevando con un fremito
le mani tremanti. – Ti prego…
- Io ti amo ancora, lo sai.
- Non fare così, per
favore…
- Ascoltami!- gemette Aragorn, con
voce fredda e
appassionata assieme. – Non c’è cosa che
non abbia perduto, nulla che mi sia
rimasto, per causa tua: il mio onore, la mia gioia, il mio futuro,
l’amore di
qualcuno…. Eppure continuo ad amarti e ogni giorno mi
accorgo di cosa io abbia
perso, di quanto avrei potuto essere felice se solo tu fossi
rimasto… se solo
non ti avessi mai incontrato…
Legolas non riusciva a rispondergli.
Stava piangendo. Lottò a
lungo con se stesso e con le lacrime per poter parlare ed erompere in
questo
grido: - Io non ti volevo fare del male…credevo di poterti
amare!
- Tu lo credevi!-
ripeté Aragorn, disperato e furente.
- Sì!- gemette Legolas.
– Credevo davvero di amarti, credi
che sia stato meno male io?
- E allora cosa
c’è di diverso stavolta?- gridò Aragorn
fuori di sé.
L’elfo si prese il viso tra
le mani e continuò a piangere. Dopo
poco si udì appena, tra le dita di poco separate: - Tu non
puoi capire…
- Rispondimi!
- Sono felice quando affonda il viso
nei miei capelli…
Aragorn rimase incredulo a quella
risposta; aggrottò,
amareggiato e perplesso, le nobili sopracciglia scure.
- E’ solo questo per te
l’amore, Legolas?- chiese, e dalla
sua risposta traspariva il suo disprezzo infinito per quella risposta.
– E’
solo questo piacere infantile per te l’amore?
- Non lo so se è questo
l’amore!- gridò Legolas,
allontanando di scatto le mani dal proprio viso bellissimo, che ora si
colorava
sgradevolmente per il dolore. – Io non lo so se lo amo! So
che adesso sono
felice e so che la sola paura che ho è di fargli del male!
Ma non lo so se si
chiama amore!
L’Uomo non sapeva più cosa dire. Era incredulo,
ferito. Guardò Legolas e subito
ne allontanò gli occhi.
- Mi dispiace, Aragorn…-
mormorò Legolas quasi senza voce.
- Non importa.
- Non volevo farti…
- Legolas- lo interruppe Aragorn.
– Lascia stare.
Allora l’elfo
sospirò. Lo raggiunse e si fermò do fronte a
lui, ma quegli non volle guardarlo.
- Sarai un grande Re-
mormorò.
Aragorn continuò a non
guardarlo.
- Sei sicuro che ti ami?- chiese poi.
Legolas esitò,
sorpreso.
- Perché?
- Io ero sicuro che tu mi amassi,
quella notte. E sappiamo
entrambi come è andata a finire. Perciò cerca di
non farti prendere in giro.
Trascorse un giorno. Era il tramonto
e Legolas era steso
sull’erba, il capo sulle ginocchia di Gimli. L’erba
fremeva sotto il soffio del
vento. L’Elfo la guardava e si rannicchiava sulle ginocchia
del Nano.
- Ascolta…
- Sì?
- No…no, niente.
- Cosa c’è,
Legolas.
- Mi vuoi bene?
- Sì.
- Tanto?
- Sì.
- Quanto?
- Legolas, cosa
c’è che non va?
L’Elfo si morse le labbra e
si mise seduto senza guardarlo. Gimli
aspettava in silenzio, paziente, che parlasse.
- Non voglio illudermi ancora una
volta- mormorò infine
Legolas. Il Nano sorrise.
- Ti amo, lo sai. Non dare retta ad
Aragorn.
- Come…?
- L’ho sentito, sai.
Legolas sospirò e si
girò dall’altra parte. – Non voglio
illudermi un’altra volta- ripeté. – Ma
non voglio illudere neanche te.
Il Nano sorrise di nuovo.
- Sei felice qui con me?
La domanda lo colse alla sprovvista.
Legolas volse gli occhi
su di lui.
- Sì- disse lentamente.
– Sì, sono felice.
- E se adesso andassi via e ti
lasciassi solo?
Immediatamente Legolas lo
abbracciò con vigore e si strinse
forte a lui, e Gimli si mise a ridere al vederlo: - Ma lo vedi, che non
potresti
mai farmi del male?
Rassicurato, Legolas lo
lasciò andare, ma non cessò di
guardarlo. A questo punto si rannicchiò di nuovo sul suo
petto, come il giorno
prima, e protendendosi gli diede un bacio.
- Gimli…
- E ora?
- Ti amo.