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Autore: Jales    28/11/2010    2 recensioni
Le cose uguali non possono esistere.
La diversità è ciò che ci rende vivi.

Melanie saltava, contando ad alta voce, mentre avanzava verso il sassolino.
Si chinò per prendere il piccolo oggetto, lanciando un gridolino quando riuscì a prenderlo e a rimettersi eretta senza cadere; si voltò con stampato in faccia un sorriso, chiamando a gran voce i suoi amici.
Ma quando si girò, non c'era nessuno.
Dimmi, bambina mia, pensi mai agli alberi neri?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uguale a noi

Le cose uguali non possono esistere.
La diversità è ciò che ci rende vivi.

Melanie saltava, contando ad alta voce, mentre avanzava verso il sassolino.
Si chinò per prendere il piccolo oggetto, lanciando un gridolino quando riuscì a prenderlo e a rimettersi eretta senza cadere; si voltò con stampato in faccia un sorriso, chiamando a gran voce i suoi amici.
Ma quando si girò, non c'era nessuno.

Dimmi, bambina mia, pensi mai agli alberi neri?

Melanie ora rideva, anche se non ne sapeva il motivo: voleva smettere, ma non ci riusciva.
Le salivano le lacrime, le faceva male la pancia, ma le sue risa non cessavano: non aveva più nessun controllo di sé stessa, come se fosse imprigionata in una macchina che non poteva comandare.
D'improvviso le apparve davanti una scatola colorata sui lati e bianca sul coperchio, dove era scritto con inchiostro rosso un nome.
Melanie.
Smise di ridere, inginocchiandosi davanti all'oggetto e aprendolo con cautela: le mani tremavano incontrollate, la bocca divenne arida e secca tutto ad un tratto.
Sul fondo del contenitore, una maschera e una chiave.

Dimmi, mia piccola amica, pensi mai al cielo cobalto?

Melanie girò la chiave nella toppa, sentendola scattare docilmente.
Strinse quella buffa maschera tra le dita della mano sinistra, spingendo con la destra la grande porta di legno verso l'interno: entrando si trovò in una stanza molto grande, con le finestre oscurate da pesanti tende scure.
Inclinò la testa, osservando la donna che la squadrava dall'alto: non riusciva a vedere i suoi occhi, coperti da un velo, ma era sicura che la stesse scrutando con sguardo severo.
E, all'improvviso, venne presa per mano da cento persone diverse: tutte uguali alla donna alta, ma tutte diverse fra loro. Cercò di liberarsi dalla stretta di quelle giovani donne, ma la loro presa era ferrea e, dopo averle imprigionato un braccio, presero anche l'altro.
Come tirata da mille catene, Melanie si sentì trascinare.

Dimmi, cara ragazzina, pensi mai al mare plumbeo?

Davanti ad uno specchio finalmente la lasciarono andare e lei, ansante, si lasciò cadere a terra.
La maschera cadde davanti a lei, e fu solo allora che si accorse di averla tenuta in mano per tutto il tempo: spinta da qualcosa, la afferrò di nuovo e alzò lo sguardo verso la superficie riflettente di fronte a lei.
Dietro di lei, qualcuno la osservava con sguardo divertito: aveva un buffo naso rosso, la pelle bianco latte e i capelli di un inusuale colore arancione, talmente ricci da sembrare un groviglio che nessuno avrebbe potuto sciogliere. Le labbra rosse si piegarono in un sorriso, scoprendo i denti bianchi e regolari della creatura.
Melanie tornò a fissare la maschera e poi la appoggiò sul viso, guardando la sua immagine riflessa nello specchio ora uguale a quella dietro di lei.

Ci hai mai pensato, Melanie?
Sì, vero?

Apparvero dieci, cento, mille figure uguali alla sua e a quella dell'essere dietro di lei: lo stesso identico sorriso, stampato su ognuno di quei volti, che era anche quello della maschera che lei indossava.
Erano troppi, tutti uguali.
E cose uguali non possono esistere, perché solo la diversità ci rende identità distinte.
Melanie lo sapeva.
Fu allora che cercò di strapparsi la maschera dal volto.

Anche noi, Melanie.

Una risata, una sola moltiplicata per infinite volte risuonava intorno alla bambina mentre cercava inutilmente di togliere la maschera.
Gettò uno sguardo allo specchio, che le rimandava la sua immagine e quella degli altri esseri.
Tutte uguali, le immagini sono tutte uguali.
Melanie si dimenò, infilando le dita nei capelli e strappandosene alcuni: dovevano essere neri, neri, neri! Aveva sempre avuto la chioma di quel colore, almeno questo l'avrebbe distinta da loro...
Ma i fili che aveva fra le mani erano arancioni. E le sue mani erano bianco latte.

Sei uguale a tutti noi.

Le lacrime di disperazione presero a scendere copiose sulle sue guance mentre gli altri cantavano una canzoncina dai toni leggeri, ripetitiva e allegra, girando in tondo a lei e allo specchio.

Sei uguale a noi e perciò non esisti.

Melanie si mise le mani sulle orecchie e scosse il capo, mentre ancora piangeva.

Sei uguale a noi perciò non sei mai esistita.

E Melanie urlò, urlò con tutto il fiato che aveva in gola mentre lentamente si dissolveva.
E il suo urlo, mai esistito, si perse nel vento.
  
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